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SOLENNITA' DI MARIA SS. MADRE DI DIO
a cura di Don G.Silvestri
 

immagine allegata

VANGELO – 1 GENNAIO 2022:  

SOLENNITA’ Di MARIA SS. MADRE DI DIO

LUCA  2,16-21

      

In quel tempo, [i pastori] andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore. I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com'era stato detto loro. Quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall'angelo prima che fosse concepito nel grembo.  PAROLA DEL SIGNORE.

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immagine allegataI pastori “Andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia”. Chi è questo bambino che i pastori vanno a trovare? Chi è sua Madre? Di quale evento sono testimoni se “tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro?”


Oggi la liturgia ci fa guardare proprio a Colei che ha concepito quel bimbo oggetto di stupore, lo ha concepito nella sua carne, lo ha portato in grembo e partorito a Betlemme, duemila ventuno anni fa. A questa donna, da sempre, la tradizione cristiana attribuisce l’eccelso titolo di “Madre di Dio” (Theotòkos, Deipara). Inaudito l’Evento, Inaudito il titolo! Attribuzione lecita? Aggettivazione legittima, possibile, o del tutto assurda? Sicuramente appellativo ardito, audace, in certo senso temerario. A pensarci: come ritenere madre del Creatore una semplice creatura? Come pensare a una simile possibilità senza contravvenire al principio di non contraddizione o al semplice buon senso? 

 

Eppure questa attribuzione, così inverosimile e ostica alla ragione, risale ai primi secoli della fede cristiana. Certo, con qualche difficoltà. Ma tale attribuzione si è via via imposta, ricevendo un consenso sempre più ampio nella comunità dei credenti, fino a diventare affermazione non solo lecita, ma scontata, indispensabile, ora del tutto ovvia.  Se qui se ne parla è solo per evidenziarne il senso pieno, oltre che la grande rilevanza per la fede credente. Da questa attribuzione, infatti, è possibile far emergere il ‘novum assoluto’ della fede cristiana. Nell’attribuire, cioè, il titolo di ‘Madre di Dio’ a Maria, la comunità cristiana professa il fondamento stesso della sua fede. In esso non c’è solo l’autocomprensione che la comunità credente ha di se stessa, ma anche il presupposto del messaggio (kerigma) di cui essa è portatrice fra gli uomini. 

In breve, il titolo ‘Madre di Dio’ ricapitola la verità sconvolgente del credo cristiano. Ovvero: nella “pienezza dei tempi” il Verbo eterno di Dio, s’è fatto ‘realmente’ carne in Maria; Lei lo ha ‘realmente’ concepito in grembo, ‘realmente’ lo ha dato alla luce a Betlemme e ‘realmente’, come vera madre, lo ha allattato e nutrito in quanto figlio ‘suo’. Ora: tale evento coinvolge in pieno la nostra umanità. Da Lui che si è fatto carne, siamo toccati nell’intimo della nostra identità di uomini.  Come proclama san Paolo ai Galati: «Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge per riscattare coloro che erano sotto la legge, perché ricevessimo l’adozione a figli. E che voi siete figli ne è prova il fatto che Dio ha mandato nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio che grida: Abbà, Padre! Quindi non sei più schiavo, ma figlio; e se sei figlio sei anche erede per volontà di Dio» (Gal  4, 4-7).

 
A buon diritto, perciò, la fede cristiana chiama Maria ‘Madre di Dio’, non perché fa di Maria una Dea o una sublime Eroina, ma perché l’innesto di Dio nell’umanità è ‘reale’, concreto e storico. Il Verbo di Dio si è fatto veramente e irreversibilmente uomo. ‘Reale’ è la sua incarnazione. ‘Reale’ il cambiamento avvenuto in Dio. ‘Reale’ il cambiamento avvenuto nell’uomo e ‘reali’ le conseguenze per l’umanità intera. Il cristianesimo è quindi veramente un ‘caso serio’ per l’uomo. Anzi, dal momento che è messa in questione l’identità di Dio e l’identità dell’uomo, il cristianesimo è il ‘caso più serio e sconvolgente’ della storia umana. Dio s’è messo veramente in gioco, si è esposto oltre ogni limite pensabile. Nell’Incarnazione Egli ci ha messo la faccia, si è giocata per sempre la sua identità! Non cambiamento epidermico e superficiale; non sceneggiata per gente ingenua. Ma mutamento sostanziale, mutazione simultanea dell’essere di Dio e dell’essere dell’uomo.

 
Mi chiedo: cos’altro di ‘nuovo’ può ormai portarci il tempo, oggi, primo giorno dell’anno 2022? Quale possibile augurio poter formulare oggi che risulti veramente sensato e non retorico e banale? Cos’altro possiamo augurarci se non che esploda seriamente la rivoluzione iniziata a Betlemme, facendo spazio al ‘Primo’’ che s’è fatto ‘ultimo’, al ‘Creatore’’ fatto ‘creatura’, alla creatura innalzata a ‘dignità divina’? Cos’altro sperare se non che l’innesto divino, che ha cambiato radicalmente la linfa della pianta umana e il sangue nelle nostre vene, trovi pieno riconoscimento nel cuore e nella mente degli uomini e rinnovi radicalmente il logoro tessuto della storia umana. Per cos’altro impegnarsi nella vita se non per accogliere in ‘otri’ decisamente ‘nuovi’ il ‘vino nuovo’ del Regno, quel vino esplosivo di ‘umanità nuova’ che spacca gli ‘otri vecchi’, consunti e ormai del tutto usurati? 


Intendiamoci! Nessun buonismo, nessun moralismo, nessun bigottismo. Grave equivoco ridurre ancora il cristianesimo a dottrina morale o, peggio, a messaggio edificante. D’altra parte, grave malinteso intendere la fede come semplice appartenenza anagrafica o come passiva adesione a valori socio-culturali. Più grave errore trasformare la fede in superstizione, in vana ritualità, in pratica pietistica e devozionistica. Da quando Lui, Verbo incarnato, nato da Maria, si è definitivamente innestato nella storia è ormai ‘creazione nuova’, ‘cieli nuovi e terra nuova’, ‘uomo nuovo’. Non semplice rattoppo dell’antico, non otri rabberciati alla meglio, non languida religiosità e sterile attività di culto. C’è da prendere atto della ‘novità’ assoluta che fermenta l’intera storia umana. Tempo ed eternità ora viaggiano insieme, inestricabilmente intrecciati. Il ‘tempo’ s’è fatto ‘kairòs’, divino e prezioso itinerario di riscatto e di liberazione. Ora la storia è carica di 'assoluto', gravida di eternità. Tutto corre verso di Lui, Signore del tempo e della storia, primo e ultimo, alfa e omega, principio e fine di ogni cosa; e tutto è orientato a Lui, nuovo Adamo e Uomo perfetto: «Se uno è in Cristo è una creatura nuova; le cose vecchie sono passate, ecco, ne sono nate di nuove» (2 Cor 5,17).

 

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Edizione RodAlia - 31/12/2021
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