IL VANGELO DELLA DOMENICA, 21/11 a cura di Don G. Silvestri
IL VANGELO DELLA DOMENICA – 21 NOVEMBRE XXXIV
DOMENICA: CRISTO RE DELL’UNIVERSO - GIOVANNI 18, 33B-37
In quel tempo, Pilato disse a Gesù: «Sei tu il re dei Giudei?». Gesù rispose: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?». Pilato disse: «Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?». Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù». Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce».
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Significativa si, ma non esente dalla necessità di un’ermeneutica adeguata del titolo di ‘Re’ attribuito a Cristo Salvatore. Non aiuta affatto, in questo senso, l’enfasi comune che l’attribuzione si trascina nella cultura comune, né in alcun modo aiuta l’enfasi trionfalistica tipica del tempo della ‘societas christiana’, quando nel titolo di ‘Re’ attribuito a Cristo si nascondeva la supponenza del potere teocratico e clericale, la forza di un’apologetica cattolica d’urto contro l’autonomia e la politica laica degli stati. Era anche il tempo in cui si pescavano con cura motivi combattivi verso una società che in modo conflittuale, ma legittimo, cercava giustamente di emanciparsi dall’influenza della chiesa. Di certo, oggi non aiutano più atteggiamenti vetero-cattolici, istanze nostalgiche e temporalistiche, ispirate a paradigmi ecclesiologici ‘neo-costantiniani’, a modelli di potere piramidale e gerarchico, del tutto alieni dalla nuova coscienza di chiesa maturata dopo il Concilio Vaticano II.
Stemperate oggi queste residualità tipiche di una chiesa letteralmente ‘militante’ e contestuali a un clima polemico e muscolare nei rapporti tra chiesa e stato, è possibile riflettere su e, anche, celebrare l’autentica regalità di Cristo: quella però del ‘Christus patiens’, prima che quella del ‘Christus triunphans’! Una regalità, quella di Cristo, del tutto speciale rispetto a quella dei sovrani di questo mondo; una regalità paradossale e inaudita, del tutto coerente col mistero della Sua umiliazione e del Suo annientamento in croce (Kenosis).
Insomma: è assolutamente vero! Cristo è re. Ma in nulla e per nulla la categoria della regalità umana ci aiuta a comprendere questa regalità sui generis del Signore crocifisso, inconcepibile e scandalosa regalità. ll rischio della solennità dedicata a ‘Cristo re’ sta proprio qui. Attribuire a Lui il titolo di ‘re’, assumendo la categoria della regalità di questo mondo, è radicalmente fuorviante ed equivoco. La regalità del Signore è ‘totalmente altra’, tale da essere scandalosamente folle per il pensare umano. I sovrani di questo mondo cercano infatti solo di dominare e di asservire i popoli, governano con cinismo e astuzia. La loro regalità è sempre imposta, nasce sempre dall’alto e mai da basso; mai rispetta e mai tiene conto dei governati; viene esercitata con la forza e con la coercizione, quando non con cinica furbizia, con inganno e menzogne continue.
È regalità finalizzata al dominio fisico delle persone, ridotte spesso a larve umane, ma anche al controllo delle loro coscienze, alla limitazione della loro libertà di pensiero. È regalità oppressiva e soppressiva di diritti umani, politici, sociali, religiosi, culturali; mira all’appropriazione ingorda delle risorse e dei beni di tutti; si costruisce sull’iniqua distribuzione della ricchezza, vive e sopravvive di privilegi e di favoritismi, spesso di rapina, di sfruttamento delle parti più deboli e fragili della società. È una regalità, infine, nella quale è ‘idolatrato’ il corpo del sovrano; in cui tutto è sacrificato ad esso; tutto finalizzato alla sua personale salvezza, al suo esclusivo benessere.
Altra, assolutamente, è la regalità di Cristo! Regalità solo esclusivamente di amore e di servizio; regalità di sostegno e di supporto ai deboli e ai fragili. Nella regalità di Cristo è celebrata l’offerta piena che Egli fa di se, della propria vita, al popolo che Egli ama; totale dedizione a quanti liberamente la riconoscono e liberamente l’accolgono. È sovranità assolutamente scevra da ogni costrizione e ricatto, da ogni minaccia e ritorsione, da ogni controllo e limitazione di libertà. Piuttosto è promozione di dignità assoluta di ogni persona umana e di libertà.
È sovranità di amore, di giustizia, di misericordia, di gratuita e gioiosa promozione, specialmente degli ultimi, i più poveri, i più deboli. Mai la regalità di Cristo è divisiva fra uomo e uomo; essa agisce nell’ottica della solidarietà piena tra capo e membra, di una fraternità universale di tutti e di ognuno; paradossalmente inclusiva degli stranieri, dei diversi, dei nemici. Essa vive solo dell’armonia delle parti e della reciprocità amorosa di tutte le membra del corpo. Né sono le membra a dare sostegno ed energia al capo o a sacrificarsi per lui; ma è Lui, il capo, a donarsi totalmente al corpo e alle membra, a consegnarsi come prezzo di riscatto e pegno di salvezza, come ultima risorsa di vita e di verità.
Insomma, la regalità di Cristo è la negazione assoluta della regalità mondana. Nessuna analogia possibile fra l’una e l’altra. Perciò parlare della regalità di Cristo è difficile. Bando all’enfasi e al trionfalismo. Il modello della regalità dei principi di questo mondo ci porta del tutto fuori strada. Cristo è re, anzi il re dei re! Ma lo è perché nella sua regalità è negata ogni altra forma di regalità mondana. Perché la Sua divina regalità contesta radicalmente ogni forma di potere e di dominio abusivo, dispotico, illegittimo sugli uomini; contesta ogni forma di sfruttamento e di oppressione dei deboli e degli ultimi e ogni forma di ingiusta discriminazione fra gli uomini. La divina regalità di Cristo è regalità crocifissa; è regalità di chi volontariamente e scandalosamente ha rinunziato per sempre ad ogni forma di regalità: ‘Egli, infatti, pur essendo Dio, spogliò se stesso; e assumendo la condizione di servo, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce’.