Logo
.
...Data sabato 20 aprile 2024
...Visite ad oggi 938337  Visitatori
Logo
 

Ambito di Ricerca:Aspetti religiosi
   
IL VANGELO DELLA DOMENICA - 11/09
a cura di Don G. Silvestri
 







 

immagine allegata

 

 

IL VANGELO DELLA DOMENICA – 11 Settembre

XXIV – ANNO C - LUCA 15,1-32


In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». Ed egli disse loro questa parabola: «Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? Quando l’ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, va a casa, chiama gli amici e i vicini, e dice loro: “Rallegratevi con me, perché ho trovato; vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione. Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la lampada e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova? E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che a li di Dio per un solo peccatore che si converte.

Disse ancora: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. Si alzò e tornò da suo padre.


Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa.


Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”». Parola del Signore

----------------------------

immagine allegata

Il vangelo riferisce due parabole di Gesù, purtroppo mal digerite da quanti hanno una falsa idea di Dio e un’idea capovolta del rapporto tra Dio e l’uomo. Decisivo, come sempre, il contesto nel quale sono collocate le parabole: “si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro»”. Questo il contesto delle parabole, la cornice dello scandalo.

Scribi e farisei invertono il rapporto tra Dio e l’uomo, insegnando e imponendo all’uomo una religione fatta di infiniti precetti e norme, tempestata di riti di purificazione e di sacrifici vari; una religione che si materializzava in mille precauzioni e attenzioni, osservanze e tradizioni; una religione, quella ebraica, praticamente impossibile da osservare. Il credente ebreo, infatti, era un uomo che, davanti a Dio, si sentiva schiacciato da sensi di colpa; ossessionato dal bisogno di una continua purificazione, tormentato dalla possibilità del castigo divino. Gesù rifiuta e contesta questa religiosità legalistica e conformistica, non rispondente al vero rapporto con Dio.

Accusa scribi, farisei, sacerdoti del tempio, dottori della legge, di avere stravolto lo spirito della legge di Dio e di averne snaturato il senso, preferendo la lettera allo spirito, subordinando l’uomo e la sua dignità all’osservanza scrupolosa di precetti umani e sottoponendolo ad un controllo asfittico e legalistico di usi e tradizioni di origine solo umana.

Il vangelo predicato da Gesù restituisce l’uomo alla sua libertà, privilegiando l’amore, la misericordia, la giustizia, la verità, il perdono. Ecco perché si avvicinavano a Lui tutti i peccatori e i pubblicani. Gesù svela loro l’amore che fa Dio assolutamente prossimo all’uomo; un Dio padre, cioè, che va incontro agli erranti e ai peccatori, che li cerca senza stancarsi mai, che non si dà pace finché essi non sono al sicuro.XX

Questo il senso profondo delle due parabole. Queste parabole hanno veramente dell’incredibile, svelano l’amore tenero e paradossale di Dio verso i peccatori, un amore scandaloso che sfida la ragione e il buon senso, che sovverte tutti i giudizi umani e, soprattutto, capovolge il verso direzionale tra Dio e l’uomo. Non è più l’uomo che va verso Dio, ma è Dio che va verso l’uomo; non è l’uomo che ha bisogno di Dio ma è Dio che ha bisogno di lui.

Sta qui il significato della parabola della pecorella smarrita, una metafora che racchiude l’intero mistero della salvezza, che svela l’inaudito segreto della volontà divina. Tutta qui la gioia e la tenerezza inaudita di Cristo, divino pastore, che mette a repentaglio l’intero gregge per andare alla ricerca dell’unica pecorella smarrita. Una parabola scandalosa e stupefacente insieme! Come spiegare, infatti, la follia divina che porta il Figlio di Dio a fare quello che nessun pastore al mondo farebbe mai: perdere tutto per salvare una sola pecorella; mettersi alla sua ricerca e non arrendersi finché non la ritrova?

ome spiegare la Sua gioia esplosiva nel riportarla a casa: “Quando l’ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, va a casa, chiama gli amici e i vicini, e dice loro: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta”? Come spiegare ancora, l’affermazione finale: “Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione”.

La parabola mette in evidenza la sorprendente passione di Dio, la sua divina follia per l’uomo: una follia consapevole e calcolata, una follia ragionata e inoppugnabile. La verità è che Dio non vuole perdere neanche una sola delle sue creature, costi quel che costi. Dio ama l’uomo. Egli se ne fa appassionato e instancabile ricercatore.

 

Se l’uomo si smarrisce o si perde, Egli non se ne dà pace finché non lo salva e non lo riporta a casa. Motivo? Semplicissimo. L’uomo è uscito dalle sue mani, è sua creatura, frutto del suo amore e delle sue viscere. Solo Lui conosce veramente l’uomo e il suo cuore. Non permetterà mai che una sola creatura vada alla malora. Alla malora, invece, il moralismo e il perbenismo, alla malora lo scandalo bigotto e farisaico, alla malora il buon senso e la ragionevolezza peregrina dei benpensanti farisei di ogni tempo. Dio non si dà pace, non si darà mai pace, finché un solo uomo è a rischio di perdersi.

C’è qualcuno che può obiettare? C’è qualcuno che ritiene illogica questa irrazionalità di Dio, questo amore folle di Dio per l’uomo? Si accomodi pure, senza dimenticare, tuttavia, che non c’è nessuno che resta fuori da questo amore folle, neanche il peccatore più incallito del mondo, neanche il fariseo più scandalizzato e lo scriba più riottoso, neanche l’ateo o il miscredente, neanche tu ed io che oggi ci stupiamo di questa debolezza di Dio.

 

La verità è che la metafora del Vangelo squarcia il cielo e lo avvicina finalmente al buio della nostra terra. La pecorella smarrita, infatti, non è detta solo per me e per te, non rappresenta solo te e me che andiamo in chiesa. La pecorella smarrita è l’umanità intera, l’umanità di ogni meridiano e parallelo, di ogni cultura e religione. È per questa umanità che Dio rischia tutto se stesso, rovescia ogni cosa e mette a repentaglio la sua stessa dignità.

Nel suo Figlio Gesù, Egli s’è giocata la faccia, ha lasciato tutto, il cielo, il suo trono, la sua perfezione; s’è messo alla ricerca dell’uomo; lo segue in tutte le sue spericolate peripezie. La sua corsa per valli e monti alla ricerca dell'uomo non è ancora finita. Infatti, pare spesso che l’uomo, figlio prodigo, non abbia ancora terminato il suo allontanamento da Dio. A questo punto, solo la follia divina può riportarlo alla ragione e alla casa paterna.

 

 

 
     
Edizione RodAlia - 10/09/2022
pubblicazione consultata 175 volte
totale di pagine consultate 870958
Copyright 2008- Ideazione e Coordinamento di Romualdo Guccione - Realizzazione tecnica del sito di Enzo Callari -