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IL VANGELO DELLA DOMENICA -15/10
a cura di Don G.Silvestri
 

immagine allegata

 

 

 IL VANGELO DELLA DOMENICA – 15 OTTOBRE

DOMENICA XXVIII –ANNO A – MATTEO 22, 1-10

 

In quel tempo, Gesù riprese a parlare con parabole [ai capi dei sacerdoti e ai farisei] e disse: «Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire. Mandò di nuovo altri servi con quest'ordine: Dite agli invitati: "Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!".

 

Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città. Poi disse ai suoi servi: "La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze".

 

Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali. Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l'abito nuziale. Gli disse: "Amico, come mai sei entrato qui senza l'abito nuziale?". Quello ammutolì. Allora il re ordinò ai servi: "Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti". Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti».

 

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La parabola dei vignaioli omicidi, aveva colpito nel segno. La metafora della ‘pietra scartata dai costruttori divenuta testata d’angolo’ (il Figlio di Dio crocifisso e ucciso divenuto unico Salvatore degli uomini) fa capire agli anziani, ai capi religiosi e ai farisei che Gesù accusava proprio loro. Questi, indignati, cercheranno in tutti i modi di vendicarsi e di far morire Gesù.

 

Il Signore tuttavia non arretra e anzi rincara la dose con altre parabole ancora più provocatorie: “Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire”. Il regno dei cieli (Dio) invita gli uomini alle nozze del Figlio. Prima invita alcuni (cioè gli israeliti, il popolo dell’antica Alleanza, stipulata con Abramo e Mosè).

 

Questi però invece di apprezzare l’invito del re, non se ne curano affatto; e quando il re manda alcuni servi (i profeti) a sollecitare la loro presenza (“Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!") essi, con arroganza e disprezzo rifiutano apertamente l’invito del re.

 

Invitati malvagi e maleducati, pensano piuttosto ai loro affari e ai loro interessi, piuttosto che al nobile invito e all’onore concesso dal loro sovrano; altri invitati poi, come nella parabola dei vignaioli omicidi, presero addirittura i suoi servi, li insultarono e li uccisero. Vista l’arroganza e la prepotenza, la punizione del re non si fa attendere: “mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città”! (Qui è adombrato ciò che storicamente avvenne nel 70 dopo Cristo; quando Tito, imperatore dei romani, rase completamente al suolo la città di Gerusalemme).

 

Malgrado lo sgarbo e la delusione, il re (Dio) non rinunzia al suo banchetto. Dio, sempre stregato di amore per la nostra umanità, apre il suo invito alle nozze del Figlio a tutti gli uomini, buoni e cattivi; i suoi servi (gli apostoli) si rivolgono alle periferie, alle nazioni straniere, alle terre pagane invitando tutti a venire alle nozze del Figlio: "La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze".

 

Questo invito è arrivato anche a noi e ogni giorno arriva a tutti tramite l’evangelizzazione degli apostoli. Siamo noi perciò i nuovi invitati, entrati già (col battesimo) nella sala del banchetto nuziale. Siamo noi buoni e cattivi nello stesso tempo. Dio non fa più preferenze; non ha ha invitati privilegiati. Quello dell’invito alle nozze del Figlio di Dio è l’invito più grande e onorevole della nostra vita. Nientemeno è l’invito a partecipare all’Alleanza Nuziale tra di Dio e l’umanità, l’invito a partecipare da amici alle nozze di Cristo e della Chiesa. Roba da far impallidire qualunque altro invito umano al suo confronto; da far disdire qualunque altro impegno o affare per essere presenti a questo ‘banchetto unico’ al mondo; roba da mordersi le dita, dovessimo rifiutarlo.

 

A pensarci, ci sarebbe perciò gridare di gioia da mattino a sera, da urlare ai quattro venti l’invito ricevuto e accettato, da buttare in aria le stampelle della miseria umana che ci accompagna ogni giorno. E invece? Invece a me pare di sentire solo voci fioche, nessun grido, nessuna stampella in aria, spesso nessuna gratitudine, nessun urlo ai quattro venti. La parabola, anzi, lascia intravvedere il rischio che corriamo proprio noi che già siamo entrati nella sala del banchetto, forse senza rendercene degni: “Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l'abito nuziale.

 

Gli disse: ‘Amico, come mai sei entrato qui senza l'abito nuziale?’. Quello ammutolì”. Beninteso, l’abito da indossare per le nozze non è tanto l’essere perfetti, senza peccati, come spesso si pensa, ma è solo la consapevolezza grata di avere ricevuto un invito prestigioso da parte del Re (Dio). Abito nuziale degno è la gratitudine, il grido di gioia, l’esultanza, la riconoscenza, il pentimento. Dice la parabola: “Allora il re ordinò ai servi: legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”. È bene ricordarlo ancora.

 

L’ostacolo tra noi e Dio non è il peccato o l’errore; ma la mancanza di gratitudine, la mancanza di conversione e di pentimento, la presunzione e l’arroganza di sentirsi giusti, la malvagità del comportamento. Espulso dalla sala del banchetto non è il peccatore, ma solo l’ingrato; chi non riconosce il dono ricevuto e lo trasforma in diritto, chi spodesta Dio e per farsi padrone; chi disprezza l’invito per pensare ai propri interessi. Ogni parabola è un invito a fare verità. Dentro e fuori di noi. Nella sala del banchetto sediamo spesso da padroni, giudici, despoti piuttosto che da umili invitati a nozze. Molti di noi ignoriamo totalmente la gratitudine e la riconoscenza, scalciamo e denunciamo.

 

Molti altri partecipiamo al banchetto nuziale senza un briciolo di consapevolezza, spesso avanzando diritti e pretese, carriere e benemerenze. Per moltissimi di noi la presenza è solo un’appartenenza anagrafica, scritta nell’inchiostro e per molti altri la sala del banchetto è una stazione di servizi alla bisogna, semplici clienti, consumatori di cose sacre. Molti poi sediamo a mensa, ma siamo lì sempre dubbiosi, incerti, scettici sul da farsi. Siamo tutti dentro e fuori nello stesso tempo; tiepidi e mediocri, indifferenti e stanchi. Mi chiedo quanti saremo trovati con l’abito nuziale. Quanti saremo ritenuti degni di stare nella sala del banchetto nuziale del Figlio di Dio.

 
     
Edizione RodAlia - 14/10/2023
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