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IL VANGELO DELLA DOMENICA,1/05
a cura di Don G. Silvestri
 

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IL VANGELO DI DOMANI – 1 MAGGIO

III - DOMENICA DI PASQUA (C) GIOVANNI 21,1-14



In quel tempo, Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli sul mare di Tiberìade. E si manifestò così: si trovavano insieme Simon Pietro, Tommaso detto Dìdimo, Natanaèle di Cana di Galilea, i figli di Zebedèo e altri due discepoli. Disse loro Simon Pietro: «Io vado a pescare». Gli dissero: «Veniamo anche noi con te». Allora uscirono e salirono sulla barca; ma quella notte non presero nulla. Quando già era l’alba, Gesù stette sulla riva, ma i discepoli non si erano accorti che era Gesù. Gesù disse loro: «Figlioli, non avete nulla da mangiare?». Gli risposero: «No». Allora egli disse loro: «Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete». La gettarono e non riuscivano più a tirarla su per la grande quantità di pesci. Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: «È il Signore!». Simon Pietro, appena udì che era il Signore, si strinse la veste attorno ai fianchi, perché era svestito, e si gettò in mare. Gli altri discepoli invece vennero con la barca, trascinando la rete piena di pesci: non erano infatti lontani da terra se non un centinaio di metri. Appena scesi a terra, videro un fuoco di brace con del pesce sopra, e del pane. Disse loro Gesù: «Portate un po’ del pesce che avete preso ora». Allora Simon Pietro salì nella barca e trasse a terra la rete piena di centocinquantatré grossi pesci. E benché fossero tanti, la rete non si squarciò. Gesù disse loro: «Venite a mangiare». E nessuno dei discepoli osava domandargli: «Chi sei?», perché sapevano bene che era il Signore. Gesù si avvicinò, prese il pane e lo diede loro, e così pure il pesce. Era la terza volta che Gesù si manifestava ai discepoli, dopo essere risorto dai morti. Parola del Signore.




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Dal brano del vangelo ricaviamo perciò qualcosa che attiene oggi alla nostra identità di cristiani. Se, infatti, l’Eucaristia - l’atto cioè dello spezzare il pane - è il momento in cui Egli si manifesta a noi, Signore risorto e vivo, allora tale celebrazione va recuperata alla sua dimensione tipicamente pasquale e nuziale che, al momento, a me sembra molto smarrita o del tutto mortificata. Per noi credenti è davvero urgente recuperare una nuova e consapevole partecipazione all’Eucaristia; la quale, privata della costitutiva dimensione pasquale, diventa spesso rito vuoto e insignificante, rappresentazione sacrale esteriore e manifestazione religiosa solo formale.



Questo, poi, - a pensarci - il motivo di una fede scialba, priva di vitalità, spesso inconsistente e incoerente; e il motivo di una vita cristiana del tutto sganciata dal vangelo, priva di vitalità e di aderenza all’insegnamento di Cristo Signore. L’eucaristia, insomma, banchetto attualizzante la presenza del Risorto Sposo della chiesa, purtroppo non tocca più di tanto la vita dei partecipanti e ha cessato di essere momento assolutamente trasformante della vita. Convito attualizzante la frazione del pane e la partecipazione al calice, cioè il dono Sua vita donata per noi, la messa ci vede spesso muti e freddi spettatori di un rito stanco e noioso in chiesa e cristiani mediocri e incoerenti nella vita quotidiana e sociale.



C’è perciò un grande vuoto da colmare nella coscienza dei cristiani. Nelle nostre celebrazioni eucaristiche non c’è ombra della dimensione ‘pasquale’ e ‘nuziale’. Siamo all’amnesia totale, all’oblio di ciò che invece è essenziale alla vita di fede dei credenti. Il banchetto eucaristico è da recuperare a memoria viva della Pasqua; da strappare alla miserevole condizione di ‘precetto’ formale, di ‘obbligo’ canonico o di ‘devota pratica’ da sbrigare in fretta e furia alla domenica.



C’è molto da fare, per strappare la cena pasquale del Signore morto e risorto all’abitudine e alla noia cronica, allo strapazzo di un rito freddo e indifferente, ad una gestione sacrale leggera, frettolosa e insipida. Molto da fare perché il memoriale vivo della cena del Signore, banchetto nuziale e festoso, momento comunitario di gioioso incontro col Signore risorto, non sia lasciato alla morbosità bigotta di una pietà individualistica o alla deriva di una partecipazione anonima, passiva e inconsapevole.



Occorre, a tutti i costi, restituire all’Eucaristia il suo carattere mirabilmente rigenerativo della fede e la sua dimensione di banchetto celebrativo e giubilare dell’alleanza nuziale tra Cristo e la Sua sposa. Occorre ridare al banchetto eucaristico il suo timbro propriamente gioioso, festoso, ovvero il suo carattere propriamente fraterno, comunitario, dinamico, coinvolgente. L’eucaristia è evento trasformante la vita e il cuore di chi vi partecipa, esaltante momento di gioia e di comune gaudio sponsale. Tutt’altro che rito compassato e ripetitivo, il convito eucaristico è divinamente generativo di forte comunione, di calda relazionalità, di condivisione e di solidarietà profonda, di umile servizio e di gioiosa accoglienza reciproca fra coloro che il Signore chiama ad essere membra del Suo stesso corpo. Per dirla tutta, l’Eucaristia è rivoluzione perenne della vita di ognuno e di tutti; solenne contestazione di ogni forma di individualismo ed egoismo. Il banchetto eucaristico, in quanto ‘banchetto’, è denuncia profetica di un mondo lacerato da prepotenze, da odi e invidie profonde, da scandalose lotte e guerre fratricide.



La ‘frazione del pane’ eucaristico, in quanto condivisione gioiosa dell’unico pane, è ferma condanna di una società divisa, dilaniata da ingiustizie e discriminazioni, dove sono ancora negati l’uguale dignità di ogni uomo, l’uguale diritto di tutti a godere delle risorse della terra e l’uguale diritto a sedere all’unica mensa dei figli di Dio.

A pensarci bene, prima di sedere al banchetto nuziale dell’eucaristia, dovremmo tutti guardarci ‘prolungatamente’ allo specchio della nostra coscienza!

 

 
     
Edizione RodAlia - 01/05/2022
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