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Ambito di Ricerca:Aspetti sociali, in genere
   
SICILIAN MEMORIES_9
by Gioacchino Todaro
 


immagine allegata

LE POESIE DELL'ALIESE GIOACCHINO TODARO,
recitate dall' Autore




QUANTE VOLTE GRAZIE… !


Quante volte, nel chiuso della casa,

dove la Tua pace regna;

sulla terrazza di campagna,

in un tramonto estivo,

per i miei figli e l’amata sposa

o perché sono vivo;

ho detto grazie!


Quante volte, per una passeggiata,

pel saluto di un amico,

per un abito da sposa,

pel mattino d’una estate assolata,

a guardare pero e fico,

il fiorire d’una rosa;

ho detto grazie !


Quante volte, su in alto a mirare

un cielo stellato, una luna piena,

e a lungo stare a contemplare,

trattenendo il fiato a veder la scena;

ho detto grazie !


Anche, per una tavola imbandita,

per un ospite gradito,

per il dì d’un lieto evento,

perché la tempesta s’è assopita,

per un abito indossato,

stare al riparo dal vento;

ho detto grazie !

Per quant’altre, penso spesso

ai pericoli scampati,

alla buona provvidenza

che ogn’or m’ha retto il passo;

agli affetti mai mancati,

alla Tua sempre presenza;

ho detto grazie !


E quante, pel lavoro che m’hai dato,

ch’è stato Galeotto, sereno e sicuro;

per la vita che ho da pensionato,

a motivo d’un progetto, pel vivere futuro;

ho detto grazie !


Per il volo d’un gabbiano,

ai suoi piccoli a difesa,

per un cucciolo già nato,

la carezza d’una mano

mentre l’altra tiene tesa,

per la gioia del creato;

ho detto grazie !


Ancor per altre, senza posa,

per un tenero vagito,

una sana santa prole;

per un nuovo abito da sposa

che ti sia assai gradito,

preservando da ogni male;

dirò grazie.

_____________
Gioacchino Todaro








immagine allegata
Cristo pantocratore - Cattedrale Cefalù

C’ERA UN PAESE...


C’era un paese, posto s’un monte,

ch’era protetto da un muro di cinta.

Viveva soltanto del proprio lavoro,

amava la vita, la pace, l’amore.

 

Aveva ben poco, quello che basta,

metteva sul desco il pane e la pasta,

cose che, a stenti, donava la terra:

acqua di pozzo e farina di farro

condivisi, fra tanti, in letizia

dicendo, segnandosi : grazie!

 

Faceva, con senno, le piccole cose:

quelle che danno il sonno e il riposo

perché teneva, tanto, all’onore

di non avere alcuno a cui dare.

 

In quell’eremo, di pietre e “canali”,

sormontato da due campanili,

la vita scorreva nella tradizione:

come acqua quieta, dentro d’un fiume.

 

Le mamme, a dar latte dal seno materno

con quello per mano svezzato da un anno:

vere fattrici nel mettere al mondo,

avvezze al lavoro, ad ubbidir tacendo.

 

Le nonne, sull’uscio, crescevano i bimbi:

tenuti a dormire con nenie sui grembi;

cucìan le vesti, facean rattoppi

perché le spine avean fatto de’ strappi;

 

filavan la lana con altre vicine,

dicèan d’amori, non andati a buon fine;

lavoravano a maglia, facean le calze

col pensiero all’inverno che incalza.

 

Appena già l’alba, sfornavano il pane

che avean preparato alla luce del lume.

I vecchi, non eran tenuti in disparte,

facevan le ceste seduti alla porta,

o preparavan, s’un ceppo, la legna

per dar fuoco alla cucina ed al forno.

 

Si prendevan anche cura, con arte,

delle buone verdure dell’orto.

Le case, un po’ strette, eran fredde d’inverno:

s’ardeva la brace, si stava d’intorno,

magari a scaldare del pane raffermo

 

Amava la strada, ch’era il suo cuore,

la vita all’aperto, i vecchi sapori

di pane caldo appena sfornato

e di frittelle di miele condite;

 

le mandorle e noci coi fichi asciugati:

delizia, a Natale, pei buccellati;

 

l’odore del mosto, del vino e dell’olio:

incenso, che dalle vie, sale nel cielo.

le frotte di bimbi, fra loro parenti,

intenti a giocare, felici, con niente

ed appena discesa la notte

dividono, assieme, anche il letto;

 

i panni lavati con acqua di fonte

esposti al giudizio di ogni passante;

 

le voci, suadenti, degli ambulanti

a barattare le fave e il frumento

o, quelle pel pesce, dello stagnaro

assieme al coro di ragli sonori;

il batter del fabbro, del ciabattino,

lo strider della pietra dell’arrotino;

 

gli squilli di tromba, a più riprese,

del banditore che gira il paese

per informare tutta la gente

di quanto deciso e d’ogni accidente;

 

i cavalli, addobbati di briglie,

che tirano i carri pieni di paglia;

i muli, grande risorsa a quei tempi,

portano a casa il grano dai campi;

i cani, i gatti e il gallo cantante

con le galline ovaiole ruspanti.

 

Questa era, allora, la strada: il cuore

di tutto e d’ogni sorta di fare,

una scuola di vita all’aperto

che insegnava l’amicizia e il rispetto

ed il tutto tace, col far della sera:

ai rintocchi al perdono e la preghiera!

 

Ma, un giorno…. , maledetta la guerra

che distrusse la cinta e la terra

portando con sé le cose più care:

quell’anima pura ed i suoi valori,

dicendo d’aprirlo a nuovi orizzonti:

perché è così che la storia va avanti !
_____________
Gioacchino Todaro


 

 
     
Edizione RodAlia - 20/03/2018
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