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Ambito di Ricerca:L'aspetto del territorio e del centro abitato
   
Palermo_5: un intreccio di culture - "Al-Aziz", la splendente
 

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Il castello della Zisa con panorama ( by Antonio Fantasia ) - In basso, la facciata di ingresso.

 

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- by Antonio Fantasia -

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I giardini della Conca d'Oro

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la Conca d'Oro , by afrancesco87 - on www.Flickr.com



"I fiori di camomilla ivi si schiusero al sorriso, e rosseggiano vergognose le guance degli anemoni. / Tremolano sui rami i lor frutti come tremolano i seni delle belle, snelle qual ramo di salice. / E contro di essi snuda la spada un ruscello, dall'acqua fresca e dolce, non tocca dal sole, / mentre si ergono d'ogni lato ignude le palme, prive di velo, adorne sul petto di collane di datteri".


Un immenso giardino mediterraneo, carico di aromi che stordiscono i sensi. E' la Sicilia, nei versi della scuola poetica araba che sull'isola fiorì sotto gli emiri e ancora alla corte di Ruggero II. Suddivisa in piccoli appezzamenti. capillarmente irrigata, la terra dava abbondanti raccolti di canapa, cotone, ortaggi. Furono forse gli arabi che per primi introdussero, insieme alla canna da zucchero e al gelso, anche gli alberi di agrumi, per secoli manto rilucente della Conca d'Oro. E ancora fitti erano allora i boschi, prima di essere sacrificati alla fabbricazione di navi.
 

È facile immaginare lo stupore dei guerrieri normanni quando misero piede sull'isola. Un colpo di fulmine di fronte a tanta bellezza, e ben si comprende perché fecero di tutto per restarci. I loro avi venivano dalle regioni più fredde dell'Europa.

Nel IX-X secolo i Vichinghi, cioè gli "uomini delle baie",i pirati, si muovevano dalla Svezia, dalla Norvegia e dalla Danimarca alla ricerca di bottino verso i centri costieri affacciati sull'Atlantico e sul Mediterraneo. A una di queste bande il re di Francia Carlo il Semplice donò nel 911 quella che sarebbe diventata la Normandia e che allora era un territorio in piena anarchia, senza alcuna forma di organizzazione politica. Gliela "rifilò" forse sperando di convincerli a starsene lontani dalla regione parigina e cinquant'anni dopo i duchi di Normandia tenevano saldamente sotto controllo una regione inquadrata in un rigido sistema di relazioni vassallatiche. Da qui alcuni cavalieri in cerca di fortuna mossero verso l'Italia meridionale, offrendosi come mercenari ai bizantini e ai signori locali. A compenso di uno dei servigi resi, ottennero la contea di Aversa, dove emigrarono dalle coste normanne i dodici figli di Tancredi d'Altavilla, decisamente troppi per sperare di affermarsi nella terra paterna. La storia ne ricorda quattro che il papa investì del titolo di vassalli della Chiesa romana. Guglielmo detto Braccio di Ferro, Drogone, Roberto il Guiscardo conquistarono tutta l'Italia meridionale. Ruggero I strappò palmo a palmo la Sicilia agli arabi, in un'impresa durata trent'anni e suggellata dalla ricordata incoronazione del figlio, Ruggero II.
 

Con loro sull'isola ritornò il latifondo, che perpetratosi nei secoli, sarebbe in seguito diventato un freno allo sviluppo agrario e sociale. Ma ai tempi in cui le estese proprietà terriere erano nelle mani dei monasteri e dei baroni normanni, il paesaggio non doveva essere dissimile da quello cantato dai poeti degli emiri, perché insieme alla terra venivano donati o venduti anche i servi della gleba musulmani, che continuarono a coltivarla.

E rimasero anche i giardini, solo adeguati alla nuova scala dell'organizzazione fondiaria. Con il nipote di Ruggero II, quel Guglielmo II che incantò con la sua reggia Ibn Giubair, i terreni rigogliosi della Conca d'Oro furono unificati in un'unica proprietà reale, articolata in due parchi. Quello Vecchio, lungo il versante sud-orientale, con il castello della Favara o di "Maredolce", oggi un rudere soffocato da costruzioni moderne che conserva solo nel nome il ricordo del lago artificiale nel quale si specchiava. E il più vasto parco del Genoardo a sud-ovest, che giungeva fino alle pendici dei monti, e di cui restano le architetture arabe della Zisa, della Cuba e della Piccola Cuba, isolate "nella caotica edificazione del dopoguerra. Perso per sempre è l'effetto d'insieme e la cornice paesaggistica, che a partire dal '500 fece da sfondo alla fioritura di ville della nobiltà palermitana.


"Al-Aziz", la splendente
 

Per raggiungere il castello "di delizie" della Zisa si lascia alle spalle il Palazzo dei Normanni, sottopassando la porta Nuova. Sorvegliata da quattro telamoni, fu aperta nella cinta bastionata che sotto i viceré spagnoli racchiuse la città, per mettere in comunicazione il Cassaro con lo "stradone di Mezzomonreale", percorso dalle carrozze che conducevano nei luoghi deputati alle aristocratiche villeggiature. Il rettifilo oggi si chiama corso Calatafimi, ed ha sulla destra l'asse diagonale di via Colonna Rotta che raggiunge piazza Ingastone, dove a sinistra si stacca la via che conduce alla Zisa.
 

"Al-Aziz", la nobile, splendente. Una delle architetture più importanti dell'arte fatimida, fiorita sotto la dinastia sciita che regnò sul Maghreb e sull'Egitto. Per risiedervi nella bella stagione la vollero i re normanni, Guglielmo I e poi il figlio, Guglielmo II che ne portò a termine la costruzione. Recentemente restaurata dopo trasformazioni e manomissioni subite nel corso dei secoli, è un rettangolo alto e compatto, interrotto sui lati corti da torri e decorato dal sobrio rilievo delle arcate cieche. In alto, dove ora ci sono i merli, correva un'iscrizione in caratteri arabi. Gli stessi che si ripetono anche all'interno, in lode alla bellezza del luogo, nella stanza di rappresentanza ornata di mosaici e dei giochi d'acqua di una fontana.

Molto simile è la Cuba, oggi chiusa nel cortile di una caserma, al N. 100 di corso Calatafimi. Senza lo specchio d'acqua artificiale che la circondava e il giardino che si stendeva tutt'intorno, è difficile immaginarla come luogo di svago e piacere per Guglielmo II.

L'ultimo frammento del parco regio è la Piccola Cuba. Avanti, su corso Calatafimi e poi a destra in via Zancla, la si nota all'interno di un giardino recintato, piccola costruzione cubica aperta da quattro archi ogivali e coperta da una cupoletta rossa.
 
 

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La Cuba

 

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