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IL VANGELO DELLA DOMENICA - 5/09
a cura di don G. Silvestri
 

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IL VANGELO DELLA DOMENICA – 5 SETTEMBRE

DOM XXIII (ANNO B)
-  Marco  7,31-37.



In quel tempo, Gesù, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidòne, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli. Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!».

E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente.  E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!». Parola del Signore

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immagine allegataLa pericope del vangelo di questa domenica, pur contenendo indicazioni geografiche che farebbero pensare ad un episodio reale, in verità presenta un evento più simbolico che storico. La narrazione dell’episodio da parte dell’evangelista potrebbe essere funzionale una elaborazione misterica e mistagogica dell’itinerario di fede compiuto da coloro che nelle comunità cristiane venivano alla fede e al battesimo (catecumeni).


Alcuni elementi descrittivi del brano fanno riferimento infatti alla ritualizzazione battesimale che tuttora scandisce uno dei momenti significativi del rito del battesimo: il cosidetto rito dell’Effatà. Si tratta di un momento peculiare tra i riti post-battesimali, riepilogativo, come gli altri, del significato stesso del battesimo e dell’iniziazione cristiana.

Dice il vangelo: “Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi (propriamente ‘gli sturò gli orecchi’) e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente”. Di che miracolo si è trattato? Cosa è avvenuto realmente? A quale sordità e mutismo si vuole accennare?

Patologia fisica o metaforica? Menomazione fisica o spirituale? Tutto fa pensare che, se miracolo realmente c’è stato, si tratta sempre di un miracolo ‘segno’, cioè da interpretare. Il gesto di Gesù che guarisce l’uomo, che riporta il sordomuto alla pienezza della vita sociale e relazionale, rinvia simbolicamente al miracolo della fede, al dono della vita nuova conferito al credente tramite il battesimo. 

Nel rito del battesimo, infatti, il ministro della chiesa replica il gesto di Gesù. Toccando le orecchie e le labbra del catecumeno, egli accompagna significativamente il gesto con le parole: “Il Signore Gesù che fece udire i sordi e parlare i muti, ti conceda di ascoltare presto la sua parola e di professare la tua fede a lode e gloria di Dio Padre”.  Col battesimo, perciò, si aprono le orecchie e si scioglie la lingua. È l’ingresso nella comunità.


Ogni battezzato è strappato alla solitudine e viene introdotto alla vita sociale e relazionale. Il simbolismo è straordinario. Per ogni battezzato si apre un nuovo orizzonte di vita. Si rinasce letteralmente e si inizia una nuova vita: quella ecclesiale, sociale e relazionale. 


Per comprendere meglio ciò, è opportuno accennare alla particolare gravità della condizione patologica di chi è ‘sordomuto’. Essa ci aiuta a comprendere la condizione dell’uomo non ancora incorporato, tramite la rinascita battesimale, a Cristo e ai fratelli. ‘Sordomuto’ è l’uomo impedito a comunicare: impossibilitato a sentire e a parlare. La patologia esprime, nella società, la misera condizione dell’uomo ‘isola’; dell’uomo cioè non membro vivo di un corpo o di una comunità; dell’uomo privo di una relazionalità familiare, calda, fraterna, amicale.


Per il sordomuto, come per il non battezzato, l’’altro’ è un sempre un estraneo, uno straniero, uno sconosciuto; e anche lui, per l’altro, è ugualmente un estraneo, uno sconosciuto. Insomma, il sordomuto è costitutivamente solo, nomade, solitario, impossibilitato all’ascolto e alla comunicazione. Ad un livello più profondo, quello antropologico, tale handicap fisico, diventa metafora della morte spirituale dell’uomo. È l’io prigioniero di sé, chiuso in un guscio invalicabile, emarginato, escluso; metafora, insomma, dell’uomo lontano dalla vita, dall’amore, dalla libertà, dalla gioia. 

Il segno compiuto da Gesù è dunque segno pasquale e battesimale; la guarigione dice il ritorno dalla morte alla vita, dalla chiusura mortale alla gioia della comunità. A rendere possibile ciò, è proprio il battesimo; esso infrange questo muro di separazione fra uomo e uomo; è l’evento che stura gli orecchi e scioglie la lingua, e perciò apre alla vita e alla libertà. Il battesimo è l’evento pasquale che rompe il ghiaccio, la morte, l’isolamento, l’anonimato, l’ignoranza reciproca, la diffidenza e l’indifferenza tra uomo e uomo.


Rinascere dall’acqua e dallo Spirito è rinascere perciò alla vita ecclesiale e sociale, uscire dal male assoluto della solitudine esistenziale, dal guscio della morte e dalla prigione dell’io. Nello Spirito che ci rende figli adottivi dell’unico Padre e ci incorpora a Cristo e ai fratelli, viene abbattuta la cinta della solitudine, nel mentre si costituisce il legame forte dell’universale figliolanza divina e dall’universale fratellanza in Cristo.


Il prodigio del sordomuto, operato da Gesù, è segno efficacissimo a narrare il miracolo del tuo e del mio battesimo; il miracolo della ‘’parola” in entrata e in uscita che dà vita, che infrange la corazza della solitudine metafisica in cui vive l’individuo privo della grazia battesimale. Nel battesimo siamo restituiti alla parola, alla comunicazione, cioè alla vita, all’amore, all’amicizia, alla relazione con Dio e con i fratelli, all’alterità che ci costituisce, all’immagine e alla somiglianza divina originaria.


La pericope evangelica ci aiuta oggi a rivivere la mistagogia dell’itinerario catecumenale e battesimale. Incorporati a Cristo nel battesimo, gli uomini rinascono alla cittadinanza ecclesiale: all’umanità rigenerata e riplasmata dal sangue di Cristo in Croce.


Questo sangue scorre ormai in me e in te, scorre nelle vene di quanti appartengono a Cristo e di quanti nello Spirito sono diventati membra di un unico corpo, tralci di un’unica vite. Nel battesimo che ci fa creature nuove, strappandoci per sempre all’anonimato e alla solitudine esistenziale, lo Spirito di Dio sigilla in unità i cuori e le menti di coloro che si lasciano plasmare creature nuove, fratelli e sorelle, dalla dolcezza della Sua grazia invisibile. 


C’è solo da rammaricarsi della più grave amnesia che possa colpire la fede. C’è da dolersi amaramente che il battesimo diventi spesso solo una pagina cancellata o strappata dalla nostra memoria credente. L’ha dimenticato purtroppo la stessa chiesa che, nei secoli, ha costruito un’impalcatura assolutistica, gerarchica e piramidale, che l’ha gravemente divisa al suo interno, umiliando e mortificando spesso la pari dignità costitutiva di tutte le sue membra, ovvero l’uguaglianza battesimale di coloro che sono creature nuove in Cristo.

L’ha dimenticato quando ha creato e reduplicato distanze e barriere tra le sue membra; quando cioè ha fissato identità separate, dualismi antropologici e ministeriali: ad esempio, tra sé e il mondo, tra sacro e profano, tra uomo e donna, tra gerarchia e popolo, tra clero e laici, tra ordinati e non ordinati, tra consacrati e non consacrati, tra religiosi e non religiosi.

Le conseguenze di questo oblio sono sotto gli occhi di tutti: un popolo di Dio, soprattutto nella componente laica, ridotto alla sudditanza, alla sottomissione, alla passività; un popolo di Dio smembrato nella gerarchia da titoli, onorificenze, insegne, stemmi, blasoni, privilegi, distinzioni, nomine; una chiesa di ‘sordomuti’ insomma, formata da membra di pari dignità battesimale, ma con molte sue componenti, in alto e in basso nella piramide, consegnate all’asservimento, al silenzio e alla sordità reciproca.

L’abbiamo dimenticato noi tutti, quando del battesimo abbiamo perso memoria viva e siamo ricaduti nei paradigmi obsoleti dell’uomo vecchio, individualista, egoista, invidioso e chiuso in se stesso. Siamo ridiventati tutti ‘sordomuti’; isole lontane, impermeabili gli uni agli altri, indifferenti, estranei, distaccati.

Mi chiedo e ti chiedo: dov’è il battesimo, se siamo votati alla paura e alla diffidenza, all’egoismo e al calcolo? Dov’è la radicalità della fede, se siamo pronti a rinchiuderci nei pregiudizi, nelle discriminazioni, nelle paure, negli interessi?

Cosa ne abbiamo fatto del battesimo se siamo completamente venduti all’ideologia dominante dell’’homo economicus’, dell’’homo homini lupus’,  del ‘mors tua vita mea’? Dov’è la guarigione battesimale se siamo pronti a risuscitare ogni giorno categorie divisive e paranoiche; a sostantivare e a naturalizzare differenze etniche, culturali, nazionali, religiose, geografiche, razziali, economiche, sessuali? Dov’è il miracolo del ‘sordomuto guarito’ se riprendiamo a costruire e a reificare identità chiuse e mortifere, se ricostruiamo i muri e i bunker della nostra solitudine mortale, se turiamo le nostre orecchie e chiudiamo la nostra bocca per non ascoltarci e parlarci più da fratelli e amici?

 

 

 
     
Edizione RodAlia - 04/09/2021
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