Logo
.
...Data martedì 19 marzo 2024
...Visite ad oggi 934326  Visitatori
Logo
 

Ambito di Ricerca:Aspetti culturali
   
AMO POLIZZI
 
(1°)(2°) (3°) (4°)(5°)

immagine allegata

Dopo sessanta anni in America, amo ancora Polizzi Generosa, un paesino medievale che torreggia solitario nelle montagne delle Madonie in Provincia di Palermo. Il mio e’ un amore nostalgico, atavico, e fortemente sentimentale perchè Polizzi è la mia terra, il mio luogo di nascita, il tabernacolo dei miei ricordi e sogni d' infanzia.

Sebbene lasciai fisicamente Polizzi Generosa a diciotto anni, quando emigrai negli Stati Uniti di America, il mio amore e i miei sentimenti verso il paese rimasero sempre intatti e diventarono sempre piu’ intensi con le mie consuete visite di pochi giorni o di poche ore, e attraverso ricerche storiche con le quali continuo ad acquisire una conoscenza piu’ profonda della sua origine e del suo ricchissimo retaggio umano, artistico, religioso e culturale.

Quanti anni sono passati da allora! Quanto cammino! Quante esperienze e quante memorie dopo sessanta anni di vita in America dal giorno in cui lasciai Polizzi Generosa il 20 giugno del 1958!

Oggi, dopo tanto tempo, ritorno a Polizzi Generosa da solo per una “visita sentimentale” di due settimane perche’ desidero rivivere, da adulto, i ricordi e le memorie della mia fanciullezza, condividere con i miei concittadini il Conferimento della Cittadinanza Onoraria, e raccontare a tutti i miei lettori i punti salienti della mia permanenza che descrivo nelle pagine seguenti.

21 Giugno 1958

Emigrante

La ricordo cosi’ la mia partenza da Polizzi Generosa per gli Stati Uniti di America nel 1958:

Un aereo della Trans World Airlines, a quattro eliche -la meraviglia dell’epoca- mi trasporto’, quasi diciottenne, a New York con mia madre, e mia sorella Rosa che allora aveva quattordici anni. Tutti e tre facevamo il nostro primo viaggio che ci lanciava dal piccolo paese di Polizzi Generosa, in Provincia di Palermo, a New York, la grande metropoli americana dei grattacieli.

Decollando da Roma, dopo vari scali per fare rifornimento, ci fermammo a Parigi, poi a Shannon in Irlanda, e finalmente atterammo a New York all’Aeroporto John F. Kennedy che allora si chiamava Idlewild.

Fu un pomeriggio di giugno, data che celebro ogni anno issando la bandiera americana davanti alla mia casa, quando misi piede sul suolo americano. Pioveva, e scendendo all’aperto dall’aereo, ci avviammo verso la stazione centrale, accompagnati da un attendente al volo che ci riparava dalla pioggia con un ombrello. Eravamo tre emigranti con delle piccole cose nelle nostre borse a mano e tanti sogni. Lontani da noi rimanevano ora il paese, le memorie, gli amici e la nostra umile cas

A New York ci attendeva un mondo nuovo completamente diverso dal nostro: diverso per la sua lingua, cultura e tradizioni. Nessuno di noi parlava inglese, e nessuno sapeva quante difficoltà avremmo dovuto affrontare durante questi ultimi sessanta anni! Avevamo con noi la forza e il coraggio indomito di Siciliani abituati alla vita dura e nobile di campagna, ai valori centenari della nostra cultura sicula, ed eravamo stimolati dal grande desiderio di ricostruirci una vita nuova e piu’ bel

Il ricordo più saliente del mio primo incontro con l’America rimarra’ per sempre impresso nella mia mente. Ricordo ancora con fascino il momento in cui, diretto verso la stazione centrale, alzai la mano per spingere le porte di vetro che ci stavano davanti. Che magia indimenticabile fu per me quel momento! Senza toccarle, le due porte di vetro si spalancarono davanti come se un angelo avesse dato loro il commando di aprirsi. Per un attimo rimasi di stucco perche’ non avevo mai visto porte automatiche prima di allora e non sapevo nemmeno che esistessero sebbene avessi studiato i Classici Latini e Greci e mi fossi sentito capace di una certa sofisticazione intellettuale. Adesso, per me, era tutto nuovo perche’ non avevo mai viaggiato prima di allora. Conoscevo solamente l’asinello, la corriera, la citta’ di Cefalù dove avevo studiato, e avevo visto Palermo solamente una volta quando mi recai al Consolato Americano per ottenere il passaporto.

Adesso, dopo sessanta anni a New York, quando ricordo quel momento stupendo del mio arrivo, penso solamente all’amore grande di questa nazione che sarebbe diventata la mia patria di adozione, quando in quell’afoso pomeriggio del 21 giungo del 1958 con la sue porte automatiche miracolose, “America” mi apri’ le sue braccia come una mamma esclamando con grande amore: “Benvenuto!”

Tradotto dalle mie memorie: “Prickly Pears and Oleanders/ Memoir of an Italian American (2005).

Arrivo in macchina a Polizzi Generosa verso le due del pomeriggio e con Francesco raggiungiamo la sua casa-museo che sara’ la mia dimora per due settimane. Francesco apre la porta e mi consegna la chiave. Lascio le valigie in una stanza e con lui faccio il giro di orientamento. Letto, bagno, stufa, frigorifero e, anche per me, tutta la bellissima compagnia di oggetti rari preziosi esposti su muri e sulle mensole. Poi mi lascia, e cosi’ inizio la mia vacanza aprendo le valigie e organizzandomi con carta e penna sul tavolino per annotare e ricordare tante cose da fare e da dire, e dove custodire i documenti. Conto gli euro che ho nel marsupio, e comincio ad annotare messaggi, incontri, nomi, numeri telefonici ed indirizzi. Piu’ tardi Francesco mi presenta la sua vicina, Enza Cristodaro, che ha la chiave della casa-museo.

Mi chiamo Enza. Sono a Sua disposizione” mi dice con tono rispettoso e cortese. “Abito qui accanto.”

Mi chiamo Mario. Piacere,” le rispondo gentilmente. “Prego, Enza, dammi del tu.”

Incomincia cosi’ la mia nuova amicizia con colazioni quotidiane e varie cene. Da ora innanzi Enza sara’ la mia vicina di casa, sempre pronta e disposta ad assistermi e a cucinare se lo trovo necessario.

Appena arrivato a Polizzi, bisognoso di ascoltare meglio il ritmo e il polso del paese da vero “Polizzano,” trovo in lei la presenza di un angelo che mi assicura una calma permanenza durante la quale spero di provare una immersione linguistica e culturale totale nel mio paese di origine.

Piu’ tardi esco e incontro Peter Marsala, un italoamericano, venuto come me a Polizzi per la festa del Santo, e gli chiedo di aiutarmi a captare la linea WIFI per la comunicazione telematica. Conosco Peter da alcuni mesi perche’ l’avevo consigliato prima del suo viaggio a Polizzi che capita, ora, di coincidere fortunatamente con il mio.

Su e giu’ per il Corso incontro tante persone, e faccio un salto in casa del Dottore Alfino Zafarana che e’ felice di vedermi a Polizzi Generosa. Mi offre qualcosa da bere e, durante un incontro molto festoso e piacevole, scambiamo memorie e ricordi polizzani con tante risate in compagnia di sua suocera. Rientro dopo per riposare qualche oretta.

Nella mia casa-museo faccio a mio agio: mi rado la barba, mi rinfresco e faccio una doccia. Sono gia’ passate ventiquattro ore dall’inizio del mio viaggio. Svuoto le valigie, attacco i panni e le camicie nell’armadio, metto da parte alcuni doni e mi riposo un po’, seduto sul divano.

A cena, Enza mi porta un bel piatto di pasta ai fagioli badda tenerissimi che accompagno con un bicchiere di vino d’Avola, dono di un vicino di casa,Tommaso Martino Lavanco, anche lui in vacanza.

Sono stanco a causa del lungo viaggio, del fuso orario e delle varie attivita’ durante la mia prima giornata a Polizzi Generosa. Ciononostante, mi sento inebriato di trovarmi in paese e di essere intrattenuto da tanti bellissimi e nostalgici articoli sentimentali esposti nella mia casa-museo.

Circondato da tanti cimeli agricoli e casalinghi, mi sento assorbito dalla memoria della vita travagliata di campagna, sofferta dalla mia famiglia mentre mi rivedo ancora una volta ragazzino-contadino che aiutava badando alle galline, ai capretti e a qualche mucca con il suo vitellino.

Cosi’, nel silenzio della stanza, sono immerso, tutto solo, in un bagno di memorie sentimentali che tante volte hanno il magico potere di colorare il passato allenendo psicologicamente le pene e gli stenti veramente sofferti.

Un po’ piu’ tardi esco di casa per fare un giretto salendo per la prima volta “u pinninu” che, da Vicolo Signorino, porta a Piazza Medici. Trovo difficile salire e camminare su pietre contorte ed ineguali. Non so come fanno i miei concittadini, specialmente gli anziani, a salire queste strade o le scale delle case che non solo sono irte, ma anche con troppi scalini. Dopo tanti anni di assenza non ci sono piu’ abituato, ma sorrido lo stesso perche’ sono finalmente a Polizzi Generosa, libero di andare in giro dove mi indica il cuore e di salire e scendere come voglio, tutte “le scale e i pinnina’ del paese.

Mi corico verso le ventuno e trenta. Davanti al lettino, scorgendo la coperta bianca, lavorata all’uncino e le lenzuola bianche, mi sento un nodo venire alla gola; sono ad un tratto profondamente emozionato perche’ sto per coricarmi nello stesso lettino e nella stessa stanza dove avevo dormito altre volte. Zia Anna Aiosa Mudaro e sua figlia Giuseppina mi vengono in mente. Le vedo. Sono con me in spirito per assicurarsi che ho abbastanza coperte e che sono comodo per la notte. Alzo gli occhi sopra il capezzale e rivedo l’immagine della Madonna del Rosario e un quadro di angeli che, sospesi allo stesso muro dopo tantissimi anni, fanno ancora corte alla Vergine Maria. Mi guardano con dolcezza e mi rassicurano della loro presenza.

Il mio cuore e’ gonfio di sentimenti che si accavallano come le onde del mare. Sento qualche lacrima solcarmi il viso. Ci vuole un po’ di tempo per potermi addormentare stanotte.” (Diario Quotidiano)

Dormire in una casa-museo e’ davvero un sogno e cosa rara. Per me e’ una esperienza straordinaria perche’ mi fa sentire la presenza della nonnina Giuseppina quando l’andavo a trovare da bambino e quella di Zia Anna e di sua figlia Giuseppina che mi preparano il lettino con amore e che mi augurano la buona notte. Il lettino, la coperta all’uncino, le immagini religiose al capezzale, mi accarezzano e mi commuovono. Mi sussurrano tutte insieme: ‘Dormi tranquillo. Sei sano e salvo accanto a noi.’

Che amorevole ospitalita’ polizzana al “Museo delle Tradizioni Culturali e Popolari di Polizzi Generosa e del Territorio” in Casa Mudaro-Dolce!

Polizzi Generosa vanta questo bellissimo museo che tutti dovrebbero conoscere, specialmente i giovani e i ragazzi delle scuole elementari, medie e superiori. E’ il “Museo delle Tradizioni Culturali e Popolari di Polizzi Generosa e del Territorio.” E’ un vero tesoro creato e allestito dal mio carissimo amico Francesco Dolce che ha conservato nella sua casa le tradizioni del nostro passato e quindi della nostra storia. Incoraggio i lettori a visitare questo gioiello che mi ha arricchito di nuove esperienze durante le due settimane di permanenza in questa casa-museo, ospite di Francesco a cui sono profondamente grato.” (Diario Quotidiano)

Pochissimi possono vantarsi di aver dormito per due settimane in un museo. Io invece posso farlo. Trascorrero’ due bellissime settimane nella casa del mio carissimo amico Francesco Dolce che, dopo la morte della nonna e di sua mamma, ha decorato varie stanze con oggetti preziosi e rari che conservano il ricordo della civilta’ contadina e tradizionale di Polizzi Generosa e dei paesi madoniti. Dormire in un museo con letto in un angolino e i bagni a pianterreno, in compagnia di testimoni silenziosi di un tempo che fu, e’ per me una esperienza unica e straordinaria. Non potro’ mai piu’ replicare le mie due settimane di permanenza in questa casa-museo sita in Vicolo Signorino, numero 20.

Il mio lettino, situato al primo piano della casa-museo in Vicolo Signorino, e’ semplicissimo, comodo e splendidamente adornato da una bellissima coperta lavorata all’uncino. E’ un lettino che mi fa rivivere il passato perche’ ci avevo dormito altre volte quando, di tanto in tanto, sostavo a Polizzi Generosa per un giorno o due. Allora Zia Anna, la nonna del Signor Francesco Dolce, e la sua mamma, Giuseppina, mi ospitavano con una amarevolezza indescrivibile.

Il pavimento, le immagine religiose appese al muro, le persiane, il balcone e ora gli oggetti esposti sulle pareti mi fanno provare la loro presenza come se fossero con me perche’ sento la loro voce, vedo il loro sorriso e provo il loro affetto sincero e genuino che palpita intorno. Mi conoscevano da bambino, ed erano tanto felici quando ritornavo a Polizzi Generosa da New York.” (Diario Quotidiano)

Non mancate di visitare questo museo quando fate una gita in questo paese madonita!

Quello che mi sorprende di piu' e’ che il mio legame con la famiglia Mudaro-Dolce non e’ generato da una parentela di sangue, ma da pura amicizia che dura ancora da quattro generazioni. A suo tempo questa amicizia inizio’ con la Nonnina Giuseppina (A Za’ Pippina) che, vedova, viene aiutata e incoraggiata da mio nonno Gandolfo Liarda. Poi l’amicizia va avanti con la figlia Anna Aiosa Mudaro e il suo legame religioso di comare con mia madre. Piu’ tardi la catena dell’amicizia continua con le figlie di Anna: Giuseppina e Maria, e infine con i loro figli Francesco Dolce e Franco Potestio.

In giro per la citta’

Mi sveglio a Polizzi Generosa per la prima volta dopo tantissimi anni di assenza, e mi sembra ancora incredibile trovarmi a seimila chilometri dal Texas e nello stesso lettino dove avevo dormito altre volte.

Questa prima nottata e’ stata un dormi-veglia inquieto: stanchezza del lunghissimo viaggio, letto nuovo, ambiente diverso, suoni strani, e vicini di casa che parlavano sporadicamente ad alta voce sino a notte inoltrata.

Ciononostante mi alzo con energia, faccio il letto, e in poco tempo sono pronto per la prima colazione che arriva poco dopo in un vassoio che il mio “angelo” Enza tiene in mano. Ci salutiamo, scambiamo alcuni pensieri e per mostrarle la mia gratitudine le do qualcosa o un regalino rammentandole, sin dall’inizio, di farmi il conto prima della partenza.

Faccio la prima colazione.

Oggi e’ una splendida giornata ancora calda per il mese di settembre. Che piacere enorme potere camminare nelle stradine e nei vicoli di Polizzi Generosa e di fotografare tanti angolini graziosi! Sono cosi’ eccitato! Ho tanta voglia di girare e tanto ancora da vedere.

Il mio itinerario mi conduce nel rione di Via Itria e, poi, verso il Belvedere che e’ il Salotto di Polizzi Generosa. In Piazza XXVII Maggio non c’e’ quasi nessuno in giro. Solo, in estasi, mi godo il magnifico panorama della valle e delle Madonie che fanno da sfondo. Scorgo l’Eremo di San Gandolfo, l’autostrada che serpeggia lungo il fiume Imera, il Manico della Padella con la sua leggenda di un tesoro nascosto mai conquistato, e poi ammmiro i tanti giardini con tante casette, una volta umili tuguri, trasformate oggi in ville con impianto elettrico, acqua corrente e bagni.

Seguo attentamente la strada provinciale che attraversa la valle e rivedo mio padre, i mei fratelli, la mia mamma e me, ragazzino, che si avviano con un mulo o l’asinello in campagna a Santa Venera dove mio padre lavorava, come mezzadro, nella campagna del Dottore Mariano Ferruzza.

Vita di contadini! Vita, forse, meno stressante, ma vita difficile, penosa e senza futuro! Quanti viaggi a piedi o con una bestia da soma abbiamo fatto! Quanta polvere durante l’estate! Quanto sudore sparso al sole cocente, e quanto freddo abbiamo sofferto nei mesi invernali nel lavoro dei campi e nell’umile casolare senza elettricità, senza camino e senza bagni.

Mi avvio adesso verso la Tomba del Soldato Ignoto. La guardo in silenzio dall’alto in basso dove scorgo i nomi dei giovani Polizzani che sacrificarono la loro vita nel campo di battaglia e, fra di essi, trovo anche il nome di mio zio: LIARDA CALOGERO DI GANDOLFO. Inchino il capo con riverenza e mi assorto in preghiera per i nostri concittadini che diedero la loro vita per la patria, da tempo scomparsi, ma ancora nel mio cuore e nella memoria di Polizzi Generosa.

Mio zio Calogero era ventenne quando cadde sotto le bombe del nemico sul medio Isonzo a Castegnevizza. Mio nonno e le sorelle di Calogero: Nina, Cece’ e mia madre Giuseppina soffrirono un dolore incredibile per la sua scomparsa. Alla sua mamma Maria Di Prima (mia nonna), il Signore le risparmio’ questo dolore fortissimo perche’ era gia’ da tempo defunta.

Parlando di suo fratello, cosi’ Giuseppina, mia madre, racconta nelle sue memorie: “My Mother: Memoir of a Sicilian Woman” (1998):

Ora, mentre mio fratello era sul campo di battaglia, noi cercavamo notizie da persone i cui figli erano pure al fronte. Un giorno, mia sorella Nina ed io, andammo in giro in cerca di notizie. Io ero molto giovane e piena di energia. Portavo un grembiule blu a fiori e un bel fiocco ai capelli. Finalmente ero felice di portare qualcosa colorita uscendo cosi’ dal periodo di lutto in memoria di mia madre. Come dicevo, uscimmo di casa in cerca di notizie per mio fratello. Un giorno, una donna che abitava vicino a casa nostra, ricevette una cartolina da suo figlio. Mia sorella mi disse: “Vai a vedere dalla Signora Rosaria che ha ricevuto una cartolina dal campo di battaglia.” Andai subito. La signora mi fece leggere la cartolina perche’ era analfabeta. Io lessi:

Il nostro paesano Liarda Calogero e’ andato all’altra vita.” Corsi a casa da mia sorella per riferire la “buona” notizia.

Nostro fratello e’ stato fatto prigioniero,” le ripeto eccitata. “E’ vivo.”

Cosa era scritto nella cartolina?” chiese di nuovo mia sorella Nina.

E’.....all’altra vita,” lessi ancora una volta.

No!” Mia sorella esclamo’. E’ morto. E con queste parole comincio’ a sbattersi la testa al muro in disperazione. Che reazione un po’ stupida battersi il capo al muro! Avrebbe potuto uccidersi.” (La mamma piange sommessamente.)

Vicino a Piazza San Francesco abitava una famiglia piuttosto nobile. Un giorno, uno di loro venne a casa nostra per ottenere una foto di mio fratello. Non sapevamo il perche’, ma lo scoprimmo poco dopo. Il signore fece ingrandire la fotografia e la fece appendere in un’aula che, da allora in poi, fu chiamata “Classe Liarda Calogero.” Il nome di mio fratello appare oggi alla base del Monumento ai Caduti che s’innalza in Piazza Trinita’.

Dopo la morte di mio fratello, mio padre conosceva un nobile: Don Giovanni Marzullo, un uomo che mostrava grande stima verso mio padre.

Don Giovanni, non so cosa fare. Puo’ aiutarmi a ottenere la pensione di guerra per aver perduto mio figlio in battaglia?”

Per te faro’ qualunque cosa, Mo’. ”

Mio padre gli pago’ poche lire e un mese dopo arrivo’ il primo assegno a casa nostra.

La reazione di mio padre per la perdita di suo figlio fu intensa. La nostra casa era situata vicino alla strada dove passavano le processioni e le sfilate. Per le feste, lui chiudeva le persiane e si turava le orecchie per non sentire la banda musicale, e rimaneva cosi’ in quella posizione sino a quando il suo suono festoso non si era dissipato.

Anni dopo, quando abbiamo venduto la casa, i nuovi proprietari, mentre ristrutturavano le stanze, trovarono il fiscaletto di canna di mio fratello, nascosto nelle travi del soffitto. Prima di andare in guerra, Calogero lo aveva nascosto per paura che, noi sorelle, lo avremmo danneggiato.

Dal campo di battaglia, mio fratello mi inviava caramelle con soldati che ritornavano in permesso. Ci scrisse varie volte anche alcune righe. Per un po’ di tempo era di stanza a Siracusa con un vicino di casa dal cognome Borgese che, in breve tempo, gli insegno’ i rudimenti base per leggere e scrivere. Lo ricordo molto bene. Calogero scriveva il mio nome cosi’:

Cara Guseppina” senza la lettera “i”. Sono ancora vivo sino a questo momento.” Percio’... Calogero mandava caramelle a me e biscotti a mia sorella Cece’.

Quando Calogero mori’, il fratello di Sasa’ Rocco di nome Nino, che faceva il militare con Calogero, ritorno’ a casa in licenza e ci riferi’: “Ho visto morire Calogero. L’ho sepolto e gli posai dei fiori sulla tomba.” Che altro poteva fare il poveretto? Ritorno’ al fronte e mori’ anche lui. Alla fine della guerra ogni giovane polizzano aveva perduto la vita. Tutti erano morti...”

(Tradotto dal libro di memorie: “My Mother: Memoir of a Sicilian Woman” (1998)

Memorie di Mia Madre

Avevo sentito dire che in Piazza Trinita’ c’erano bagni pubblici. Sebben sia stato tante volte in paese, non li avevo mai visti prima di oggi e decido di usarli. A dire la verita’ non sapevo nemmeno dove si trovassero o dove fosse l’entrata. Chiedo a uno spazzino che me la indicasse perche’, a prima vista, il cancello sembrava chiuso a catenaccio.

Spinga il cancello,” mi dice con calma, smettendo di scopare. “E’ aperto.”

Grazie,” gli rispondo gentilmente e scendo giu’ per una piccola sosta.

I bagni appaiono in stato di abbandono. Mi sposto in giro da un bagno all’altro e noto, a mia grande sorpresa, che non c’e’ nemmeno una striscia di carta igienica, ne’ un contenitore attaccato al muro.

Non riesco a capire quello stato di abbandono e non so cosa pensare. I bagni mi danno l’impressione di una prigione abbandonata. Esco subito dopo, ripetendo fra me stesso: “Forse certi concittadini non credono che le cose pubbliche appartengono a ognuno di loro; forse si tratta di denaro e il Comune non ne ha abbastanza per mantenerli in ordine; forse nessuno, in autorita’, vuole prendersi la responsabilita’ di multare e di punire chi li vantalizza. Chissa’!

Alzo le spalle e, dispiaciuto, mi allontano con una certa tristezza.

In questo momento un solo pensiero mi tormenta, proprio perche’ sento un grande amore per Polizzi Generosa: ‘I bagni sporchi e in abbandono proiettano una brutta immagine del paese e non sono una buona sirena per attirare turisti nazionali o stranieri.’ E concludo la stessa cosa per quanto riguarda chiese, negozi, e ristoranti chiusi e la mancanza di una segnaletica turistica che sembra non esistere in paese.

Secondo il mio umile parere un turismo attivo ha bisogno di ordine, disciplina, organizzazione, collaborazione e sopratutto preparazione delle infra-strutture necessarie per farlo nascere e fiorire.

Esco dai bagni disilluso.

Continuando il giro del paese, incontro Maria e suo marito Tano Ferrera, il parroco Padre Gianni, Silvana e Luciano Schimmenti, Laura Madonia, Nino Lipani Carini, Mario Liarda, parenti, cugini di secondo e terzo grado e tanti altri amici Polizzani e di Facebook.

Ho girato abbastanza stamattina! E’ quasi mezzogiorno. Di ritorno a casa mi fermo nel negozio “Alimentari” di Francesca Siragusa in Piazza Gramsci e compro panini, salame, formaggio, bibite e funghi sottoaceto. Preparo cosi’ il mio primo panino a Polizzi Generosa nella mia casa-museo. E poi, come fanno tanti Polizzani nel pomeriggio, mi riposo un po’ per rinnovare la mia energia.

Un semplice panino a mezzogiorno

Da ieri sento ancora un poco di disagio perche’ non sono collegato, via Internet, per comunicare con la mia famiglia e provo qualche difficolta’ con la presa della corrente elettrica perche’ il voltaggio e’ diverso e ho bisogno di trasformatore e filo adatto per potere caricare l’Iphone.

Fortunatamente risolvo il problema in poco tempo. Nella mia borsetta trovo, infatti, tutto quello che si richiede per potere caricare il telefonino. Nello stesso tempo Peter, un amico italoamericano di origini polizzane, mi procura fortunatamente anche l’indirizzo WIFI della casa dove alloggia in Piazza Medici. Meno male! Finalmente sono connesso. Mi sento meglio.

Riesco cosi,’ durante tutta la mia permanenza a Polizzi Generosa, a collegarmi con la mia famiglia ed con gli amici in America e in Italia, osservando fedelmente il fuso orario e sedendomi sul banco dietro la fontana, all’ombra di un acero canadese, sotto la protezione di una bellissima statua di San Padre Pio che, in Piazza Medici, mi sorride dall’altare accanto.”

(Diario Quotidiano)

Nel primo pomeriggio Francesco mi fa sapere che ritornera’ da Cefalu’ con i volantini della Cerimonia al Palazzo di Citta’. Io e lui andremo in giro per chiedere ai proprietari di negozi in Via Garibaldi il permesso di appenderli in vetrina per comunicare la notizia del Conferimento della mia Cittadinanza Onoraria che avra’ luogo il 21 settembre alle ore diciotto.

Oggi non mi riposo tanto. Il tempo e’ prezioso. Ho pochi giorni a Polizzi Generosa con tanto da scoprire, meditare e rivivere ancora. Cosi’ nel primo pomeriggio mi trovo di nuovo in giro per il paese attraversando strade silenziose e vuote, osservando vicoli ciechi e scrutando i vari quartieri col proposito di scoprire ogni angoletto del paese e conservarne la memoria con numerose fotografie. Per la via, saluto qualcuno che mi risponde con tanta cortesia. E alle finestre noto, di tanto in tanto, qualche donna che mi guarda curiosa. Saluto pure lei. Le stradine, i vicoli, le piazzette sono mantenuti puliti e curati. Ammiro le case, le finestre e i balconi adorni di piante e fiori. Bravi, concittadini!

Noi Polizzani possediamo il senso del bello (e ne sono orgoglioso) e ci teniamo tanto al nostro paese che ha l’atmosfera e il sapore di un borgo medievale.

Vendesi/Affittasi

Queste due semplici verbi turbano il mio giro sentimentale e mi riempiono di tristezza perche’ rivelano un tragico declino della popolazione a Polizzi Generosa a causa dei numerosi morti, delle poche nascite e dell’emigrazione dei giovani che cercano lavoro altrove. Questa realta’ drammatica non riguarda solamente Polizzi, ma tanti altri paesi madoniti e siciliani

Questa buca lettere arruginita mi fa pena

La mia storia e’ una di questa. Tutta la mia famiglia, di sette persone, lascio’ Polizzi Generosa negli anni cinquanta per trovare lavoro in America e migliorare la sua condizione sociale. Alla mia partenza per New York nel 1958, Polizzi Generosa faceva piu’ di settemila abitanti. Oggi, al mio ritorno dopo sessanta anni, ne fa solamente tremilaquattrocento. Non so cosa dire, ma questa e’ la triste realta’.

L’emigrazione e’ un fenomeno demografico storico, politico e sociale molto complesso che non si puo’ risolvere con semplici discussioni accademiche perche’ l’emigrazione e il movimento dei popoli da una regione all’altra e’ un evento che dura dall’inizio del genere umano.

Io penso solamente alla storia della Sicilia e ai vari popoli che la conquistarono e la dominarono a cominciare dai Siculi, Sicani, Elimi, Cartaginesi, Greci e Romani, Barbari, Arabi, Normanni, Spagnoli, etc., e oggi, qui a Polizzi Generosa, occupata al presente da noi che siamo un popolo che deriva da tutte queste razze e che storicamente, demograficamente e politicamente e’ destinato a fare posto a future generazioni probabilmente simili, ma certamente diverse.

Durante la mia permanenza a Polizzi Generosa ho sentito il ritornello: “Polizzi sta morendo.” C’e’ in queste parole una verita’ storica, politica, sociale e demografica evidente. Puo’ darsi che sia stata la stessa frase che altre culture e civilta’ recitarono al loro tempo dovendo fare spazio ai Polizzani che occupano oggi questo paese madonita. E il paese non e’ morto. Invece ha continuato a sopravvivere sino ad oggi.

La citta’ di Polizzi Generosa non morira’ cosi’ come non e’ mai morta dai tempi della dominazione Greca e Romana o delle altre popolazioni che conquistarono la Sicilia. La “Polis ” di allora e’ solamente cambiata, ma vive ancora per coloro che vi dominarono in passato attraverso la loro impronta nell’arte, nella cucina e nella lingua che oggi parliamo e nel tenore legale, psicologico e morale di come ci sentiamo e viviamo da soli e in societa’.

Polizzi Generosa non muore se anche noi lasciamo a chi ci segue il nostro orgoglio, la nostra storia, la nostra anima, la nostra cultura, la nostra lingua, la nostra arte, la nostra cucina, il nostro patrimonio e le nostre tradizioni. Anche se fisicamente svuotiamo il paese, un po’ di noi continuera’ a vivere nelle generazioni future, cosi’ come un po’ delle altre culture continuano a vivere e ad influenzare ancora la nostra dopo tanti secoli.

Durante il mio giretto pomeridiano mi soffermo, in particolare, in un angoletto, ai tempi sempre vuoto e solitario -sulla destra all’inizio di Via Itria- dove mi nascondevo quando, in prima elementare, decisi di marinare la scuola per vari mesi dopo un incidente orribile che mi aveva scosso profondamente.

Chiudo gli occhi e, in silenzio, mi rivedo ancora una volta, nascosto in quel posto, d’inverno, accanto al muro col cappuccino che mi copriva capo e volto per non farmi riconoscere da nessuno.

Incredibile, ma vero. E’ proprio cosi’, marinando la scuola, che ho iniziato il mio itinerario intellettuale al freddo e bocciato in prima elementare, ma ingegnosamente lontano da un brutto “mostro” rabbioso.

Cosi’ ricordo questo episodio saliente nel libro delle mie memorie:

L’orologio della Chiesa Madre, Maria Santissima Assunta, fu uno dei miei primi maestri e “colui” che mi insegno’ a contare i numeri sino a dodici. A miei tempi quell’orologio era l’unico esistente in tutto il paese. Nessuna altra chiesa, ne’ il Municipio, ne’ altro palazzo signorile possedeva un orologio simile. Infatti l’orologio della Chiesa Madre rimane ancora oggi il solo orologio pubblico esistente in tutto il paese. Ogni rintocco profondo di campana segnava l’ora, mentre i rintocchi piu’ leggeri segnavano il quarto d’ora. Quell’orologio fu, per anni e anni, il compagno fedele dei Polizzani e anche, per vari mesi, il mio amato maestro.

Nel 1945 iniziai formalmente il mio iter culturale frequentando la prima elementare in una scuola obsoleta del paese. Mia madre mi lavo’ la faccia e le ginocchia, mi pettino’ i capelli ribelli e per la prima volta lasciai il mio nido per andare a scuola con un quaderno e una matita che la Befana mi aveva portato in regalo la notte di Capodanno durante il periodo natalizio.

L’aula era poco illuminata e senza riscaldamento. Il soffitto era zeppo di ragnatele che pendevano dalle crepe della pittura evanescente. I banchi, molto vecchi, avevano servito generazioni di studenti in cerca d’istruzione, e mostravano lo strapazzo del tempo e il vandalismo di coltellini che avevano immortalato il passato.

Ogni giorno io e i miei compagni versavamo in acqua una polvere nera che creava il liquido magico chiamato “inchiostro” che prima o poi andava a finire a imbrattare i nostri vestiti o sulla faccia di qualche compagno un po’ semplicione.

In classe incontrai pure il mio maestro di prima elementare. Era alto, forte e molto cattivo. Generazioni di studenti prima di me avevano sofferto la severita’ delle sue punizioni giornaliere ed i suoi incredibili abusi verbali. Aveva un brutto carattere, rabbioso, e la sua mala nomina abbondava in giro per tutto il paese. I miei fratelli mi avevano raccontato storie brutte e paurose di questo uomo. Sfortunatemente era lui solo il maestro di prima elementare e quindi non ebbi altra scelta che quella di affrontare la sua rabbia controllando la mia innata monelleria che abbondava in casa e fuori per le strade del paese.

Ogni giorno, che frequentavo la scuola, ero sempre nervoso perche’ sapevo che le punizioni fisiche che occorrevano quotidianamente, prima o poi, le avrei sofferte anch’io. Il pauroso momento non si fece aspettare. Una mattina il maestro era in ritardo. I miei compagni si rincorrevano rumorosi, saltando anche da un banco all’altro, e c’era caos nell’aula. Mentre io gridavo qualcosa dal mio posto, che non lasciavo mai per paura del maestro, un paio di stivali apparvero all’entrata. Tutti si fermarono congelati mentre io mi lasciai sedere in un batter d’occhio. Il maestro apparve alla soglia, entro’ e diede un calcio furioso a un bambino come me che catapulto’ da un lato all’altro della piccola stanza. Il poveretto batte’ al muro e cadde ai miei piedi. Rimasi stordito. Poverino! Avrebbe potuto cadere dalla finestra. Alla vista di quell’atto violento decisi di abbandonare la mia istruzione elementare. Non avrei mai permesso a un simile mostro di battermi o di farmi del male. “Non ritornero’ piu’ a scuola,” dissi fra me stesso e la mia decisione fu finale e irrevocabile. Avevo solamente sei anni.

Da quel giorno, in poi, scelsi di mascherare la mia assenza seguendo l’orario con furbizia. Mi lavavo sempre ogni mattina, mangiavo qualcosa e poi andavo “a scuola” nella direzione di un posticino solitario dove passavo ore a sognare e fantasticare, nascosto dagli occhi-spia dei mei fratelli, amici e vicini che raramente passavano di la’ e che avrebbero rivelato la cosa ai miei genitori portando alla luce il mio piano incantevole.

A quei tempi non c’erano ne’ telefoni, ne’ organizzazioni scolastiche, e ne’ conferenze. Inoltre il mio maestro non fece alcuno sforzo di contattare i miei genitori - volevo dire mia madre- perche’ mio padre era sempre fuori del paese a lavorare in campagna.

Mia madre, occupata con le faccende di casa, facendo pane, lavando, stirando e rammentando i panni non sospettava affatto che il suo “piccolino” era un impostore che sapeva fingere perfettamente tutta la gioia e il successo di un bravissimo studente di prima elementare.

Parimenti non scopri’ mai che era proprio lei la mia “vera” maestra. Infatti erano proprio lei, i miei fratelli, e i compagni di scuola che mantenevano il segreto della mia assenza, i veri maestri che mi insegnavano l’alfabeto, il corsivo, le lettere maiuscole delle cinque vocali italiane, la calligrafia e i primi concetti matematici. Persino l’orologio della Chiesa Madre, che segnava le ore del giorno, divento’ il piacevole maestro che m’insegno’ come interpretare l’orario, e come contare a ogni colpo di campana le ore sulle dita. Uno, due, tre.. dodici colpi. Mezzogiorno. Proprio quando le due lancette arrivavano insieme sul numero dodici. A quel punto era l’ora sicura di lasciare il mio nascondiglio e di ritornare a casa per il pranzo come facevano tutti i miei compagni di scuola.

In questo gioco diventai davvero molto bravo e astuto. In poco tempo avevo fatto molto progresso educativo attraverso situazioni pratiche e realistiche. Alla fine dell’anno ero diventato capace di analizzare, comprendere ed applicare correttamente vari fatti secondo la Tassonomia di Bloom.

Per esempio, avevo imparato ad associare il suono dei singoli rintocchi della campana con i numeri dell’orologio che non vedevo dal mio posticino, ma che andavo ad osservare prima di rientrare a casa. Sempre solo, in quel vicolo solitario in un angolino di Via Itria, passai vari mesi a pensare, ad ascoltare, a costruire castelli in aria, a creare e ricreare nuove idee e a fantasticare prima di ritornare a casa nel pomeriggio....

A settembre, all’apertura delle scuole, ho dovuto ripetere la prima elementare, ma questa volta con un altro maestro che era tanto buono e gentile. Quando arrivo’ il giorno d’imparare le ore dell’orologio, indovinate che li seppe per primo in classe?

Tradotto dalle mie memorie: “Prickly Pears and Oleanders- Memoir of an Italian American (2005

Francesco arriva verso le quattro del pomeriggio da Cefalu’ e, insieme, andiamo al Palazzo di Citta’ per salutare il Sindaco Giuseppe Lo Verde. Colgo l’occasione per dargli in regalo un astuccio con penna e matita che portano il suo nome e una bandierina americana che lui pone con piacere sulla scrivania. Poi conversiamo un po’ e facciamo delle foto con lui e Maria Lipani, la Vice-Sindaco. Prima di lasciare il Palazzo di Citta’, una signora, mi pare Grazia Ortolano, mi porta in regalo, da parte del Sindaco, un sacchetto di libri, foglietti, depliant e volumetti che descrivono Polizzi Generosa e la sua storia.” (Diario Quotidiano)

E’ quasi l’ora di fare cena e mi avvio alla mia splendida casa-museo. Compro un po’ di uva e delle pere da un fruttivendolo e, poco prima di rientrare, comunico con la mia famiglia in Texas, seduto vicino alla statua di San Padre Pio che ascolta con piacere la mia conversazione, perche’ ora, in cielo, capisce l’inglese e mi sorride.

A cena Enza prepara un piatto delizioso di pasta al pomodoro e un piattino di pietanza per accompagnare il pasto con un bicchiere di vino rosso.

I vicini di casa mi dicono che alcuni commercianti hanno gia’ installato vari tipi di giostre al Carmine, in Piazza Matteotti, per la Festa di San Gandolfo. Anche i bambini hanno bisogno di celebrare e divertirsi come facevo io, da bambino, quando c’erano le feste.

Dopo cena alcuni amici, incluso Maria, Pino e sua moglie Anna, vengono a casa mia per invitarmi a pranzo, domenica prossima a mezzogiorno, tre ore prima della processione pomeridiana del busto argenteo che contiene i resti di San Gandolfo.

Passo una giornata veramente “completa” che mi ristora fisicamente e psicologicamente. Mi sento cosi’ sodisfatto. Quanti amici, quante belle parole ed auguri, quanti abbracci e anche quante lacrime di gioia in questi due giorni! Sono circondato da una aureola di amore e di affetto genuino, da memorie e incontri, da tanti amici. Sono a Polizzi Generosa!

Stasera mi considero come la persona più fortunata del mondo perche’ mi trovo nel mio borgo natio dove, da uomo maturo, apprezzo molto di piu’ la ricchezza del suo retaggio umano, artistico e religioso Una candela” – dice un vecchio proverbio- “non perde nulla quando accende un’altra candela.” I miei concittadini hanno acceso “la mia candela” con il loro caloroso benvenuto. Spero anch’io di avere acceso e di continuare ad accendere la loro con la mia presenza e sincera gratitudine.

Quanti anni sono passati e quanto cammino intellettuale e spirituale ho fatto in America dal giorno in cui lasciai Polizzi Generosa! Ma eccomi miracolosamente ancora una volta “a casa mia” dopo sessanta anni dalla mia partenza. E quanta gioia! Grazie, carissimi concittadini. “Grazie di cuore” per la cordialita’ con cui mi state ricevendo.

La mia grandezza, lo spessore umano della mia persona, la mia cultura e il mio successo non sono tutti merito mio. Sono merito di tante bellissime persone come voi che, lungo il cammino, mi hanno spronato a continuare gli studi, mi hanno appoggiato coi loro complimenti, e hanno tenuto ‘accesa la mia candela” contribuendo alla formazione intellettuale e spirituale della mia persona.

Ecco perche’ son venuto a Polizzi Generosa. Non per adularmi o essere adulato, ma per celebrare e ringraziare nell’intimita’ del mio essere la memoria di coloro che influenzarono la mia vita e il mio destino. Provo gia’ come la mia effusione di gratitudine genera un sorriso nei miei concittadini mentre soddisfa la mia anima ed arricchisce il mio spirito. Non voglio piu’ altro stasera. Mi sento felice! Non mi resta altro che andare a letto e sognare.”

(Diario Quotidiano)

Domani iniziera’ la Festa di San Gandolfo. Tende e bancherelle sono piene zeppe di articoli vari e di dolci, quale il torrone di Caltanissetta.

Sabatu da Fera”

E’ sabato mattina. Come al solito mi sveglio presto e, dopo colazione, mi metto in giro per il paese. Nella mia mente di bambino il paese era molto grande. Ora mi accorgo come, in pochi minuti, mi sposto facilmente da un punto all’altro compiendo tante cose. Passo da Renato al Ristorante Itria dove mi offrono una bibita e mi fanno festa a vedermi; visito il caro amico Luciano Schimmenti che rispetto per il suo lavoro fotografico e le sue ricerche sul Trittico; mi fermo poi da Pino D’Angelo che ama il suo lavoro e l’arte fotografica; do un salutino a Maria Grazia Tumasella e al suo papa’ che mi offrono un caffe’ e un dolcino nella loro pasticceria; incontro pure i propretari della Dolceria Vinci che mi offrono, anche loro, un espresso e un dolcino. Nel pomeriggio incontro Santino, cugino di mia cognata Tina, che mi offre, anche lui, un caffe’ al Carmine.

Camminando per le strade mi fermo spesso in varie zone dove mi lascio cullare dalle memorie di parole e di gesti dolcissimi di Polizzani che guidarono i miei primi passi e mi insegnarono valori genuini e profondamente umani. Chissa’ quante di queste memorie verranno ancora ad inondarmi il cuore e ad arricchirmi la mente durante la mia permanenza a Polizzi Generosa!

In questo momento mi viene in mente uno di questi gesti profondamente umani e genuini: quello dolcissimo di una umile persona che si chiamava Za’ Rusaria, la nonna di mia cognata Tina e nonna pure di Rosina Zimbardo.

Ve lo racconto:

Ogni estate i superiori del Seminario di Cefalu’ ci concedevano il permesso di passare alcuni mesi di vacanza in paese. Quando arrivavo a Polizzi Generosa ero sempre stanco, un po’ gracile ed emaciato, abbastanza bisognoso di riposo e anche di una dieta piu’ ricca. Gli studi erano seri e la disciplina monastica contribuivano alle mie povere condizioni di salute. L’aria di montagna, un cibo piu’ ricco e l’attenzione della mamma aiutavano a rafforzarmi. Un giorno, da poco tempo in vacanza dal seminario, mi trovo a passare vicino a una stradina secondaria quando sento una voce che chiama il mio nome. Mi accorgo subito che era Za’ Rusaria. Torno indietro e mi avvicino all’entrata della sua casa.

Il dialogo che segue lo condivido in Siciliano perche’ rivela, nel nostro linguaggio polizzano, una persona dolcissima la cui generosita’ e’ rimasta per sempre impressa nella mia mente e nel mio cuore.

Mariu’... Mariu’,” Veni ca’! Veni ca’, veni ca’.”

Bongiornu, Za’ Rusaria! Comu ie’?

Bona sugnu! Trasi, Trasi. A gaddina fici l’uovu e ti l’ha pigghiari.”

No! No! Za’ Rusaria unn’e’ necessariu.”

Mentre io le sto ancora rispondendo, Za’ Rusaria si allontana; va nel pollaio e ritorna in fretta con un uovo caldo, caldo. Ci fa un buco dall’uno e dall’altro lato ed esclama con un bel sorriso amoroso e materno:

A gaddina u fici ora, ora, Mariu’. Pigghiatillu! Mi pari sicculiddu. Sucatillu ca’ ti fa bene, picciriddu!”

Che ve ne pare di questo gesto cosi’ squisito e generoso? Za’ Rusaria e’ una delle umili persone che, col suo piccolo dono aiutava a mantenere accesa la mia “candela” e contribuiva al futuro successo della mia persona in un modo cosi’ generoso e singolare che la ricordo ancora oggi e la celebro in questo libro, sessanta anni dopo, grazie a Rosina Zimbardo, sua nipote, che mi fa vedere e fotografare la preziosa foto di sua nonna di cui non ricordavo piu’ la fisionomia.

Viva Za’ Rusaria! Viva questa vecchietta che mi da’ tutto quello che possiede con generosita’ evangelica per edificare “il mio tempio.”

Che meraviglioso momento sentimentale scoprire la sua foto e poterla tenere in mano! Quanta gioia profonda e quanta gratitudine provo nel rivivere il passato e celebrare coloro che hanno contribuito generosamente, e senza motivi ulteriori, alla mia statura umana, intellettuale e spirituale!

Za’ Rusaria non avrebbe mai creduto che il suo semplice atto di generosita’, spontaneo e amoroso, sarebbe stato ricordato, celebrato e immortalato in questo libro tanti anni dopo. E nemmeno io, giovanissimo, capii a fondo il significato di quell’atto di gentilezza e di generosita’, ma solamente ora che guardo indietro con gli occhi di un uomo maturo e col cuore aperto disposto ad esprimere la mia eterna gratitudine.

Oggi, a Polizzi Generosa, c’e’ un’atmosfera di festa in tutti i Quartieri. E’ “U Sabatu da Fera.” Il sabato quando, anticamente, gli agricoltori compravano o vendevano muli, arnesi e prodotti agricoli. Per noi Polizzani e’ la prima giornata della Festa di San Gandolfo, patrono di Polizzi Generosa. Stamattina passa in giro la banda musicale e le sue note echeggiano nella mia memoria di bambino e mi riempiono di gioia. Chiudo gli occhi e sogno indisturbato mentre nella mia mente affiorano tanti ricordi!” (Diario Quotidiano)

Tardi, verso le sedici, arriva in paese la statua di San Gandolfo dall’Eremo, una chiesetta di campagna che indica il luogo del primo miracolo del Santo dove curo’ un sordomuto. Una volta la statua veniva portata in paese a piedi e e sulle spalle. Oggi un camion trasporta la statua del Santo dall’Eremo alle porte della citta’.

Sono in Piazza XXVII Maggio e, come tanti altri Polizzani, attendo l’arrivo della statua di San Gandolfo, un monaco francescano che venne a Polizzi Generosa nella seconda parte del 1200 e che s’innamoro’ del suo popolo.

Che momento commovente vedere la statua di questo santo francescano, adorna di fiori autunnali, che entra in citta’ portato con devozione sulle spalle di giovani Polizzani! La sua visita pastorale annuale mi segnala uno momento di guarigione psicologica. E’ il mio incontro simbolico, folclorico e spirituale col santo protettore, espresso favolosamente dalla processione, la musica, e il suono delle campane che penetrano le corde piu’ intime del mio essere. Guardo intorno e mi sento di nuovo bambino. Sono completamente posseduto dal momento!

...e scorgo in lui un sorriso dolcissimo”

Il sorriso del Santo esprime la gioia di trovarsi in mezzo al suo popolo che lui non ha mai dimenticato. La sua presenza mi dice che ci vuole tanto bene, che e’ contento di lasciare la solitudine della sua chiesetta di campagna per rinnovare la nostra fede ed invitarci ad essere piu’ umili e coraggiosi, e a lottare per vivere, essere, e divenire non solo a Polizzi Generosa, ma dovunque siamo emigrati.

Lo guardo direttamente negli occhi nel momento in cui la statua mi passa davanti e scorgo in lui un sorriso dolcissimo che mi da’ il benvenuto perche’ sono anch’io un pellegrino come lui, uno dei suoi figli che ha lasciato Polizzi Generosa e che ritorna da un altro continente per dissetarsi nella fede e nel suo nido natale.

La musica, la devozione tradizionale della gente che dura da piu’ di sette secoli, il tono festoso dell’arrivo del santo e la sua immancabile presenza spirituale mi fanno sentire fisicamente e psicologicamente la gioia di un fortissimo legame di appartenenza, di essere, di vivere, di stringermi ai miei concittadini che sono venuti pure loro alle porte della citta’ per salutare e celebrare questo umile santo francescano. Sono anch’io uno di loro venuto a Polizzi per inebriarmi del momento. Sono commosso. Ho le lacrime agli occhi!”

(Diario Quotidiano)

Questo ritorno annuale avviene nel pomeriggio del terzo sabato di settembre. Ogni anno San Gandolfo lascia l’altare dell’Eremo per la sua visita annuale in paese. La sua presenza e’ l’espressione continua del suo amore per il popolo di Polizzi Generosa e anche per me venuto in pellegrinaggio da un altro continente.

Dopo cena, sapendo che la processione di San Gandolfo avrebbe avuto luogo un’ora piu’ tardi, decido di sedermi sul divano per riposare un po’ dopo una lunga giornata d’incontri, di saluti e di piacevoli passeggiate nei vari Quartieri di Polizzi Generosa.

Sorpresa! Non punto l’ora per far scattare l’allarme, e mi addormento, svegliandomi tardi. Per un momento non sapevo che ora fosse o se avessi mancato di godermi la processione per la quale avevo fatto seimila chilomentri di viaggio per vederla di persona. Fortunatamente e miracolosamente ero ancora in tempo.

Sento il suono festoso delle campane, lascio la casa, mi avvio a Piazza Medici e aspetto che la processione arriva con una sosta della statua vicino alla chiesetta di San Nicolo’ de Franchis, eretta da Pietro di Tolosa nel 1167, dove San Gandolfo, oriundo da Binasco in Lombardia, mori’ il 3 aprile del 1260. Dedicata, all’inizio, a San Nicola di Bari e poi a San Nicolo’ de Franchis, questa umile e semplice chiesa e’ considerata ancora oggi come una delle piu’ antiche di Polizzi Generosa.

Musica, preghiere, devoti attorno alla statua del Santo e il suono delle campane mi inteneriscono. San Gandolfo e’ fra di noi a benedirci e a pregare il “Padre Nostro” con Padre Gianni e il suo popolo in un momento di unita’ che io trovo bellissimo e emozionante. Mi sento soffuso di una gioia intima e profonda.

Quando la processione si mette di nuovo in cammino, entro nella chiesetta di San Nicolo’ -che non vedevo da quasi venti anni- dove il depositario mi fa da cicerone mostrandomi antichi messali squalciti, oggetti sacri, paramenti di altri tempi e quello che si crede fosse il focolaio dove San Gandolfo preparava i suoi pasti.

Prima di lasciare la chiesetta scatto alcune foto col permesso del depositario che mi sorride augurandomi una “Buona Festa di San Gandolfo.” Che giornata spirituale commovente e indimenticabile! Una giornata favolosa e piena di grazia! Un arcobaleno di emozioni mi colora il cuore in questo “Sabatu da Fera.”

Dalla chiesetta di San Nicolo’ mi reco poi a Piazza Trinita’ ad ascoltare un gruppo musicale insieme ai miei concittadini e a tanti ospiti venuti dai paesi limitrofi per godersi lo spettacolo. Stiamo tutti in piedi perche’ non ci sono banchi o sedie a disposizione. La piazza e’ piena zeppa e quasi, quasi mi sento soffocare tra la folla. Rimango per una o due canzoni; poi lascio per la mia preziosa “casa-museo” dove mi aspetta il soffice lettino bianco dei miei sogni.

Domani ci sara’ la festa maggiore di San Gandolfo con la processione del busto di argento che contiene le sue ossa.” (Diario Quotidiano)

Festa di San Gandolfo

Oggi e’ la grande ricorrenza del Santo Patrono. La festa si celebra ogni anno nella terza domenica del mese di settembre. Tutto il paese e’ coinvolto. Mi alzo presto, ma l’acqua non e’ ancora arrivata a Polizzi Generosa. Aspetto un altro poco mentre ascolto “L’Accademia Musicale di Polizzi” che fa il giro del paese con musica allegra e vivace. Piu’ tardi incontro alcuni membri fra i quali un bambino a cui regalo una penna e una bandierina americana. Un’altra bandierina la do al capo del gruppo musicale che mi promette di esporla nella sala dove fanno le prove.

Le vie del paese sono gremite, le bancarelle colme di cibo, di dolci e di torrone siciliano di Caltanissetta. Compro abbastanza torrone per portarlo in regalo a varie persone che mi hanno invitato a pranzo e anche per la mia famiglia in America.

A mezzogiorno ritorno a casa dopo la messa solenne alla Chiesa Madre in onore di San Gandolfo. Oggi le reliquie del Santo, racchiuse in un busto di argento, vengono portate sulle spalle in processione per le vie della citta’ accompagnate dal Sindaco e dal Consiglio Comunale, l’Arma dei Carabinieri, varie congregazioni religiose, i devoti e da una delle due bande musicali che si esibiscono a Polizzi Generosa.

A mezzogiorno mi reco a pranzare da Maria Potestio e da suo figlio Franco e nuora Anna. Per la festa preparano un ottimo pasto con amore e grande cordialita’. Alla fine mi offrono una fetta di sfoglio e bevo un caffe’. Facciamo festa e siamo felici di passare qualche oretta insieme in un giorno cosi’ bello e Francesco viene a trovarmi verso le cinque. Gli faccio leggere il mio discorso per qualche suggerimento sul contenuto. Inizia a leggerlo e rompe in un pianto improvviso, intenerito dalle mie parole. Trova il discorso troppo emozionante. Conversando gli presento un astuccio con penna e matita incise con il suo nome e cognome, e gli do due giocattoli per le nipotine. Poi insieme ci dirigiamo al Palazzo di Citta’ dove il Sindaco e il Consiglio Comunale, di cui Francesco fa parte, si preparano a sfilare nella processione stabilita per il tardo pomeriggio. Io, invece, seguo la processine spostandomi da un punto all’altro del paese per riprenderla con scatti in luoghi diversi.

Al momento in cui il busto del Santo Patrono esce della chiesa, le campane suonano vibranti e gioiose e la musica risponde. Vedo un gruppo di uomini robusti che portano sulle spalle con orgoglio e sincera devozione la ‘vara’ e l’urna reliquiaria di argento, due creazioni abbastanza pesanti.

Il suono delle campane mi commuove e mi trasporta lontano nel tempo. Oggi suonano a festa come lo facevano quando io ero bambino e come lo hanno fatto da tanti secoli nel mese di settembre. Ci chiamano a celebrare, ad essere festosi, a partecipare a un evento religioso che ci accomuna nella nostra devozione a San Gandolfo, patrono della Citta’ di Polizzi Generosa. E’ la festa del santo con funzioni religiose, prediche, processioni, musica, bancarelle, e stradine piene zeppe di concittadini e di visitatori dei paesi limitrofi. Ai miei tempi il suono delle campane ci informava di tutto: l’orario del giorno, le messe domenicali, la morte di un uomo o di una donna, l’ora di catechismo, l’Angelus, i Vespri ed altri eventi religiosi e storici importanti.

Un momento intenso della processione

Processione del Santo Patrono in Via Roma

La festa di San Gandolfo si celebra annualmente la terza domenica di settembre da piu’ di settecento anni. Quest’anno, al momento della processione, una nebbia densa e umida avvolge il paese e anche il busto del santo. Ma niente scoraggia la rituale processione, la predica in Piazza XVII Maggio ed i devoti che seguono l’urna con la musica che celebra l’evento.

Malgrado la nebbia, rimango in giro anch’io. Incontro vecchi e nuovi amici di Facebook e sono felice di godermi la festa e di vivere come uno di loro. Dopo tutto avrei dovuto sapere qualcosa dal proverbio polizzano: “Polizzi Generosa, se non piove, e’ nebbiosa.”

Faccio sapere ad Enza di non mi aspettare per la cena perche’ stasera mangero’ qualcosa in Via Garibaldi. In una bancarella scelgo un panino con salsiccia e melanzane fritte e una birra. Mangio all’impiedi. Passo dopo dalla Pasticceria Vinci, mi fermo a parlare con vari signori, alcuni stranieri, e bevo un caffe’ che mi viene gentilmente offerto dal gestore. Quando finalmente ritorno a casa, trovo la giacchetta e il cappuccino molto inumiditi a causa della nebbia “piscialora.”

Ragazzo-Contadino

Ancora una volta, dopo la prima colazione, vado in giro per il paese perche’ ho un desiderio intenso di riscoprire tutti gli angoletti dove giocavo con i miei amici. Come al solito faccio tanti scatti. Oggi mi dirigo verso Santa Marigesù, il Quartiere dove sono nato e dove abitavo sino a diciotto anni; poi mi avvio verso il Quartiere San Giovanni per visitare la Commenda dopo tantissimi anni dai tempi quando la ricordo come una chiesa diroccata adibita ad ovile dai pastori.

La data mi riporta al 1177 quando, a suo tempo, la Commenda era la Sede del Soprano Militare Ordine di Malta e dei Cavalieri di Gerusalemme. Accanto alla Chiesa di San Giovanni, di cui si vedono i ruderi, esistevano anche un ospedale ed degli immobili. La Commenda con la sua chiesa e vari possedimenti di mulini e di terre era una delle piu’ gloriose entita’ laico-religiose di Polizzi Generosa e godeva di grande fama in tutta la Sicilia per la sua importanza e posizione strategica vicino alla “trazzera” che, attraverso le Madonie e i Peloritani, portava da Palermo a Messina. “I Cavalieri di Malta” sono ancora oggi un ordine laico-religioso, ma alquanto cavalleresco, il cui motto e’: “Difesa della fede e Assistenza ai poveri.”

Chiesa della Commenda

Da sempre mi piace fare nuove esperienze, anche se molto semplici, per arricchire la mia cultura e definire piu’ a fondo la mia identita’, il mio legame di appartenenza etnico e storico, e specificamente per evidenziare “chi sono,” “su cosa appoggio il mio comportamento e il mio pensiero” e “cosa sogno ancora per la mia vita di Polizzano-Americano.”

In poche parole, sono a Polizzi Generosa per guardarmi nello specchio storico, sociale, intellettuale, religioso del mio paese di origine. Per sapere cosa mi rende ancora Polizzano e come la mia identita’ trova in esso l’espressione concreta delle mie memorie e delle mie esperienze personali.

Oggi, girando nel Quartiere San Giovanni, scopro una foto molto rara dell’epoca quando frequentavo le elementari in una scuola di campagna a Santa Venera. Non immaginavo mai d’incontrare Gandolfa Scarpinato, moglie di Vincenzo Sardo, la quale stava al balcone mentre io passeggiavo alla scoperta di viuzze e di “pinnina.” La saluto da lontano. Si rallegra che mi trovo a Polizzi Generosa. Mi invita ad entrare perche’ ha qualcosa di speciale da farmi vedere. Accetto. “Cosa potrebbe essere?” Mi chiedo. Le sue parole mi incuriosiscono.

Vieni, entra. Ti faccio vedere qualcosa che ti fara’ piacere,” esclama sorridente.

Poi scende giu,’ a pianterreno, nella stanza vicina all’entrata. Si avvicina a un muro e m’invita a guardare.

Ci sei tu in questa foto,” esclama contenta. “Lo vedi?”

Mi accosto, guardo la foto e rimango a bocca aperta. Gandolfa non aveva alcuna idea che quella foto fosse l’unica in esistenza delle mie elementari. Che sorpresa e che tesoro! Era la foto della classe di suo marito in una stanza-scuola, in campagna a Santa Venera, insieme ad altri alunni di varie eta’. Ricordo che eravamo ragazzini e ragazzine della terza, quarta e quinta elementare, tutti insieme. Fra di essi c’ero anch’io; capelli folti e neri, sguardo serio, con vestito semplice, e povero come tanti altri bambini-contadini.

Gandolfa,” esclamo con grande profusione di gioia. “Tu mi ha fatto il dono piu’ prezioso del mondo perche’ con questa foto mi hai connesso alla mia storia di bambino-scolaro quando vivevo in campagna.”

Poi guardo di nuovo in silenzio e con nostalgia la foto appesa al muro e scruto intensamente “il ragazzino-contadino” dallo sguardo serio e dai capelli neri e, per un momento, provo un sentimento di simbiosi misteriosa fra “il ragazzino e “l’adulto maturo”, ipnotizzato da quell’incontro inprovviso.

Da bambino, in campagna, quanto desiderio avevo d’imparare, di scoprire, di vedere e come sognavo quel mondo misterioso che era al di la’ delle Madonie cosi’ difficili da traversare perche’ non avevo un soldo in tasca per andare con la SITA alla scoperta almeno di un piccolo paese limitrofo! (Ho dovuto andare in America per ritornare in Sicilia e poterla scoprire!)

Ritorno a guardare attentamente il viso del maestro. Non lo ricordo piu’, ma gli volevamo bene e lo aspettavamo ogni giorno alla fermata del bus che lo portava da Castellana in campagna da noi.

Cosi’ ricordo nelle mie memorie:

Feci i primi anni delle Elementari a Polizzi Generosa e poi, dalla terza alla quinta, in campagna a Turri Tunni e anche a Santa Venera, in una semplice stanza con un piccola lavagna, dove non c’erano ne’ banchi, ne’ libri, ma una sola carta geografica dell’Italia politica. Gli studenti piu’ grandi erano raggruppati con i piu’ piccoli e ci insegnavamo fra di noi sotto la guida del maestro che ricordo come un’ottima persona. Ogni giorno lo aspettavano alla fermata dell’unica corriera delle nove e, quando scendeva, andavamo a scuola insieme. Che gioia quando il pullman della SITA passava senza fermarsi. Era un giorno di vacanza inaspettata. Ricordo pure come eravamo furbi per non rimanere in classe tutta la giornata:

Signor Maestro,’ esclamavamo tutti insieme. ‘Perche’ non ci porta a raccogliere asparagi selvatici per portarli a sua moglie?’ E insistevamo al punto che molte volte, sia per gli asparagi, sia per la verdura o per un paniere di frutta, il maestro acconsentiva a portarci in giro per la campagna. Che spasso e divertimento per tutti noi, (ma quanta debolezza intellettuale per l’istruzione mancata!)

Tradotto dale mie memorie: “Prickly Pears and Oleanders: Memoir of an Italian American” (2005)

Ricordo quasi tutti i miei compagni nella foto che miracolosamente ho scoperto in casa di Gandolfa Scarpinato e di Vincenzo Sardo in cui mi vedo come ero da ragazzino perche e’ l’unica fotografia esistente delle mie Elementari. La seconda foto e’ quella della mia Prima Comunione e Cresima che rimonta al 1947. Peccato che abbia solamente due o tre foto dei miei primi anni di vita! A dire la verita’, a quei tempi costava tanto una fotografia e mancava anche il denaro. Ai nostri tempi, adesso, ne ho migliaia.

Guardando ancora quella foto ingiallita dal tempo, la mia mente si sofferma anche su un altro maestro dal cognome Russo Alesi il quale esercito’ un ruolo critico nella scelta del mio futuro sentiero. Era il mio maestro di quinta elementare. Pensando a lui mi perdo in un sogno misterioso che mi spinge a condividere un momento cruciale “al bivio della mia vita.”

Al Bivio della Mia Vita”

Polizzi Generosa era una comunita’ agricola. Quasi tutti gli abitanti erano contadini -una tradizione che si tramandava da padre in figlio sino alla fine del 20mo secolo. Mio padre e i miei fratelli erano contadini. Mia madre, moglie con cinque figli, era pure lei contadina.

Ricordo chiaramente gli anni della mia fanciullezza e il tempo passato a Santa Venera, una zona agricola, non tanto lontana da Polizzi Generosa dove mio padre lavorara come mezzadro. Avevo bocciato la prima elementare che ripetei con successo. In terza elementare mio padre si trasferi’ con tutta la famiglia a Santa Venera, a un’ora di distanza dal paese. Lasciammo la casa a “Santamarigesu” per vivere in campagna dove continuai la mia istruzione in una scuola composta da una sola stanza col un maestro molto bravo e con altri alunni di quarta e quinta elementare che condividevano la loro conoscenza in un’atmosfera di cooperazione educativa.

Non avevamo ne’ biblioteca, ne’ mezzi audio-visivi e ne’ tante altre cose che bisognavano in classe. I pochi banchi erano vecchi e sfigurati da graffiti, e imbrattati erano pure i calamai dove intingevamo i pennini. Studiavo su libri di seconda e terza mano trasmessi dai miei fratelli perche’ la famiglia potesse risparmiare qualche lira per sbarcare il lunario.

Immaginatevi come mi sentii fortunato quando alla fine dell’anno, la Befana, una Vecchia Strega Italiana, mi porto’ un quadernetto, una gomma, un pennino, una matita e un cavallo di zucchero multicolore durante il periodo di Natale!

Un giorno –un evento educativo, cosi’ unico che lo ricordo ancora con un sorriso sulle labbra- il maestro porto’ a scuola il suo fonografo per farci sentire “Le Avventure di Pinocchio.” Con quanto fascino ascoltai la storia di quel burattino di legno! Che diletto! Come mi fece sognare e come infiammo’ la mia fantasia mentre ascoltavo le voci misteriose che uscivano dall’altoparlante e mi godevo le belle e brutte avventure del colorito monello di Carlo Collodi! Durante tutto quell’ascolto mi sentii molto simile a Pinocchio e, identificandomi con lui, diventammo una sola cosa.

A scuola non ero il migliore studente, ma mi piaceva tanto imparare, dotato da viva immaginazione e un acuto senso di osservazione. Le mie pagelle erano, in genere, buone, e riportavo “eccellente” in educazione civica, e “degno di lode” in comportamento. Questo recava gioia ai miei genitori.

Mi piaceva leggere e desideravo sempre apprendere di piu’, ma non avevo altri libri perche’ i miei genitori erano troppo poveri per potermeli comprare. A dire la verita’ nessuno possedeva libri ai miei tempi, e la nostra aula-scuola nemmeno. Per imparare, leggevo e rileggevo lo stesso sussidiario sgualcito mentre, sotto l’ombra oscillante dei pioppi, sorvegliavo una mucca e alcuni agnellini che pascolavano pacificamente. Quel sussidiario che portai con me in America divenne la mia sola enciclopedia, il mio amico fedele, il mio “vademecum” e la sorgente di tutta la mia conoscenza culturale delle Elementari. Conteneva pagine di religione, storia, geografia, aritmetica, salute, educazione fisica e un pizzico di biologia. Per me era, infatti, un volume pratico e riccamente istruttivo!

Finalmente arrivo’ l’ora di frequentare la quinta elementare. Mi facevo piu’ alto e, per il mio maestro, ancora piu’ intelligente! Avevo sempre amato andare a scuola e vivere in campagna circondato dalla lussureggiante vegetazione che mi teneva sempre in contatto con la bellezza della natura. A quella eta’ esisteva una vera innocenza mentale e spirituale nella mia anima di ragazzo decenne.

Ero allora un ragazzo felice con genuini sentimenti di gioia nel mio cuore; una gioia spirituale che ho sempre custodito e che continuo a coltivare anche ora. Ero sognatore e indagatore; perspicace e monello come Pinocchio, ma anche tanto amato dalla mia famiglia, dal maestro e dai compagni di scuola.

Negli anni cinquanta il diploma della quinta elementare in Sicilia segnava la fine dell’istruzione scolastica per molti bambini. Io non ero l’ eccezione. Mio padre era analfabeta, mia madre era stata forzata a lasciare la scuola dopo la terza elementare, e i miei fratelli Giuseppe, Gandolfo, Santo e mia sorella Rosa avevano in mano il loro diploma di quinta elementare, prezioso passaporto per lasciare indietro la difficile vita di campagna per una carriera piu’ promettente in un paese piu’ grande o in citta’. Ora anch’io stavo arrivando alla fine del mio iter scolastico.

Un giorno, il maestro espresse il desiderio di voler parlare coi miei genitori. Ne’ io, ne’ loro sapevamo il perche’. Ricordo che i miei genitori lasciarono la casa colonica ben vestiti, ma un po’ nervosi, chiedendo, preoccupati, ad altri contadini come salutare e rivolgersi al maestro in modo educato e riverente.

Insieme si misero in cammino, mentre io, dietro di loro, li seguivo, silenzioso, con la mia preziosa cartella: una scatola arruginita che i soldati Americani avevano buttato via durante le Liberazione della Sicilia nel luglio del 1943 alla fine della Seconda Guerra Mondiale.

Dalla cartella arruginita al Dottorato in Francese

Al colloquio il maestro si mostro’ gentile, solenne e diretto. Io non avevo alcuna idea in quel momento che il suo amorevole intervento avrebbe svolto un ruolo critico nella direzione della mia vita e della mia carriera futura.

Mario e’ un ragazzo di belle speranze” continuo’ a ripetere il maestro. Ha un buon cervello sulle spalle. Fategli continuare la scuola. Sarebbe una vergogna sprecare i suoi talenti nel lavoro dei campi.”

Mario: “Il ragazzino–contadino: “Occhi neri, sguardo intenso, capelli folti.”

Al principio i miei genitori rimasero confusi. Non potevano promettergli di seguire il suo consiglio senza prima consultare i miei fratelli che non avevano continuato gli studi e che lavoravano adesso in campagna, dall’alba al tramonto, accanto a mio padre.

Venne la sera. Ci sedemmo tutti attorno a un vecchio tavolo di legno per il rituale pasto serale. Io presi il mio posto, ignaro dell’evento cruciale che avrebbe marcato la direzione della mia vita per sempre. Un lume a petrolio illuminava scarsamente la stanza della casa colonica e proiettava le nostre ombre ondeggianti sui muri attorno. Sembravamo tutti come degli abbozzi di Pieter Brughel o delle pitture di Honore’ Daumier.

Mia madre ripete, parola per parola, il pensiero del maestro. Mio padre le conferma movendo il capo. “Cosa pensate di fare con vostro fratello?” chiese finalmente la mamma ai miei fratelli. Ci fu un momento di silenzio. Poi, “Si’,” riposero d’accordo. “Facciamolo studiare. Lavoreremo in campagna per pagare i suoi studi.”

Ma dove andare per continuare gli studi? Non c’era ne’ scuola media, ne’ liceo a Polizzi Generosa. Cosi’, all’eta’ di 11 anni, dovetti lasciare la sicurezza del mio paese, il calore della vita di famiglia per continuare gli studi lontano dal paese al Seminario Episcopale di Cefalu’ sulla costa nord dell’isola.

Seminario Diocesano

Non dimentichero’ mai questo evento monumentale che ebbe luogo in quella povera stanza di campagna dove il mio destino fu deciso. Terro’ sempre stretto al mio cuore quel momento decisivo, grato per l’amore e la generosita’ dei miei genitori, la mia famiglia e la visione di una persona significativa, il mio maestro di quinta elementare, Signor Russo Alesi. Il resto e’ tutto storia che fa parte del mio viaggio spirituale ed intellettuale: un viaggio intenso ed egualmente affascinante che da Polizzi Generosa mi porta a Cefalu’ e da Cefalu’ a New York, la citta’ dei grattacieli.

Ritornando in Sicilia, molto istruito e uomo di successo, andai a Santa Venera per visitare l’umile stanza della casa colonica dove il mio itinerario intelletuale ebbe inizio. Avevo lacrime agli occhi quando, in piedi, mi fermai, umile e riverente, davanti ai suoi muri imbiancati, testimoni silenziosi, tanto tempo fa, di un momento straordinario “al bivio della mia vita” e che mi sussurravano ora: “Hai fatto molto bene in vita tua, minuscolo ragazzo-contadino venuto da Polizzi Generosa!”

Tradotto dalle mie memorie: “Prickly Pears and Oleanders, Memoir of an Italian American” (2005)

Oggi, una copia di quella cartella che possedevo in quarta e quinta elementare trova un posto di onore nel mio studio, silenziosa testimone di poverta’, speranza, e scrigno prezioso di cio’ che portai con me in America quando lasciai Polizzi Generosa nel 1958.

A diciotto anni non avevo ne’ soldi, ne’ beni. Lasciavo tutto: vicinato, amici, e modo di vivere. Cosa portare con me di prezioso e di profondo significato in un altro continente? Possedevo solamente il Sussidiario di scuola elementare, una copia del Galateo, un libricino del Catechismo della Chiesa Cattolica, e il mio primo libro di “Grammatica Latina.” Decisi di portare questi libri preziosi che avrebbero ispirato la mia vita nel nuovo continente e che custodisco ancora oggi con sacro rispetto e commozione nella mia “cartella di munizioni americana, arrugginita.”

Ecco il Suddiario sgualcito, rilegato da mia madre con una striscia di un vecchio lenzuolo e colla di farina; il Catechismo che avrebbe continuato a darmi luce, forza e conforto nella mia vita di emigrato; il Galateo che continua ad istruirmi, sin da piccolo, a rispettare la mia persona e la persona degli altri; ed ecco anche il mio unico libro dal titolo “Grammatica Latina” che inizio’ a prepararmi, senza che io lo sapessi, al futuro apprendimento della lingua inglese e a laurearmi in Lingue Moderne e Classiche seguita da una fruttuosissima carriera durata piu’ di trenta anni.

Un episodio altrettanto doloroso mi affiora alla mente quando penso a questo “minuscolo ragazzo-contadino.”

Anche questo lo racconto nel mio libro di memorie in una paginetta intitolata: Ragazzo-Contadino

I primi saranno gli ultimi” (Matteo:13:30)

La quinta elementare segna la fine della mia istruzione formale. I miei fratelli e mia sorella avevano completato i loro studi con successo. Quanto a me, per poter continuare, dovevo passare gli Esami di Ammissione per dimostrare che avevo acquisito i rudimenti essenziali di una istruzione elementare completa.

Vivere in campagna, andare in classe in una scuola costituita da un piccola stanza, imparare insieme a studenti di terza e quarta elementare senza biblioteca o programmi avanzati non contribui’ tanto alla mia preparazione intellettuale che era fondamentalmente debole. Avendo letto e riletto l’unico Sussidiario, da copertina a copertina, avrei potuto recitare ogni pagina a memoria, eccetto la matematica che odiavo perche’ era difficile da capire. Ricordo ancora quando i miei genitori pagavano un professore con prodotti agricoli per aiutarmi a superare gli esami di riparazione in quella materia che detestavo.

Per fare gli Esami di Ammissione dovetti rientrare dalla campagna a Polizzi Generosa. A dire il vero avevo un po’ di paura, ma non mi sentivo debole o impreparato. Certe volte l’ignoranza e’ una benedizione. I miei genitori mi portarono in paese su un asinello e quando arrivammo a casa, mio padre ando’ direttamente dal Signor Tommasi, un professore molto stimato in paese, per offrirgli due panieri di frutta e uova perche’ tenesse d’occhio questo “candidato” venuto dalla campagna. Tutti facevano regali a quei tempi. Anche oggi, in Italia, le bustarelle riempiono molte tasche per assicurare buoni risultati, successo o posizioni burocratiche in tutta la penisola. Tuttavia, non sono sicuro se quei due panieri di prodotti agricoli fecero alcun effetto nei miei riguardi.

Quando arrivai a Polizzi Generosa apparivo come un tipico ragazzo di campagna: esile, molto oscuro, abbronzato dal forte sole siciliano, anche un po’ timido e, semplicemente, senza un etto di sofisticazione. Ero il figlio di un “viddanu”, “un contadino del Sud” che apparivo strano e risaltavo diverso quando mi trovavo fra ragazzini e ragazzine dal colorito piu’ leggero e appartententi alla classe media o a figli di papa’. Fra questi c’era un certo Alfano, il figlio di un impiegato civile. Era un ragazzo di “paese” che apparteneva a una classe sociale piu’ elevata di mio padre perche’ suo padre lavorava al Municipio. Era ben vestito, ma si comportava come un ragazzo viziato.

Mentre giocavamo a palla in piazza a Santamarigesù, Alfano venne a sapere che ero candidato agli Esami di Ammissione. Ferma la palla, si avvicina, fa una smorfia e poi con tono sarcastico fa una risata che echeggia ancora alle mie orecchia.

Tu, viddanu,” esclamo’ a voce alta per farsi sentire da tutti. “Che cosa sai?” Tu non passerai mai questo esame.”

Poi si allontano’ con uno sguardo dispregiativo che brillava di arroganza. Nella sua superbia narcisistica lui era sicuro che avrebbe superato l’esame con ottimi voti perchè il papa’ conosceva membri del Consiglio Scolastico. Da parte mia non borbottai una parola per quell’insulto che calpesto’ la mia auto-stima e mi fece sentire male.

Tanti anni dopo, ricordando questo brutto episodio, perdonai a questo ragazzo per la sua arroganza ignorante, ma non dimenticai mai il sentimento avvilito che mi fece provare con le sue parole sprezzanti. Si puo’ dimenticare cosa dice o fa una persona, ma non si puo’ dimenticare come ti fa sentire.

Il giorno dell’esame finalmente arrivo’ e tutti e due lo subimmo. Ma indovinate cosa successe? Io riuscii a superare l’esame, lui invece, no! E basta solo dire cosi’. Non aggiungo altro.

Adesso comprendo come, riuscendo a quell’Esame di Ammissione nel 1950, si apri’ per me il sentiero che mi condusse all’Universita’ e al conseguimento di quattro lauree: Baccalaureato in Filosofia, Masters in Francese, Dottorato in Francese e Certificato di Amministrazione Scolastica con una carriera riccamente piena di successo nell’insegnamento di Lingue Straniere e Classiche, Preside delle Lingue Straniere a Syosset High School e Direttore e Professore del prestigioso Programma di Tirocinio per i nuovi insegnanti di Lingue Moderne all’Universita’ Statale di Stonybrook, Long Island, New York.

Il 13 settembre del 1950, il giorno del mio undicesimo compleanno, lasciai Polizzi Generosa per il Seminario Episcopale di Cefalu’ per iniziare, come si avverro’, un viaggio spirituale ed intelletuale indimenticabile che dalla Sicilia mi porto’ in America.”

Tradotto da: “Prickly Pears and Oleandes: Memoir of an Italian American (2005)

Dal Quartiere San Giovanni seguo Via Maddalena che porta a Piazza Nicolo’ Trapani proprio dove era situata una volta la mia casa, ora una palazzina moderna che non conserva nulla del mio passato sentimentale. Questa piazza era il centro dei miei giochi e passatempi con altri ragazzini della mia eta’. Ricordo che ci divertivamo tanto dall’alba al tamonto e che, a volte, eravamo molto monelli e meritevoli di castigo. Io ero bravo ma, con tanto tempo libero, facevo spesso il monello.

Mi soffermo a guardare in silenzio le case che circondano Piazza Nicolo Trapani, e mi rivedo in un officina dove mia madre mi forzo’ a fare l’apprendista da Mastru Ninu che era un bravissimo fabbro ferraio. La memoria scorre nel tempo e mi trasporta indietro con il ritmo tic-tic della celluloide di un vecchio film che scorre.

Cosi’ ricordo i miei giorni di apprendista-fabbro ferraio:

Piazza Nicolo’ Trapani all’est della mia casa era il luogo dove molti fabbro ferrai avevano la loro officina. Ogni giorno, gia’ prima dell’alba, si sentiva il suono dei loro martelli che artisticamente foggiavano falci, zappe e ferri di cavallo. Le loro officine erano semplici e primitive: un’incudine, un vecchio mantice per soffiare il carbone acceso, e pochi arnesi che li aiutavano a costruire le loro creazioni. Molti contadini andavano e venivano dalle loro botteghe per ferrare le bestie da soma.

Da bambino guardavo sempre, con curioso incanto, l’arte maestra dei fabbro ferrai che rimpiazzavano i vecchi ferri sugli zoccoli dei quadrupedi che stavano pazientemente e miracolosamente fermi alle loro ginocchia. Da un punto all’altro della piazza e dall’alba al tramonto, si sentiva il suono ritmico dei martelli che davano forma a lame ardenti di ferro appena ritirate dal fuoco che giovani assistenti mantenevano acceso pedalando aria in una cassa che rassomigliava al mantice di una fisarmonica.

Io ero il maschietto piu’ piccolo della famiglia. Con molto tempo libero, a disposizione, avevo messo alla prova la pazienza di mia madre in molte occasioni. Alla fine, quando il mio comportamento monellesco “fu la goccia che fece traboccare il vaso,” mia madre visito’ Mastru Ninu, “U Statiaru,” uno dei fabbro ferrai del vicinato e lo prego’ di assumermi senza paga come giovane apprendista. Avevo appena sette anni.

Ho bisogno di togliere mio figlio via dalla strada per i problemi che mi crea,” gli disse la mamma con tono serio e impaziente.

Il giorno dopo, quando arrivai in bottega, Mastru Ninu, senza alcuna cerimonia, mi mise a pedalare aria in un vecchio mantice decrepito per mantenere la brace molto calda ed ardente. Quel lavoro era piuttosto difficile e non da scherzare; peggio ancora, mi impediva di vagabondare per le strade e di giocare liberamente con gli amici nella piazza del vicinato.

La decisione di mia madre mi aveva imprigionato in un batter d’occhio. Mentre la bottega del fabbro ferraio era per me una condanna, fu una benedizione per la mamma perche’ da quel giorno in poi sapeva finalmente dove ero e cosa facevo.

Alla fine del primo giorno di apprendista, lasciai la bottega apparendo come un minatore della Pennsylvania. C’era cenere grigiastra nei miei abiti, sulle ciglia e anche in faccia. Avevo persino granellini di polvere nelle orecchie e nelle narici.

Cosa volete? Ero apprendista fabbro ferraio! Cosa poteva aspettarsi mia madre di scoprire nel suo figlio? Ciononostante rimase sorpresa di vedermi in quel modo e un po’ preoccupata quando noto’ che ero avvilito, esausto e somigliante a un minatore rientrato dalla miniera.

Come madre si senti’ male e un po’ preoccupata, ma tenne fermo per controllare il piccolo monello. Credeva fortemente che il mio lavoro di apprendista fosse il mezzo migliore per occupare il mio tempo e l’antitodo adeguato per frenare le mie monellerie che commettevo quando ero ozioso.”

Tradotto da: Prickly Pears and Oleanders/Memoir of an Italian American (2005)

Il campo dei miei divertimenti e dell’appredista fabbro ferraio

Piazza Nicolo Trapani, vicino a casa mia, mi fa rammentare anche momenti gioiosi con i miei amici e i giochi che facevamo dall’alba a tramonto. Ricordo, in particolare, l’evento piu’ eccitante che, ogni fine d’anno, mi faceva sognare un mondo fantastico quando “A Vecchia” veniva sui i monti a “notte fonda.”

Cosi’ racconto questa visita annuale della Befana nelle mie memorie:

A Vecchia veni!

Al principio del mese di dicembre, quando le giornate erano piu’ brevi e le strade diventavano buie molto presto -sebbene Polizzi Generosa fosse il primo paese della Provincia di Palermo nel 1901 ad avere la corrente elettrica in ogni casa attraverso il lavoro intelligente dell’ingegnere Luigi Rampolla- bande di ragazzini e giovanetti girovagavano per il quartiere con grida festose battendo pentole e padelle, campane di vacche e anelli di metallo, gridando a sguarciagola: “A Vecchia Veni, A Vecchia Veni!”

La loro apparizione serale, prima di Natale e Capodanno, creava un’atmosfera eccitante e straordinaria in tutti i bambini. Anch’io avevo una grande voglia di unirmi a quel frastuono, ma i miei genitori non mi diedero mai il permesso di far parte di quel gruppo festoso perche’ era pericoloso alla mia eta’.

Le grida baccanali dei ragazzi m’inebriava di eccitazione con la famosa Befana, una vecchia brutta, ma brava strega che portava doni ai bambini buoni e pezzi di carbone ai bambini cattivi la veglia di Capodanno, dopo che andavano a letto.

Nella mia mente non potevo facilmente rendermi conto come era buona la Befana verso di me! Era quasi una cosa difficile credere in questa “Vecchia”. Veniva persino a Polizzi Generosa, un paesello molto distante da Palermo dove invece avrebbe potuto trovare strade piu’ larghe e mezzi di trasporto piu’ veloci per consegnare i suoi doni.

Ogni anno andavo a dormire volentieri, trovando il giorno dopo piccoli doni che la Befana fedelmente lasciava su una sedia accanto al mio letto perche’ non avevo un comodino. Erano semplici doni che i miei genitori potevano pemettersi il lusso di comprare: un quaderno, una matita, un biscotto abbastanza grande o un “pupo” di zucchero e ogni tanto un piccolo giocattolo. I giocattoli erano rari nella nostra famiglia di cinque figli perche’ i miei genitori non non potevano permettersi il lusso di comprarli.

Un anno, verso il 1944, ebbi la fortuna di ricevere una piccolissima automobile dalla Befana. Era un pezzetto di latta in forma di macchina con finestrini dipinti e con la caricatura di un autista. L’unica cosa che si muoveva erano le ruote che permettevano all’automobile di andare in avanti ed indietro con il semplice movimento della mia mano. Nessun puo’ immaginare quanto mi piacesse quel prezioso regalo e come piansi quando, a Capodanno, il giorno della mia perfetta felicita’, mia madre inavvertitamente calpesto’ quel giocattolo e lo appiatti’ al punto di non poterlo piu’ riparare. La mia preziosa automobile era scomparsa per sempre. L’incidente mi ruppe il cuore. Quel giorno fu per me il peggiore Capodanno che ricordero’ per sempre.

Malgrado questo brutto incidente, io continuai a credere nella esistenza della Befana, fino al momento quando mi feci piu’ grandetto, e decisi finalmente che era l’ora di scoprire la verita’ del suo mondo meraviglioso che aveva colorato i mei anni d’infanzia ogni veglia di Capodanno.

Quella sera dovevo smascherare, una volta per sempre, chi era la Befana e come fosse capace di arrivare a casa mia sui monti innevati di Polizzi Generosa cosi’ lontano da Palermo.

All’ora di andare a letto mi coricai come al solito, ma senza rivelare a nessuno cosa avevo in mente di fare. Mia madre spense l’unica lampada che pendeva dal tetto e immediatamente sopravvenne il buio nel profondo silenzio della stanza. Chiusi gli occhi, ma rimasi sveglio e attento, sapendo che la Befana sarebbe venuta quella sera, a un orario preciso, per portarmi qualche regalo. Passa un po’ di tempo. Poi, quando si pensava che io fossi in pieno sonno, arrivo’ ad un tratto la Befana.

Attraverso le palpebre, che tenevo strette, vidi la porta aprirsi sofficemente e la lampada che pendeva da un solo filo accendersi. Poi sentii i passi soffici della Befana che veniva in punta di piedi verso il mio letto con una coperta che le copriva la testa. Non sembrava molto anziana. Immediatamente mantenni il respiro e attraverso le folte sopracciglia guardai attentamente quella “Vecchia” straordinaria che mi aveva incantato e fatto sognare per tanti anni.

La Befana si avvicino’ al mio letto e pose sofficemente su una sedia di legno –io non avevo mobilio per la stanza - un quaderno, una matita, un’arancia, un mandarino e una bambola di zucchero multicolore.

Tutto ad un tratto saltai in aria, gridando ad alta voce e strillando: “So chi sei. Lo so. Lo so.” La Befana, sorpresa, non rispose. Si giro’ di colpo e lascio’ la mia stanza in fretta, spegnendo frettolosamente la luce, lasciandomi ancora una volta dubbioso a sospettare.

Per varie settimane prima dell’arrivo della Befana, sospettando che fosse mia madre a creare in me un clima eccitante di promesse, avevo passato molte ore a rovistare tutti gli angoli della casa nella speranza di trovare i doni nascosti in qualche ripostiglio. Non li trovai mai. Non ebbi mai successo.

Le feste natalizie, con l’arrivo annuale della Befana e i semplici doni che ricevevo ad ogni Capodanno, lasciarono in me le piu’ calorose memorie e i sentimenti piu’ soddisfacenti degli anni della mia fanciullezza.

Per noi bambini, Natale e Capodanno volevano dire celebrazioni festose, ‘cuccidati’ per la famiglia, doni, l’aroma di castagne arrostite e il fresco profumo di arance sbucciate e mandarini che ancora oggi fanno affiorare le felici memorie della mia fanciullezza.

Il braciere di una volta, ora oggetto di museo.

Per gli adulti questo era il periodo di condividere, ricordare il passato e di sognare il futuro, seduti con una “cannata” di vino attorno al braciere che li manteneva comodamente tranquilli nel caldo rifugio della nostra casa a Polizzi Generosa, un paesetto solitario, appollaiato in glorioso isolamento sotto le montagne innevate delle Madonie che Giuseppe Antonio Borgese, nativo Polizzano e scrittore del XX secolo, chiamava “gli Appennini della Sicilia.”

La fine dello splendido e magico mondo della Befana significava che io mi facevo piu’ grande e che era l’ora - come scrive San Paolo- di abbandonare le cose che facevo da bambino e iniziare ad affrontare le nuove sfide della vita. Ora avevo sei anni; ero grande abbastanza per frequentare le Elementari che, per questo ragazzo che parlava Siciliano, comportava imparare a leggere, scrivere e a studiare l’Italiano come sua seconda lingua.”

Tradotto da: “Prickly Pears and Oleanders - Memoir of an Italian American” (2005)

Nel tardo pomeriggio di lunedi’ lascio la casa per andare alla “Guardiola” insieme a tantissimi Polizzani che si radunano per dire “Arrivederci” a San Gandolfo e per ringraziarlo della sua visita annuale a Polizzi Generosa. La processione con la statua del Santo arriva alla “Guardiola” dove un sacerdote fa l’ultima predica da un balcone. I fedeli ascoltano, la banda sosta e poi suona di nuovo mentre la statua viene sollevata su un camion seguito da un corteo di macchine che si preparano a seguirla, tutte dirette all’Eremo di San Gandolfo, una chiesetta fuori paese.

Degli amici m’invitano in macchina e insieme accompagniamo la statua del Santo. Padre Gianni, il parroco, celebra i Vespri all’aperto e dopo l’ultima benedizione la statua viene portata in chiesa e poi sollevata nella nicchia dietro l’altare. La processione, la cerimonia finale e la devozione dei Polizzani esprimono l’amore che esiste da piu’ di sette secoli fra il Santo e Polizzi Generosa

Mi accorgo di un vecchietto”

Oggi continuo a scoprire i vari Quartieri di Polizzi Generosa. Vado su e giu’ per strade ben fatte e curate. Le viuzze, i portici, i vicoli sono abbastanza puliti e mi fanno pensare a un paese medievale. Sto attento alle macchine che appena, appena hanno largo per passare. Sento il suono delle campane, la voce di adulti che parlano tra di loro da un balcone all’altro, qualcuno che mi guarda con curiosita’, mentre faccio degli scatti per ricordarmi meglio di tutto quello che sto osservando.

Vicino a casa mia, seduto sugli scalini di una entrata, incontro un vecchietto circondato da vasi di piante e fiori. Porta un berretto, una maglia di lana e pantaloni. Lo accompagna un bastone che tiene sotto il mento. Lo saluto in lingua polizzana, mi siedo accanto a lui e conversiamo, immersi in un bellissimo dialogo. Un sorriso genuino gli appare sul viso. Che festa! Un Americano che gli parla polizzano, che gli si siede accanto e che gli fa un regalo. La figlia se ne accorge incuriosita, viene a salutarmi esubio dopo m’invita ad ammirare la sua casa che, da ovile, era stata trasformata in un salotto bellissimo decorato con articoli agricoli e antiquariato.

Di la’ faccio visita a mia cugina Rosa e passo un po’ di tempo con lei e con sua figlia Gandolfa. Di ritorno a casa, un vicino mi ferma e mi offre semi di melograno che cresce in miniatura. Li accetto volentieri perche’ mi piace sperimentare in Texas. Lascio e mi avvio al solito posto in Piazza Medici per attivare l’Internet e comunicare con la mia famiglia in America.

La bandierina americana e il dolce vecchietto

Durante la mia visita a Polizzi porto con me dei piccoli regali e anche moltissime bandierine americane che subito vanno a ruba. Piccoli e grandi sono cosi’ contenti di riceverne una. Un giorno, passando per un quartiere tranquillo e solitario, mi accorgo di un vecchietto seduto accanto a vasi di fiori su scalini che portano verso un cancello. Mi fermo e lo saluto in siciliano. La sua figura mi aveva subito affascinato. Piccolino, curvo, porta un berretto, e tiene in mano un bastone, forse il suo unico amico perche’ non c’e’nessuno accanto a lui. Mi guarda in faccia con volto sereno e si compiace di sapere chi sono. Gli stringo la mano come se fosse mio padre, pure lui vecchietto, seduto la’ a passare i suoi ultimi giorni monotoni e solinghi. Parliamo un po’ e gli dico che sono polizzano e che vengo dall’America, un paese molto lontano e misterioso per lui. Gli parlo della mia famiglia, poi gli dico che dovevo andare via e di aspettarmi un momento.

Ritorno subito dopo e trovo il dolce vecchietto a godersi ancora il sole. Ero andato a prendergli delle caramelle e una bandierina americana. Gliela porgo; se la mette in mano come un oggetto prezioso e sorride dicendo: “Ora sugnu Americanu.” La figlia, che abita la’ vicino, viene a salutare e sorride felice nel vedere il sorriso genuino sulla faccia di suo padre. “Facciamo una foto?” -gli domando. Il vecchietto acconsente. Non e’ cosa di tutti giorni ricevere una bandierina americana ed incontrare un Americano che gli si siede accanto e che dialoga con lui non solo in dialetto siciliano, ma miracolosamente in lingua polizzana.” (Diario Quotidiano)

Quei momenti preziosi mi congiungono con un vecchietto meraviglioso e con memorie di un mondo passato, facendomi pensare a mio padre novantenne, -alla vita che lentamente e inesorabilmente, sia nel grande continente americano che in un piccolo paese di montagna, ci conduce tutti quanti verso le spiagge dell’eternita’. “Sabbenedica,” esclamo, stringendogli la mano: E lui a rispondere: “Bongiornu!”

Per un po’ di tempo gli avevo lenito la solitudine quotidiana che lo circonda, seduto sullo stesso scalino vicino a casa sua un giorno dopo l’altro “Ci vediamo domani” gli dico, e per vari giorni gli faccio un po’ compagnia durante il mio “viaggio sentimentale” a Polizzi, seduto accanto a lui in un dialogo fatto di semplici parole, ma che mi arrichisce di umanita’.

Un sorriso, una bandierina, un mazzetto di parole affettuose e di rispetto... e in cambio un bel sorriso da una persona che la mia gentilezza e il dono del mio tempo l’hanno fatta sentire meno sola e forse la piu’ speciale di tutto il paese. Il mio vecchietto prezioso! Grazie, Alfonso, per avermi fatto piu’ umano!”

Oggi sono invitato a pranzo ai Mulini da Calogero Macaluso e sua moglie Lidia.

Ritorno ancora nel giardino dove i suoi genitori mi avevano invitato tante altre volte.

Per me e’ un gita sentimentale, ma anche un po’ triste perche’ mi ricorda Teresa e Giovanni Macaluso, persone bellissime che ci hanno lasciato. Calogero mi mostra il giardino insieme alla sua nipotina Germana e ci godiamo la bellezza della flora e di una giornata soleggiata.

Nel frattempo il forno alla legna si riscalda per completare il pasto con carne alla griglia. Lo aiuto anch’io, almeno in fotografia. Facciamo un bellissimo pranzo e in felice compagnia.

Naftolia

Di ritorno a Polizzi, Calogero mi fa vedere, per la prima volta in vita mia, il Fonte Naftolia, sconosciuto da tanti perche’ coperto da erbe e piante selvatiche per vari secoli. Adesso si puo’ vedere, m uto testimone di un’altra civilta’ da tanto tempo scomparsa. Mi fermo per una foto e vado a toccarlo. Voglio per un momento ascoltare il polso della sua storia antichissima che io, a dire la verita’, non conosco molto bene. La sua presenza mi parla di un’altra civilta’ che ci ha preceduto e di un altro popolo che si disseto’ alle sue labbra.

Penso che, in quel luogo o nelle vicinanze, ci sara’ stata una sorgente di acqua potabile forse all’incrocio di una trazzera o presso qualche tempio dedicato a divinita’ pagane risalenti al tempo dei Greci. Ho letto in un libro che il nome Naftolia e’ stato assegnato a questa sorgente d’acqua dalla ninfa Thalia che, in mitologia, e’ la madre dei Palici i quali, probabilmente, diedero il nome a Polizzi Generosa.

L’enigmatica Fontana Naftolia

Piu’ tardi, prima di lasciarmi in Piazza Medici, Calogero mi fa passare vicino al luogo degli scavi che nel 1992 portarono alla luce oggetti sepolcrali della civilta’ greca nella zona di “Santu Pietru” che stranamente e’ stata sviluppata con tante case, ma senza nemmeno un negozio di convenienza e mai completata con edifici rimasti sino ad oggi in completo abbandono. Mi dice Calogero che coloro che abitano in questa zona nuova del paese devono andare al Centro per tutto quello di cui hanno di bisogno.

WIFI

Trovare a Polizzi la linea WIFI per collegarmi su Internet non e’ tanto facile specialmente all’inizio della mia permanenza. Con l’aiuto di Franco e di Anna cerco di collegarmi con quella del Comune, ma non ci riesco non solo perche’ non sono un genio di tante novita’ tecniche, ma anche perche’ quasi nessuno in paese ha o sa cosa sia la WIFI. Mi trovo stranamente a disagio e completamente isolato dalla mia famiglia in America per un giorno o due. Sebbene sia in possesso di un Iphone 6, per fare una telefonata locale avrei dovuto chiamare prima gli Stati Uniti.

Questo disagio e isolamento non dura molto tempo. Un amico americano, Peter Marsala, che si trova pure lui in vacanza a Polizzi, mi dice che e’ in possesso della linea WIFI e cortesemente mi offre l’indirizzo per poterla usare anch’io, quando lo desidero, anche se mi trovo fuori della casa dove sta alloggiato. Cosi’, seduto su un banco, sotto un bell’albero di acero canadese, nelle ore piu’ strane (scrivo cosi’perche’ la differenza del fuso orario e’ di sette ore fra l’Italia e il Texas) vado a sedermi al solito posto e, molte volte, a tarda notte me ne sto a parlare, via video, con la mia famiglia come se fossi una delle persone piu’ strane che abitasse a Polizzi Generosa.

Nel silenzio della notte, accanto al muro di un’altra casa, una bellissima statua di San Padre Pio benedicente, mi fa muta compagnia. Guardo il santo di tanto in tanto e mi pare sorridente, contento della mia presenza a Polizzi Generosa. In una di quelle notti, una macchina della polizia notturna si ferma accanto alla fontana, proprio vicino al banco. Esce un giovanissimo carabiniere e, a mia sorpresa, mi saluta: “Buona sera, Signor Macaluso.” Gia’ sapeva che ero in visita in paese. A quanto pare tutti quanti, senza bisogno di WIFI, sono gia’ al corrente che Mario Macaluso era arrivato a Polizzi Generosa.

Museo Ellenistico e Maria, la mia catechista

Mi alzo presto, apro le persiane e vedo un cielo sereno con il sole che bacia le colline lontane. Il mio sguardo si posa sui tetti coperti di tegole di argilla rossastri e qua’ e la’ osservo serbatoi di acqua. Lo so perche’. A Polizzi Generosa ogni tanto manca l’acqua corrente, ma quando c’e riempiono i serbatoi.

Enza, la vicina, mi porta la colazione su un vassoio: caffe’ e fettine di pane tostato con miele o marmellata. A volte mi prepara la cena se ne ho di bisogno perche’ sto ricevendo tanti inviti a pranzo e a cena. Enza e’ come un angelo, buona e dolcissima. Come al solito prendo fedelmente le vitamine giornaliere e la pillola per controllare la pressione arteriosa. Una X sul calendario mi fa ricordare che questo atto quotidiano e’ stato fedelmente compiuto.

Ogni giorno della mia permanenza in paese mi propongo nuove cose da rivedere o da scoprire. Oggi e’ il “Civico Museo Archeologico di Polizzi Generosa,” che e’ ubicato nell’interrato dell’antico Collegio Gesuita, chiamato ora Palazzo di Citta’. Due euro mi trasportano al quarto secolo prima di Cristo con i suoi reperti favolosi e preziosissimi della Necropoli ellenistica portati alla luce durante gli scavi archeologici del 1992 in contrada Santu Pietru che Calogero Macaluso mi ha fatto vedere dalla strada.

In questo museo si parla di tombe e di oggetti funerari che risalgono dal IV sec. A.C al II sec. a.C. . Al momento sono il solo visitatore e, calmo, calmo, leggo le etichette e osservo gli oggetti esposti. Che fortuna per Polizzi avere un museo di questo calibro con reperti scavati nel proprio territorio!

Pensando ora a questa visita mi vengono in mente l’anfora di Heracles ed il leone Nemeo, il poppatoio a testa di leone, una tazza di bronzo, varie lucerne, e anche vasi di ceramica e terracotta decorati con figure umane o uccelli.

A me piace tanto l’archeologia Greca e Romana. Il Museo risulta una bellissima esperienza per me che conosco la lingua italiana, ma penso che sarebbe anche piu’ bello e attraente al turista straniero se ci fossero dei cartellini tradotti in lingua inglese e anche in qualche altra lingua. Vedere e non sapere e’ come vedere e non sentire. Secondo me, i cartellini in altre lingue sarebbero un’ottima idea per incoraggiare e soddisfare la presenza del turista straniero.

Reperti Ellenistici

Oggi controllo pure l’orario della Biblioteca Comunale. Sebbene sia stato a Polizzi Generosa varie volte, ma quasi sempre per poche ore, non conosco bene il paese o come e funziona. Chiedo allora a qualcuno d’indicarmi l’entrata. Polizzani DOC mi indicano la vecchia entrata che naturalmente trovo chiusa. Non sapendo il perche’, mi irrito un po’ abituato all’esattezza degli orari in America. “ La Biblioteca dovrebbe essere aperta alle nove. Beh, ritorno dopo, forse apriranno piu’ tardi,” ripeto fra i denti.

Ritorno una seconda volta e trovo la porta ancora chiusa e mi irrito di piu’. Finalmente qualcuno m’informa che l’entrata della biblioteca si trova all’interno del Palazzo di Citta’. Mi domando curioso: “Perche’ non incollare sulla porta sempre chiusa un cartoncino che indica al turista dove si trova l’entrata? Nessuno sa che bisogna iniziare dalle piccole cose per incoraggiare il turismo?”

E mi annoio erroneamente con la persona al banco del Museo Archeologico che non ha niente a che fare e a cui chiedo scuse della mia impazienza. Ho la strana sensazione che le cose non funzionano bene in paese perche’ quasi pochissimi accettano la responsabilita’ della “res publica” e rimango deluso quando sento il ritornello: “Non dipende da me. Chissa’! Cosa ci posso fare?” Mi chiedo rispettosamente: “Ma c’e’ qualcosa che dipende da qualcuno? Ma c’e’ qualcosa che si potrebbe fare?”

Trovo finalmente l’entrata della Biblioteca Comunale che Federico Lancia di Brolo lascio’ in eredita’ ai suoi fratelli i quali decisero di farne dono al Comune di Polizzi Generosa. La biblioteca, una delle migliori in Sicilia, conta piu’ di 49 mila volumi. Fra questi: 45 incunaboli, piu’ di settecento volumi del cinquecento, un centinaio di volumi del seicento e piu’ di 3500 volumi del settecento. Guardo in giro e, fra questi numerosissimi volumi, scopro anche copie di alcuni miei libri esposti in uno degli scaffali. Sorrido con soddisfazione nel fare parte di questa illustre collezione di libri! Che piacere! Il “piccolo ragazzo-contadino” con i suoi libri nella Bibloteca Federico Lancia di Brolo! “Incredibile dictu!” Avrebbe detto il poeta Latino. (Incredibile a dirsi!)

La mia visita si svolge in maniera molto piacevole. Le tre signore che lavorano nella Biblioteca si mostrano gentili ed amichevoli, e gioiscono quando sentono che sono originario di Polizzi Generosa. Mi siedo accanto a loro, parliamo un po’ di tante cose e scambiamo notizie. Mi fanno vedere le stanze che stanno allestendo per varie esibizioni e anche il “Museo del giocattolo antico” con almeno una quarantina di giocattoli del XIX e del XX secolo, realizzati in Sicilia e in Germania, dono della polizzana Francesca di Carpinello. Concludo fra me stesso: “Il paese di Polizzi Generosa offre tanto. Bisogna sassolutamente far conoscere e valorizzare i suoi tesori.”

E’ quasi mezzogiorno. Mi fermo nel negozio “Alimentari” in Piazza Gramsci dove faccio la conoscenza di Francesca Siragusa, la proprietaria, e di Antonella, la bravissima ragazza che l’assiste. Ritorno alla mia preziosa residenza e casa-museo e, calmo, calmo, mi preparo un panino ripieno di formaggio e prosciutto, e bevo una birra circondato da tantissimi cimeli che abbelliscono la stanza e che mi fanno sognare e ricordare. Mi riposo per un’oretta questo pomeriggio. Dalla finestra del balcone arriva un raggio di sole che illumina tutta la stanza.

Un panino a pranzo

Piu’ tardi faccio una passeggiata in Via Garibaldi e non mancano gli amici e i concittadini che mi conoscono e ci salutiamo.

Avevo letto tante volte la storia della statua di Iside Minerva scolpita con corpo femminile e tre visi differenti: uno di donna, uno di un vecchio barbuto e il terzo col viso di un putto. A Polizzi Generosa mi sono ricordato di un altro volto, ma quadriforme che si trova sul tetto dell’ospedale civico. Sento dagli amici che in paese e’ arrivato un artista australiano che si propone di ricreare la famosa statua di Iside Minerva non piu’ esistente e fatta a pezzi parecchi secoli fa per ordine del Vescovo di Cefalu’, Monsignor Castelli, perche’ la considerava una struttura pagana che non aveva posto in una chiesa cattolica. Sono contento che Eolo Paul Bottaro voglia ricreare la statua distrutta e ridare a Polizzi Generosa una pagina gloriosa del suo retaggio artistico e culturale.

Signor Mario, piacere di conoscerLa. Mi chiamo Eolo Paul Bottaro. Mi trovo a Polizzi Generosa perche’ vorrei scolpire la famosa statua di Iside e sto facendo delle ricerche e delle interviste. Potrebbe concedermi un po’ del Suo tempo per sentire cosa sa o cosa potrebbe condividere su questa statua?”

Non sono un esperto in materia,” gli risposi, ma avendo studiato Mitologia Greca e Romana accetto l’invito. E cosi’ faccio una intervista con Marco Occhipinti che dura per piu’ di un’ora insieme a Eolo, e a Claudio Celino che fa la ripresa.

La mia catechista

Sono momenti di pura gioia quando, recandomi alla messa serale nella Chiesa di Sant’ Orsola, incontro una delle mie catechiste, la Professoressa Gandolfa David. Devo a lei e sopratutto a sua sorella Maria, che ci ha lasciato nel 2006, i principi fondamentali della mia formazione cattolica e il dono di avere acceso “la candela” della mia fede che continua ad illuminare il cammino della mia vita. Che coincidenza straordinaria! Pregare con Gandolfa, proclamare la Parola durante la messa, e trovarmi nella chiesa dove fui battezzato e servii messa da seminarista e’ una esperienza spirituale straordinaria che mi colpisce l’anima ed il cuore.

Cosi’ ricordo la Signorina Maria, in uno dei miei libri intitolato “Prickly Pears and Oleanders/Memoir of an Italian American” (2005):

Il Catechismo era la mia anima

Siamo stati creati da Dio per conoscerlo,

amarlo e servirlo in questo mondo

e poi godere la sua presenza in Paradiso.”

(Dal Catechismo)

Ogni domenica, alle due del pomeriggio, aveva luogo l’ora di catechismo. Amavo frequentare le classi che si facevano nella Chiesa Madre. Divisi in piccoli gruppi, noi ragazzini ci sedevano nelle navate laterali mentre le catechiste ci insegnavano la fede cattolica e quanto era necessario per fare la Prima Comunione e ricevere la Cresima.

Io amavo una delle catechiste, la Signorina Maria, che era molto carina ai miei occhi. Era giovane, bella e molto amabile. Aveva gli occhi neri e un bel naso che somigliava a quello delle donne Rinascimentali dipinte da Raffaello.

Ogni volta che l’aspettavo all’uscita della chiesa le tendevo sempre la mano e poi le camminavo accanto con piacere per le stradine che portavano a casa sua. Mi sentivo così fortunato quando mi lasciava tenere la sua mano e camminare felicemente in sua compagnia.

Ricordo ancora il suono cristallino della vecchia campana della chiesa che chiamava i bambini del paese al catechismo. Al suono della campana -a quei tempi non c’erano orologi- smettevo di fare qualunque cosa e mi affrettavo a scappar fuori, ma non prima che la mamma mi avesse lavato premurosamente la faccia, pettinato i capelli ribelli, pulito accuratamente le ginocchia e mi avesse controllato il semplice vestiario che portavo addosso. Nessuna cosa al mondo poteva ostacolarmi di andare al catechismo. Il catechismo era la mia anima.

Durante le lezioni facevo sempre attenzione, ma con sporadiche biricchinate che emergono ancora oggi quando scherzo con colleghi ed amici. Ascoltavo la Signorina Maria con appassionata curiosità e mi piaceva tanto imparare il credo fondamentale della Chiesa Cattolica per quanto riguardava l’esistenza dell’uomo, la sua meta in questa vita, e le regole d’oro contenute nei Dieci Comandamenti. Apprendere tutta quella teologia, però, non era una impresa tanto facile per un bambino di solo sei o sette anni!

Fu in una di queste classi domenicali che io appresi per la prima volta il concetto di “anima e corpo” e sentii parlare della “realtà del peccato.” “Il peccato macchia il cuore” proclamò seriamente la Signorina Maria, una domenica, durante la classe del pomeriggio. Quelle parole mi rimasero impresse nella mente. Da quel momento, in poi, cominciai ad investigare con passione cosa fosse il peccato, come potesse entrare nel mio cuore che era racchiuso nel mio petto e come avesse la capacità di macchiarlo. Il misterioso concetto di peccato divenne per me una vera ossessione.

Siccome abitavo in campagna, venni a capire molto presto che tutti i polli possedevano un cuore. Mi ricordai pure che mio fratello ne ammazzava qualcuno nell’occasione delle feste. Quelle occasioni divennero per me momenti speciali in cui cercare la macchia del peccato nel cuore dei polli. E perchè no? “ Il peccato macchia il cuore, e i polli ne possedevano uno,” dicevo fra me stesso. Perciò non c’era momento più propizio di quello per scoprire la prova visibile dell’esistenza del peccato. Era questa la semplice conclusione della perfetta logica di un ragazzino!

Così, ogni volta che mio fratello mi dava il cuore di un pollo come regalo perchè ero il beniamino della famiglia, io lo sezionavo nella speranza di scoprire nei suoi ventricoli la prova inconfutabile di quello che mi aveva insegnato la Signorina Maria nella classe di catechismo. Ero sicuro che, prima o poi, avrei scoperto la prova del peccato e come questo fosse stato capace di macchiare il cuore.

Nella mente di questo bambino… “se i polli possedevano un cuore, anche loro erano capaci di commettere peccato” e col tempo avrei ottenuto la prova inconfutabile e tangibile della sua esistenza.

Sfortunatamente dopo tante prove chirurgiche, non riuscii mai a scoprire quella macchia. La Signorina Maria non mi chiarì il concetto e, da parte mia, non ebbi mai il coraggio di chiederle una spiegazione. Così l’invisibile peccato, che macchia il cuore, divenne un articolo di fede nella psiche di questo curioso ragazzino siciliano.

Poi arrivò l’ora quando, per la prima volta, sentii la Signorina Maria parlare dell’esistenza dell’anima e del corpo. “Siamo fatti di corpo e anima,” proclamò un giorno con autorità. “Tutti e due formano una cosa sola. Sono uniti insieme e non li possiamo separare.” L’anima -cercò di spiegare a noi ragazzini di sei e sette anni- rassomiglia all’ombra che ci segue dovunque andiamo.

Questo concetto di “ombra” lo compresi con molta precisione perchè ero stato sempre affascinato dalla mia propria ombra quando camminavo al sole o, di sera, vicino a un lampione, o sotto una luna piena galleggiante nel cielo. Sapevo tanto della mia ombra e mi era facile comprendere la Signorina Maria ed accettare la verità del suo insegnamento.

Sì, era vero. Avevo visto tante volte la mia ombra al sole e al bagliore lunare, ma sopratutto la notte quando la luce tremolante del lampione a petrolio illuminava i nostri pasti nella casa colonica e rifletteva la mia ombra allungata sui muri imbiancati.

Dopo quella lezione, passai molte notti di plenilunio correndo su e giù per le strade acciotolate del paese e attraverso i sentieri di campagna nel futile sforzo di separare per la prima volta -cosa mai fatta prima di allora- il corpo e l’anima come si farebbe a spaccare gli atomi. Volevo a qualunque costo separare dal mio corpo l’intoccabile shadow – la mia anima- che mi seguiva dovunque. Sì, volevo separare quell’ombra che, a volte, appariva un po’ allungata, ma che era sempre tutta mia e che seguiva il mio corpo come una silhouette elusiva, ma sempre presente.

Non riuscii mai a provare il contrario della verità enunziata dalla Signorina Maria che continuò ad insegnarmi che il corpo e l’anima erano una sola cosa. Col passare del tempo, anche questo concetto divenne un altro articolo di fede nella mia giovane mente di credente cattolico.

La mia Prima Comunione fu una esperienza straordinaria. Con quanta attenzione mi preparai per quell’evento tanto speciale! La notte precedente non mangiai alcun cibo, non bevvi acqua e, nella mia semplice fede, non ingoiai nemmeno la saliva per paura di rompere il digiuno che, prima del Concilio Vaticano II (1962-65), era obligatorio dopo la mezzanotte.

Mi preparavo all’incontro di un amico speciale, il dolce Signore, descritto dalla Signorina Maria, il giorno in cui mi sarei avvicinato alla balaustra per ricevere la sacra ostia. Avevo memorizzato tutte le domande e le risposte che dovevo sapere e passai con ottimi risultati l’esame orale a cui fui sottoposto dalla Signorina Maria e dal Parroco, Padre Greco.

Ricordo ancora oggi come, durante la notte precedente alla mia Prima Comunione, passai tante ore, sveglio, cercando di tenere la mia bocca asciutta per paura di rompere il digiuno, un peccato che non mi avrebbe preparato bene a ricevere il Signore nel mio cuore. Fu un compito molto difficile per questo bambino ubbidiente e rispettoso che mostrava tanta fede e che sentiva in sé tutta la tenerezza e il potere di un cuore innocente!

Fu alla Matrice, la chiesa principale del paese, che ricevetti la Prima Comunione. In quella occasione, mia madre mi cucì un paio di pantaloncini corti e mi stirò una semplice camicetta, i soli abiti eleganti che possedevo da bambino, e li indossai con orgoglio. La mamma preparò anche ceci tostati, nocciole e mandorle che furono distribuiti agli ospiti con un bicchiere di vino, fatto in casa, e rosolio, un liquore polizzano, quando i parenti e i ragazzini del quartiere ritornarono a casa mia per celebrare la festa di questo “membro speciale” della Chiesa Cattolica.”

Tradotto dale mie memorie: “Prickly Pears and Oleanders- Memoir of an Italian American (2005)

Durante il 1947-48, avevo accumulato un grande numero di bigliettini che le catechiste, fra le tante Francescapaola Spagnuolo, Giuseppina Polizzotto, Maria e Gandolfa David, Gandolfa Speranza Cascio e anche altre, ottenevano tagliando posters elettorali comunisti o cinematografici che, per me, erano molto preziosi perche’ recavano il timbro della parrocchia. Li avevo meritato tutti per la mia presenza perfetta alle lezioni di catechismo. Mia madre li conservava attentamente e io li contavo spesso con orgoglio.

Alla fine dell’anno, prima di lasciare il paese per la campagna, dove i miei genitori erano stati forzati a trasferirsi per motivi di lavoro, consegnai i miei preziosi bigliettini alla Signorina Maria, la mia catechista, e poco tempo dopo, davanti a tutti gli altri bambini fui premiato dal parroco all’altare maggiore della Chiesa Madre dove scelsi l’immagine del Sacro Cuore di Gesu’ il cui quadro e’ appeso nella mia stanza da letto e la cui presenza, settanta anni dopo, continua ad custodirmi sano e salvo nel mio cammino di emigrante tanto a New York quanto in Texas.”

Tradotto dalle mie memorie: “Prickly Pears and Oleanders/Memoir of an Italian American” (2005)

Carissima Momo’,

Ho tradotto le pagine precedenti in omaggio di profonda gratitudine a Maria, tua sorella, e a te per ringraziarvi di essere state le catechiste che hanno acceso in me “la candela” della fede all’inizio del mio viaggio spirituale e intellettuale che, per Divina Provvidenza, mi condusse da Polizzi Generosa, piccolo paese di montagna coi suoi “fichidindia e oleandri,” ai grattacieli maestosi di New York.” (Diario Quotidiano)

Settanta anni dopo nella mansarda della mia memoria, mi vedo di nuovo ragazzino, in fila per la lezione di catechismo, al momento di entrare nella Chiesa Madre dalla porta laterale che si affaccia sulle Madonie mentre cantiamo a tutta forza un canto di cui ricordo alcuni versi:

Noi vogliam Dio che e’ nostro Padre,

Noi vogliam Dio che e’ nostro Re.

Noi vogliam Dio che nostro Padre;

Noi vogliam Dio che e’ nostro Re.

Noi vogliam Dio nella sua Chiesa

Che diede al mondo la civilta’.

vogliam respingere qualunque offesa

Che contra il Papa si lancera’.

Deh! Benedici o Padre, al grido della fe’.

Noi vogliam Dio che e’ nostro Padre. (bis)

Noi vogliam Dio che e’ nostro Re.”

La mia parrocchia

Sant’Orsola e’ una chiesa che, costruita nel 1386 sotto il titolo di Santa Maria di Presti Michele, rimane ancora oggi, dopo tanti secoli, il cuore pulsante dei sentimenti religiosi dei Polizzani.

Sant’Orsola, tu sei un gioiello! Sei cosi’ bella e cosi’ sacra! Tu sei la mia parrocchia. Il Fonte Battesimale di granito e il tuo Altare raccontano la storia della mia fede che dopo tanti anni non ho perduto, ma che mi riporta da te, mio nido spirituale, per rinnovare la mia energia e fortificarmi nel cammino terrestre che ho ancora da fare qui a Polizzi, e in America, la mia patria adottiva.

In una pagina di un mio romanzo inedito “Mara, Donna Siciliana,”, cosi’ immagino, secondo le testimonianze dei miei antenati, il battesimo di Pitrinu, figlio di Mara. Il racconto rassomiglia tanto al mio battesimo:

Seguendo un’antica tradizione, alcuni giorni dopo la nascita, Pitrinu fu condotto nella vicina Chiesa di Sant’Antonio per essere battezzato.

Sant’Antonio era una chiesa antica, costruita nel dodicesimo secolo, non tanto lontano dalla casa di Mara. Con la sua architettura gotica ed un filo di bellezza classica, questa chiesa era stata testimone del battesimo di centinaia di bambini nati nei sei Quartieri di Adana durante un periodo di piu’ di settecento anni. I fedeli si identificavano con essa e amavano assistere alle cerimonie, ispirati dai bei dipinti di santi e di angeli in volo verso il cielo nell’interno della cupola. File di sedie erano a disposizione dei fedeli per poche lire che il loro vicario considerava un piccolo dono per la manutenzione della vecchia struttura e un contributo alla sua sussistenza.

Al lato destra, vicino all’entrata della chiesa, c’era il Fonte Battesimale, diritto e maestoso, a forma di conchiglia, che era stato scolpito da un solido blocco di granito tanti secoli prima e ancora in uso durante il ventesimo secolo quando un clero illuminato lo rimpiazzo’ con un “bacile” di scarso alluminio per conformarsi alle riforme liturgiche messe in atto dal Concilio Vaticano Secondo. Il fonte, che aveva una storia luminosa, aveva esercitato una potenza divina e misteriosa sul popolo di una comunita’ contadina. Contenava acqua santa che, attraverso l’azione del sacerdote, aveva l’efficacia supernaturale di lavare il peccato originale e di infondere la grazia santificante nell’anima dei neonati. Mara e tutti i membri della sua famiglia erano stati battezzati in quel fonte, e prima di loro, i nonni ed i nonnini, gli zii e le zie e una moltitudine di cugini che andavano indietro parecchie generazioni, adesso dimenticate nel tempo.

Con un pezzo di lenzuolo bianco, Mara creo’ in poco tempo un vestitino e un cappuccetto e fece pure delle calzettine a maglia per preparare il suo neonato al battesimo che avrebbe avuto luogo due settimane dopo senza grande pompa. Il padrino e sua moglie giunsero in casa di Mara dove pochi vicini si erano radunati attorno a Saru, il padre di Pitrinu, che era visibilmente felice di avere ancora un altro bambino maschio con due mani che lo avrebbero aiutato nel lavoro dei campi.

La nascita era stata una santa cosa per l’intera famiglia, ma anche per Benito Mussolini che incoraggiava i genitori a creare figli maschi per difendere il paese, fare la “Guerra” e cosi’ nutrire il suo pazzo sogno di conquista e di gloria.

Al suono della campana, tutti gli invitati si avviarono in chiesa a piedi in una semplice processione. I bambini che sapevano di questo evento si affollarono vicino all’entrata dell’umile casa di Mara e contenti parteciparono al rito battesimale. Poi ritornarono a casa di Pitrinu per il ricevimento. Assente al battesimo era Mara, rimasta a casa perche’ non si sentiva tanto bene e in obbedienza a un antico rito cattolico che imponeva la purificazione dopo il parto. A quei tempi la Chiesa credeva che le donne che avevano dato alla luce un bambino non erano considerate pure – un credo che si tramandava dal Vecchio Testamento- e quindi dovevano sottomersi a un rito purificatorio prima di mettere piede in chiesa.

Mentre il piccolo corteo proseguiva verso la chiesa di Sant’Antonio, Padre Momo’, in sottana nera e cotta bianca, aspettava impaziente all’entrata e il suo chierichetto con ritmo uguale, in alto e in basso, tirava la lunga corda di una vecchia campana che pendeva dall’alto del campanile. Padre Momo’, che aveva battezzato centinaia di bambini, sapeva a memoria la formula che avrebbe recitato in Latino per il battesimo di Pitrinu.

Spiando la strada, attraverso il monocolo ritto sul naso, Padre Momo’ emanava un aura autorevole che era corroborata dal suo corpo robusto e dalla bassa statura. Nel cuore, pero’, era un barile di gioia. Tutti amavano Padre Momo’, specialmente i bambini ai quali regalava cioccolattini e caramelle che i parenti gli mandavano dall’America.

Quando Pitrinu arrivo’ alla soglia della chiesa, Padre Momo’ lo benedisse con l’acqua santa e gli fece il segno della croce sulla fronte: “In nomime Patris et Filii et Spiritus Sancti.” Poi girandosi verso il padrino gli chiese con tono autorevole: “Cosa chiedi dalla Madre Chiesa?”

Il Battesimo” rispose lui e “la vita eterna.” A questo punto Padre Momo’ lo invito’ ad entrare nel luogo santo dove procedette con Pitrinu al Fonte Battesimale. La piccola processione lo segui’ in silenzio.

Con rispetto ascoltarono le preghiere in Latino non sapendo cosa significavano, ma rispondendo sempre con grande saggezza e precisione : “Amen” alle formule rituali cosi’ come le altre generazioni avevano fatto, a memoria, prima di loro.

Il prete, dopo aver chiesto a Dio il dono della grazia santificante per l’intercessione della Vergine e dei Santi, prese un pizzico di sale dicendo: “Accipe sal sapientiae” (Ricevi il sale della sapienza) e lo sparse sulla lingua di Pitrinu che, come tutti gli altri bambini prima di lui, senti’ il sapore e muovendo le labbra si mise a sorridere soddisfatto. Alla fine Padre Momo’ prese un po’ di acqua dal Fonte Battesimale con una tazza a forma di conchiglia e versandola sul capo di Pitrinu esclamo’ solennemente in Latino: “Ego te baptizo in nomine Patris et Filii et Spiritus Sancti.” A questo mistero di fede, tutti i presenti risposero insieme: “Amen.”

Al ritorno, prima di entrare in casa, il padrino getto’ in aria molte monetine come dono ai bambini che, con strepito, si spinsero fra di loro per raccoglierle. Segui’ poi una semplice festicciola per gli adulti e tutti i bambini che avevano accompagnato Pitrinu.”

Dalle pagine dal mio romanzo inedito: “Mara: Donna Siciliana” (Tradotto dall’inglese.)

Cittadinanza Onoraria

Oggi e’ il giorno della Cerimonia in cui, alle ore diciotto, mi conferiscono la Cittadinanza Onoraria di Polizzi Generosa.

Come al solito mi alzo presto. Mi rado la barba, faccio la doccia e poi la prima colazione che Enza mi porta gentilmente ogni giorno. (Che benedizione la sua presenza giornaliera!) Leggo le mie note, e mi preparo per la Cerimonia che avra’ luogo al Municipio che ora chiamano Palazzo di Citta’. In questa occasione decido di indossare una semplice maglietta con le parole: ‘IO (disegno in rosso di un cuore) POLIZZI GENEROSA.” Mi sembra il modo migliore di proclamare il mio amore per il paese che ho amato e che amo ancora.

A mezzogiorno ritorno a casa per un panino, un po’ di frutta e una birra. Mi riposo un po’ seduto sul divano accanto al balcone da dove entra tanto sole. Piu’ tardi sono di nuovo in giro per il paese. Approfitto di ogni momento a mia disposizione. Faccio una passeggiata nel Corso e non mancano gli amici e i tanti concittadini che mi conoscono e ci salutiamo e scambiamo notizie. Fra poche ore ci sara’ la Cerimonia al Palazzo di Citta’.

Non vedo l’ora di questo evento alle diciotto che sogno da tanto tempo. Francesco mi presenterà; alcuni Membri del Consiglio faranno dei commenti; parlera’ il Sindaco Giuseppe Lo Verde e dopo la presentazione della targa, verra’ il mio turno. Per la Cerimonia, sebbene io abbia giacca e cravatta nell’armadio, decido d’indossare una semplice maglietta con le parole: ‘IO AMO (simbolo in rosso di un cuore) POLIZZI GENEROSA.

Uno dei momenti piu’ salienti della mia permanenza a Polizzi Generosa e’ la Cerimonia della Cittadinanza Onoraria conferitami dal Sindaco Giuseppe Lo Verde e dal Consiglio Comunale di Polizzi Generosa. Un evento per me indimenticabile e favoloso. L’Aula Consiliare e’ gremita di parenti, amici e Polizzani venuti a celebrare questo evento.

Quanti elogi e quanti complimenti per questo semplice “pellegrino” ritornato al suo paese natio! Quanti sorrisi, quante strette di mano, quanti abbracci! Tutti mi fanno sentire come uno di loro, specialmente il Consigliere Francesco Dolce che presento’ la richiesta al Comune e curo’ l’iter burocratico per questo conferimento. Alla fine della cerimonia Giuseppina Macaluso esclama meravigliata: “Mario, l’aula era strapiena. Tanti sono rimasti fuori in corridoio. Mai vista questa aula cosi’ affollata!”

Ringrazio tutti coloro che erano presenti alla Cerimonia e tutti i miei concittadini per avermi accolto con tanta amicizia e generosita’ durante la mia permanenza in paese. Un grazie di cuore al Dottore Gandolfo Sapienza per gli scatti dei vari momenti del favoloso evento.”

(Diario Quotidiano)

Due bandiere: un solo cuore

Segue il mio discorso dopo il conferimento della Cittadinanza Onoraria:

Meraviglioso respirare Polizzi con gli occhi e il cuore di bambino, esclama il poeta Polizzano Gandolfo Curatolo nel suo poema “Rossi Tetti.”

Egregio Signor Sindaco, Vice-Sindaco, Membri della Giunta, Consiglieri, grande amico e Consigliere Francesco Dolce --che ha proposto ed organizzato questa meravigliosa cerimonia in mio onore-- Reverendo Parroco Padre Gianni, distinti ospiti, carissimi parenti, amici Americani e di Facebook, Concittadini. Buona sera!

Sono vivamente commosso e profondamente grato di trovarmi qui con voi convenuti in questa aula consiliare per rendere onore a uno dei vostri figli emigrati, ritornato in visita privata dopo quasi sessanta anni di permanenza negli Stati Uniti d’America.

Guardo in giro e sorrido con gioia per il vostro affetto genuino, il dono della vostra presenza e il tempo che mi state dedicando questa sera con cordiale ospitalita’ tipicamente polizzana, oggetto di stima e di amore per un figlio che ritorna in paese! Voi siete la mia famiglia! Voi siete il mio popolo, voi siete le mie radici.

Mi sembra veramente un sogno trovarmi circondato da voi nel Palazzo di Citta’ in un momento cosi’ unico e meraviglioso della mia vita in cui il Sindaco e il Consiglio Comunale mi hanno conferito la cittadinanza onoraria della mia Polizzi Generosa che ho sempre amato e questa targa preziosa, testimone e ricordo di questo evento favoloso.

Da ragazzino non avevo mai sognato di lasciare Polizzi Generosa per New York, ma dovetti farlo nel 1958 quando all’eta’ di diciotto anni, con la mamma e mia sorella Rosa, lasciai, come esclama il poeta Gandolfo Curatolo, il paese amato, la terra, il sole, e la pesante zappa per migliorare la mia esistenza, dovendo tuttavia affrontare ancora in una terra straniera il destino solitario dell’emigrante che, lontano dalla sua terra, continua a soffrire, a credere, e a lottare per vivere ancora.

Io sono uno di questi emigranti. Uno dei vostri figli che ritorna alle sue radici, al suo popolo, al “borgo natio” che amo profondamente e che non ho lasciato mai. L’onorificenza di questa sera lo riafferma e consolida i mei legami ed il mio amore filiale per Polizzi Generosa e per voi che siete la mia famiglia e il mio popolo.

Oggi, da adulto, dopo quasi sessanta anni a New York ed in Texas, non pensavo mai che avrei fatto questo viaggio ‘sentimentale” per godermi Polizzi Generosa e la sua gente ed abbracciare di presenza i miei ricordi lontani nel tempo, ma vicini nel cuore.

Sdradicato, ma profondamente legato al mio borgo natìo, ho fisicamente lasciato il paese, ma idealmente non sono mai andato via da Polizzi Generosa perche’ in questo paese madonita trovo le mie radici, la mia storia e il mio primo amore, l’amore di esso e della sua gente.

Ritornare in paese e’ il sogno di ogni emigrante. Per me e’ il canto nostalgico e sentimentale di un Polizzano che dopo tanti anni ritorna alle sue radici per rivivere il passato fra i profumi della campagna, i suoni e i sapori della terra natale addolciti da tanti ricordi della sua fanciullezza e per rievocare, anche se solo nel labirinto della mia mente, le senzazioni di un tempo lontano: sentire l’odore intenso del fieno e la fragranza del pane sfornato; ascoltare ancora una volta il ritmo di zoccoli equini e la voce del capraio che vende latte per le strade; rivedermi bambino nella mia amata chiesetta di Sant’Orsola; osservare le donne intente al ricamo e forse scorgere, fra di esse, il viso di mia madre; godermi il suono delle campane a festa, e sognare nelle note di uno zufolo di canna il canto nostalgico di una civilta’ contadina ormai scomparsa.

Ritornare in paese e’ inoltre la nostalgia di rivedere le stradine e i vicoli dove giocavo da bambino a Santamarigesu, camminare fra i i noccioleti, rivedere il luogo dove andavo a scuola a Turri Tunni e a Santa Venera, visitare la Chiesa Madre e il Cimitero, e rievocare, per un momento perduto nel tempo, l’immagine dei miei fratelli durante la mietitura del grano mentre fisso lo sguardo sul volto abbronzato di mio padre, umile contadino, le sue mani incallite, il sudore sulla fronte ed i suoi occhi velati di lacrime quando alla fine contemplava con gioia il grano ammonticchiato nell’aia, ringranziando ‘A Bedda Madri’ di Gibilmanna.

Ed e’ per questo motivo che intrapresi un viaggio lunghissimo dal Texas per raggiungere il borgo dei mei sogni, le mie radici, un emigrato-pellegrino a cui sarebbe bastato solamente una visita privata con una breve sosta per salutare parenti e amici. Invece, a mia grande sorpresa, grazie al Signor Sindaco, alla Giunta, al Consiglio Comunale e in particolare al Signor Francesco Dolce, e a voi tutti, la mia visita privata si e’ trasformata, come vedete, in questa festa cittadina con tanti di voi che siete venuti per onorare la mia lunga carriera accademica, i miei libri che parlano di Polizzi Generosa e della sua gente, le mie numerose conferenze sulla Sicilia e sul nostro paese, i miei viaggi turistici che mostrano questo gioiello a tanti studenti ed adulti americani, ma soprattutto per celebrare l’amore trasparente che questo emigrato ha sempre sentito verso Polizzi Generosa: un amore puntato a far conoscere di piu’ il suo paese come uno dei borghi piu’ belli d’Italia. Cosa che faro’ ancora l’anno venturo quando spero di ritornare con un gruppo di 30 Texani nel mese di aprile del 2018.

Stasera voi mi onorate per quello che ho compiuto durante tutta la mia vita, ed io vi ringrazio umilmente, ma il merito non e’ tutto mio. Io sono in questa aula per ricordare e celebrare, come ho scritto nel mio libro di memorie, tutti coloro che, in due continenti, mi hanno appoggiato e incoraggiato durante il mio lungo cammino umano, intelletuale e spirituale e tutti coloro che continuano, come voi, a formare e a definire in me la persona che state onorando.

La Cittadinanza Onoraria che mi e’ stata conferita non e’ tutta mia. Appartiene ai miei genitori Antonio e Giuseppina Macaluso, ai miei fratelli Giuseppe, Gandolfo e Santo, a mia sorella Rosa, a mia moglie Dolores con la quale ho celebrato cinquant’anni di matrimonio; alle mie figlie Josephine e Cristina che continuano ad ispirarmi e a rinnovarmi, ai miei maestri di scuola elementare, alle mie catechiste: Professoressa Gandolfa David e alla memoria di sua sorella, professoressa Maria David che hanno acceso in me la candela della fede che mi accompagna ancora oggi nel sentiero della vita.

La mia Cittadinanza Onoraria appartiene pure ai miei professori di Seminario, a quelli delle varie Universita’ Americane e poi ai tanti colleghi ed amici e alle brave e umili persone Polizzane che mi hanno aiutato ed incoraggiato da bambino a diventare la persona che vi sta qui davanti. In modo particolare desidero ricordare la mamma Giuseppina, la nonna Anna e la bisnonna Giuseppina del Consigliere Francesco Dolce, e con esse sua Zia Maria Mudaro qui presente: persone dolcissime, affettuose, genuine, e di cuore grande la cui amicizia dura da quattro generazioni.

Questa onorificenza appartiene infine a ciascuno di voi per questa serata in cui avete riempito il mio cuore e la mia mente di nuovo vigore e gioia profonda che addolciscono il mio cammino nel sentiero della vita. Quanto a me non mi considero altro che una semplice persona che ancora racchiude in se il cuore del “ragazzino-contadino” che ha sognato e che continua a sognare. Io sono uno di voi... uno dei vostri figli, un mosaico ancora in corso che si abbellisce sempre di piu’ con nuove esperienze della vita e che voi stasera rendete piu’ luminoso con “le tessere” multicolore del vostro affetto, della vostra presenza, dei vostri complimenti e del caloroso benvenuto che mi avete espresso con amore sincero, celebrando la mia Cittadinanza Onoraria con la targa preziosa che portero’ con orgoglio in America.

Infine desidero ringraziare il Signore perche’ ogni cosa buona viene da Lui. A Lui offro tutto l’onore ricevuto stasera chiedendogli di benedire, Lei, Signor Sindaco, Vice-Sindaco, Giunta e Consiglieri perche’ lavoriate in armonia per il bene di Polizzi Generosa, e di benedire pure tutti voi, carissimi Concittadini, e l’intera famiglia polizzana.

In conclusione desidero ringraziare, ancora una volta, il Signor Sindaco, la Vice-Sindaco, i Membri della Giunta e del Consiglio Comunale e in particolare il Signor Francesco Dolce per aver organizzato e coordinato questa bellissima e graditissima cerimonia che ricordero’ per sempre. Inoltre aggiungo un ringraziamento a tutti voi per il dono della vostra presenza, del tempo che mi avete dedicato, del vostro affetto genuino e dei vostri complimenti ed auguri; grazie pure a tutti coloro che hanno contribuito al successo di questa cerimonia indimenticabile.

Meraviglioso respirare Polizzi con gli occhi e il cuore di bambino.”

Dio benedica Polizzi Generosa, il suo popolo e la mia patria adottiva gli Stati Uniti d’America!

Vi voglio tanto bene. Viva Polizzi Generosa!

Mario Macaluso, Ph.D.

21 settembre 2017

A questo punto devo pure condividere un episodio alquanto drammatico. Sono le diciassette. Avvicinandosi l’ora della cerimonia, decido di ritornare a casa per cambiare vestiti, rileggere il mio discorso e avviarmi al Palazzo di Citta’ senza dovermi fare aspettare. Sono quasi all’entrata della mia casa-museo quando noto che l’unica chiave in mio possesso era scomparsa dalla mia tasca. Vivo momenti alteranti e spezza-nervi. “Come faccio adesso? ” Mi domando confuso. “Come vado alla cerimonia con le scarpe da tennis e gli abiti che porto?” “E il discorso sul tavolino! Come faccio senza discorso?”

Ritorno di corsa sui miei passi, ma nessuno ha visto o trovato la mia chiave. Ritorno a casa senza speranza. Cerco Enza, la mia vicina, che era stata sempre a casa eccetto in quel momento frenetico e disperato. Guardo in alto verso un balcone e chiedo alla vicina se per caso avesse trovato una chiave.

Aspetti,” mi dice. Lascia il balcone e ritorna:

E’ questa per caso la sua chiave? Il mio bambino l’ha trovata.”

Si’,” le rispondo con un sospiro di sollievo e me la getta mentre io continuo a ripetere con umile gratitudine: “O San Giuseppe! Meno male! Grazie, San Giuseppe! Grazie, signora!”

A richiesta di Francesco Dolce, Consigliere, ho dovuto presentare il Curriculum Vitae al Palazzo di Citta’ per facilitare l’iter burocratico che elenca i requisiti per il Conferimento della Cittadinanza Onoraria. Permettetemi di condividerlo. Mi conoscerete meglio.

Curriculum Vitae

Mario Macaluso, Ph.D.
13015 Bismark Drive
Austin, Texas 78748
Email: mmdm1967@aol.com

Nato: 13 settembre 1939
Luogo: Polizzi Generosa

Scuola elementare (Polizzi Generosa)
Scola Media e Superiore
(Seminario Vescovile, Cefalù)

Emigrato a New York
Il 21 giugno 1958

Cittadino Americano dal 1963

Sposato da piu’ di 50 anni con Dolores Maneri, nata in America e di origine siciliana

Due figlie: Josephine (Farmacista) e Cristina (Fisioterapista) in Austin, Texas

Tre nipotini: Makenna Kai 14, Tyler Antonio 12, Charli Siena 10

Studi in America

Quattro lauree

1. Baccalaureato con “Major” in Filosofia

Niagara University, Niagara Falls, New York

2. Master of Arts in Francese, lingua e letteratura

Hunter College in New York

3. Dottorato in Letteratura e Lingua Francese

Graduate Center of the City University of New York in New York

4. Diploma / Supervisione e Amministrazione Scolastica

Queens College in Queens, New York

Professione

- Docente di Lingue Moderne e Classiche: Francese e Latino al Liceo di Chester, New York (1963-1968)
- Docente di Lingue Moderne e Classiche: Italiano, Francese e Latino al Liceo di Syosset, New
York (1968-1986)
- Preside della Facoltà di Lingue Moderne e Classiche, composta di dodici professori, Syosset High School, New York (dal 1986 al 1996)

Professore di Corsi Universitari di Aggiornamento Professionale per professori liceali
Corsi personalmente preparati e programmati per il "Syosset Tract Center":

*Influenza del Latino e del Greco nella lingua inglese

* Bernini ed il Barocco Romano

* Natura e origine delle lingue

* Conoscersi meglio: Incontro con se stesso

* Istruzione mono o bilingue

* Latin is Fun

Etc.

- Consulente Scolastico per lo studio delle lingue, Jericho School District, New York (1996-97)
- Direttore e Professore del corso di tirocinio all' Università Statale di Stony Brook, Long Island (1999-2003). (Corso preparatorio per i laureandi in lingue.)

Conferenziere/Relatore
-Membro del prestigioso "New York Council Speakers Bureau” in New York per 6-7 anni
-Conferenze culturali (a conto proprio) su soggetti vari durante un periodo di 15 anni

(Tutte insieme piu’ di quaranta conferenze)

Autore

*Dieci libri (dal 1999 al 2018)

1. My Mother: Memoir of a Sicilian Woman (1999)
2. Prickly Pears and Oleanders (2002)
3. Sunday Spiritual Bouquets (2004)

4. Dr. Macaluso AP Italian/Language and Culture (2005)
5. Sicilian Wisdom (2006)

6. My Mother’s Sunset Journey (2007)

7. Sicilian Myths and Legends (2009)

8. Ancient Sicilian Health Remedies and Incantations (2013)

9. Roman Influences in America (2017

10. Amo Polizzi Generosa (in preparazione, 2018)

* In quasi tutti i miei libri parlo di Polizzi Generosa


Autore anche di molti articoli su soggetti vari

Consulente culturale e dirigente di piu’ venti viaggi internazionali con gruppi di studenti e di adulti

(Moltissimi Americani hanno conosciuto la Sicilia e Polizzi attraverso i miei viaggi.)

Contributo sociale-volontariato alla mia Comunità

1. Catechista/insegnante, per 23 anni, nel programma: “RCIA -Conversione al Cattolicesimo” (New York)
2. Conferenziere per un periodo di almeno 10 anni nel programma di Preparazione al Matrimonio condotto dalla mia Parrocchia (New York)
3. Conferenziere per 10 anni nel programma: "Rinnovamento Matrimoniale" per coppie sposate (New York)

4. Ministro Straordinario dell’Eucarestia, Chiesa di Our Lady of Mercy, Plainview, New York, con visite settimanali all’Ospizio locale per piu’ di dieci anni

5. Speaker ai pazienti di Alzheimer in Port Washington, New York

6. Volontario alla Mensa del Cibo (con il compito di distribuire il pane) in ABIDING LOVE, una chiesa luterana, dal 2015 al presente (Austin, Texas)

6. Organizzatore di gite quotidiane per il gruppo di adulti della AARP, Austin (Texas)

7. Speaker volontario per vari gruppi alle loro reunioni (Austin,Texas)

Facebook

Ricordando Polizzi Generosa ho creato e amministro la pagina POLIZZANI IN AMERICA per continuare a fare conoscere il paese e le sue tradizioni e cosi’ mantenere il contatto con Polizzani o filo-Polizzani.

Pure su Facebook la mia pagina professionale: “Dr. Mario Macaluso”

Oltre a POLIZZANI IN AMERICA faccio parte di un terzo sito: “MARIO MACALUSO”

Passatempi

Vita quotidiana, figlie e nipotini vicino

Country Dancing (Ballo Western)

Giardinaggio

Gite locali e a lunga durata per scoprire Austin e il Texas che e’ grande dieci volte l’area

della Sicilia

Osservare e scrivere ancora qualche libro

Visitare Polizzi a settembre, “Deo volente” e poi qualche altra volta ancora

Grazie mille!

Mario Macaluso, Ph.D.

Austin,Texas

12 maggio 2017

Messa in casa di Monsignore Raffaele Anselmo

Mi alzo verso le sei di mattina. Faccio la colazione preparata da Enza, la mia vicina: una caffettiera con espresso e quattro fettine leggerissime di pane con marmellata e anche miele. Prendo fedelmente la pillola per la pressione arteriosa e le vitamine. Esco molto presto, e salgo verso l’alto per raggiungere il banco dove mi siedo in Piazza Medici vicino alla fontana sotto un albero accanto alla casa che mi facilita di collegarmi in Internet.

Dialogo con la mia famiglia sotto un cielo azzurro mentre guardo il sole che comincia a baciare i tetti rossastri delle case. Non lontano dal banco dove mi siedo, la statua di San Pio, sorridente, mi fa compagnia. Pochi giorni a Polizzi Generosa, e gia’ comincio a scoprire nuovi segreti. Ho imparato, ossevando i compaesani, come salire senza affanno “u pinninu” che dalla casa-museo conduce a Piazza Medici. Ho scoperto che bisogna camminare curvo in avanti e tenere le mani incrociate dietro la schiena per supporto. Questo modello mi e’ stato molto utile.

Non avete idea quante volte mi sono allenato a salire con agilita’ e velocita’ questo “pinninu” e poi altre strade scoscese come la salita della “Scalinata” e quella che dalla Commenda porta alla strada provinciale nel Quartiere San Giovanni!

Oggi sono stato veramente fortunato e benedetto perche’ ho ricevuto il dono di partecipare alla messa di Monsignore Raffaele Anselmo che, anziano, non esce piu’ di casa, ma continua ancora a celebrare. In questa occasione Giuseppina, sua cognata, mi invita a proclamare le Sacre Scritture e tutti rimangono sorpresi ed entusiasti per il modo come espressi la Parola. Li ringrazio umilmente per i complimenti.

Mi avevano detto che Don Raffaele non stava bene e di non disturbarlo. Invece, per caso, incontro in Piazza Gramsci una signora che non conoscevo e la saluto in lingua polizzana semplicemente per esprimere un atto di gentilezza. Lei mi guarda curiosa ed esclama: “Ma tu sei Mario!” Era Giuseppina Polizzotto, la cognata di Monsignore Raffaele Anselmo. Che sorpresa! Le chiedo di lui, e lei mi risponde:

Vieni a trovarlo; celebra la messa alle undici. Abita qui a casa mia,” indicandomi con il dito la porta a due passi.

Che incontro provvidenziale! Accetto con grande gioia. Il Signore mi aveva preparato una esperienza straordinaria. Partecipo alla messa in un’atmosfera pia e devota. Leggo la lettera dell’Apostolo Paolo. Ascolto le parole di Don Raffaele e ricevo la comunione dalle sue mani. All fine della messa Giuseppina offre ai pochi presenti un dolcino e posiamo per Gandolfo Sapienza che scatta delle foto.

Che gioia genuina rinnovare l’amicizia con un bravo sacerdote e grande amico in cui la fede, la cultura e le tradizioni religiose esprimono serenita’ ed armonia.

Che dialogo emozionante con lacrime agli occhi! Che momenti profondamente spirituali nell’intimita’ della messa! Sento in me un grande senso di appartenenza! Che dono del Signore trovarmi a Polizzi Generosa insieme a una persona che ha acceso in me la candela della fede e poterlo, dopo tanti anni, ringraziare di presenza ed esprimergli la mia gratitudine!

Ringrazio il Dottore Gandolfo Sapienza per quello che ha scritto su questo incontro e per le bellissime foto in compagnia dei presenti e di Monsignore Raffaele Anselmo a cui devo tanto perche’, quando entrai in seminario all’eta’ di 11 anni, piccolino e lontano da casa mia, accetto’ volentieri la richiesta dei miei genitori di tenermi sott’occhio.

Cosi’ celebro nelle pagine del mio libro di memorie la figura di Monsignore Raffaele Anselmo che ha contribuito a costruire il mio “tempio” religioso e culturale:

Andare al catechismo era sempre una bella esperienza per tutti i bambini e anche per me. Prima delle lezioni passavamo il tempo a giocare accanto alla Chiesa Madre in uno spazio pieno di macerie, tegole e piastrelle rotte e tanti pezzi di vetro. Giocavamo a nascondino fra i muretti di bosso nei vialetti polverosi. Cantavamo canzoni in difesa del Papa e combattevamo il Comunismo che era prevalente negli Anni Cinquanta.

Ogni volta, prima di lasciare la chiesa alla fine del catechismo, ci consegnavano un bigliettino col bollo della chiesa come conferma della nostra presenza. Nella Canonica, le catechiste piegavano e ripiegavano manifesti comunisti, e trasformavano cosi’ quei documenti diabolici in “bigliettini santi” che ci incoraggiavano a non marinare il catechismo con la promessa di grandi e preziosi regali.

Lasciare di corsa la classe di catechismo, dopo la Benedizione del Santissimo Sacramento, era per me uno dei momenti piu’ opportuni per mettere in atto la mia monelleria. Andavo in fretta all’uscita laterale della Madre Chiesa, mi nascondevo da un lato e, a casaccio, con la palma della mano davo un colpetto inaspettato sulla testa di certe bambine appena solcavano la soglia della chiesa. Le catechiste sapevano qualcosa, ma non potevano fare niente senza prima sorprendermi sul fatto che avveniva puntualmene durante l’anno dopo la classe di catechismo e la Benedizione del Santissimo.

Una domenica, la mia ultima monelleria mise improvvisamente fine a questo passatempo favorito. Per molte settimane e per vari motivi annoiavo le bambine: alcune perche’ non mi piacevano; altre perche’ si rifiutavano di giocare con me perche’ troppo piccolo; altre ancora per il semplice piacere di annoiarle.

In quel pomeriggio fatale ero intento a ripetere la stessa monelleria che avevo commesso tante altre volte. Corsi, come al solito, all’uscita laterale della chiesa, pronto a colpire la prima vittima che avrebbe attraversato la soglia. Alzo il braccio con la palma aperta, pronto a far strillare qualche ragazzina, quando una mano piu’ forte mi afferra. E’ quella del Diacono Raffaele, ancora giovane seminarista, ma quasi sacerdote. Ricordo sino ad oggi la sua mano bianca e la sottana nera che gli copriva il braccio:

Mariu’, ma che fai?” mi domando’ in un modo gentile e con una espressione di sorpresa.

Mi benedica, Padre,” risposi come un agnellino, usando tutta la mia creativita’, persino quella di chiamarlo “Padre” per evitare di soffrire serie consequenze. Raffaele era un bravissimo seminarista, ma anche mio vicino di casa. Conosceva bene la mia famiglia e questo era segno infausto e preoccupante.

Tu sei il fratello di Gandolfo,” continuo’ con grande dolcezza. Risposi di si’, temendo il peggio. Ero sicuro che ormai conoscesse la mia identita’. Poi, come se nulla fosse, - a dire la verita’ Raffaele non sapeva niente delle mia monelleria domenicale- mi invito’ a fare una passeggiata verso la periferia del paese nella direzione del Cimitero, un po’ distante dagli Archi, un acquedotto che, da secoli, porta ancora acqua buonissima a Polizzi Generosa. Sopportai volentieri che Raffaele mi parlasse di Dio e di cose spirituali. Dopotutto amavo il catechismo e non mi dispiacque per niente l’essere temporaneamente suo prigioniero involontario. Per me era piu’ salvo ascoltare qualcosa su Dio che ci ama che l’essere condotto dai miei genitori a causa delle mie inescusabili monellerie.

Questa passeggiata inaspettata diede inizio al mio dialogo metafisico e personale con Dio perche’ dopo quella conversazione spirituale provai una certa “melanconia.” Mi promisi di non colpire piu’ le bambine per puro divertimento e iniziai invece ad ascoltare il Signore che mi apriva nuovi orizzonti bussando dolcemente alla porta della mia anima.”

Non mi resi mai conto come, quella domenica pomeriggio, un dialogo inaspettato con il Diacono Raffaele, mi avesse ispirato a seguirlo al Seminario Episcopale di Cefalu, una citta’ medievale al nord di Polizzi Generosa sulla costa del Mar Tirreno.”

Tradotto dal mio libro di memorie: “Prickly Pears and Oleanders’-Memoir of an Italian American (2005)

Seminario Vescovile di Cefalu’

Alle dodici in punto Nino Gianfisco mi viene a prendere in macchina in Piazza Medici per passare qualche ora nella sua villa in Contrada Giurfaria e per visitare anche, non tanto distante, il “casolare” dove mio padre, i mei fratelli ed io dormivamo qualche volta o ci riparavamo dalla pioggia tanti anni or sono. Giurfaria, a pochi chilometri da Polizzi Generosa, e’ una zona molto bella e per me anche sentimentale.

Prima di lasciare il paese, Nino mi chiede:

Ti piacerebbe visitare la casa dove abitava Vincent Schiavelli?”

Ma certo, se tu non hai premura,” gli rispondo.

Ci fermiamo un momento e ti faccio vedere tante cose. Stiamo allestendo una casa-museo con i suoi oggetti lasciati nell’appartamento.”

Parlando di se stesso e di Serafino Di Bella, padrone della casa, mi dice: “Abbiamo l’intenzione di alloggiare turisti per godersi Polizzi Generosa e una settimana gastronomica con le ricette di Vincent Schiavelli che amava tanto cucinare.”

Che splendida sorpresa e che piacere poter visitare la casa di Schiavelli! Entro nel salotto, guardo la sala da letto, ammiro la cucina con tanti utensili, le pipe, i numerosi cappelli, i libri, e il mobilio che aveva portato dalla California da dove si era trasferito.

Nino mi fa vedere tante cose e mi permette di portare uno dei cappelli di Vincent e di tenere in mano una delle sue pipe per una foto-ricordo. Nella mia mente vedo gia’ un cartello sul muro della casa che invita i turisti: “Venite ad alloggiare nella casa di Vincent Schiavelli e cucinare con le sue ricette.”

L’appartamento ha una veduta meravigliosa dei campi lontani.

La prima volta che parlai con Vincent Schiavelli al telefono fu in America mentre abitavo ancora a New York e lui in California. Sin da principio lo trovai una persona piacevole e scherzosa. Due anni dopo ebbi il piacere di fare la sua conoscenza a Polizzi Generosa dove si era trasferito.

In visita in paese con il mio gruppo di turisti americani c’incontrammo al municipio e lo invitai a pranzare con noi. Nessuno dei miei turisti poteva spiegarsi come avessi fatto a conoscere Vincent Schiavelli e poi a poterlo incontrare a Polizzi Generosa.

Che bella amicizia, quante foto-ricordo e quante risate con l’attore cinematografico americano! Vincent visse a Polizzi Generosa per pochi anni lasciando il calore della sua presenza nell’appartamento dove abito’ sino alla sua morte nel 2005. Aveva solamente 57 anni.

Adesso Vincent riposa nel cimitero locale poco distante dal Centro.

E’ dopo mezzogiorno quando arrivo nella villa dei Gianfisco a Giurfaria. Incontro i genitori di Nino, Salvatore e Stefana e anche zia Giuseppina Picciuca. Salvatore, il papa’, mi fa da cicerone mentre andiamo in giro per il giardino. Il sole splende, la giornata e’ stupenda, e la campagna ha come sfondo le Madonie. Stefana e sua sorella preparano un pranzo squisitissimo e organico al cento per cento; pasta e fagioli badda freschi, melanzane al forno gustosissime, e poi fagioli badda con carne a stufato molto deliziosi. Alla fine del pranzo beviamo un liquorino alla fragola selvatica. Celebriamo l’amicizia e la grande ospitalita’.

Piu’ tardi, accompagnati da due cagnolini meravigliosi, saliamo verso il terreno dove lavorava mio padre come mezzadro. A mia grande sorpresa il “casolare” di una volta e’ adesso una villa lussuosa. La guardo attentamente e mi sembra di vedere la silhouette di mio padre e dei miei fratelli che, stanchi dalla fatica, arrivavano al calar della sera in questo casolare desolato dove non c’era ne’ acqua, ne’ corrente elettrica, ne’ bagno, ne’ focolaio, ma solamente qualche materasso ripieno di paglia e poi nulla. Penosa la vita dell’agricoltore in tempi passati quando tantissimi contadini non avevano il proprio terreno, ma coltivavano, come mio padre, i feudi di ricchi signori! Penso ai loro sacrifici, a papa’ e mamma e ai miei fratelli e sorella che mi permisero di “sparare alla zappa” e di esplorare un altro modo di vita in un altro continente. E mi vengono le lacrime agli occhi.”

(Diario Quotidiano)

I miei genitori hanno fatto tanto per me. Sono coloro che, per primo, hanno acceso la mia “candela” e l’hanno custodita per anni e anni con l’olio della loro presenza e del loro amore. Ne parlo tanto di loro nelle memorie di mia madre, intitolato: “My Mother: Memoir of a Sicilian Woman” che si trova insieme ad altri miei libri nella Biblioteca Comunale di Polizzi Generosa.

In questo giorno di vacanza a Giurfaria, davanti all’umile casolare di tanti anni fa, desidero condividere la memoria di mio padre, un uomo dolcissimo e buono cosi’ come lo descrivo in uno dei miei articoli telematici:

OMAGGIO A MIO PADRE

È con riverenza ed amore filiale che mi permetto di condividere con i lettori telematici il ricordo della nobile figura di mio padre, uomo virtuoso e profondamente buono.

Mio padre nacque a Polizzi Generosa (Provincia di Palermo), il 10 giugno del 1898 proprio alla fine del diciannovesimo secolo. Polizzi Generosa, a 917 metri sul livello del mare, appare al turista come un mucchio di case sospese fra cielo e terra nel cuore delle Madonie Occidentali.

Lo scrittore e critico letterario, Giuseppe Borgese, oriundo di Polizzi, così descrive l’odore e il colore delle campagne che ancora oggi circondano questo paese la cui storiaria rimonta a duemilacinquento anni fa.

Lassù nelle Madonie quell’odore di mentastro polizzano, oleandri lungo la valle classica, olivi di greppo in greppo, mente, timi, erbe dagli aromi religiosi, vette chiare calanti a schiena, infine il mare e Imera. Non si vede altra città o villaggio. Polizzi Generosa drappeggiata nel suo superbo epiteto, torreggia da sola”.

E in un altro brano altrettanto famoso il Borgese scrive così:

Polizzi Generosa sorge su un alto colle da cui si scorge una ampia e pittoresca veduta formata dai contrafforti delle Madonie, da due vallate una delle quali verdeggiante di noccioleti, e dal mare lontano”.

E’ questo il paese natale di mio padre dove lui passò la maggior parte della sua vita nella semplicità della campagna coltivando la terra sull’esempio di una tradizione secolare. Più tardi, a diciotto anni, lasciò il lavoro dei campi per combattere nella Prima Guerra Mondiale per cui si meritò la Croce di Guerra, la Medaglia D’Oro e il titolo onorario di Cavaliere di Vittorio Veneto. Fu dopo tre anni di servizio alla patria che ritornò al paese e alla sua amata campagna.

Nel lavoro dei campi mio padre si dedicò con grande impegno e con devozione totale, aiutato com’era dai mie fratelli maggiori. Dall’alba al tramonto, e con grandi sacrifici, non si stancò mai di coltivare la terra per mantenere la famiglia.

Ricordo mio padre quando era molto giovane ed io ancora bambino. Dopo tanti anni lo rivedo in mente col viso abbronzato dal sole e le mani incallite. Era un uomo facile e buono, mio padre! Aleggiava in lui una semplicità schietta e genuina, e un’anima cristiana che non conosceva il rancore. In lui batteva un cuore che non odiava, ma che sapeva sempre scusare e perdonare.

Uomo molto gentile e sensibile, anche se non sapeva esprimere il suo affetto con parole fiorite o eccessiva effusione sentimentale, mio padre era amato e rispettato da tutti, specialmente da mia madre, da noi cinque figli e dai parenti.

Nel 1955 mio padre lasciò la campagna per immigrare in America dove venne incontro a un ritmo di vita diverso quando sbarcò a New York. Fu proprio in questa vastissima città che dovette imparare a prendere il pullman (niente più mulo, asinello o viottoli polverosi) ed a viaggiare nella buia e cavernosa metropolitana malgrado il fatto che non sapesse né leggere e né scrivere perché non era mai andato a scuola.

Al principio del ventesimo secolo, pochissimi genitori sentivano la necessità di mandare i figli a scuola per imparare almeno a leggere e a scrivere. I maschi, poi, erano destinati al lavoro dei campi. A quei tempi, specialmente in Sicilia, si nasceva contadini, si cresceva contadini, e si moriva contadini.

Lontano dalla sua amata campagna e dal nido natale, c’era ora davanti a mio padre tutta una megalopoli da affrontare con la sua lingua e costumi diversi. Prima di allora non aveva mai immaginato di andare in America o di stabilirsi a Brooklyn dove esisteva una fiorente comunità italiana con molti Polizzani. Ma fu il piano della Divina Provvidenza che, spingendolo a fare un passo gigante, lo trasportò insieme alla sua famiglia dalla campagna alla città, dal paesino dei ficodindia e degli oleandri alla grande metropoli di New York con le sue vie larghissime, le sue automobili, e i suoi grattacieli. Questo trasferimento influenzò non solo il suo futuro, ma anche quello di tutta la sua famiglia e sopratutto il mio ed i miei studi.

In America mio padre accettò la sfida di vivere in un mondo diverso dal suo e molto lontano dalla realtà quotidiana della vita contadina e provinciale di un piccolo paese. A 57 anni, -proprio all’età quando io andai in pensione- lui riprese invece a lavorare all’aperto curando giardini e aiuole. Era questo un lavoro che sapeva e che amava fare. Ma d’inverno, trovandosi spesso disoccupato, spalava neve nelle vie di New York. Seguì poi un lungo periodo di impiego al Cimitero Cattolico di Saint John nel Queens dove aiutava a seppellire i morti e ad abbellire le loro tombe con cuore pietoso e grande carità.

Quanto lavoro e quanti sacrifici fece mio padre per anni e anni con fedeltà, dignità e orgoglio! E che grande esempio da imitare fu sempre per me!

Adesso che mio padre non c’è più fra di noi, ricordo la sua persona come il libro più bello che io abbia mai letto durante tutta la mia carriera di studi letterari, filosofici e teologici che feci in Italia e nelle varie università americane.

Da questo libro semplice e prezioso, arricchito di pagine bellissime, ho imparato i valori base della mia vita: l’onestà, l’amore, l’etica del lavoro, il rispetto per il prossimo e, poi, tanti altri valori morali che continuano a definire e a guidare la mia vita quotidiana restando, tuttora, il faro che illumina la mia barca nel mare della vita.

Uomo di poche parole e non istruito, mio padre fu il mio sommo maestro. Fu lui a insegnarmi la saggezza secolare dei nostri avi con proverbi tradizionali siciliani, trasmettendomi così l’essenza di quei principi sociali e morali che nessuna ricchezza potrà mai darmi la possibilita’ e il potere di comprare.

Fra le cose più belle che custodisco per sempre nel mio cuore c’è un regalo che mio padre mi fece il giorno della mia nascita. È il regalo prezioso del suo cognome che porto, difendo e onoro con la mia etica personale e il mio successo professionale.

La sua bontà traspariva nella gentilezza e nel rispetto che mostrava verso gli altri e anche per noi figli che gli volevamo tanto bene, specialmente mia sorella Rosa che sapeva coccolarlo. Anche mia madre gli manifestò un amore coniugale profondo e una devozione fedele che durò più di sessanta anni di matrimonio.

Mio padre apprezzava le piccole cose: una cartolina, una visita a casa sua a Brooklyn, una telefonata e anche qualche mazzetto di fiori. Amava tanto la compagnia per passare un pò di tempo insieme.

Lo vedo ancora vicino alla finestra o presso l’entrata ad aspettarci quando sapeva che andavamo a fargli visita in occasione di feste religiose e anniversari. E di feste ne facemmo tantissime, come il suo cinquantesimo e settantesimo compleanno, il cinquantesimo anniversario di matrimonio, gli sposalizi dei nipoti e poi in tante altre occasioni ed eventi famigliari: comunioni, cresime, compleanni e lauree.

Ritiratosi in pensione, mio padre passava il tempo fra casa e Centro degli Anziani situato a Ridgewood dove incontrava gli amici per giocare a carte o per passare un po’ di tempo insieme. Amava giocare a briscola, un gioco di carte che conosceva molto bene.

Ogni volta che usciva di casa, mia madre lo attillava. Chi lo incontrava per strada gli faceva tanti complimenti per la sua bella figura e per i suoi 70, poi 80, poi 90 anni, anni che portava assai bene. Infatti mio padre non ebbe mai problemi di salute sino all’età di 92 anni. Camminava diritto, vedeva e sentiva bene, e ricordava tutto specialmente quando si metteva a raccontare qualche storia o evento passato.

La sua dieta era molto semplice. A tavola non mancava mai nè un filoncino di pane, nè un po’ di vino. Gli piacevano i piatti semplici e tradizionali e beveva un po’ di vino che mescolava ritualmente con la Coca-Cola.

Durante il breve periodo che mio padre passò in ospizio e poi in ospedale, la famiglia non lo abbandonò mai e gli restò vicino sino alla fine. Mio padre si spense tranquillamente nell’Ospedale di Flushing, in Queens, il 24 gennaio 1992 alle quattro del mattino, quando il Signore lo chiamò a sè, chiudendo così il libro della sua vita che dai campi tranquilli della Sicilia l’aveva portato a New York, la megalopoli dei grattacieli. Aveva quasi novantaquattro anni il giorno della sua morte, ma non si fece mai cittadino americano.

Durante la veglia, che durò due giorni, arrivarono tantissimi parenti, amici, vicini di casa, colleghi di lavoro e poi tantissime lettere e telegrammi. La sala ardente era piena zeppa di fiori e di bellissime ghirlande. Le centinaia di cartoline e di messe ricevute espressero a mio padre e a tutta la famiglia il grandissimo rispetto di cui lui aveva sempre goduto. La messa e il funerale furono celebrati nella Chiesa di Santa Brigida.

Mio padre adesso riposa nel Chiostro del Cimitero di Saint John nel Queens. Il calice e i paramenti sacri li donammo a Don Carlo Bertola che li usa ancora oggi quando celebra la messa nella sua parrocchia di San Giorgio a Torino.

A febbraio del novantatrè, un mese dopo la morte di mio padre, ebbi l’opportunità di ritornare a Polizzi Generosa dove feci celebrare una messa di requiem da Padre Pasquale Lavanco nella chiesa di Sant’Orsola, nostra antica parrocchia. In quella occasione la chiesetta era gremita di parenti ed amici a cui rivolsi la parola per rendere omaggio a mio padre e per ringraziarli della loro presenza.

Alla fine della messa, presentai al sacerdote alcuni paramenti sacri in memoriam e il giorno dopo mi recai in pellegrinaggio al Santuario di Gibilmanna (famoso luogo mariano nella diocesi di Cefalù) per ringraziare la Bedda Matri della sua consolante presenza e per la buona salute e lunga vita che il Signore aveva concesso a mio padre.

Fu proprio questo nome della Vergine di Gibilmanna, rimasto stampato nel cuore e nella memoria di mio padre durante tutta la sua vita, e che io, ora, alla fine della sua vita gli enunziavo spesso all’orecchio, che mi diede la sicurezza di sapere se lui mi sentisse e fosse ancora cosciente negli ultimi giorni della sua vita.

Si legge nel Salmo 92:

Ogni mattina è cosa buona rendere grazie al Signore per la sua bontà, e ogni sera, alla fine del giorno, celebrare la Sua fedeltà. Signore, tu mi hai reso forte e hai disperso i cattivi che crescono come le erbe selvatiche. I buoni fioriranno come le palme e cresceranno alti come i cedri del Libano. I buoni saranno trapiantati nel giardino del Signore e saranno da lui coltivati. Anche nella loro vecchiaia produrranno ancora frutto e rimarranno vivi e verdi. Questo onora il Signore e mostra la Sua premura. C’è solo bontà nel Signore. ”

Unendomi al salmista anch’io rendo grazie al Signore per la bellissima anima di mio padre che con mia madre mi diede i natali e fece sempre parte della mia esistenza.

Rendo grazie per il mattino, e la sera della sua vita quando lasciò questa terra.

Rendo grazie al Signore per la sua lunga vita benedetta con una bellissima famiglia, ottima salute, e l’amore di mia madre e di noi figli.

La sua morte, come proclama la Chiesa, è solamente un trapianto. E ciò mi consola. Adesso papà Macaluso fiorisce come le palme e i cedri del Libano nel giardino del Signore, e continua a produrre frutti luminosi nel mio cuore e nella mia memoria per sempre.

Eterno riposo dona loro, o Signore,

a ad essi la Tua luce perpetua! Amen

Papà, riposa in pace nel Signore!

Mario Macaluso, Ph.D. New York

Fu lui a insegnarmi la saggezza secolare dei nostri avi”

Pizzeria “U Funnacu”

La sera del ventidue settembre vado a cena al Ristorante- Pizzeria “U Funnancu,” invitato dai miei cugini Rosa, Stefano e famiglia.

Che bellissima serata passata insieme ai miei cugini e anche amici di famiglia! La Pizzeria offre un menu’ di pizze gustose e ben preparate. Bella l’atmosfera e piu’ bello ancora per me essere l’oggetto di tanto amore e cordialita’. Grandi ospiti sono i proprietari Biagio Pantina e Rosalia Zimbardo ai quali faccio i miei complimenti.

Il trittico

Mi sveglio presto. Chiedo a Enza di prepararmi la colazione e verso le nove mi reco alla Canonica dove mi attende Padre Gianni per ricercare il mio nome nei Registri Battesimali e in quelli di Cresima e di Matrimonio.

Tocco per la prima volta cinque volumi antichissimi, fra i quali due che portavano la data del 1637 e 1650 ancora in ottime condizioni, ma con una calligrafia difficile da leggere e decifrare.

Che privilegio tenere in mano questi registri di tanti secoli fa! Penso che l’aria asciutta di Polizzi Generosa abbia contribuito a conservarli intatti per quasi quattrocento anni.

Insieme cerchiamo il mio nome. C’e’ Francesco Dolce che ci aiuta. Finalmente lo troviamo. E’ per me un momento particolare quando aprono la pagina del registro e mi lasciano fotografarla. La leggo attentamente e provo un sentimento emozionante di appartenenza! Sono i documenti del mio Battesimo, Cresima e Matrimonio: testimoni della mia appartenenza alla comunita’ polizzana e alla Chiesa Cattolica. Quei muti documenti mi dicono tanto. Le mie radici sono a Polizzi Generosa. Penso ai miei genitori che mi diedero i natali e alla mia Chiesa che mi diede la fede. Due doni stupendi che identificano e definiscono ancora oggi e per sempre la mia identita’. Sono orgoglioso di essere Cattolico e Polizzano DOC.

I miei documenti

Il mio Certicato di Battesimo

Il documento in Latino contiene quanto segue:

Nel primo del mese di ottobre dell’anno 1939 io, sacerdote Giuseppe Lanza di questa chiesa di Sant’Orsola, battezzai un bambino nato il 13 del mese di settembre dell’anno 1939 alle ore 15 e 10 in questa parrocchia da genitori leggitimi Macaluso Antonino e Liarda Giuseppa a cui fu dato il nome Marius (Mario). Il padrino fu Sausa Gioacchino, figlio di Antonino.

Firmato Sacerdote Giuseppe Lanza” (Tradotto dall’autore)

Il mio Certificato di Cresima

La mia traduzione:

Libro dei Cresimati

Nel 1947, nel terzo giorno di giugno, Macaluso Mario, figlio di Antonino e di Liarda Giuseppa fu cresimato dall’Illustrissimo e Reverendissimo Emiliano Cagnoni, Vescovo di Cefalu’, nella chiesa di Santa Maria Maggiore (in the town of Polizzi). Firma, il compare fu Gandolfo Sausa.

Il mio Certificato di Matrimonio e di Battesimo

Traduzione in italiano del Certificato di Matrimonio

(pagina 356, numero 79

Macaluso-Liarda

Marius (il mio nome in Latino)

Il giorno tre del mese di giugno dell’anno 1967

Sposo’ Dolores Concetta Maneri

Nella parrocchia di S. Joseph Patron nella Diocesi di Brooklyn, N.Y.

Durante la ricerca chiedo di vedere anche un registro delle Cresime dell’anno 1953-54. E’ solo per curiosita’. Padre Gianni e Francesco Dolce cercano attentamente anche quello e lo trovano.

Vorrei rivedere la mia calligrafia perche’ in quegli anni, da giovane seminarista, aiutavo d’estate il parroco Mons.Vincenzo Greco a trascrivere nel registro ufficiale i documenti delle Cresime che lui aveva documentato in fogli separati. Devo dire che, a quei tempi, la mia calligrafia era piu’ bella di quella di ora.” (Diario Quotidiano)

Il Trittico

Dopo la scoperta dei miei documenti, Padre Gianni mi accompagna, in privato, ad ammirare il Trittico della Vergine Maria, “Sedes Sapientiae,” capolavoro di Rogier Van Der Weyden. Il dipinto e’ esposto a qualche metro di altezza dal suolo nella Cappella di San Gandolfo.

Avevo tante volte visto questo Trittico fiammingo da lontano sulla facciata laterale del coro, un po’ al buio e nei suoi colori anneriti dal tempo. Ricordo che, quando frequentavo le classi di catechismo nella Chiesa Madre, ero sempre circondato da molte opere d’arte che mi piacevano tanto, ma ero ignaro che fossero cosi’ preziose e molto rare. Dopo tutto ero bambino e, per me, un quadro era sempre come un altro. Cosi’ pure il famoso Trittico di Rogier Van Der Weyden che, arrivato a Polizzi Generosa in un modo misterioso, io guardavo con curiosita’ nel Coro della chiesa, ma senza mai apprezzarlo.

Oggi, a Polizzi Generosa, ho la grande fortuna di potere osservare da vicino, a meno di un metro di distanza, questo preziosissimo capolavoro che si conserva nella Chiesa Madre, esposto nella Cappella di San Gandolfo, proprio davanti ai miei occhi. Restaurato nel 2015, il dipinto sfoggia la sua bellezza nei dettagli e nelle cromie originali che dipingono il mondo artistico e la realta’ religiosa in un momento di perfetta armonia nel tempo.” (Diario Quotidiano)

Momenti artistici e spirituali indescrivibili

Padre Gianni mi accompagna e mi fa da cicerone. Siamo noi due soli. Apre il cancello e m’invita ad entrare quando a un tratto, a sinistra, mi trovo dinanzi al famoso Trittico fiammingo: un capolavoro di arte e fede. Mi avvicino al dipinto e al momento in cui il mio sguardo fissa gli occhi della Vergine Maria, guardo il suo volto dolce e delicato, e mi commuovo.

Lacrime di gioia spirituale mi bagnano il viso. Arte e Fede, per un instante, mi riempiono l’anima e la mente come se mi fossi accostato a una sorgente di grazia. Sono ritornato a rivedere la Madonna, la “Sedes Sapientiae,” con il suo Bambino in grembo mentre gli angeli le suonano e cantano mentre Santa Caterina, la spada in mano, alla sua destra, e Santa Barbara, con la palma a sinistra, le fanno compagnia sfoggiando abiti ricamati e preziosi.

Pellegrino, ritorno a casa mia, per salutarla, per rivivere la mia fede e per dirle che non ho mai dimenticato le ore di catechismo in quella chiesa, i canti religiosi prima e dopo la Benedizione del Santissimo Sacramento, la devozione verso di Lei e la mia sincera gratitudine per la sua costante presenza che, seguendomi in due continenti, continua ancora oggi ad addolcire la mia vita in questa valle di lacrime.

Salve regina, mater misericordiae, sedes sapientiae!

Salve Regina, madre di misericordia, Sede della Sapienza.”

(Diario Quotidiano)

A casa mia, in Texas, non solo ho un dipinto su legno di questo capolavoro, ma anche possiedo il bellissimo volume di Luciano Schimmenti e Crispino Valenziano che s’intitola: “La Gran Signora nel trittico fiammingo di Polizzi Generosa.” Palombi Editori, Roma (2001)

Il mio giro turistico continua attraverso le navate della chiesa che e’ un vero museo d’arte e un documento prezioso della vita religiosa della comunita’ polizzana. Padre Gianni mi spiega le varie opere d’arte, descrive le statue ed, insieme, esaminiamo le tombe ed i vari quadri che arricchiscono la Madre Chiesa. Entriamo pure in sacrestia dove, in un stanza laterale, Padre Gianni mi fa vedere la magnifica Custodia del Santissimo Sacramento di Nibilio Cagini, una delle pochissime in tutta Italia.

Giro turistico madonita

Nel pomeriggio giro turistico dei paesi limitrofi con Francesco

Nel mio ultimo sabato a Polizzi Generosa, Francesco mi conduce in macchina a Cefalu’, citta’ turistica, dove lui abita in una bellissima villa a due piani non lontano dal mare e dove pranziamo con sua moglie Enza che prepara un pasto molto squisito. Incontro una delle nipotine di Francesco che si chiama Nicole e le insegno un po’ d’inglese prima del pranzo.

Cefalu’ e’ la citta’ dove vissi per sette anni quando frequentavo il seminario. Una citta’, che dopo Polizzi Generosa, amo moltissimo per i tantissimi ricordi della mia vita di seminarista. E’ una citta’ medievale, gioiello della Sicilia, con una splendida spiaggia e un mare stupendo.

Attraversiamo la citta’ un paio di volte. C’e’ ancora tanta gente al mare, e la spiaggia e’ piena di turisti in una giornata molto calda per il mese di settembre.

Da Cefalu’ procediamo verso il Santuario di Gibilmanna dove desideravo andare in pellegrinaggio e devoto ringraziamento. La Madonna di Gibilmanna e’ nel mio DNA religioso. Sosto in preghiera davanti al suo simulacro, poi m’inginocchio in profonda gratitudine per la sua protezione durante i miei sessanta anni di vita in America e mi sento benedetto trovarmi su questo monte della beatitudine:

Noli, Mater Verbi, O Madre del Verbo
verba mea despicere,
Non disprezzare le mie parole
sed audi propitia et exaudi. Ma, propizia, ascolta ed esaudiscimi.
Amen

Di la’ facciamo il giro di alcuni paesi limitrofi che non avevo mai visto prima di allora. Ammiro zone incantevoli del territorio madonita mentre attraversiamo le Madonie che appaiono maestose e ondulanti di verde con faggi, pini, olmi e piante di sughero. Seguiamo la strada provinciale che, serpeggiando fra i monti, ci offre nuove viste e panorami diversi a non finire. Raggiungendo Isnello, posteggiamo e facciamo una passeggiata nel Corso del paese che non e’ antico quanto Polizzi, ma che e’ attraente e calmo con le sue casette appoggiate l’una sull’altra e con tanta brava gente.

Di la’ proseguiamo per Castelbuono che sfoggia una certa eleganza e che mi piace tanto perche’ vi colgo il ritmo di una cittadina piena di vita. Il Castello, la Piazza e le strade abbastanza larghe e lastricate con tanta gente in giro mi dicono che “si vive a Castelbuono” e che il paese possiede un turismo piu’ accorto e sviluppato di quello di Polizzi Generosa.

Il giro in macchina continua verso Gangi, Geraci e infine Petralia Soprana e Petralia Sottana che, nel cuore della notte, rassomigliano a presepi illuminati che palpitano nel cuore della notte.

Finiamo il giro turistico delle Madonie e dei paesi limitrofi in Piazza Medici a Polizzi Generosa a due passi da casa mia. Sono un po’ stanco, ma ricco di nuove esperienze, grazie al carissimo amico Francesco Dolce!

Mentre mi trovo in giro per le Madonie, la mia amica Antonina Balistreri (Ninetta), poetessa Siciliana e scrittrice, originaria di Aspra, ma residente in Puglia, viene a trovarmi a Polizzi Generosa insieme a suo fratello e cognata. Ci conosciamo da vari anni, tramite Internet, perche’ tutti e due amiamo scrivere e pubblicare i nostri libri. Sfortunatamente, non avendo stabilito la giornata e l’orario, io non mi trovo in paese.

Al ritorno vengo a conoscenza del suo arrivo e mi sento veramente dispiaciuto di non averla potuta incontrare dopo il suo lungo viaggio per venirmi a trovare. Un vicino di casa mi da’ il suo messaggio e anche una scatola di acciughe che Ninetta mi aveva porta

Piu’ tardi la chiamo al telefono per scusarmi, dichiarandomi tanto dispiaciuto per il suo lungo viaggio fatto in vano. “Cerchiamo di vederci a Cinisi” le ho detto. “Pernottero’ all’albergo ‘Il Pirata,” martedi’ 26 settembre, vicino all’aeroporto, per il volo Palermo-NewYork del ventisette settembre che parte alle otto di mattina.” Gentilmente accetta il mio invito e, in compagnia di suo fratello e cognata, mi viene a trovare all’hotel. Ci sediamo al ristorante, offro un caffe’ e stiamo insieme per qualche oretta, facendo degli scatti, e condividendo notizie semplici e divertenti. L’incontro di questa poetessa Siciliana di cui ho letto i libri “E mi diceva: perche’ sei donna,” e “Nel Tempo,” mi reca molta gioia e conclude la mia meravigliosa vacanza in Sicilia.

Chiesa Madre

Oggi, come al solito, mi sveglio molto presto e, a mia sorpresa, l’acqua non scorre. Chissa’ perche’! Manutenzione, o zona di turno, o per ragioni misteriose. Fortunatamente arriva piu’ tardi verso le otto. Faccio la doccia e una semplice colazione. Il cielo e’ nuvoloso e per la prima volta sento tuonare. Mi dicevano che non piove a Polizzi Generosa da sei mesi. Oggi forse e’ il giorno propizio aspettato da tutti. Si’, finalmente comincia a lampeggiare e a tuonare piu’ forte, poi sento lo scroscio intenso della pioggia che bagna abbondantemente il paese. Piove a catinelle e forse continuera’ per molte ore.

Affascinato, guardo i fiumicciatoli che scorrono veloci nei vicoletti e nelle stradine e, col naso sul vetro del balcone come facevo da bambino, incomincio a ricordare come, tanti anni fa, i calzolai e le casalinghe gettavano via immondizia, chiodi e rifiuti in quei corsi d’acqua che portavano tutto via.

Fortunatamente verso le dieci e trenta il tempo migliora. Ricordando Leopardi mi vengono in bocca le sue parole: “Passata e’ la tempesta, odo augelli far festa...” Un po’ di letteratura italiana abbelisce la mia mente.

Oggi e’ Domenica. Mi preparo allora per la messa delle undici nella Chiesa Madre mentre, di tanto in tanto, sento la campana suonare a intervalli, ma non ricordo piu’ il suo linguaggo diretto ai parrochiani.

La messa delle undici e’ alla Madrice, Maria SS. Assunta, la chiesa principale del paese. Padre Gianni, amico mio da tantissimi anni, e’ il celebrante. La chiesa, quasi interamente restaurata, offre un’atmosfera pia e devota con i suoi quadri e sculture che ne fanno anche un prestigioso museo nel territorio madonita.” (Diario Quotidiano)

Entro con riverenza, mi faccio il segno della croce, m’inginocchio, dico una preghiera e poi mi siedo a destra dell’altare dove Padre Gianni arriva per celebrare il rito domenicale. La messa non e’ tanto affollata. Molti non vengono piu’ in chiesa specialmente i giovani. Ma e’ cosi’ pure in America. Un piccolo coro di voci cristalline accompagna il rito sacro celebrato da Padre Gianni.

Guardo con simpatia i chierichetti e mi rivedo sfilare, come loro, davanti al sacerdote quando io, seminarista in sottana nera e cotta bianca, servivo la messa in questa chiesa e anche a Sant’Orsola. Immagine chiare ed immediate, ma di tempi lontani e di stupende esperienze religiose, si accavallano nella mente. Una signora si avvicina e, a mia sopresa, mi chiede di proclamare la prima lettura. Accetto con po’ d’inquietudine e umilta’.

Questa e’ la seconda volta che mi chiedono di proclamare le Scritture. La leggero’ il meglio possibile” ripeto fra me stesso. La leggo con riverenza e con calma, scandendo le parole, sostando, e ogni tanto fissando lo sguardo sui fedeli.

Nell’omelia Padre Gianni commenta su San Gandolfo e le sue sue virtu’. Ricevo la comunione e sento la bellezza della fede e della Chiesa : “Una, santa e apostolica” che da un continente all’altro e’ presente nella mia vita. Fu proprio in questa chiesa che ricevetti la Prima Comunione.

Alla fine della messa alcuni parrocchiani si avvicinano e si congratulano per il modo come avevo proclamato la lettera dell’Apostolo Paolo. “Siamo incantati come Lei ha proclamato la Parola,” mi dissero in coro.” Li ringrazio umilmente.

La Chiesa Madre (chiamata anche Santa Maria Maggiore,) e’ la chiesa che racconta il viaggio spirituale di tutti i Polizzani, e la testimone eloquente che ascolta e conosce il palpito del loro polso religioso attraverso i secoli.

La Chiesa Madre, Santa Maria Assunta, e la mia Fede

Il mio tempo a Polizzi Generosa e’ molto limitato e per questo, molto prezioso. Mi propongo, percio’, di continuare a scoprire l’intero paese prima di ritornare in America.

Oggi, piu’ tardi dopo la Messa, mi limito a godermi con calma la Chiesa Madre, luogo di preghiera ed eventi religiosi, eloquente testimone di momenti di gioia e di dolore attraverso tanti secoli. Generazioni di Polizzani trovarono in essa l’orgoglio della loro fede, il luogo comune di unita’ e il centro della loro storia religiosa. E’ proprio in questa chiesa che frequentarono le lezioni di Catechismo e che, come i miei genitori e membri della mia famiglia, ricevettero la Prima Comunione, la Cresima e celebrarono Matrimoni e Funerali.

La chiesa, di stile rinascimentale, e’ un vero gioiello, direi anche “un museo” per il suo patrimonio artistico: sculture, tombe, ornamenti marmorei, busto d’argento di San Gandolfo, la famosissima Custodia di Nibilio Cagini, numerosi dipinti di vari artisti e un quadro favoloso, quasi unico in Sicilia, della Madonna, “Sede della Sapienza,” opera dell’artista Fiammingo Rogier Van Der Weyden.

Attraverso il portale tardo-gotico di San Cristoforo, stile chiaramontano. Entro in silenzio in questo luogo sacro e sentimentale. Sono solo. Mi faccio il segno della croce e ad un tratto mi sento soffuso da una nuvola di memorie! Sono nella mia chiesa, la mia Madre Chiesa, venuto dal Texas a Polizzi Generosa. Ecco davanti a me il fonte dell’acqua benedetta da cui intinsi tante volte il dito per farmi il segno della croce, la cappella del Santissimo Sacramento dove, inginocchiato alla balaustra, passai tante ore in adorazione quando ero giovane seminarista, ed ecco le navate con dipinti sacri davanti ai quali bravissime catechiste polizzane - Mi viene in mente la Professoressa Maria David e altre - ci insegnavano il catechismo.

Come se fossi perduto nel tempo, mi fermo a guardare l’altare maggiore dove i mei genitori ed i miei fratelli si sono sposati; e sebbene io trovi, a sei mila chilometri da casa mia, mi sento avvolto, quasi abbracciato dalla Chiesa Madre dove ricevetti la Prima Comunione e la Cresima per le mani di Sua Eccellenza Emiliano Cagnoni, Vescovo di Cefalu’; guardo gli scalini dove, inginocchiato, servivo la messa. Mi rivedo salendo quegli scalini dove ricevetti in premio dal Parroco l’immagine del Sacro Cuore di Gesu’ per non aver mancato nemmeno una volta alle lezioni di catechismo. Sento nel silenzio delle navate l’eco di canzoni religiose e, chiudendo gli occhi, li canticchio ancora una volta per rinfrescarmi e nutrirmi lo spirito. Quante messe e comunioni, e quanti canti! Che fede e quanta innocenza quando al momento della comunione cantavamo:

Vieni, vieni, Gesu’ mio

Nel mio petto ad albergar.

Vieni, vieni in questo cuore.

Solo tu lo puoi saziar.”

Vieni, vieni in questo cuore.

Solo tu lo puoi saziar.”

Mi fermo un attimo davanti alla porta laterale in direzione del salone parrocchiale e sento ancora una volta l’eco di una canzone che noi bambini cantavamo, a squarcia gola, a favore del Papa dopo la Seconda Guerra Mondiale:

De’ benidici, o Padre, al grido della fe’.

Noi vogliam Dio che nostro Padre

Noi vogliam Dio che e’ nostro re.” (bis)

Noi vogliam Dio nella sua Chiesa

Che diede al mondo la civilta’.

Vogliam respingere qualunque offesa

Che contra il papa si lancera’.”

De’, benedici o Padre

...........................

Esamino i vari quadri, come la Strage degli Innocenti, l’Ultima Cena, il Trittico fiammingo, il Trittico della Visitazione, la statua della Vergine, in alto dietro l’altare, e attaverso il cancello della Cappella di San Gandolfo ammiro ancora una volta il sarcofago marmoreo di San Gandolfo e il viso della Santa Vergine nel Trittico di Rogier Van Der Weyden.

Della sacrestia, adesso un po’ cambiata, ricordo solamente un cartello sopra il mobilio davanti ai quali i sacerdoti indossavano i paramenti sacri per la messa. Mi salta ancora in mente la nobile parola: SILENTIUM che non e’ piu’ esistente.

Oggi, domenica, pranzo a casa di mia cugina Enza che abita in Piazza Castello dove, in tempi molto lontani, quasi all’inizio della Polizzi medievale, si erigeva una torre e poi un Castello che spiava il movimeno delle emigrazioni nella Valle dell’Imera.

Ruderi dell’antico Castello

Vado a trovare Enza e la sua famiglia verso le ore tredici come mi aveva indicato. Busso alla porta e per la prima volta, forse dopo piu’ di sessant’anni, entro nella casa che una volta apparteneva ai miei zii Nina Liarda e Gandolfo Librizzi. Incontro Enza, le mie cugine di secondo grado e i loro sposi e mio cugino Nino, marito di Enza, che alla sua longeva eta’ lotta ancora per vivere, curato e amato da sua moglie e dai suoi. Lo saluto e col viso reagisce alla mia presenza. Mi accosto al suo letto, gli parlo un poco, gli tocco il braccio e la mano. Il suo lettino e’ situato vicino alla tavola che e’ gia’ apparecchiata. Cosi’ saremo tutti insieme per il pranzo. Ricordo di averlo salutato prima di lasciare e lo benedissi con una piccola preghiera perche’ tutti siamo chiamati ad implorare la grazia e l’amore del Signore sui nostri fratelli.

Ho letto e anche sentito parlare tante volte dell’ “Abies Nebrodensis.” E’ un abete unico e raro -ripetono tutti- i cui pochi esemplari, provenienti dall’eta’ glaciale, sopravvivono ancora oggi nelle alte montagne delle Madonie.

Libri e depliant raccontano con tono drammatico lo sforzo del Parco delle Madonie e dell’Unione Europea per preservare gli esemplari e anche farli moltiplicare perche’ sono un vero tesoro botanico che contraddistingue il patrimono forestale di Polizzi Generosa.

Oltre agli esemplari in montagna, ce n’e’ uno anche in paese nella zona dell’antico Castello che io ho tanta voglia di vedere, ma che non ci sono mai riuscito perche’ trovo il cancello sempre chiuso a catenaccio.

Oggi, tuttavia, il mio sogno di vedere l’ “Abies Nebrodensis” si avvera quando pranzo in casa di mia cugina Enza Spagnuolo che abita a due passi dall’orto dell’antico Castello. Alla fine del pranzo le chiedo d’indicarmi dalla finestra quell’esemplare misterioso che è sopravissuto dall’ eta’ glaciale nelle montagne delle Madonie.

Non si vede dalla finestra” mi risponde. “L’albero che tu cerchi si trova dentro il giardino e dietro quegli alberi. Ma vedo che oggi il cancello e’ aperto e che due signori sono seduti all’entrata. Andiamoci.”

E cosi’ ci avviciniamo al cancello che era a pochi passi e, salendo per la scala di granito, chiediamo ai signori di farci vedere quella rarita’ botanica. Uno di loro indica l’abete e ci accompagna per un viale erboso poco distante dal cancello.

Ma perche’ è cosi’ unico questo abete?” chiedo a mia cugina.

E’ un tipo di abete che ha vissuto milioni di anni,” mi risponde. E’ un albero che si distingue da altri abeti perche’ le sue pigne crescono in su come piccoli candelabri, mentre altri tipi producono pigne che pendono in giu’.”

Affascinato lo guardo, abbasso un ramo, ed esamino attentamente questa famosa rarita’ che distingue il patrimonio forestale siciliano, e la cui caratteristica e’ “la cima a campana con stroboli ed erachidi e la presenza di rametti a croce,” un aspetto unico dell’abete madonita.

Leggo in qualche scritto che nel vivaio di Piano Noce si curavano con attenzione esemplari di questo “Abies Nebrodensis,” ma con esiti poco buoni perche’ erano stati trapiantati in zone climatiche poco ottimali. Con l’appoggio della Comunita’ Europea lo si vuole salvare a tutti i costi con sperimentazioni in situ ed ex situ, anche al punto di distruggere altri generi di abeti per preservare l’esistenza genetica di questa conifera unica ed insolita che continua a sopravvivere dall’epoca glaciale.

Resto incantato davanti a questo “Abies Nebrodensis” e fotografo con sacra attenzione i suoi rametti colmi di pigne, quasi tutti rivolte verso il cielo blu.

Antonio Mirabella scrive che sulle Madonie ci sono ancora in esistenza 30 esemplari adulti e 10 esemplari dai cinque ai dieci anni a millecinquento m.s.l.m. nel Comune di Polizzi Generosa.

La casa di mia madre

Quando lascio la casa di mia cugina Enza, passo attraverso Piazza San Francesco per sostare davanti alla casa dove nacque la mia mamma Giuseppina. Cosi’ lei racconta all’inizio del suo libro di memorie:

Mi chiamo Giuseppina Liarda Macaluso. Sono Siciliana. Sono nata a Polizzi Generosa nelle montagne delle Madonie vicino a Palermo l’11 aprile del 1906 in una graziosa casetta che si affaccia su Piazza San Francesco. Sin da molto piccola ricordo mia madre sempre al telaio. Preparava la dote per il futuro matrimonio di tre figlie: Nina, Cece’ e me. Nina, la mia sorella maggiore, si prese cura di me e mi crebbe. Aveva dodici anni piu’ di me.

Piazza San Francesco era un piazza vivace con la Caserma, e i carabinieri che facevano il viavai. Avevo tanti amici nel quartiere, fra di essi, Angela e Nicolina. La mia casa non era ne’ grande, ne’ piccola. A pianterreno c’erano il fienile e la stalla per l’asinello. Avevamo un salotto, la cucina, due stanze da letto, il granaio e una stanzetta per la raccolta dei frutti e vegetali.

Io sono nata in una delle case davanti alla Caserma. Mia madre si chiamava Maria Di Prima e mio padre era Gandolfo Liarda, affezionatamente conosciuto in paese come Moffu o Mo’. Mia madre aveva dato alla luce quattro bambini prima di me.”

Ogni mattina mia madre mi conduceva a messa. Nella chiesa di San Nicolo’ e a “Bata Nova” (Santa Maria delle Grazie) imparai molte preghiere che ricordo ancora oggi. Vediamo se ci riesco a recitarne una:

Salve, Santa Regina,

Vergine del Rosario,

Da tutti venerata

Abbi misericordia!”

Ogni mattina era sempre la stessa cosa a non finire. Ora non ricordo piu’ tutto. Imparai anche questa preghiera:

Salve, Santa Regina! Madre del Rosario

Accetta questa preghiera. O Vergine, santa e pura!

O madre, o grande Signora,

Mia difensore!”

Ogni mattina ripetevamo tante volte la stessa preghiera. Poi mia madre e le altre donne del villaggio cantavano cosi’:

Kyrie Eleiso’

Christe Elesio’!

Pater, de caelo, deus

Secundus Te deo

Misere nobis!”

Ogni mattina recitavamo le stesse preghiere. Ogni mattina recitavamo “Patri Nuostri,

Avi Marie,” Rosari e Litanie e poi cantavamo:

O Maria, l’Assunta ‘ncielu

e di l’angilu fui adurata.

Ncurunata fu regina

Di l’Eternita’ Divina.”

Mio Padre -posso rivelarlo sul nastro che stai registrando? – lavorava come un somaro ed era una persona molto seria. A lui non piacevano certe cose che mia madre faceva, come andare a messa ogni mattina con tutte quelle litanie, Ave Marie e Rosari. E si arrabbiava. Mia madre, penso’ fra se stessa -Non lo scrivere per piacere!- ‘Portero’ a casa un po’ di acqua benedetta e gliela aspergo nel cibo. Forse la potenza divina controllera’ la sua indole e addolcira’ il suo temperamento.’ Ah! se mio padre avesse mai saputo che lei gli spruzzava nel piatto l’acqua benedetta toccata da gente con le mani sporche! ‘Mani di Dio’ -avrebbe esclamato e forse altre cose. A dire il vero non so cosa avrebbe fatto! Al ritorno in casa dalla chiesa, mia madre si metteva a tessere al telaio. Questo durava tutta la giornata e presto le causo’ problemi di salute.”

(Tradotto dal libro: “My Mother/ Memoir of a Sicilian Woman”)

Virgo Fidelis”

Alle diciotto di domenica, insieme al Dottore Gandolfo Sapienza, incontro il Signor Gandolfo Curatolo e la sua Signora Nella all’Ufficio della Sezione Carabinieri in Piazza Umberto I. Mi parla della sua carriera e del lavoro che fa come presidente della sezione. Durante il colloquio mi propone di accettare l’onore di essere raccomandato a Roma come Membro Onorario della Sezione Carabineri di Polizzi Generosa. Accetto umilmente la sua proposta che mi presenta con tanta energia e convinzione. Prima di lasciare mi offre degli opuscoli e, in dono, una statuetta della “Virgo Fidelis,” la patronessa dei Carabinieri che io custodisco con devozione a casa mia in Austin, Texas. Concludiamo il colloquio con alcuni scatti (cortesia del gentilisssimo Dottore Gandolfo Sapienza) per ricordare l’incontro insieme a sua moglie Nella e alla loro figlia Barbara che e’ Assessore al Palazzo di Citta’.

Visita alla Scuola Media “G. A. Borgese”

Come al solito mi alzo abbastanza presto e il calendario indica che la mia permanenza a Polizzi Generosa si avvia verso la fine. Comincio a rifare le valigie con calma perche’ la data del ritorno in Texas si avvicina. Domani, ventisei settembre, Francesco mi condurra’ a Cinisi vicino all’Aeroporto Falcone–Borsellino di Palermo per la partenza il ventisette.

Stamattina Francesco viene a prendermi in macchina e, insieme, andiamo alla “Scuola Media G.A. Borgese” a dieci minuti dal Centro.

Che giorno di festa e’ per me, gli alunni delle Elementari e gli studenti di Scuola Media “Giuseppe Antonio Borgese!” Avevo chiesto il permesso di visitare solamente la classe d’inglese, e avevo persino preparato una mini-lezione. Invece i Docenti approvano un’assemblea generale perche’ tutti gli studenti possano ascoltare le mie parole e godere una breve recita delle mie esperienze di emigrante.

Sento nell’aria vibrazioni di sana allegria e provo tanta gioia trovarmi insieme a loro. Il salone della scuola e’ pieno zeppo. Gli studenti piu’ grandi prendono posto in fondo, i piccolini davanti, proprio sotto i miei occhi. I Docenti che guidano e sorvegliano gli studenti mi fanno pensare ai miei trenta anni d’insegnamento e alle migliaia di studenti che frequentarono le mie classi. Mi sento nel mio habitat naturale come se non mi fossi mai pensionato. Guardo i piccolini; sono cosi’ graziosi e mi fanno sorridere.

Per un momento mi rivedo bambino come loro, a scuola, in una stanzetta di campagna con un solo libro e una matita nella mia umile cartella che era una vecchia scatola di munizioni americane. Mi pare quasi miracoloso! Un bambino-contadino arrivato oggi al sommo delle lauree che viene onorato e apprezzato per merito di tante persone che l’hanno aiutato e incoraggiato durante il suo lungo viaggio spirituale e intellettuale. Fra di loro rivedo, in un flash, anche il mio maestro di quinta elementare che, al bivio della mia vita, mi indirizzò verso gli studi.

Un maestro influenza l’eternita’. Non sa mai dove la sua influenza avra’ fine. Senza dubbio l’ attenzione e intervento del maestro Russo Alesi influenzarono la mia scelta e la mia eternita’. Per questo scelsi l’insegnamento. E per questo vidi sempre in ogni mio studente una persona “misteriosa” che se, ben diretta,avrebbe fatto bene a se stessa e all’umanita’.

Francesco Dolce mi presenta. Condivido alcuni eventi della mia vita di emigrante e poi chiedo agli studenti di farmi delle domande che trovo davvero interessanti e molto profonde. Mi accorgo dagli applausi che la visita di un italoamericano, Polizzano DOC, e’ piaciuta a tutti.

Finiamo l’incontro cantando “Happy Birthday” tanto per fare qualcosa in inglese.

Che bellissima esperienza! Grazie ragazzi, grazie Docenti!

In questo incontro, proprio prima del mio discorso, avviene un episodio che ricordero’ per sempre. Riguarda un bambino della prima o seconda elementare che aveva una scarpa da tennis sciolta. Mi abbasso, quasi in ginocchio, e gliela lego. Mi ringrazia e io gli dò la mano. Alcuni professori che stanno li’ vicino mi vedono inchinato e trovano la mia azione squisita e dolcissima. “Che umilta’! Un professore come Lei che si inchina a legare la scarpa a un bambino,” esclama la professoressa Giuseppina Macaluso. “Oh, no, niente,” le rispodo. “Per me e’ solamente l’atto spontaneo di un nonno verso il nipotino.”

Poco dopo, senza neppure pensarci un attimo, lego la scarpetta a un altro bambino. Proprio a quel punto mi accorgo dalla coda dell’occhio che un terzo bambino comincia a sciogliersi la sua nella speranza che gli la legassi anche a lui. Lo avrei fatto volentieri, ma non ho avuto il tempo perche’ dovevo iniziare il discorso dopo un caloroso battimani che mi diede il benvenuto. Sarebbe stato un bel divertimento andare avanti con questo gioco fra me ed i bambini; bello per colui che vi e’ disposto a giocarlo e piu’ bello ancora per chi vi partecipa. Chissa’! Forse avro’ l’opportunita’ di legare la scarpa anche a lui se lo incontrero’ un’altra volta quando ritorno a Polizzi Generosa!

Questo momento cosi’ semplice ed ordinario mi ispira a meditare su un messaggio piu’ profondo: “Come sarebbe bello -mi ripeto- se ognuno di noi ‘legasse la scarpa’ del suo vicino specialmente di colui che ha meno di noi, o sa meno di noi!” La nostra comunita’ sarebbe piu’ bella, piu’ nobile e piu’ umana.

In quel momento inaspettato, tanto normale e naturale per me, i bambini insegnano un grandissimo valore al “professore”: “Che ognuno di noi diventa piu’ umano e completo quando si abbassa ad allacciare “le scarpa slacciata” del prossimo bisognoso.

Oggi, una scarpetta da ginnastica, un laccio, e un atto di gentilezza genuina ed inaspettata creano piacevoli sentimenti in me e nei bambini che ricevono l’attenzione ispirata da un mio semplice atto di cortesia.” (Diario Quotidiano)

Quel pomeriggio, girando per le strade, incontro due studenti che mi salutano dicendo che avevano raccontato tutto ai genitori. Gioiosi per la mia visita, mi chiedono il permesso di scattare una “selfie” con il loro telefonino per il piacere di essere ritratti con me.” Come posso dire di no al giovanissimo sangue polizzano? Li accontento.”

La mia visita e' stata come immergere un pesce nel suo habitat naturale. I bambini delle Elementari, gli studenti delle Medie e i cordialissimi Docenti hanno ossigenato e rinvigorito la mia “eterna” vocazione d'insegnante perche’, quando sono in aula, e’ proprio li’ che rivelo e condivido il meglio di me stesso. Oggi tutti gli alunni della “Scuola Media G.A. Borgese” e i loro Insegnanti mi hanno fatto questo grandissimo ed indimenticabile dono. Grazie.”

A Polizzi Generosa esiste la tradizione della messa serale. Sento la campana di Sant’Orsola chiamare i fedeli all messa vespertina. Una voce interna m’invita a partecipare. Attraverso le varie stradine e, in poco tempo, mi trovo nella mia chiesetta favorita: Sant’Orsola, la mia parrocchia e la chiesa dove fui battezzato nel suo Fonte Battesimale il primo ottobre del 1939, poco piu’ di due settimane dopo la mia nascita. Padre Giuseppe Lanza amministro’ il Sacramento versando un vasetto d’acqua sul mio capo nel fonte di granito, testimone silenzioso di numerossimi battesimi attraverso i secoli.

Il mio Certificato di Battesimo in Latino

Tradotto da me dal Latino:

(Il primo ottobre del 1939, io Sacerdote Giuseppe Lanza di questa chiesa di Sant’Orsola battezzai un bambino nato il giorno 13 di settembre dell’anno 1939 alle ore 15:10 in questa Parrocchia da coniugi legittimi Macaluso Antonino e Liarda Giuseppa a cui fu imposto il nome Marius (Mario). Il padrino fu Sausa Gioacchino, figlio di Antonino. (Firmato: Sac. Giuseppe Lanza)

La chiesa, splendente dopo il restauro, e’ un vero gioiello dove si respira un’atmosfera che incoraggia il senso del sacro. L’interno e’ stupendo con quadri e statue e i suoi due portici di stile rinascimentale e gotico.

Mi siedo fra i fedeli, e silenzioso m’inginocchio in preghiera nella “mia chiesetta” dove avevo pregato tante altre volte, dove avevo servito la messa per vari anni, dove accompagnavo i bambini del mio vicinato a pregare insieme, e dove coltivai la mia vita spirituale in preghiera davanti al Santissimo Sacramento. Quanti anni! Quante memorie! Quante benedizioni divine!

Padre Gianni e’ il celebrante per i pochi fedeli che partecipano alla messa. Sono tutte donne tranne “il pellegrino americano” e il celebrante. A Polizzi, come in altri paesi della Sicilia, gli uomini lasciano alle donne il compito di pregare e di andare a messa. Forse ancora oggi seguono la stessa tradizione culturale. Mi ricordo, da giovanetto, che i mariti solevano accompagnare le mogli in chiesa, ma si fermavano quasi sempre fuori ad aspettarle per accompagnarle a casa dopo la messa. Chissa’ perche’ usavano fare cosi’.

Stasera mi sento fortunato e benedetto di poter partecipare e rivivere l’atmosfera della mia fede nata e cresciuta in questa chiesa! Seduto, in attesa dell’inizio della messa, contemplo fissando gli occhi sul quadro della Madonna che sovrasta l’altare; quante grazie concesse, e quanto amore di Gesu’ e della Madonna mi hanno sempre accompagnato in un altro continente! Sento gratitudine per il dono della fede e prego di continuare cosi’ nel cammino che ho ancora da compiere in questa vita terrena. Misteriosamente, anche stasera, ricevo pure un altro dono: quello di trovarmi nella mia chiesetta favorita, nella mia casa spirituale e pregare con la comunita’ cristiana di Polizzi Generosa!

Mentre sono immerso cosi’ in tante memorie di un tempo, qualcuno mi tocca alla spalla e mi chiede se mi piacesse leggere durante la messa. L’accetto umilmente. Quando arriva il mio turno, leggo l’Epistola di Timoteo con una certa arte accademica, appresa da tanti anni d’insegnamento, che sorprende la comunita’ presente. Alla fine della messa mi sento dire: “Come ha proclamato bene la Parola, Signor Mario! Complimenti!”

Che esperienza meravigliosa quella di trovarmi a Polizzi Generosa, poter partecipare in questo modo alla loro messa, e sentirmi come uno di loro, polizzano e cattolico! Che grande dono e’ per me essere, appartenere, vivere, e pregare insieme! Questa esperienza spirituale, unica e preziosa si ripete tre volte durante la mia permanenza a Polizzi Generosa accettando l’invito di proclamare le Sacre Scritture a Sant’Orsola, alla Chiesa Madre e in casa di Monsignore Raffaele Anselmo.

Per un pellegrino che viene da lontano, uomo maturo, ma dal cuore di “ragazzino-contadino,” la lettura delle Scritture e’ stata un grande onore e un privilegio indimenticabile.

Lettura dell’Epistola di San Paolo in casa di Monsignore Raffaele Anselmo

Un momento intimo veramente umano e spirituale

Ringrazio di cuore il Dottore Gandolfo Sapienza per gli scatti di questo incontro provvidenziale.

Il Trittico: “...sublimi momenti di arte e fede”

Come al solito mi alzo presto sapendo che questo e’ l’ultimo giorno della mia vacanza a Polizzi Generosa. Faccio colazione e mi organizzo con le valigie per la partenza per Cinisi, un paesetto vicino all’Aeroporto Falcone-Borsellino di Palermo. Lascio un regalo al mio “angelo” Enza Cristodaro e un altro a Francesco Dolce. Le valigie sono pronte. Cerco di lasciare tutto in ordine nella mia casa-museo e controllo di aver in possesso tutto quello che mi e’ necessario per viaggiare e rientrare negli Stati Uniti.

Per essere sicuro di non perdere il volo della Meridiana, in programma per le otto domani mattina, lascio il paese questo pomeriggio. Con calma Francesco Dolce mi conduce in macchina all’Hotel “Il Pirata” a Cinisi. Per questo gli sono tanto grato e lo ringrazio di vero cuore per la sua assistenza, generosita’ e ospitalita’ dal principio alla fine delle mie vacanze.

Naturalmente faccio l’ultimo giro del paese, scattando ancora tantissime foto e cercando di scolpire nella mia mente tutto quello che vedo e sento sino all’ultimo momento. Per la via incontro Giuseppina Zafarana e le spiego perche’ non ero riuscito a presentarmi a casa sua la domenica passata. Le riferisco pure che le avevo lasciato un bigliettino e una bandierina americana vicino alla porta di casa perche’ nessuno aveveva risposto al campanello.

Verso le dieci mi avvio alla Canonica per un appuntamento con Padre Gianni che trovo occupato con il restauro. Lo lascio fare con calma mentre ammiro dal Salone Parrocchiale il panorama della valle che circonda il paese e raccolgo un pezzetto di marmo e di tegola che porto in Texas come ricordo.

Appena libero, Padre Gianni m’invita nel suo ufficio; parliamo un po’ della mia vacanza; mi regala uno dei suoi libri e poi mi conduce all’interno della Chiesa Madre attraverso una porticina quasi nascosta per dare uno sguardo alle meraviglie artistiche che vi sono preservate e godere ancora una volta sublimi momenti di arte e fede davanti al Trittico fiammingo di Rogier Van Der Weyn sotto lo sguardo della Santa Vergine, “Sedes Sapientiae.”

E’ quasi mezzogiorno. Uscendo dalla chiesa, Padre Gianni m’invita a prendere qualcosa da Renato al Ristorante Itria. Facciamo pranzo insieme in un’atmosfera di sincera amicizia e con tante espressioni di gratitudine da parte mia per tutto quello che ha fatto durante la mia permanenza.

Ritorno a casa, do un un ultimo saluto a Maria, Enza e ai vicini. Poco dopo arriva Francesco e lasciamo Polizzi Generosa, via Scillato, serpeggiando per la valle tra noccioleti e uliveti protetti ed abbelliti dalle Madonie. Ancora per un po’ di tempo mi riempio gli occhi della flora e del paesaggio bucolico che sembra ondulare “di greppo in greppo” verso l’orizzonte.

Strano! Sto lasciando Polizzi Generosa, ma non mi viene una lacrima agli occhi. Ho pianto all’arrivo. Ma ora, perche’no? Forse perche’ il mio cuore era vuoto all’arrivo, ma ora e’ strapieno di meravigliosi sentimenti che non lasciano alcun posto libero alla tristezza. Sento, invece, nel mio essere un desiderio intenso che infiamma la speranza di ritornare ancora nel paese che amo. Ma non sapendo il futuro, appena giunto a Scannali, giro il capo verso Polizzi Generosa, sorrido e la saluto commosso agitando la mano. Sul ciglio della roccia il mio borgo natio appare come una nave che, al tramonto, sta salpando senza di me nello spazio infinito.

Tramonto a Polizzi Generosa

Arriviamo a Cinisi dopo il tramonto. All’Hotel Il Pirata trovo un biglietto di Antonina Balistreri che viene a salutarmi piu’ tardi insieme a suo fratello e cognata. Ci sediamo al ristorante, prendiamo un caffe’ e conversiamo passando qualche oretta insieme. La ringrazio tanto per la visita e la grossa scatola di acchiughe salate che mi porta in dono.

L’hotel e’ piccolino, ma ben illuminato, con stanze splendidamente pulite e con un ristorante di qualita’. Quando ritorno in camera accendo la luce e trovo tutto bianco: i muri, il mobilio, le lenzuola e la coperta. Ho una stanza luminosissima. Sono circonfuso di luce. Mi siedo al tavolino e scrivo queste ultime note. Francesco e’ gia’ di ritorno a Polizzi. Antonina e famiglia sono gia’ ad Aspra. Nel silenzio della notte mi ristorano le luminose memorie di una vacanza incredibilmente stupenda!

Stanza luminosissima all’Hotel “Il Pirata” in Cinisi

Verso le venti scendo giu’ al ristorante e ordino una cena che mi piace tantissimo: Insalata mista, pane di semolina, un bicchiere di vino rosso e fritto misto di pesce.

Mi ritiro per l’ultima notte in Sicilia. Sono quasi le ventidue. Buona notte Sicilia!

Rientro in America

Vado a dormire alle ventidue e dormo abbastanza bene in un letto comodo e pulitissimo. Metto la sveglia, ma mi alzo molto piu’ prima, ansioso di non perdere l’aereo. Piano, piano, mi rado la barba, faccio la doccia, metto via le ultime cose nella valigia, controllo una lista, prendo le vitamine, conto il denaro per il tassi’, e mi assicuro di avere in possesso il biglietto aereo, il passaporto e l’Iphone.

Mangio un panino preparato la sera prima perche’ tutti dormono ancora e il ristorante non apre sino alle otto di mattina. Per passare un po’ di tempo rileggo le pagine delle mia vacanza ricchissima d’incontri e di esperienze favolose. Guardo le centinaia di foto che ho fatto e rivivo la vacanza che mi sembra davvero un bellissimo sogno. Quanti abbracci, quanti inviti, quanti complimenti, quanti amici e parenti e quanta festa! Quanta grazia!

Alle sei arriva il tassi’ di Damiano e lascio nel buio della notte per l’Aeroporto Falcone-Borsellino. Sono molto soddisfatto di aver passato una vancanza bellissima ed eccitato perche’ ritorno a casa con tante memorie di eventi favolosi. Nell’aereo B767-300 della Meridiana occupo di nuovo il posto 27B come alla venuta e, per fortuna, il posto accanto resta libero per tutto il volo di ritorno in America. Cio’ mi da’ spazio per rilassarmi e riposare meglio.

Attraverso il Mediterraneo, la Sardegna, poi la Spagna, il sud della Francia e la punta occidentale dell’Inghiltera. Molti Siciliani fanno pure ritorno in America. Il volo e’ calmo e piacevole. Nove ore dopo arrivo sano e salvo negli Stati Uniti all’Aeroporto JFK di New York.

God bless America! Grazie alla Santa Vergine, alla “Virgo Fidelis” che mi sta accanto in una borsetta. Grazie a tutti i Polizzani!”

(Diario Quotidiano)

Adesso presente a casa mia

Ho tanto bisogno di rivedere la mia famiglia, ma non ancora. Un volo dell’American Airlines mi trasporta tre ore e trenta minuti da New York ad Austin dove mia figlia Josephine mi sorprende con la sua presenza inaspettata all’Austin-Bergstrom International Airport e con un abbraccio mi da’ il benvenuto in Texas.

Welcome to Austin!”

In volo verso New York e Austin, Texas con ricordi e memorie che dureranno tutta la mia vita.

La Famiglia

La lunga permanenza a Polizzi Generosa mi da’ la possiblita’ d’incontrare parenti e cugini che non vedevo o non conoscevo da quasi sessanta anni. Che momenti stupendi sentirmi connesso con il mio sangue, pranzando con loro e passando delle ore stupende in perfetta compagnia!

Polizzi Generosa, citta’ culinaria

I Siciliani vantano una tradizione culinaria stupenda e sanno cucinare. I Polizzani, in particolare, sono al primo posto. La loro cucina fa invidia ai piu’ famosi chef che incontriamo in televisione. I piatti polizzani sono semplici, buoni, vari e gustosi.

Condivido piatti tipici e frutta che ho assaggiato durante la mia permanenza. Naturalmente ci sono ancora tantissimi altri piatti che arricchiscono la cucina polizzana. Basta consultare “Polizzi Generosa anche a tavola” (Edizione Grifo) e i due libri di Vincent Schiavelli: “Bruculinu, America” (Simon & Schuster) e “Many Beautiful Things” (Houghton Mifflin Company).

Non so come funziona il regolamento del paese per quanto riguarda l’apertura e la chiusura di luoghi pubblici e di esercizi commerciali. Con questo in mente desidero chiarire che i miei commenti si esprimono dal punto di vista di un comune turista straniero che viaggia chilometri e chilometri per venire a Polizzi Generosa forse perche’ ha letto articoli molto esaltanti sull’arte, la cucina e la storia del nostro paese. Probabilmente, come me, avra’ fatto tanti chilometri in aereo o in macchina per arrivare nella nostra citta’.

Questo turista straniero, che viene da un altro paese e da un’altra cultura, spesso non sa che, a mezzogiorno, Polizzi Generosa si svuota come tanti altri paesi siciliani, rimanendo silenzioso come un cimitero per parecchie ore. Arriva in macchina con sua moglie per una visita turistica e trova posteggio al Carmine in Piazza Matteotti.

Marito e moglie escono dalla macchina. Non c’e’ nessuno attorno. Non parlano nemmeno la lingua. Cercano.. guardano in giro. Non trovano una cartina che indica la direzione dove andare, ne’ una lista di ristoranti aperti dove pranzare, ne’ un cartello dove trovare un bagno pubblico. Fortunatamente si avviano, senza saperlo, verso Piazza Umberto I, camminando per “U Viulicchiu,” (Via G. Borgese).

Bravi! Meno male. Vanno senza saperlo verso il Centro. Arrivano in Piazza Umberto I. Sorpresa: Tutto e’ chiuso.

Cercano allora l’Ufficio del Turismo: Niente. E’ chiuso. Oh no! Peggio ancora, forse non esiste. E se c’e’, non sanno dove si trova.

Un bagno pubblico dove potrebbero trovarlo? Guardano in giro nella piazza deserta. Ma no, per loro non esiste neppure. Si’, forse c’e’ in qualche parte, ma non sanno dove. Bisognerebbe andare in una dolceria, ma non sanno dove si trova e se ce n’e’ una aperta nei dintorni. Cercano una bacheca con nomi di ristoranti, dolcerie, musei, e bagni. Non la trovano nemmeno.

Li guardo da lontano. Cercano di farsi capire da qualche anima solitaria che sta attraversando Piazza Gramsci. No, non ci riescono. Poverini! Cosa fare?

Come ti sentiresti tu se fossi uno di questi turisti in visita a Polizzi Generosa?

Fortunatamente mi trovo sul posto e li vedo confusi e avviliti. Mi avvicino e chiedo: “Do you speak English?” (Parlate inglese?) Rispondono di si’ con un sorriso di gioia e di sollievo. Indico allora il Ristorante Itria, l’unico che sapevo aperto a quell’orario. Ed e’ proprio la’ che finalmente trovano un bagno e cibo delizioso. (Per ovvi motivi non avevo indicato i bagni pubblici in Piazza Trinita’.)

Mi chiedono informazioni su qualche museo, chiesa, o quando si puo’ vedere il Trittico. Non so cosa rispondere perche’ sono a Polizzi Generosa da pochi giorni e non conosco gli orari come esercitano il turismo in paese. Al momento tutto e’ chiuso non solo perche’ e’ mezzogiorno, ma anche perche’ manca in paese –come mi riferiscono- un ufficio turistico efficiente o almeno una bacheca alla mano con informazioni precise su musei, chiese, ristoranti, pasticcerie, bagni, ore di apertura e numeri telefonici.

Il turista e sua moglie pranzano al ristorante, vanno in bagno, e lasciano Polizzi Generosa senza vedere un’opera d’arte o godersi un dolce polizzano, o prendere un caffe’ perche’ non sanno nemmeno dove trovare una dolceria aperta.

Morale di questo episodio.... Brutta esperienza turistica!

A questo punto mi permetto, da “Cittadino Onorario” di offrire qualche suggerimento come creare un turismo pratico e organizzato:

Secondo me non basta avere un retaggio artistico, botanico e culinario di qualita’ se mancano le infrastrutture per attirare turisti nazionali e stranieri.

Per creare un turismo pratico e organizzato e’ necessario prima di tutto soddisfare i tre bisogni essenziali di ogni turista. Questi bisogni-base sono tre: 1) Letto (un luogo dove pernottare comodamente. 2) Bagno pubblico pulito 3) Cibo (ristoranti, dolcerie, negozi alimentari aperti).

Con queste tre infrastrutture essenziali in atto, poi organizzare un programma come tenere musei, chiese, biblioteca aperti con orari stabili e fissi.

Tuttavia per “organizzare un tale programma” bisognano:

A) Ufficio del Turismo (ubicato in un posto centrale, visibile, facilmente accessibile, non al Palazzo Comunale. Scelta ideale in Piazza Umberto I. Un Ufficio che si occupa di pubblicita’, di contatti con agenzie di viaggio, corrispondenza telefonica o telematica e di tutto cio’ che fa fiorire il turismo.

B) Appoggio finanziario del Comune

C) Non m basta una segnaletica al Centro, ce ne vuole un altra a Piazza Matteotti dove si posteggia, contenente almeno: 1) nomi di ristoranti aperti, 2) bagni pubblici, 3) orario per visite culturali e 4) numeri telefonici essenziali

D) Un Volontariato che aiuti a tenere aperto l’Ufficio Turismo, a rispondere al telefono o in computer a coloro che chiedono informazioni.

E) Una semplice pagina web aggiornata a cui riferire i turisti locali, nazionali e internazionali.

F) Guide bilingue

Calendario

Non mi aspettavo tanti inviti a pranzo o a cena durante la mia lunga vacanza a Polizzi Generosa. Uno o due appuntamenti li avrei ricordati abbastanza bene, ma anche quelli mi sarebbero scomparsi dalla mente dopo un lungo viaggio piuttosto faticoso, insieme a tanti incontri, saluti, attivita’ varie, visite e nuove conoscenze durante tre i favolosi giorni della Festa di San Gandolfo!

Per non fare brutta figura decido allora di annotare tutti gli inviti nel mio Diario Quotidiano:

Domenica, 17 settembre, Festa di San Gandolfo

Invito a pranzo in casa di Franco Potestio, Anna Troina e Maria Mudaro

Accetto volentieri il loro invito a pranzo il giorno della Festa principale di San Gandolfo. Questi amici abitano a due passi dalla mia casa-museo e fanno parte della terza e quarta generazione della famiglia Dolce-Mudaro, la cui amicizia con la mia famiglia dura da piu’ di un secolo. Sono cosi’ affabili e generosi. Anna prepara un pasto veramente squisito che io accompagno con un bicchiere di vino rosso e alla fine una porzione di sfoglio, una torta tipicamente polizzana creata dalle Suore Benedettine di Santa Margherita nel diciassettesimo secolo, e condividiamo il torrone di Caltanissetta che ho portato in regalo.

168

Durante il pranzo parliamo di tante cose, scatto delle foto, celebriamo la nostra amicizia che va indietro quattro generazioni, e festeggiamo il Santo Patrono San Gandolfo la cui processione avra’ luogo alle ore quindici.

Anna Troina e Franco Potestio con lo sfoglio

Maria Mudaro mi da’ in regalo un centrino all’uncino disegnato e lavorato da lei che io terro’in mostra su un mobiletto nel mio ufficio in Austin, Texas.

Lunedi’, 18 settembre 2017 --San Gandolfo lascia Polizzi--

Invito di Lucia Scola e Maria Iraggi

Pranzo in casa a mezzogiorno

La Festa di San Gandolfo continua ancora in casa di Maria e di Lucia che m’invitano a pranzo dove, con piacere, incontro anche il fratello Giuseppe venuto, anche lui, a Polizzi Generosa dall’Olanda in occasione della festa.

Maria e Lucia preparano un pranzo molto buono: pasta ai fagioli badda tenerissimi, peperoncini fritti e caponatina. Non mancano pane, vino e frutta. Alla fine beviamo un espresso accompagnato dal torrone che porto in regalo.

Complimenti per un pranzo meraviglioso in un’atmosfera di sincera amicizia ed intima cordialita’.

Lunedi’, 18 settembre 2017

Invito a cena da parte di Pina Russo Alesi e famiglia: Sara, Maria Teresa, Daniela, Cecilia, Mary e Gregory

Conoscevo indirettamente Mary e Gregory Profeta, due italoamericani. Attraverso il loro contatto, incontro il resto dei parenti che mi fanno una festa incredibile sebbene non ci conoscessimo prima di allora. C’incontriamo durante la processione che, lunedi’ pomeriggio, riporta la statua di San Gandolfo all’Eremo. Siamo tutti alla Guardiola. Ci salutiamo, scambiamo notizie e ridiamo come se ci conoscessimo da tanto tempo. Qualcuno mi chiede:

Ci vai ad accompagnare il Santo alla chiesetta laggiu’ fuori paese?”

Mi piacerebbe tanto,” rispondo gentilmente,” ma non ho come arrivarci.”

Ci pensiamo noi,” rispondono in coro. “Abbiamo due macchine e c’e’ posto per te.”

Cosi’ vado con loro e provo per la prima volta l’esperienza del ritorno del Santo nella sua chiesetta di campagna, insieme a tanti Polizzani che, in macchina, accompagnano la statua che viene trasportata su un camion. In chiesa e fuori nello spiazzale sento la recita dei Vespri. Alla fine Padre Gianni mi prende per il braccio e, facendosi strada tra la folla, mi porta proprio davanti all’altare per osservare come alcuni giovani robusti sollevano la statua nella nicchia che sovrasta l’altare. A cerimonia finita m’incontro con la comitiva per rientrare in casa.

In macchina segue un’altra domanda:

Dove vai adesso?”

Ritorno a casa per fare cena.”

Ma no! Niente affatto. Devi venire a cenare con noi stasera.”

Finalmente cedo alla loro insistenza. E cosi’ mi portano da Zia Pina Russo Alesi, dove seduto accanto a loro, faccio cena dopo aver proposto di recitare una semplice preghiera prima del pasto. Ottimo cibo, ottimo ristorante, ottima amicizia in cordialissima atmosfera.

Parliamo di tante cose e ridiamo fra una battuta e l’altra. Mi sento cosi’ amato e benvoluto da una famiglia sconosciuta che mi ha accettato come uno di loro. Passiamo insieme varie ore in perfetta armonia. Guardo l’orologio. E’ molto tardi. Ritorno a casa verso mezzanotte alla luce dei lampioni comunali che, nel buio silenzioso, sembrano ricreare la storia misteriosa di un paese medievale addormentato. Non c’e’ quasi nessuno per le strade.

Prima di rientrare, invito tutta la famiglia di Pina a partecipare alla Cerimonia della mia Cittadinanza Onoraria e, a mia sorpresa, si presentano tutti quanti all’Aula Consiliare per celebrare con me. Che gente stupenda! Non dimentichero’ facilmente questa bellissima serata trapunta di amorevolissima ospitalita’!

Invito di Lidia e Calogero Macaluso

Pranzo ai Mulini

Delizioso ritornare ai Mulini da Lidia e Calogero Macaluso! Mi sono ricordato dei loro genitori, Teresa e Giovanni che m’invitarono varie volte durante qualche breve soggiorno a Polizzi Generosa. Persone splendide e indimenticabili! Direi favolose! Ai Mulini incontro pure la loro figlia Maria Teresa e la sua bambina, Giordana.

Trovo molto piacevole la campagna dove mi sento psicologicamtente sano, completo e pienamentete soddifatto, circondato da ficodindia, noccioli, fagioli a badda rampicanti e alberi di fico. Chiudo gli occhi e respiro l’aria della mia terra.

Lidia prepara un pasto meraviglioso come fanno tutte le bravissime cuoche polizzane mentre Calogero prepara la brace con legna di nocciolo che arde a tutta forza. Il pranzo e’ pronto. Ci sediamo. Dico una piccola preghiera di ringranziamento e ci godiamo il cibo e la compagnia.

Quanto alla frutta Calogero prepara, a mia sorpresa, un piatto di fichidindia sbucciate e di vari colori perche’ le assaggiassi. Caffe’ e dolce completano il pasto lasciando nella mia mente piacevoli memorie di questa gita in campagna e della loro loro espressione di amore verso di me.

Di ritorno a Polizzi, Calogero mi fa vedere la Fontana chiamata Naftolia dalla ninfa Thalia secondo un racconto mitologico. Coperta di erbacce per tanto tempo, la Fontana Naftolia e’ stata ritrovata, silenziosa testimone della lunga storia di Polizzi Generosa. Ci fermiamo un momento e facciamo delle foto. Prima di lasciare la tocco leggermente quasi per sentire il polso del mio popolo antico. Non avevo mai visto la Fontana Naftolia prima di oggi.

Entrando poi in paese, Calogero decide di farmi vedere pure la zona nuova di Polizzi Generosa chiamata “Santo Pietro”. Mi spiega come e’ sorta e mi racconta come e perche’ tanti edifici non sono stati mai completati. Girando ancora un altro po’ mi indica l’area degli scavi ellenistici che portarono alla luce tanti oggetti della civilta’ funeraria greca, esposti ora al “Museo Archeologico” al centro del paese. Anche questa zona non l’avevo mai vista prima di oggi.

Mercoledi’, 20 settembre 2017

Invito di Angelina, Santo Giampapa e Famiglia

Pranzo in campagna a “Santu Pietru”

Mi aspetta un pranzo squisitissimo e vario in campagna a Santu Pietru in casa di Angelina Malviani e Santo Giampapa. Sono presenti Maria Malviani e Tano Ferrera, Lucia Malviani, e poi tanti altri membri della famiglia. Angelina, Maria e Lucia sono sorelle di mia cognata Nina e di Pina che abitano a New York.

Francesco e’ pure invitato. Mi porta in macchina Non sono mai stato a Santu Pietru, una zona nuova vicino agli Archi distante meno di dieci minuti dal centro del paese. Santo mi da’ il benvenuto e ci salutiamo con tanti abbracci e baci con la famiglia. Mi fa vedere il suo giardino dove scopro un melo caricatissimo che non mi sembra vero. Mi avvicino per godere la sua bellezza e palpeggio le mele mature tanto colorite. Scopro anche alberi di fico, ciliegi e piante di ficodindia attorno alla casa.

Sebbene mi trovi cosi’ lontano dal Texas, mi sento a casa mia perche’ sono circondato da tanto affetto, squisita cordialita’ e genuina ospitalita’. Nell’intimo del mio cuore mi sento membro di questa famiglia. Mi fanno sedere al centro di un lunghissima tavola apparecchiata sotto una tenda. Offro di recitare una preghiera. Lo facciamo insieme. La giornata e’ bellissima e il cibo molto squisito: pizza, vegetali alla griglia, pane, formaggio e salame, asparagi fritti, vino rosso e poi dolci e sfinge, quasi tutto preparato in casa. Frutta fresca, colta in giardino, fichi, mele e tanta armonia concludono il pranzo.

Quanto cibo! L’intera Famiglia. Che festa!

Una tavola apparecchiata che non finisce mai Che sapore! Grazie Lucia, Angelina e Maria

Maria con il nipotino Marco Pere nel giardino a Santu Pietru Lucia e Angelina al forno

Un vassoio di frutta Con Santo Giampapa, Francesco Dolce e Gaetano Ferrera

Frittella di asparagi selvatici

Il cibo e l’amore di famiglia a Santu Pietru mi riempiono l’anima di sentimenti meravigliosi e la mente di memorie indimenticabili. Grazie di cuore a tutti.

Venerdi’, 22 settembre 2017

Invito a Giurfaria di Nino Gianfisco e dei genitori Stefana e Salvatore che mi fanno sentire come se fossi a casa mia. Pranzo squisito, amicizia incantevole e sincera ospitalita’.

Stefana e sua sorella Giuseppa preparano un pranzo squisitissimo e organico al cento per cento; pasta e fagioli badda freschi, melanzane al forno gustosissime, e poi fagioli badda con carne a stufato molto deliziosi. Ringrazio tanto Nino, i suoi genitori Stefana e Salvatore e anche la zia Giuseppina Picciuca.

22 settembre 2017 (la sera)

Invito di mia cugina Rosa, suo marito Stefano e famiglia a cena

Cena alla Pizzeria “U Funnacu” da Biagio Pantina e Rosalia Zimbardo dove scopro pizze di tutte le descrizioni. Atmosfera di festa, bellissima Pizzeria–Ristorante.

Sono circondato da tanto affetto, tanti sorrisi e tanti parenti ed amici. Facciamo festa e

scattiamo foto per ricordare il gioioso evento.

Sabato, 23 settembre 2017

Invito di Enza e Francesco Dolce

Pranzo a Cefalu’

Pranzo squisito in una bellissima villa, la villa di Enza e Francesco, in un’atmosfera affettuosa e ospitale. Incontro anche la piccola Nicole. Completiamo il pasto con cannoli preparati in un’ottima pasticceria locale.

Grazie dell’invito a pranzo e del caloroso benvenuto. Subito dopo pranzo Francesco ed io iniziamo il giro turistico di alcuni paesi madoniti.

Domenica 24, settembre 2017

Invito Di Enza Spagnuolo e Famiglia al Castello

Pranzo

(Invito a pranzo anche di Giuseppina Zafarana Cianci al quale, dispiacente, non posso partecipare per vari motivi.)

Incontro la famiglia di Enza e rivedo mio cugino Nino, suo marito, dopo tanti anni. In occasione della mia visita preparano un bel pasto squisito e abbondante che si conclude con frutta e dolce. Mio cugino Nino e’ accanto a noi e sono contento di vederlo. Tutta la famiglia mi fa sentire come un fratello. Passiamo alcune ore insieme e ci ricolleghiamo con tanto affetto dopo moltissimi anni. Dopo il pranzo andiamo ad esplorare il giardino del Castello per vedere un esemplare dell’albero chiamato “Abies Nebrodensis.”

Domenica mattina, 24 settembre 2017

Colazione da Rosina e Vincenzo Zimbardo

Un invito molto gradito e dei momenti bellissimi passati insieme. Rosina mi mostra la foto

dei suoi nonni, di cui A Za’ Rusaria, la donna dolcissima che celebro all’inizio di questo

libro. Non ricordavo piu’ che Rosina fosse, pure lei, sua nipote.

Domenica, 24 settembre, 2017

Invito a cena da Giuseppina e Renato al Ristorante Itria

Scegli cosa vuoi?” Mi ripetono. Chiedo gentilmente di prepararmi qualche cosa molto semplice. Vedo arrivare invece un antipasto abbondante, poi pesce con contorno di verdura, un bicchiere di vino rosso e infine un caffe. E tardi. Il ristorante chiude. Ora Giuseppina e Renato hanno tempo di sedersi con me insieme ai loro genitori e passiamo cosi’ qualche oretta in perfetta armonia; ridiamo, conversiamo e la loro amicizia e cordialita’ genuina mi fanno sentire come una persona molto “speciale.” E’ quasi mezzanotte quando lascio il ristorante.

Lunedi’, 26 settembre 2017

Invito a cena da mia cugina Giovannina

Che ore bellissime abbiamo passato insieme con cibo squisitamente polizzano e vario.

Un incontro dopo piu’ di sessanta anni! Grazie per l’ospitalita’ e l’affetto genuino di tutta la famiglia. Mi avete fatto sentire come uno di voi.

Martedi’, 26 settembre 2017

Invito di Padre Gianni al Ristorante Itria

Pranzo

Con Padre Gianni Silvestri, grande amico, persona di rispetto e di grande cultura. Durante il pranzo parliamo di tante cose e lo ringrazio della sua amicizia, genuina ospitalita’ e il tempo prezioso che mi ha dedicato durante la mia favolosa vacanza a Polizzi Generosa.

NOTE E COMMENTI

Tornare indietro nel tempo. Riassaporare il profumo della propria terra, e ritrovare i luoghi dell’infanzia mai dimenticati dall’emigrante. Vedere riconfermata l’identita’ con il conferimento della Cittadinanza Onoraria. Un sogno che il Prof. Mario Macaluso, Grande uomo, ha potuto realizzare con gli apprezzamenti, la festosa e generosa accoglienza di parenti, amici e concittadini.

(Orazio Pavone, Facebook)

La visita a Polizzi Generosa mi ha riempito l’anima di nuova energia e vitalita’. Niente uguaglla i bei sentimenti che provo passando questi giorni meravigliosi nel luogo che mi ha dato la nascita. La mia vacanza a Polizzi Generosa e’ piena di sorprese e di momenti di pura gioia e di grazia.

(Mario Macaluso, Facebook)

Mario, la tua presenza a Polizzi ha creato grande interesse. Grazie alla tua personalita’ comunicativa e umile ma nello stesso tempo di grande spessore culturale e umano, la benemerenza meritata a un cittadino che non ha mai dimenticato le sue origini ed ha sempre operato per promuovere Polizzi nel mondo.” (Francesco Dolce, Facebook)

Una emozione grande e’ stata per me consegnare la targa ricordo del riconoscimento della Cittadinanza benemerita al Prof. Mario Macaluso.”

(Polizzi Generosa Filo diretto con il Sindaco di Polizzi Generosa, Giuseppe Lo Verde.)

A te per la travolgente passione che hai trasmesso alla nostra gente. L’amore X il Paese, che hai sempre coltivato, oltre oceano.” (Sindaco Giuseppe Lo Verde, Facebook)

Desidero ringraziare Lei, Signor Sindaco, il Consiglio Comunale, Francesco Dolce, Padre Gianni e l’intero popolo di Polizzi Generosa per l’accoglienza calorosa e l’affetto che mi avete generosamente dimostrato durante due settimane piene di nuove esperienze profondamente umane e spirituali. La mia permanenza a Polizzi Generosa ha ringiovanito il mio spirito, la mia anima e la mia vita. Viva Polizzi Generosa e il nostro popolo!” (Mario Macaluso, Facebook)

Non hai idea quante nuove esperienze io abbia fatto, per me molto significative e profondamente umane e spirituali. Scrivero’ un libro e forse questa foto con laT-shirt: “Io amo Polizzi” apparira’ in qualche parte del mio libro.” (Mario Macaluso, Facebook)

Un momento glorioso mentre tengo in mano la targa della mia Cittadinanza Onoraria conferitami dal Sindaco Giuseppe Lo Verde e dal Consigio Comunale di Polizzi Generosa il 21 settembre del 2017.” (Tradotto dall’inglese, Facebok)

Un grazie affettuoso a Prof. Mario Macaluso per i bellissimi momenti che ci ha regalato durante questi giorni a Polizzi. Buon rientro in Texas e a presto. UNA PERSONA COLTA, UMILE E SOPRATUTTO UN POLIZZANO DOC.” (Gandolfo Sapienza, Facebook)

Grazie mille al Signor Sindaco, al Consiglio Comunale, al carissimo amico Francesco Dolce e a tutti i mei compaesani.” (Messaggio personale nel mio sito Facebook)

Ho portato due dozzine di bandierine americane da distribuire a Polizzi Generosa come ricordo della mia visita. Le ho portate perche’ moltissimi Polizzani sono emigrati negli Stati Uniti. Fra l’America e l’Italia non solo c’e’ un buon rapporto politico, ma anche un legame di sangue con Italoamericani provenienti da Polizzi Generosa. Le bandierine sono piaciute a tutti.

Queste bandierine rapresentano il forte legame degli Italoamericani provenienti da Polizzi.” (Mario Macaluso, Facebook)

E’ invidiabile questo tuo entusiasmo verso tutto cio’che la vita ci puo’ offrire. Hai conservato uno spirito giocoso ed e’ una bella qualita’. (Giuseppina Macaluso, Facebook)

______________________________________________________________________

Polizzi Generosa e’ davvero una bella cittadina da fare conoscere. Splendida e’ la sua posizione a novecento diciassette metri sul livello del mare, stupendo il suo vasto panorama, pittoresche le sue stradine e i balconi adornati di piante e fiori. E insuperabile e’ la sua cucina. C’e’ tanta storia e tanta arte a Polizzi Generosa! Questo “borgo” bisogna farlo conoscere ed apprezzare a tutti, specialmente ai nostri concittadini, ai giovani e ai turisti.” (Mario Macaluso, Diario Quotidiano)

_____________________________________________________________________________

Back Cover

Copertina del libro

Prorompo in un pianto emozionato al momento in cui i miei piedi toccano il suolo del Comune di Polizzi Generosa, la culla dei miei ricordi di ragazzino-contadino, e rimango li’, in estasi, ad ammirare “il mio borgo” lontano che spicca sulla roccia, al di la’ di una vallata che sembra ondulare all’infinito. Che senzazione meravigliosa quella di trovarmi finalmente a “casa mia” dopo sei mila chilometri di viaggio, pellegrino solitario che ritorna al suo nido con un fiume di sentimenti racchiusi nel cuore che sgorgano in lacrime di gioia!”

(Io amo Polizzi Generosa/Viaggio Sentimentale)

Il professore Mario Macaluso nasce in Italia nel 1939. Riceve la Laurea in Filosofia a Niagara University, il Masters in Lingua e Letteratura Francese all’Hunter College di New York, il Dottorato in Letteratura Francese all’Universita’ Graduate Center of the City University di New York, e il Diploma di Specialista in Amministrazione Scolastica al Queens College. Durante la sua carriera di docente, il Professore Macaluso insegna Lingue Romanze e Classiche per piu’ di trenta anni, assume la Direzione di Lingue Straniere al Liceo di Syosset a Long Island, New York, e insegna vari corsi universitari. Relatore proficuo e consulente, insegna e dirige anche il Programma di Tirocinio che prepara i nuovi laureandi in Lingue all’Universita’ Statale di Stony Brook a Long Island, New York. Adesso in pensione, vive con sua moglie Dolores nella citta’ di Austin, Texas, e ha due figlie, Josephine e Cristina, e tre nipoti: Makenna Kai, Tyler Antonio e Charli Siena.

 
     
Edizione RodAlia - 04/03/2020
pubblicazione consultata 4207 volte
totale di pagine consultate 865731
Copyright 2008- Ideazione e Coordinamento di Romualdo Guccione - Realizzazione tecnica del sito di Enzo Callari -