Lingue e Istituzioni
Economiche e Giuridiche
dell’Asia e dell’Africa
Mediterranea
Tesi di Laurea Magistrale
di Driss Guellaa
Il Marocco tra prospettive
islamiche
ed apertura
democratica
Il PJD al potere
2011/2016
Premessa
A completamento dei
miei studi accademici in questa Università, in qualità di cittadino
Marocchino, residente in patria e domiciliato in Italia solamente
per motivi di studio e di lavoro didattico a favore delle comunità
di connazionali qui emigrate, mi sono sentito in dovere di studiare
più da vicino i fenomeni socio-politici dell'ultimo ventennio della
storia del Marocco, esprimendoli in Italiano, così, eventualmente,
da essere meglio divulgabili nel territorio di accoglienza.
Ma soprattutto per
partecipare
emotivamente ad una ricerca che mi chiama in causa come cittadino,
che ha vissuto in parte quegli avvenimenti attraverso una formazione
culturale, frutto di studi e di passione civile, sfociata anche in
rappresentanza sindacale e politica.
A differenza dei
tempi
passati, ora si aprono prospettive nuove di transizione democratica
della vita civile e politica nel segno della libertà e della
responsabilità partecipativa al bene comune.
La prima parte
è un breve excursus storico dei più salienti avvenimenti che hanno
riguardato i leaders del potere politico e religioso precedenti al
ventennio (dagli anni '90 ai giorni nostri) e che ne costituisce,
nella sostanza, l'introduzione.
La seconda parte
è incentrata sugli avvenimenti socio-politici più vicini
all'attualità che hanno visto e vedono partecipi accanto agli
attori tradizionali, monarchia, governo e forze religiose, nuove
tendenze politiche, espresse da associazioni e partiti.
In particolare, si
tratterà
del processo culturale e politico che, sotto gli auspici e le
iniziative dello stesso monarca Mohamed VI, ha avviato di fatto in
Marocco una certa liberalizzazione e maturazione democratica, grazie
all'ascesa di un nuovo partito islamista moderato, il PJD, che al
momento, in maggioranza al governo, guida il Paese con un suo primo
ministro: Abdellilah Benkirane.
Questa sarà la parte
centrale
della tesi.
La terza parte
è dedicata a delle considerazioni sugli avvenimenti descritti, raccolte
dalla cronaca specialistica di stampa nazionale e di mass
media; nonché da resoconti e comunicati ufficiali diramati da
Istituzioni statali, da associazioni di categoria e da partiti.
Nella conclusione, c'è
anche
una
personale valutazione dell'azione di governo, di cui si evidenziano
luci ed ombre.
In Appendice, altresì, si
è
voluta inserire la copia dell'intervista, fatta al primo ministro del
governo del Marocco Abdelilah Benkirane e leader del PJD, dal
website medias24 , poichè essa offre una panoramica significativa
della svolta attuale della politica marocchina. Dall'intervista
emergono vicende e testimonianze che non si riscontrano nei mezzi di
comunicazione ufficialmente accettati e consentiti: stampa
giornalistica ed editoria, dove, naturalmente, non c'è cenno degli
eventi, atti,"libri segreti" e persone che hanno
partecipato alla storia più recente del Marocco. Molti dei libri e
dei riferimenti non sono pubblicati, perché il potere ne impedisce
la pubblicazione e la circolazione, ma gli attivisti e i ricercatori
li distribuiscono "clandestinamente" tra di loro per l'
importanza che rivestono. Infine, sono state inserite due tabelle,
l'una relativa alle risultanze delle elezioni politiche del 2011, che
ha visto il PJD protagonista; l'altra relativa alla cronologia
storica del Marocco.
Introduzione
Ancora oggi, si
avverte
una
forte influenza dell'islamismo che pervade ogni potere, anche se il
tempo non è trascorso invano dato che ha fatto maturare
atteggiamenti e convinzioni di cauta moderazione rispetto ad un
certo radicalismo. Così, almeno, in una parte della società stessa:
quella più colta e di mentalità più aperta.
Nell'arco di secoli,
si
sono
succeduti al potere membri di varie dinastie1
, fino a quella dell' attuale Re Mohammed VI, che hanno esercitato
in maniera inscindibile il loro duplice ruolo religioso e politico
con più o meno assolutezza e rudezza, a seconda di quanto i tempi e la
cosiddetta ”ragion di Stato” imponessero di fare.
Tralasciando
riferimenti
circostanziati, reperibili in letteratura, per l'operato di tali
dinastie, responsabili di azioni di governo fino alla fine del secolo
XIX°, si possono fare solo delle supposizioni da prendere
cautamente in considerazione rispetto a certi valori di
emancipazione socio-politica così grande in molte Civiltà, ma in
misura ancora limitata in Marocco.
Memoria più
attendibile,
si
ha con l'avvento dell'ultimo Sultanato e della Monarchia, entrambi
rappresentati da
Muhammad b. Yusef, divenuto con l'indipendenza re Mohammed V.
Il Sultano, sotto il
Protettorato francese, seppe governare il Paese con illuminato senso
politico, portandolo, prima all'indipendenza, ai tempi del
colonialismo. Egli si riaffermò, altresì, come attore dominante
della scena politica e istituzionale contemporanea, essendo
riconosciuto nel suo ruolo politico, come guida ed eroe della
nazione e due volte legittimato nella tradizione dell'Islam come
sherif (discendente del Profeta) e portatore della baraka
(benedizione), come amir al-muminin (capo dei credenti) e depositario
della bay'a (contratto d'investitura).2
Secondo
appunto
i principi di autoritarismo e di costituzionalismo, capaci di
convivere nel sistema tradizionale marocchino.
Da
questo epoca Hassan II trovò l'opportunità per introdurre la
nozione di" Imarat al Muminin" la commenda dei credenti
nella costituzione del 1962.
“Le
Roi, Amir Al Mouminine, Représentant Suprême de la Nation, Symbole
de son unité, Garant de la pérennité et de la continuité de
l'Etat, veille au respect de l'Islam et de la Constitution. Il est le
protecteur des droits et libertés des citoyens, groupes sociaux et
collectivités. Il garantit l'indépendance de la Nation et
l'intégrité territoriale du Royaume dans ses frontières
authentiques”3
Del suo successore,
Hassan II,
si ricorda la travagliata esperienza politico-governativa nel
trentennio '60-'90, a causa dei movimenti popolari e della
conseguente instaurazione di un sistema repressivo contro i membri
del movimento e contro ogni forma di opposizione alla monarchia. Nel
periodo iniziale degli anni '70, questo clima repressivo si accentuò
con i tentativi di colpo di Stato di cui il re fu fatto segno e con
la carcerazione dura e perfino disumana delle sessanta persone,
ritenute responsabili degli attentati. Ciò nonostante, Hassan II
riuscì a conquistarsi un vasto consenso sfruttando la causa
nazionalista del Sahara Occidentale, che trovava d’accordo tutte le
forze politiche del paese.
Il periodo nero
degli
“anni
di piombo4”,
così definiti dagli oppositori, lascerà una traccia indelebile di
negatività sulla figura di Hassan II e sul suo regno, ritenuto nel
suo complesso assoluto e dittatoriale.
Nel novembre 1975,
la «
Marcia Verde5»
organizzata verso i territori dell'antica colonia spagnola del Sahara
Occidentale gli dette l'occasione di ricostruire l'unità intorno
alla sua persona, nel tentativo di instaurare una specie di culto
della personalità. Il suo ritratto venne affisso in ogni luogo
pubblico di ogni città e villaggio, con la polizia pronta ad
intervenire in caso di mancata affissione. Ma sarà solo verso la
fine degli anni '80 che il suo regime comincerà lentamente a cedere.
Il re alawita6,
come diretto discendente del profeta Maometto e “capo dei
credenti”, godeva di un grande prestigio presso la comunità
islamica marocchina; questo però non lo sottraeva alle critiche
delle reti fondamentaliste islamiche da poco attive in Marocco.
Consapevole del
discredito
internazionale a causa della sua politica repressiva e del
misconoscimento di valori propri della democrazia e dei diritti
umani, agli inizi degli anni novanta darà vita ad iniziative di
clemenza verso i reclusi per motivi politici, a timidi ravvicinamenti
con gli oppositori, al rafforzamento di legami con il corpo islamico
non fondamentalista. Da qui l'esercizio di alcune strategie come:
l'inaugurazione di un’enorme moschea a Casablanca, dotata di un
minareto alto 172 metri (chiamato “faro dell’islam”); la concessione
della grazia a 2.000 detenuti (tra cui diversi membri del
Fronte Polisario); la liberazione, dopo 18 anni, di 31 sopravvissuti
della fortezza di Tazmamart, che venne rasa al suolo; una nuova
concessione della grazia a uno dei principali membri
dell’opposizione, il socialista marocchino, Abraham
Sefarty, che
l’anno seguente poté rientrare in Marocco dopo un lungo esilio.
Questa apertura, si
conclude
con l''istituzione del Consiglio consultivo dei diritti umani (CCDH)7
la cui missione era quella di promuovere i diritti umani in Marocco,
fondato dal re Hassan II con regio Dahir nel 1990. Dopo 20 anni di
esistenza, e un primo statuto di riforma 2002, ha dato vita al
Consiglio nazionale per i diritti umani (CNDH). Nel 1995, c'è stato
l’avvio di negoziati con l’Unione Europea e la firma di
importanti accordi commerciali .
Che cosa dire del
ruolo
particolare degli intellettuali marocchini?
Con l'ascesa al
potere
del
nuovo re Mohamed VI, nel 1999, una parte della società marocchina si
sveglia dal torpore nel quale era caduta fino allora e, ad opera
soprattutto della classe degli intellettuali, inizia a dibattere alcune
questioni fondamentali riguardanti il codice di famiglia, la
riconciliazione col passato, la scelta del modello economico, il
Sahara, le rivendicazioni di riforme politiche, la questione della
religione, i diritti dell'Uomo, la lingua amazihg, ecc..
Su tutti questi
argomenti, il
contributo degli intellettuali, a prima vista, è sottile; la loro
voce non sembra esser avvertita, se ci si basa sugli articoli della
stampa, in rapporto ai dibattiti pubblici e agli ipotetici incontri
del potere con gli intellettuali per sollecitarne eventuali
contributi. La ragione di tutto ciò è l'azione di imbavagliamento
della stampa ed il collocamento sotto tutela dell'Università che
produce le élite intellettuali di un paese.
Hassan II ha
snaturato
il vero ruolo dell'Università, eliminando la proliferazione dei
movimenti di opposizione della sinistra che dominavano allora la vita
degli studenti. Principale misura: la chiusura delle facoltà di
Filosofia e di Sociologia, il rafforzamento della facoltà di studi
islamici ed il sostegno alle correnti islamiste ostili alla libertà
di pensiero.
Peggio ancora, una
riforma
dell'istruzione con l'arabizzazione dell'insegnamento primario e
secondario, condotta in modo precipitoso e disorganizzato,
caratterizzata dall'assenza di formazione preliminare degli
insegnanti, della loro scarsa conoscenza dell'Arabo e dall'assenza di
manuali scolastici adeguati. Il ricorso alle opere dei paesi
dell'Oriente, sul contenuto religioso ed ideologico dell'insegnamento
non sarà senza effetto. In altri termini, l'islam verrà
contrapposto al
marxismo, al socialismo e ad ogni idea troppo liberale, l'Arabo verrà
utilizzato per ridurre
la padronanza delle lingue straniere per limitare l'accesso agli
studi e alle opere dei pensatori ed intellettuali stranieri ed alla
stampa libera dei paesi democratici.
Il peso di una
concezione
dogmatica della religione è un male che fa dunque, delle
devastazioni nell'insegnamento primario. Nella maggior parte dei
casi, nell'insegnamento pubblico, a tutti i livelli, l'apprendimento
si basa oramai sulla ripetizione integrale delle materie insegnate,
senza sviluppo della ricerca individuale, dell'analisi personale e
dello spirito critico. Certi intellettuali e creativi comunque
resistono anche all'interno delle Università e della scuola
secondaria. Con una stampa quasi interamente sotto tutela, l'accesso
ai grandi media pubblici è praticamente precluso agli intellettuali.
Le televisioni
nazionali,
tutti i mezzi di comunicazione sono controllati dal ministero
dell'Interno. le voci dissidenti dell'ambito associativo informano
sull' imbavagliamento dell'intellighenzia e del soffocamento delle
loro prese di posizione. L'emarginazione nella quale lo Stato cerca,
quindi, di mantenere gli intellettuali marocchini riflette in effetti
la crisi della società in sé. È un atto suicida perché mette
evidentemente in pericolo l'avvenire stesso della nazione.
Ma sarebbe un errore
tracciare
un quadro del Marocco come un deserto intellettuale. Anche sotto
Hassan II, delle voci si alzavano per analizzare e fare capire i
rapporti delle forze in campo, le evoluzioni sociali profonde in atto
e per denunciare gli abusi di ogni tipo. Degli intellettuali liberi
continuavano ad esprimersi come potevano ed a prendere iniziative, a
creare delle occasioni di dibattito e ad assumere il loro ruolo
nonostante gli ostacoli.
L'era
monarchica di Mohamed VI si apre tra entusiasmi, speranze e
contraddizioni.
Il nuovo re annuncia
che
la
berberità del Marocco sarà una delle cinque priorità (oltre alla
revisione dello statuto della donna, la riforma costituzionale, la
riparazione per le vittime degli “anni di piombo” e la chiusura
del “dossier Sahara”) su cui concentrerà la sua azione di
governo.
PRIMA PARTE
Capitolo I:ilMarocco e la
transizione islamica
I.1.
Gli Islamisti
del
Marocco
La morte di re
Hassan II
avviene, per così dire, a metà del guado, a metà, cioè, del
percorso della transizione politica8,
che ha avuto inizio nel febbraio 1998 con la nomina di un Primo
Ministro socialista Abderrahman Youssoufi. Le necessarie riforme
ancora non ci sono e il malcontento in un paese lacerato da
disuguaglianze sociali, crisi economica e politica avanza sempre più.
Crescendo sensibilmente la popolarità degli islamisti in tutti i paesi
arabi, gli islamisti marocchini pensano che il loro tempo sia
venuto per accedere alla gestione pubblica.
Due organizzazioni
dominano la
politica marocchina islamista, Al Islah wa Attawhid (Riforma e
Unicità) e Al'Adl wa al Ihssan (Equità e Beneficenza).
Organizzazioni potenti, anche se meno strutturate rispetto ad altri
paesi arabi, che stanno ora cercando di acquisire una presenza
politica legale, approfittando dell'apertura avvenuta alla fine del
1997 con l'accesso del leader della sinistra a capo del governo.
I.1.2. Al Islah wa Attawhid
L' Associazione è
stata
creata nel 1982 - comeJama'a
al-Islamiya(Comunità
Islamica) - da due ex membri della Gioventù islamica (Chabiba Al
islamiya), primo movimento islamista marocchino sciolto dopo che i
suoi membri (tra cui il fondatore Mr. Abdelkarim Moti) era stato
coinvolto nel 1975 nell'omicidio di Omar Benjelloun, leader sindacale
e leader politico dell'Unione socialista delle forze popolari (USFP).
Ha diretto, nel
1984, un
settimanale, Al Islah (Riforma), bandito nel 1990. Esso, pubblicato
sotto un nuovo titolo, Assabil (la strada), è stato sospeso a sua
volta, dopo un paio di numeri. Attualmente, il settimanale ufficiale
dell'Associazione porta il titolo Al'Asr
(L’epoca), dal
momento che una parte dei membri dell'associazione aderiscono al
Movimento Popolare costituzionale e democratico (MPCD) che è
diventato, nel 1997, il partito della Giustizia e dello Sviluppo
(PJD).
Tale partito, nella
sua
evoluzione ha conosciuto quattro fasi.
Nella prima,
ha gestito direttamente l'eredità dell’organizzazione della
Gioventù Islamica (Chabiba Al islamiya). Fase che è stata piuttosto
di clandestinità, segnata da un discorso estremista e di
indottrinamento dei membri all'interno delle cellule chiuse, sul
modello dei Fratelli Musulmani. Ogni membro riceve poi una formazione
paramilitare (arti marziali)10
ed ha familiarità con le tecniche di propaganda e reclutamento. Dopo
1976,il movimento era stato sciolta dopo l'assassinio del
sindacalista Omar Benjelloun, una rottura è innescata tra i
sostenitori di azione violenta11
e gli altri che cercano la legalità
Nella seconda fase,
dal 1982 e con la prima ondata di arresti, l'associazione Al Jama Al
Islamiya (la Lega Islamica), guidata da Abdelilah Benkirane, Mohamed
Yatim e Abdellah Baha ha messo in discussione la sua azione illegale
di clandestinità e ha cercato di adottare una strategia di lotta
politica.
La terza fase,
iniziata nel 1992 in risposta agli eventi in Algeria, è
caratterizzata dal cambiamento del nome dell'Associazione, che si
chiamava Al Islah wa Attajdid ( Riforma e Rinnovamento ), traendo
profitto dall'apertura politica fatta ad alcune formazioni di
oppositori.
Nella quarta fase,
che inizia nel 1996, una parte degli ufficiali della Jama'a
aderiscono al partito del Dottor Al – Khatib (vicina al Palazzo),
il Movimento Popolare Costituzionale Democratico (MPCD). Il Congresso
del partito, tenuto nel giugno 1996, ha confermato l'accordo per
condividere i seggi dell’Esecutivo tra la vecchia guardia di MPCD
ed i membri del movimento Al Islah wa Attajdid. Dopo le elezioni del
1997, il nuovo equilibrio di potere all'interno del PMDC ha prodotto
il cambiamento del nome del partito, diventato il Partito della
Giustizia e dello Sviluppo.
I.1.3.
Al'Adl wa al
Ihssan
(Equità e Beneficenza)
E' l'altra
Associazione
islamista, non riconosciuta dal potere. Hassan
II dice:«
Nella politica scegliamo il frutto maturo, abbiamo cambiato il
percorso di queste persone , abbiamo accettato l'invito di quelli
che hanno fondato il partito della Giustizia e lo Sviluppo, ma
abbiamo rifiutato la Giustizia e la Beneficenza abbiamo rifiutato per
delle ragioni conosciute. Loro vogliono creare un partito politico ed
il nostro destino è di trattare con loro, nel miglior modo,
accettarli senza dar loro autorizzazione o licenza di formare un
partito, non abbiamo chiuso la porta lasciandoli fuori dal nostro
controllo e spingendoli a diventare più estremisti»12
Essi costituiscono un'
importante associazione, sia per il numero di adesioni sia per la
qualità del loro corpus dottrinale. Essa riunisce in sé lo spirito
carismatico e l'attivismo politico-religioso. Questo profilo
singolare è dovuto alla biografia del suo fondatore e alla sua
figura emblematica, lo sceicco Abdessalam Yacine, morto due anni fa.
Un ex funzionario del Dipartimento dell' Educazione che si avvaleva
di una lunga esperienza formativa e di una perfetta padronanza delle
lingue araba e francese. Sul piano religioso, è stato negli anni
'60, un seguace della mistica fratellanza Bûshichiya, dove fu tenuto
in grande considerazione dal suo sceicco. Nei primi anni '70, ha
lasciato la Fratellanza, non per dissenso dottrinale con il Sufismo,
ma mosso dal desiderio di azione politica.
Integrazione e
dissenso
Cominciano a
manifestarsi
nel
1973, quando lo Sceicco Yacine scrive una lettera al re Hassan II,
invitandolo ad un "atto di redenzione" per diventare un
"buon musulmano". Nel 1978, diventa il direttore della
prima rivista islamica Al Jama'a (La comunità) vietata nel 1983,
dopo diciassette edizioni pubblicate. La pubblicazione di due
giornali nel 1984 gli costa due anni di carcere. Intorno al 1985,
crea il gruppo Al'Adl wa al Ihssan (L’Equità e la Beneficenza),
diventando punto di riferimento per migliaia di seguaci e di
organizzazioni strutturate e militanti. Nel 1990, la polizia arresta
una decina di dirigenti, sei tra loro sono, secondo le autorità,
membri del Consiglio del Movimento. Vengono condannati a due anni di
prigione, completamente scontata. Alla loro liberazione, sono
salutati da eroi .
Lo Sceicco Yassin
può
essere
considerato il più importante ideologo islamista marocchino. La sua
produzione dottrinale ha superato quindici titoli tra il 1973 e il
1989, tra cui l’Approccio Profetico. Questo libro presenta una
sintesi originale degli insegnamenti del Sufismo e il pensiero
politico- religioso di Hassan Al- Banna (fondatore, nel 1928, in
Egitto, della Fratellanza Musulmana ), e Sayed Qutb (uno dei leader
della Fratellanza musulmana egiziana. I suoi testi sono utilizzati
come base per l'islamismo rivoluzionario).
Il movimento
islamista,
tra
cui Al Adl wa al Ihssan, ha goduto della liberazione della sinistra
dalla nicchia dell'opposizione, ora al governo. Così ha cercato di
far valere i propri diritti politici. L'occupazione delle strade in
occasione di eventi pubblici è un altro modo per acquisire più
visibilità. Molte volte, gli islamisti hanno dimostrato la loro
influenza sull'opinione pubblica e hanno mostrato un grande senso di
organizzazione. Il conflitto del Golfo ha favorito questo fenomeno.
Al
fine di mostrare la potenza del movimento contro
il bombardamento anglo-americano contro l’Iraq Al Islah wa
Attajdid e Al'Adl wa al Ihssan, nel 1998, hanno organizzato marce di
grande partecipazione (da trecento a settecento persone) con
l'intento di fare propaganda e dare al conflitto una connotazione
anti-islamica.
Lo Sceicco Yassin ha
trascorso
dieci anni di arresti domiciliari. I negoziati tra Il potere e il
movimento per la legalizzazione della sua azione politica sono
falliti a causa delle sue posizioni sulle riforme politiche. Ma Mohamed
Bachiri13,
il numero due del gruppo, escluso successivamente dall'associazione,
ha accusato lo Sceicco di avere lasciato l'associazione ai margini
dei cambiamenti di apertura in atto, sostenendo che la causa del
fallimento dei negoziati è da attribuire ad un conflitto personale
tra lo sceicco Yassin e Hassan II. La rottura dei negoziati con il
più radicale e il più strutturato movimento ha costretto l'
Autorità a privilegiare la discussione con il movimento dell'Islah
wa Attajdid.
Gli attivisti del
movimento Al
Islah wa Attajdid hanno rappresentato circa la metà dei cento
quarantadue candidati del partito MPCD all'elezioni del novembre
1997; quasi tutti i candidati nelle circoscrizioni urbane, che non si
distinguevano sociologicamente dal resto della classe politica. La
lista dei candidati al parlamento presentava una predominanza degli
insegnanti (49%) e professionisti liberali (17%). L'età media dei
candidati era superiore a quaranta anni. La loro professionalità
politica e capacità di comunicazione, affinate da anni di pratica
nella predicazione religiosa e nell'azione di carità sociale, ha
sorpreso gli osservatori14.
Per
la prima volta, AL'Islah wa Attajdid è rappresentata da dieci
membri nella prima camera del Parlamento marocchino.
Mr. Youssoufi ha
detto al
Quotidiano “ Jeune Afrique”, alla vigilia delle elezioni
parlamentari del 14 novembre 1997, gli islamisti "potrebbero
entrare nel circolo chiuso dell'opposizione”.
Questo
riconoscimento
accolto
con entusiasmo dal movimento islamista Al Islah wa attajdid,
militante sotto la bandiera del partito MPCD, suggella la loro
integrazione nell'arena politica ufficiale15,
consentendo loro di prendere in considerazione una serie di scenari
di partecipazione o il sostegno ad un futuro governo di sinistra.
Rendendoli, però, più vulnerabili al movimento dello sceicco
Yassin.
Questa integrazione,
molto
controllata, dell'islamismo "moderato" ha contribuito ad
accentuare le divisioni all'interno del movimento dello sceicco
Yassin. Ma l'arrivo, anche in piccole dosi, di islamisti in ambito
parlamentare può cambiare il panorama politico, imponendo alle parti
di meglio definirsi di fronte alle proposte che gli islamisti non
mancheranno di presentare. Il rischio è che gli altri deputati
possano poco farsi valere in una guerra di offerte sulla religione.
Gli islamisti
deputati
nelle
sedute del parlamento hanno adottato il sostegno critico al governo
Youssoufi, manifestando semplicemente una condotta esemplare. Ma la
morte di Hassan II cambia tutto. Ora, il gioco è più aperto.
SECONDA PARTE
Capitolo II: il
Marocco:
L'apertura politica negli anni '90
-
Liberalizzazione politica e moderazione islamista -
II.1
Tendenze verso
la
liberalizzazione
La
monarchia marocchina ha puntato, dal 1990, a trasformare il
funzionamento del sistema politico marocchino, scegliendo
l'alternanza politica, un'opzione che si ascrive in continuità con
la definizione del sistema politico marocchino gestito dalla
monarchia, nato dalla scelta delle elites dirigenti al potere
all'indomani dell'indipendenza nel 1956. Il regime si è trasformato
in sistema politico autoritario nel 196016,
dopo più di trenta anni di potere assoluto e con una forte
repressione dei partiti del movimento nazionale e della società
civile.
La
monarchia, allora in grado di imporre il proprio dominio sulla base
di una serie di strutture amministrative, giuridiche e politiche
stabilite dal Protettorato17,
ha avuto la possibilità di instaurare un potere egemonico che ha
facilitato la sottomissione sociale, economica e politica del paese18.
Il re è diventato così il protagonista della scena e tutte le
organizzazioni rappresentative del popolo, sono diventate comparse
nella grande sala d'attesa, limitandosi a commentare le sue azioni e
i suoi discorsi.
La
recente evoluzione del modello marocchino è legato alla decisione
del re Hassan II, presa dopo il 1990 per aprire il sistema politico
ad una relativa competizione che garantisse il futuro della
monarchia, che affrontasse i nuovi vincoli esterni ed interni. Il
mutamento importante del sistema politico marocchino, è iniziato con
l'inclusione, da parte del re, di alcuni islamisti marocchini19,
che ha legalizzato in una struttura partigiana, rivelatesi originale
rispetto ai partiti tradizionali dell' opposizione classica. La
presenza di questo partito islamista, il Partito della Giustizia e
dello Sviluppo (PJD), modifica in ritorno il funzionamento del
sistema politico attraverso un nuovo tipo di rapporti tra Stato ed
opposizioni.
L'osservazione
di questi processi permette di fare una riflessione sulle
trasformazioni del funzionamento politico marocchino, una
trasformazione prodotta e sostenuta dalla convergenza tra l' apertura
del sistema politico, e l'emergere di un nuovo tipo di partito che
fonda il suo discorso sull'islam, pilastro fondamentale della
monarchia. In questo contesto di apertura del campo politico, si
collocano soprattutto queste nuove forze, che si impegnano nel campo
religioso. Anche se, molto presto, trasformate in partiti politici,
esse, tuttavia, conservano una dimensione religiosa importante, ed
i loro discorsi restano intrisi anche di una forte dimensione
religiosa. Infatti, esse chiedono, infine l'instaurazione di un Stato
islamico, (dawla islamiyya). Invece che chiedersi quali sono i
fattori che causano o impediscono l'apertura del sistema politico ad
una concorrenza relativa, è meglio studiare questo processo
particolare di apertura politica nei suoi meccanismi reali, centrato
sulla descrizione della genesi e dell'evoluzione del Partito della
Giustizia e dello Sviluppo.
Il
caso marocchino presenta un modello particolarmente interessante di
trasformazione di un sistema politico autoritario, nonostante le sue
articolazioni Questo è legato ad una tradizione imposta del
"makhen"20,
di cooptazione e di controllo fondato in parte su dei meccanismi di
inclusione e di esclusione dei gruppi localizzati nell'opposizione al
potere politico. Le trasformazioni recenti permettono di mostrare
che questo processo di apertura politica continua a basarsi su questa
tradizione dell' integrazione di una parte dell'opposizione al
potere, pianificando degli spazi allargati di negoziazione tra potere
ed opposizione.
Non
si tratta di descrivere qui un processo dunque di "
democratizzazione" nel senso di avviamento verso un sistema
necessariamente democratico che ricalcherebbe la democrazia liberale
occidentale21.
Non si tratta neanche di confrontarla con il concetto fdi democrazia
che siamo abituati a conoscere oggi. Infatti non si utilizza il
concetto di "democratizzazione", ma piuttosto l'idea di
"apertura" del sistema politico, descrivendo i meccanismi
ed una parte dei suoi partecipanti, vecchi e nuovi. Questa scelta
concettuale non significa che gli attori politici in attività si
esimano dall'utilizzare le nozioni di democrazia e di
democratizzazione.
Questo
processo di apertura politica è definito, innanzitutto come proprio
del regime, da esso suscitato, per allargare il numero dei
partecipanti alla competizione legale, pure continuando ad escludere
una parte, obbediente così ad uno dei principi fondamentali del
funzionamento del sistema politico marocchino tradizionale. Peraltro,
le consultazioni elettorali diventano relativamente più trasparenti
nel loro funzionamento come nell'annuncio pubblico dei risultati, ma
il loro ruolo non è necessariamente di modificare regolarmente il
modo di governare o di legiferare. Le elezioni giocano un ruolo molto
importante nel processo democratico, ma in Marocco il successo
elettorale dei vari partiti politici, più che servire a se stessi,
servono al Monarca per trovare validi intermediari nell'attuazione
della sua politica governativa. Dato che a centro di tutto, non ci
sono i loro programmi, ma c'è il programma del re. Il peso nella
fase post-elettorale non significa giudicare l'applicazione del
programma elettorale votato dagli elettori del partito o della
coalizione vincitrice. Ma quasi tutti gli orientamenti sono quelli
del Re, dato che i governi sono considerati, governi del re,
considerati i poteri costituzionali del Re.
E'
per questo motivo che l'operazione elettorale porta solo ad
un'apertura del sistema politico; mentre il regime presta maggiore
attenzione alla mobilizzazione ed ai risultati elettorali; e legge il
riflesso delle principali tendenze dell' opinione pubblica che si
riflettono anche nelle pubblicazioni di stampa relativamente libera,
sollevando molti tabù politici. L'apertura politica è definita,
d'altra parte, dall'espansione dello spazio per negoziare tra regime
e opposizione. Questa apertura rimane a geometria variabile e può
conoscere delle limitazioni: definite in primis dal regime, in modo
che la monarchia non perda mai il controllo effettivo del governo, ma
certamente ha un impatto significativo sul funzionamento del regime,
tra cui la distorsione introdotta dalla presenza di nuovi attori
integrati nella competizione legale.
È
per questo che l'integrazione politica di un nuovo partito dalla
monarchia, il Partito della Giustizia e dello Sviluppo, è diventato
argomento di studio centrale nel processo di cambiamento politico,
prestando particolare attenzione22
alle caratteristiche originali di questo partito politico atipico in
Marocco, al suo ambiente naturale politico ed alle sue relazioni col
potere politico.
Prodotto
dal regime, il PJD negozia con il Re le modalità della sua presenza
politica, ma spinge anche, in certi limiti, il regime a
trasformarsi23.
Mentre il potere monarchico continua a basarsi sui concetti di
tradizione e di specificità marocchina per definire la sua
legittimità, questo nuovo partito non mobilita questi concetti ed
evita così di iscriversi nella tradizione. Partito di fondazione
giovanile e senza lunga storia, si autodefinisce partito moderno24.
Questa
struttura partigiana è volubile e mobile, per la sua base islamica
ideologicamente debole e per gli spazi di continuità che ha
costruito tra centro monarchico ed enclave dell'opposizione. Questa
versatilità, pur fonte di ambiguità, le conferisce una certa
sostenibilità e dimostra che il processo di integrazione nel regime
marocchino di un partito atipico può durare nel tempo.
Si
è scelto così di centrare l' analisi sulla convergenza di due
processi: da una parte, le scelte nuove di un regime che innova,
proponendo delle nuove regole di trattativa tra attori politici in un
contesto dove le nuove costruzioni politiche e le difficoltà
economiche crescenti hanno rotto i contratti di scambio implicito ed
antico tra governanti e governati; da l'altra parte, l'emergenza di
un nuovo genere di partito politico, oggigiorno al centro di
numerosi dibattiti politici in Marocco. Il nostro approccio è di
accostarsi ai meccanismi di negoziati, interessi condivisi,
disaccordi, opposizione ambigua, o tensioni, tra la monarchia ed un
partito islamico legale che si trova all'opposizione, ma che si
differenzia dei partiti marocchini classici. Si analizzano anche le
reazioni degli altri partiti politici riguardo ai rapporti tra il PJD
e la monarchia. Difatti, questo genere inedito di negoziati tra Stato
e nuovi attori politici non si riduce ad una relazione esclusiva tra
i rappresentanti del potere politico e gli islamici legalistici.
Malgrado i limiti importanti e le linee rosse, la società marocchina
largamente aperta dagli anni 1990 alla pluralità, partecipa
attivamente a questa transizione, attraverso i movimenti per i
diritti dell'uomo, media, associazioni e nuovi partiti politici non
islamici, trasformando così il paesaggio politico nazionale.
Questa
apertura politica marocchina potrebbe essere dovuta, secondo il
parere di ricercatori, in primo luogo, ai cambiamenti culturali e
socio-economici e demografici che ha conosciuto il paese
dall'indipendenza in poi, mentre altri precisano che questa
transizione democratica sarebbe piuttosto il risultato di
negoziazione finita in un vincolo
cieco/impasse politico ed all'emergere delle nuove costrizioni
socio-economiche.
In
particolare, come ha sottolineato John Waterbury25,
i rappresentanti dei regimi autoritari e di partiti di opposizione
possono percepire contemporaneamente che torna a loro vantaggio
accordarsi per aprire la concorrenza reciprocamente intrinseca e
dunque aprire la competizione politica piuttosto che perdere tutto
in un ambiente naturale socioeconomico sempre più difficile.
In
questo quadro, si può ritornare alla crisi dal 1981 tra il potere e
l' opposizione socialista dell'USFP, quando i quattordici deputati
socialisti dell'USFP, decidendo di smettere il loro boicottaggio del
Parlamento, ritornarono ad assistere alle udienze, e poi furono
posti agli arresti domiciliari. Hassan II affermò allora di
difendere il concetto della "democrazia Hassaniya",
scegliendo la propria opposizione al gruppo dei deputati
Indipendenti, capeggiati dall'ex primo ministro e genero del re Ahmed
Osman, dato che non erano più rappresentanti nel governo,
dichiarando loro: "che la democrazia Hassaniya non sarebbe
completa, se non insegniamo ai marocchini come si mette in pratica
la vera opposizione al governo del re in Marocco"...
Il
Re consigliò ai deputati "coraggiosi" di RNI di formare un
governo ombra. Così nominò Ahmed Osman, l'ex primo ministro, capo
dell'opposizione del governo di Sua Maestà. Ahmed Osman sottolineò
che il suo partito non avrebbe risparmiato alcuno sforzo per fare il
compito pesante e solenne che gli è stato affidato dal re.
A
marzo, in occasione della festa del Trono, Abd Rahim Bouabid, capo
dell'USFP e i suoi compagni furono perdonati e liberati dall' esilio
nel sud del Marocco, senza che la stampa potesse pubblicarne la
notizia. (dopo che il capofila dell'USFP si dichiarò contrario ad
accettare il referendum voluto dal re per le province del Sahara).
Dopo
il rilascio e il perdono reale, Abd Rahim Bouabid capo dell'USFP ha
accettato di partecipare alle elezioni amministrative che si sono
svolte nel mese di giugno 1983, ma alcuni membri del comitato
esecutivo hanno protestato e hanno annunciato la loro disapprovazione
per la partecipazione del partito alle elezioni. Tuttavia, gli
accordi tra il re e il leader dell'opposizione hanno spinto il
partito a partecipare. I membri contrari all'iniziativa e alla
volontà del leader sono stati espulsi dal partito. Il risultato
delle elezioni ha rivelato l'intenzione del re di continuare a
controllare gli esiti delle urne senza dare nessun importanza
all'opposizione della sinistra. i risultati erano: USFP 3,16% dei
voti, PPS 0,13%, IP 16,77% e la stragrande maggioranza era dalla
parte della nuova opposizione RNI creata dal re, e Hassan II è
apparso più coerente nell' imporre, tramite le elezioni, il suo
concetto di "democrazia Hassaniyya", quella del Makhzen26.
Poi,
un altro partito (PADS) dell'opposizione, costituito dai membri
espulsi, malgrado la disapprovazione degli esiti dai capi
dell'opposizione, infine ha accettato le regole del gioco politico,
ed ha partecipato alla gestione dei pochi Comuni.
Per
di più, la monarchia ha conseguito gli obiettivi di scindere il
partito più forte dell'opposizione e di far partecipare tutti i
partiti alle elezioni, perché, in Marocco, l'astensione al voto
equivale a diretta opposizione alla volontà del Re. Si consideri anche,
dal punto di vista ideologico, come questa tattica trasformi il potere
del comandante dei credenti e così pure il PJD, partito
di tendenza islamica. Difatti, tutti rivendicano l'apertura politica:
gli attori orgogliosi dell'islam, lo Stato, rappresentato dal regime
monarchico guidato dal comandante dei credenti ed una grande parte
degli islamici marocchini.
La
congiunzione, costruita dalla monarchia, tra Stato marocchino e
Islam, prova che l'apertura politica non nasce in opposizione alle
manifestazioni politiche della religione, ma in rapporto con essa,
simultaneamente e parallelamente, dalle ricomposizioni ideologiche e
politiche che si manifestano all'interno dell'islam marocchino,
particolarmente all'interno della monarchia come dell'opposizione
islamista legale.
In
questo senso, l'Islam del "makhzen" è un linguaggio che
può "cementare" 27le
relazioni tra lo Stato e le opposizioni islamiste del PJD, ma che può
produrre anche degli effetti di dissonanze ideologiche che alimentano
la competizione politica e rimettono in discussione la centralità
religiosa della monarchia.
In
Marocco, i due pilastri essenziali della sacralità monarchica,
l'islam e la questione dell'integrità territoriale, si trovano ora
non più ad essere la prerogativa del solo monarca. Si è appropriato
di ciò questo nuovo attore politico integrato al regime in un modo
molto particolare, difatti: il PJD è molto addentro a questi due
temi; nel senso del potere, ma, a causa dell'apertura politica
iniziata dalla monarchia li ha rilanciati nel dibattito pubblico in
un modo nuovo, impegnando il regime nella revisione del suo potere.
L'inglobamento di un partito politico che si vanta di essere islamico
cambia oggigiorno i rapporti con la monarchia,una questione di forma
e di processo dunque, ma anche di contenuto che circola sul mercato
delle idee; esso è infine il risultato di un compromesso sulle
strutture politiche come sui contenuti ideologici. La costituzione di
questo nuovo compromesso politico, iniziatosi nel 1990 in Marocco,
tende a trasformare il funzionamento del sistema politico, come
dimostra il caso particolare del Partito della Giustizia e dello
Sviluppo, un partito islamico che dai banchi dell' opposizione
parlamentare, oggi, è passato, in breve tempo, a capofila di una
coalizione di governo formata di quattro partiti. E ciò in seguito
agli esiti elettorali del 25 settembre 2011 ed ai cambiamenti che i
giovani del movimento 20 febbraio sono riusciti ad imporre alla
monarchia. Questa affermazione elettorale è la risposta al percorso
evolutivo che interessa la sua struttura e la sua ideologia in
riferimento all'Islam.
Gli
attentati del 2003 e di Madrid più che generare una interruzione
momentanea del processo di integrazione, hanno dato una spinta alla
trasformazione del partito PJD; ma hanno permesso anche, alla
monarchia di far sentire ancora una volta il pugno di ferro
repressivo28,
soprattutto contro i salafisti e gli islamisti (oltre 1500 reclusi);
senza contare un complesso di leggi approvate, in fretta e
all'unanimità da parte di tutti i partiti politici.
Successivamente,
è la volta delle dinamiche e trasformazioni del movimento islamico
in Marocco. L'obiettivo è di rispondere alla seguente domanda: dopo
la Primavera araba ed i suoi effetti su tutto il Nord diell'Africa e
del MedioOriente, ed in questo contesto di liberalizzazione politica,
in quale misura le costrizioni politiche imposte dalla monarchia
hanno contribuito alla moderazione e la cooptazione del movimento
islamico marocchino?
II.2.
Un regime
politico
in mutamento: il processo di apertura politica
Contrariamente
agli altri paesi del Magreb, il regime politico marocchino si è
definito dopo 1956 come multipartitismo. La monarchia marocchina ha
sempre rifiutato il regime di partito unico29,
per combattere l'egemonia del partito dell'Istiqlal, ma in numerosi
Stati della regione, era supposto consolidare lo Stato dopo le
indipendenze. Fino all'indipendenza del Marocco, Mohamed V era legato
strettamente al partito dell'Istiqlal e non disponeva dei mezzi di
coercizione necessari per costruire e conferire alla monarchia
un'autonomia politica. L'Istiqlal ha riconosciuto sempre Mohamed V
come l'eroe nazionale del paese e la monarchia, da parte sua, ne ha
avuto rispetto e contro di esso non ha impegnato alcun conflitto. Ha
adottato in compenso una posizione di arbitro tra le differenti
formazioni politiche e ha deciso "di arbitrare, di suggerire, di
moderare, ma non di dirigere." La scelta di introdurre il
multipartismo nel modo di funzionamento del sistema politico è
attribuita, in generale, ad Hassan II, preoccupato di evitare un
dominio del partito dell'Istiqlal sulla vita politica marocchina.
Solamente l'esistenza di forze politiche differenziate nel campo
politico proteggerebbe il Re, evitando ad ognuna di esse di
diventare preminente e di minacciare la monarchia.
Ciò
rafforza quindi il suo status di arbitro al di sopra dei partiti da
cui, però, prende le distanze, pure incoraggiando la loro formazione
o la loro esistenza.
È
in questo senso che il testo della Costituzione di 1962 fa
esplicitamente riferimento al multipartitismo: «Mentre i partiti
politici parteciperanno all'organizzazione ed alla rappresentazione
dei cittadini, non ci sarà regime di partito unico in Marocco»30.
La concezione del multipartitismo marocchino si inserisce in ciò che
certi analisti hanno chiamato dunque la logica del pluripartitismo
autoritario. Esso non rinvia ad un sistema aperto dove i partiti
politici sono in competizione in un gioco di rappresentazione
politica. Si tratta piuttosto di una concezione strumentale del
pluripartitismo, avendo fin dall'inizio vocazione a neutralizzare e
camuffare il partito dell'Istiqlal, facendone un partito tra gli
altri, pur di far valere la monarchia. " Un regime
caratterizzato dal monopolio politico del trono"31.
La stessa situazione c'era prima del Protettorato francese e
spagnolo, il potere centrale , che era solo un sultanato, cercava
sempre di conquistare zone della "siba", tribù che
rifiutavano la bay'a del Sultano.
La
recente apertura politica si appoggia sul multipartitismo in modo
diverso e il Pjd, che si è incorporato nel sistema politico, non
sarà né neutralizzato, né banalizzato nel panorama politico. Per
comprendere il processo di espansione della sfera di competizione
politica legale, conviene tornare ad un momento significativo di
punto di rottura: quello dell'inizio degli anni 1990.
Sulla
scena internazionale, la fine dell'Unione Sovietica ha annunciato
l'indebolimento dei partiti di sinistra nel mondo intero, ciò a cui
non sfuggono anche le società arabe.
La
prima guerra del Golfo mostra la forza degli islamisti, attraverso la
loro reazione contro l'alleanza pro-americana.
La
crisi algerina, dopo l'annullamento delle elezioni del 1991, rivela
peraltro il potere di mobilitazione degli islamisti, pure mostrando i
rischi di destabilizzazione legata all'apertura politica.
Il
progetto di alternanza politica del Re Hassan II è annunciato
pubblicamente nel 1992 e si manifesta con l'arrivo al potere della
sinistra marocchina nel 1998. Ma l'idea era stata suggerita ad
Hassan II dai suoi consiglieri alla fine degli anni 197032,
per superare le difficoltà economiche e sociali che conosceva il suo
regno. Dopo il periodo dello stato di eccezione, imposto dal re in
seguito agli eventi sanguinosi che Casablanca ha conosciuto, tale
progetto ha messo del tempo ad imporsi: da una parte, la sinistra
non ammetteva l'idea di dirigere il governo in un sistema politico
che restava profondamente controllato dalla monarchia e, dall' altra
parte, anche se il re si rendeva conto chiaramente delle virtù di
un tale cambiamento, si mostrava molto cauto riguardo alla sua
attuazione. Rifugiandosi dietro la precedenza accordata al problema
del Sahara marocchino e all'urgente necessità di recuperare le
province sahariane meridionali, la monarchia marocchina ha rinviato
tutti i processi di apertura politica.
Ma,
all'inizio degli anni 1990, mentre la questione del Sahara, che si
era rivelata federativa inizia a perdere la sua attualità, e
l'immagine del paese all'estero appariva sbiadita seriamente a causa
della gestione della situazione dei diritti umani, Hassan II coglie
decisamente l'opportunità di rinnovare le élites, mostrando la
volontà di operare un'apertura politica.
Fin
da 1992, sono formulate delle promesse per l'organizzazione di
elezioni legislative libere, mentre, nello stesso tempo, si avviano
dei negoziati tra le opposizioni, raggruppate nella Koutla, ed il
monarca. Alle elezioni legislative di giugno 1993, l'opposizione
registra un punteggio molto onorevole, guadagnando 95 dei 222 seggi.
Ciò le dà una posizione di forza nelle negoziazioni. Ma l'elezione
dell'ultimo terzo dei deputati per i grandi elettori, generato dei
consigli comunali e delle camere professionali, una volta di più,
ribalta la maggioranza a destra, compromettendo l'uscita
dell'opposizione.
Il
Re propone allora alla Koutla, composta dalle principali parti di
sinistra e dell'Istiqlal, di formare un governo, assicurandole "una
divisione del potere",33
ma pur precisandole che si riserva il diritto di scegliere certi
ministri tra cui quello dell'interno, ciò che la Koutla rigetta
categoricamente. Hassan II rifiuta allora di dare soddisfazione alle
condizioni poste dalla Koutla per la sua partecipazione al governo:
l'annullamento delle elezioni del terzo dei rappresentanti a
suffragio indiretto e la libertà di scegliere i ministri.
Nel
1995, il re esprime la sua volontà di coinvolgere velocemente
l'opposizione al potere. Secondo certi osservatori, la volontà della
monarchia di fare accedere l'opposizione alle responsabilità
politiche e di coinvolgerla nella gestione degli affari pubblici
sarebbe stata dettata anche dal rapporto della Banca Mondiale,
espresso su richiesta di Hassan II, che condanna le politiche
seguite in passato. Nel contesto regionale dell'epoca, segnato anche
dalla recrudescenza della violenza in Algeria, al fine di mettere
l'istituzione monarchica al riparo da un'eventuale crisi di
successione, il re, con l'esecuzione di tale rapporto, avrebbe voluto
anche rassicurare i suoi sostegni finanziari internazionali.
Alla
luce di questi nuovi vincoli, si instaura un dialogo tra Abderrahman
Youssoufi, segretario generale della USFP, che torna dall'esilio in
Francia, e la monarchia. L'accordo è annunziato come di alternanza.
Esso prevede misure concrete: revisione delle liste elettorali e il
codice elettorale, i nuovi confini elettorali e la riforma della
Costituzione. Il rilascio dei prigionieri politici, il ritorno degli
esuli, elezioni anticipate ... Il compromesso desiderato sembra
trovato tra il re Hassan II e partiti dell' opposizione che hanno
invitato i loro elettori a votare per il referendum costituzionale. 34
Nel
febbraio del 1997, il ministero dell'interno ed i partiti politici
firmano un codice di buona condotta che apre la via alle elezioni
locali e legislative anticipate. Driss Basri, ministro dell' Interno,
promette delle elezioni libere e trasparenti, ma i partiti politici
sono proclivi in anticipo a non contestare i risultati. Nel marzo
del1998, l'alternanza cessa di essere un volontà del re, per
diventare una realtà politica del Marocco, il capofila della
sinistra Abderhman El Youssoufi è chiamato a formare un governo
detto di transizione. Egli conosce l'esiguità del suo margine di
manovra in un contesto economico e sociale molto teso, ma per i
socialisti che accedono al governo, l'essenziale è di essere
associati al potere, nel momento della futura successione reale. Per
la monarchia, l'alternanza permette di assicurare la rotazione delle
élites pur legittimando il potere monarchico e dando ad esso una
parvenza di modernità.
Tuttavia,
l'ambiguità non è sollevata in quanto il ruolo preciso della
monarchia e del governo non sono ben chiariti di fronte alle
questioni essenziali come la gestione dei diritti umani, il problema
del Sahara, la disoccupazione, la crisi finanziaria o, ancora, la
successione monarchica35.
In realtà, la coalizione governativa, guidata dall'opposizione
socialista al potere, è lontana da privare il trono del suo
monopolio politico che, tramite il ministro degli Interni, il re è
riuscito ad imporlo al governo. Il re conserva la gestione delle
principali cariche; e l'alternanza gli permette di ridefinire la
funzione monarchica, riaffermando il suo ruolo centrale in un gioco
politico dove egli mantiene la funzione di arbitro dei conflitti tra
attori politici rivali. I consensi di facciata che hanno permesso
l'adozione della riforma costituzionale mostrano bene che il re
resta, all'epoca, la sola sorgente del potere nel paese. I partiti
tradizionali del movimento nazionale rifocalizzano allora le loro
rivendicazioni sulle garanzie giuridiche ed istituzionali nello
svolgimento delle consultazioni elettorali, danno più importanza
alle procedure che ai programmi politici.
Appena
Hassan II annuncia la possibilità dell'apertura, gli islamisti
moderati si lanciano nella strategia dell'intrusione: sono pronti a
passare all'azione politica legale, detenendo soprattutto un potere
di mobilitazione eccezionale. Dalla nascita dell'Islamismo in Marocco
negli anni 1970, questa legalizzazione di un partito islamista,
voluta da Hassan II, costituisce un primo e importante cambiamento
del quadro tradizionale della vita politica marocchina.
pluraliste,
per ciò il processo di apertura politica si gioca intorno a
strutture dove il principio del pluralismo era già insito nell'
Indipendenza36.
II.3.
Il PJD, partito di governo e speranza di rinnovamento democratico:
II.3.1.
Il percorso
storico
degli islamisti del PJD37
All'origine del PJD,
partito
vittorioso alle ultime elezioni, c'è una storia che risale alla fine
degli anni 1960, quella di un gruppo di militanti radicali,
appartenente al primo movimento islamista marocchino: La Chabiba
islamiyya38.
Dopo un lungo percorso tormentato, il PJD passa dalla clandestinità
all'azione legale, dal radicalismo senza concessione al pragmatismo
politico; così gli islamisti della Chabiba Islamiyya sono riusciti a
realizzare una maggior trasformazione del loro movimento per
diventare un grande partito politico.
Casablanca,
28 novembre 2011, nella sede regionale della MUR39,
Abdelilah Benkirane, commosso fino alle lacrime, improvvisa un
discorso per commentare la vittoria del suo partito e ringraziare i
membri del MUR per il loro sostegno e la loro fedeltà. Benkirane
parla dunque dei “suoi fratelli e della sua famiglia” per
designare i militanti del MUR di cui egli è stato il fondatore e il
presidente. L'emozione del nuovo capo del governo è sincera e reale:
lo sostengono il suo stesso itinerario personale, la sua storia e le
sue battaglie. Egli vede nei militanti che ”bevono” le sue
parole, la sua vera famiglia politica e l'essenza da cui tutto è
partito alle elezioni politiche, dal gruppo clandestino e radicale
degli anni 1960 -1970 al più grande partito politico del paese. I
giovani islamisti bistrattati e infrequentabili, che hanno conosciuto
la prova del carcere e dell'esclusione, sono divenuti ora degli
uomini di Stato, incaricati di gestire il paese. Le vie del signore
sono impescrutabili e così pure quelle della politica.
Abdelilah
Benkirane e il gruppo dei suoi fedeli, con alla loro testa Abdellah
Baha (attualmente ministro di Stato senza portafoglio), incarnano una
lunga e appassionante storia di trasformazione politica e ideologica
del movimento islamista marocchino40, una
storia che ci fa conoscere i cambiamenti politici e
intellettuali del Marocco moderno.
Tutto è iniziato
sulle
macerie di un disastro. Il mondo arabo è annientato e umiliato dalla
guerra del 1967, con la quale l'esercito israeliano ha inflitto una
travolgente disfatta ed ha annesso interi territori allo Stato
ebraico. I sogni di grandezza della Nazione araba, mantenuti e
nutriti dal Nasserismo, sono svaniti in sei giorni di guerra. L'onda
dello choc è grande e segna il Marocco. Il bisogno di un nuovo
sentimento, di nuove idee e di nuove risposte all'umiliazione si fa
sentire ed un richiamo si avverte nella società. La
sinistra marocchina, dominante sul piano ideologico, è depressa
dalla disfatta del suo leader, Nasser, e dallo sprofondamento del
panarabismo. E' allora che una ideologia mista di politica e
religione, tradizione e organizzazione moderna comincia a prendere
forma e d a costituirsi come una risposta ed una alternativa:
l'islamismo.
Così,
nel 1969, Abdelkrim Moutiî fonda la prima organizzazione islamista
in Marocco: la Chabiba Islamiyya (la gioventù islamica). Nato nel
1939 a Ben Hmad, nella regione di Settat, Moutiî è una figura
centrale della storia del movimento islamista in Marocco.
Appassionato di azione e di politica, egli molto giovane entra tra i
nazionalisti marocchini e milita, dopo l'indipendenza, in seno
all'Unione nazionale delle forze popolari (UNFP), della cui
commissione dell'insegnamento diventa presidente nel 1965. Ma le idee
tradizionaliste di Moutiî e l'incontro con il pensiero islamista
proveniente dall'Oriente lo spingeranno a lasciare il partito di
Mehdi Ben Barka e a fondare la propria organizzazione politica. In
cerca di militanti e di simpatizzanti, egli adotta allora la stessa
strategia di reclutamento utilizzata dai movimenti di sinistra, cioè
il coinvolgimento dei licei e delle università.
L'uomo
è
imponente e impressiona le giovani reclute del movimento per il
carisma, la cultura e il suo stato sociale. Per di più, in questo
periodo il Marocco ha iniziato una riforma del sistema scolastico,
basata sull'arabizzazione, e la mancanza di personale lo spinge a
cercare aiuto in Egitto, in Siria e in Irak. Gli insegnanti venuti
dall'Oriente porteranno con loro la dottrina e l'ideologia dei
fratelli musulmani d'Egitto42,
rendendo soprattutto i licei dei vivai per la proliferazione di
nuovi aderenti al movimento. Per sopperire all'assenza di una
produzione intellettuale marocchina e propria della Chabiba
Islamiyya, Moutiî
si rifà agli scritti dei movimenti islamisti d'Oriente, in
particolare ai Fratelli musulmani egiziani. I testi e le idee degli
islamisti egiziani sono caratterizzati, in questo periodo, dalla
scelta del radicalismo e della violenza, conseguenza del loro
conflitto con il regime di Nasser e della spietata repressione che si
abbattè su di essi. Sayed Qotb, scrittore egiziano e dirigente dei
Fratelli musulmani, eserciterà una grande influenza sui giovani
islamisti marocchini e i suoi libri diventeranno manuali di pensiero
e di azione della Chabiba Islamiyya.
II.3.3.
Un pensiero
radicale importato dall'Oriente43
Il giovane Abdelilah
Benkirane, che aderirà alla Chabiba Islamiyya nel 1976, racconta
spesso come un libro di Sayed Qotb abbia cambiato la sua vita e
l'abbia convinto ad aderire al movimento islamista. Dopo una
discussione con membri della Chabiba
Islamiyya in una
moschea di Rabat, Benkirane, che ha appena 22 anni, riceve in regalo
il celebre «Mâalim
Fi Al Tariq» (pietre miliari). Tornando a casa
sua, Benkirane leggerà l'opera
tutta d'un fiato e il giorno seguente incontrerà i ranghi del
movimento islamista di cui , alcuni anni dopo, diventerà il leader e
il principale animatore. Il pensiero di Sayed Qotb è diventato il
fondamento stesso dell'ideologia della Chabiba
Islamiyya
e la sua principale fonte d'ispirazione e di azione. Essa dà ai
giovani militanti islamisti formidabili armi contro i loro
principali nemici: la sinistra marxista-leninista, i nazionalisti
arabi e gli intellettuali liberali.
Per
Sayed Qotb, tutto il mondo, e in particolare le società musulmane,
vivono un periodo di decadenza morale, politica e culturale, che
somiglia a quella che imperversava prima dell'avvento dell'Islam,
conosciuta sotto il nome di «Jahiliya».
L' Occidente , presentato come
modello di civiltà e di progresso, ha
esaurito, secondo Qotb, la sua influenza e il suo splendore ed è
destinato a piombare irrimediabilmente in un degrado ed una crisi di
valori. Solo l' Islam è capace di guidare il mondo e di offrire
un'alternativa, una via e una speranza all'umanità. Il trionfo
dell'Islam non è dunque possibile, secondo Qotb, che ad una élite
di credenti sottomessi a Dio di cui sappiano diffondere il messaggio
e il regno sulla terra. Questa avanguardia deve riprodurre il
valore e il gesto della prima comunità musulmana riunita attorno al
profeta Mohammed, forte delle sue convinzioni e della sua fede, con
uno slancio verso la costruzione di una civiltà e di un impero.
Il
pensiero radicale di Sayed Qotb, che diventerà, in seguito,
riferimento principale dei movimenti Jihadisti nel mondo arabo, ha un
grande impatto determinante sui giovani islamisti marocchini durante
gli anni 1970. Un'influenza che non sarà che intellettuale, ma si
tradurrà in una sorte di organizzazione e d'azione politica, che
Abdelkrim Moutiî metterà in pratica.
Personaggio
complesso e sfaccettato, intrigante e misterioso, Abdelkrim Moutiî
utilizza la sua esperienza di militante in seno all'UNFP, basandosi
sul modello di organizzazione dei Fratelli musulmani egiziani per
strutturare la Chabiba
Islamiyya e
reclutare i futuri membri. Il leader islamista mette in piedi
un'organizzazione bicefala, composta da due settori : una sezione
civile, incaricata della predicazione e della formazione ideologica
dei militanti ed una seconda sezione segreta e paramilitare.
Il
settore civile, che agisce nella legalità, si fa carico di seguire
le idee della Chabiba
Islamiyya e di mettere in azione i giovani
Marocchini, in particolare nei
Licei e nelle Università. La cellula di base della Chabiba
Islamiyya è
chiamata Ousra (Famiglia) ed è composta da un ristretto numero di
militanti, che devono reclutare e motivare nuovi simpatizzanti. Ogni
membro dell'organizzazione è tenuto ad operare per creare una nuova
cellula di cui sarà capo. Questa specie di organizzazione permetterà
alla Chabiba
Islamiyya di
reclutare con successo e di ingrandire i ranghi del movimento. Così,
nel corso degli anni 1970, il numero di militanti della Chabiba
raggiunse più di 2500 membri, senza contare i simpatizzanti e le
persone che partecipavano alle attività dell'organizzazione
islamista.
La
sezione segreta e paramilitare è affare personale di Moutiî e della
sua azione protetta. Egli pone al suo vertice uno suo fedele
luogotenente, Abdelaziz Nouaâmani, un giovane studente di 20 anni.
Il fine assegnato a questa milizia è di affrontare il nemico
giurato e irriducibile degli islamisti : la sinistra marocchina.
Nouaâmani prende così discretamente gli ordini da Moutiî, che gli
affida missioni di «inquadramento» degli studenti marxisti o dei
sindacalisti, accusati di «empietà» nei confronti dei militanti
islamisti. La prima vittima della milizia, creata da Moutiî, è
Abderrahim El Meniaoui, militante comunista e professore di arabo,
assalito all'arma bianca davanti al suo Liceo a Casablanca il 21
ottobre 1975. Ma un nuovo paletto di violenza sarà aggiunto, alcuni
mesi più tardi, con l'assassinio del dirigente sindacalista Omar
Benjelloun.
II.3.4.
La morte di un' icona della sinistra e del sindacalismo44
Giovedì
18 dicembre 1975, alle ore 15, Omar Benjelloun lascia la sua casa e
si dirige verso la propria auto, posteggiata in viale della Marcia
verde a Casablanca, per recarsi nella sede del giornale Al Mohair, di
cui è direttore.
Ahmad
Saâd et Mostapha Khezar, due membri della sezione segreta della
Chabiba, si avventano su di lui e l’aggrediscono. Il primo
colpisce Omara Benjelloun con una sbarra di ferro e lo stordisce. Omara
Benjelloun si accascia al suolo e Khezar gli assesta un colpo
mortale col pugnale. Il leader sindacalista dell' USFP muore sul
posto. Una foto che mostra il suo corpo che giace in mezzo al
sangue, davanti la sua Renault 16, fa parte della simbologia della
sinistra marocchina. Il giorno dopo l'assassinio, Abdelkrim Moutiî
riesce a lasciare il paese ed a fuggire in circostanze misteriose che
alimentano fino ad ora le tesi di una eventuale complicità con lo
Stato ed i suoi servizi segreti. Moutiî si rifugia dunque in Arabia
Saudita e nel 1980 sarà condannato in contumacia all'ergastolo,
così come anche gli assassini di Omar Benjelloun.
In
seno
alla Chabiba
Islamiyya, lo
stupore è enorme, poiché la maggior parte dei suoi membri
ignoravano l'esistenza di una milizia segreta e violenta. Nel corso
degli anni, essi continueranno a sostenere e difendere l'idea del
complotto contro il loro movimento. La Chabiba
Islamiyya tenta di serrare e suoi ranghi, di
riorganizzarsi, istituendo una nuova
commissione di dirigenza collegiale composta da sei membri, con
l'assenso e il controllo di Moutiî. Quest'ultimo continuerà a
manovrare le fila, ma la sua partenza verso la Libia nel 1979 e la
sua sistemazione nel paese del turbolento Moummar Keddafi avranno un
impatto disastroso sulla Chabiba
Islamiyya.
II.3.5.
Divorzio
da Moutiî e l'uscita dalla clandestinità45
Il
1979
è l'anno cerniera e centrale della storia dell'Islamismo nel mondo.
E' in quest'anno che l'Armata rossa sovietica invade l'Afganistan,
mettendo in moto così un appello alla Jihad e l'affluenza di
migliaia di combattenti arabi in Afganistan. Ma è soprattutto la
data d'inizio della rivoluzione iraniana, che ha rovesciato il
regime dello Scià ed instaurerà al suo posto un potere religioso.
Tutti gli islamisti del mondo allora sognano di replicare il modello
iraniano e di cacciare via re, principi e presidenti. Moutiî accarezza
sempre più il progetto di sfilarsi direttamente dalla
monarchia, e quindi da Hassan II. Si rafforza dunque una linea
rivoluzionaria con gli islamisti in esilio attraverso la sua rivista
Al Moujahid. Il motto di questa rivista, «Preparate le cavalcature
di Dio», grido di guerra e di raccolta del profeta Mohammed,
esprime senza equivoco i nuovi orientamenti di Moutiî, che chiama
alla riscossa le masse contro il regime e il rovesciamento della
monarchia.
Ma
non
tutti i militanti della Chabiba, rimasti in Marocco, condividono
l'andamento avventuroso del loro capo e lo dimostrano sempre di più.
Essi che in passato vivevano nell'ombra, quasi sconosciuti dai
servizi di sicurezza marocchini, che confondevano tutti i barbuti,
ora ormai sono visibili e strettamente sorvegliati. Nel 1980, a
Casablanca dopo una manifestazione, la polizia farà massicci arresti
dei membri della Chabiba. Abdelilah Benkirane et Mohammed Yatim
saranno condannati a tre mesi di prigione. I membri
dell'organizzazione tollerando sempre meno i capricci e le iniziative
del loro capo, gli chiedono dei chiarimenti. Amine Boukhobza, che
sarà deputato del PJD negli anni a venire, è incaricato di
contattare Moutiî per chiarire definitivamente le cose. Boukhobza
incontra allora un suo emissario ad Algesiras in Spagna e riesce ad
avere al telefono il suo dirigente. La discussione, che dura sette
ore, è tesa e tumultuosa: Moutiî accusa certi suoi fedeli, in
particolare Benkirane, di tradimento e un odio, tenace ed imperituro,
resterà tra Moutiî e Benkirane.
II.3.6.
Una
nuova organizzazione
Nel
corso dell' estate del 1981, dei dissidenti della Chabiba
Islamiyya si
incontrano a Casablanca per tagliare definitivamente il cordone
ombelicale con il movimento di origine e fondare una nuova
organizzazione. Da questo incontro nasce la Jamaâ
Islamiyya
(il gruppo islamico). Mohammed Yatim è eletto presidente della Jamaâ
Islamiyya ed
è incaricato, con Saâdeddine El Othmani, di redigere una carta che
definisca chiaramente le responsabilità in seno alla nuova
struttura. Il suo principale ispiratore è incotestabilmente
Abdelilah Benkirane, che interpreta le istanze della base operaia e
l'anima della Jamaâ. Il giovane politico, sensibile alle idee di
sinistra e all'impegno con l'UNFP, si è mutato in leader di un
gruppo islamista che non cesserà di lottare contro la sinistra e
portare una maggiore trasformazione del movimento islamista
marocchino. E' lui che redigerà e firmerà, nel giugno del 1982,
l'atto di divorzio con la Chabiba
Islamiyya,
sotto forma di comunicato, che annunzia una separazione totale da
Abdelkrim Moutiî e che dichiara che le opinioni e le decisioni di
Moutiî impegnano solamente lui. Ma la rottura con la Chabiba
Islamiyya è
unicamente di carattere organizzativo e non ideologico e
intellettuale.
I
dissidenti della Chabiba
Islamiyya mantengono
ancora un pensiero radicale, che considera lo Stato marocchino come
empio e le sue leggi non conforme ai principi della religione
musulmana. Questa visione estremista che rifiuta ogni contatto con il
regime in carica e che privilegia l'azione clandestina sotterranea,
mette la Jamaâ in una situazione critica di fronte allo Stato e
alla sua repressione. Durante il periodo che va dal 1981 al 1985, il
principale dibattito in seno all'organizzazione islamica verte sul
passaggio alla legalità e all'uscita dalla clandestinità. Due sono
gli schieramenti che si affrontano su questo campo: il gruppo di
Rabat, diretto da Abdelilah Benkirane, favorevole all'azione legale e
ufficiale e il gruppo di Casablanca, animato da Saâdeddine El
Othmani, propenso all'azione segreta. Benkirane prende l'iniziativa
e fa lui stesso alla prefettura di Rabat una domanda di creazione di
una associazione, sotto il nome di Al Jamâa Al Islamiya. Silenzio
del Ministero dell'Interno, che non risponde a questa domanda e
continua ad osservare i giovani islamisti, reprimendoli di tanto in
tanto, per farli dissuadere. Benkirane è sempre più determinato
nella sua avanzata legalista e fustiga quelli della clandestinità,
che per la loro posizione, minacciano l'avvento della nuova
organizzazione e sottomettono i suoi membri ad una inutile ed
inevitabile repressione da parte dello Stato.
Un
avvenimento darà ragione a Benkirane e accelererà il passaggio
all'azione legale e ufficiale. Nel 1984, la goffaggine di un
militante islamista a Meknès, che deteneva dei documenti della
Chabiba, porta all'arresto di parecchi membri della Jamaâ,
sospettati d'appartenere da sempre all'organizzazione di Abdelkrim
Moutiî. I militanti arrestati resteranno in carcere per più di un
anno, senza processo, né giudizio. Benkirane sente di avere un
argomento valido per abbandonare definitivamente la clandestinità ed
entrare nella legalità. Gli islamisti della Jamaâ abbandonano la
loro azione sotterranea e la loro gestione segreta per diventare
visibili, conosciuti e riconosciuti dalla Stato. Benkirane, nel
giugno del 1985, manda una lettera ad Hassan II per chiedere la
regolarizzazione della situazione del loro movimento. «Vi
informiamo, Maestà, che noi siamo un gruppo di giovani credenti,
preoccupati dell'avvenire della nostra nazione e che invocano il
rinnovamento dell'Islam, secondo le regole definite del Corano, della
Sunna e del consenso della comunità musulmana, e ci impegnamo ad
attenerci a queste regole»,47
scrivono Benkirane e i suoi amici al monarca. Ed essi aggiungono, a
ciò che si presenta come un programma e una nuova battaglia condotta
in comune dagli islamisti e la monarchia: «Vi
sollecitiamo, Maestà, ad ordinare alle autorità competenti di
regolarizzare la situazione della nostra associazione affinché noi
possiamo compiere il nostro dovere, al fine di impedire in
particolare che i sentimenti religiosi della nostra gioventù non
siano sfruttati da
atti di provocazione, di agitazione e di distruzione»48.
La
Jamaâ inizia un nuovo ciclo della sua esistenza, in cui essa opererà
un grande lavoro di rimessa in discussione delle sue idee ed
inaugurerà nuovi rapporti con lo Stato e la società marocchina. Un
processo il cui risultato sarà la creazione del primo partito
islamista marocchino nel 1996 e che si affermerà nettamente nelle
elezioni legislative del 25 novembre 2011. Tutto un cammino percorso
da un piccolo gruppo di giovani islamisti radicali, alla ricerca di
senso e di vocazione.
Prima
delle rivolte arabe e delle vittorie massicce dei partiti islamisti
alle elezioni a Tunisi, in Marocco e in Egitto, i dirigenti del PJD
citavano spesso una frase attribuita al Tunisino Rached Ghannouchi
per descrivere la diffidenza dello Stato e dei partiti di sinistra in
Marocco nei riguardi degli islamisti: «Anche
se ci vedono impiccati, essi non ci crederanno e penseranno che sia
uno stratagemma».49
Gli islamisti marocchini sono stati sempre considerati come
detentori di una «agenda segreta» che segue sempre un doppio canale
di azione: una, retorica democratica, pluralista in cui essi
dichiarano di accettare le differenze e il dibattito, ed un' altra,
totalitaria e fanatica, destinata alla base e che riflette la loro
vera natura. Secondo questa concezione, le elezioni per gli islamisti
non sono che un trampolino, un mezzo di accedere al potere, che essi
si affretteranno a confiscare e ad esercitare senza condivisione, nel
nome di Dio e della religione.
Basta
evocare alcuni esempi storici: quello del partito nazista, che ha
instaurato un regime totalitario in Germania dopo la sua vittoria
alle elezioni del 1933, così come quello della rivoluzione iraniana
del 1979, che ha instaurato una teocrazia dopo aver eliminato tutti i
partiti che hanno partecipato alla rivoluzione soprattutto comunisti
e anche i liberali, dunque ogni forma di opposizione, quello
dell'Algeria, dopo l'annuncio dei risultati del primo turno delle
elezioni legislative nel 1992, Ali Belhaj dichiarava che da oggi,
nessun partito non islamico possa e non avrà il diritto di
partecipare alle elezioni frequentemente richiamate per denunciare il
«pericolo islamista»
A
partire dal 1985, data dell'uscita dall'azione clandestina, gli
islamisti marocchini provenienti dalla Chabiba
Islamiyya hanno
prodotto tesori di argomenti, di iniziative e di paziente attesa, per
rassicurare lo Stato e la società civile marocchina, affermando che
essi non disponevano di alcuna agenda segreta e che essi accettavano
pienamente le regole del pluralismo politico. Per ciò, Abdelilah
Benkirane ed i suoi fratelli hanno iniziato un processo di
autocritica e di rimessa in discussione delle idee avanzate e difese
durante i loro anni giovanili come quelle di radicalismo in seno
alla Chabiba
Islamiyya.
Nella
metà degli anni 1980, Hassan II regna sul Marocco come padrone
assoluto. Il potere del monarca è stabile e consolidato, e le
turbolenze degli anni 1970, con i loro colpi di Stato e le loro
minacce, non sono che amari ricordi che Hassan II commenta nei suoi
discorsi e nei rapporti con la stampa straniera.
L'opposizione
di sinistra è imbavagliata, controllata e ridotta da decenni in uno
stato di repressione e di violenza. Hassan II ha ben saputo
approfittare della guerra fredda per attirarsi la benevolenza dei
paesi occidentali, che guardano alla repressione condotta da questo
regime «amico». In un mondo bipolare in cui contano le alleanze e
gli aiuti, il blocco occidentale non può contrariare un prezioso
alleato alle porte dell'Europa. La monarchia marocchina trae
vantaggio da questa situazione, che la preserva da ogni reazione
ufficiale dei paesi occidentali in rapporto a delle grandi violazioni
dei diritti umani commessi sul suo territorio.
I
militanti della Jamâa
Islamiyya sono
in una situazione politica in cui la repressione è utilizzata dal
regime come mezzo di intimidazione e di addomesticamento
dell'opposizione, senza poter sperare in alcun sostegno
dall'esterno. Abdelaziz Boumaret, antico dirigente della Jamâa,
racconta la tortura che egli ha subìto e le condizioni di detenzione
che egli ha vissuto dopo il suo arresto a Meknès nel 1984: «stavo
in una cella stretta, dove non riuscivo a distinguere il giorno dalla
notte. Dividevo questa cella con delle prostitute che interrompevano
sempre la mia preghier con le loro discussioni volgari e il loro
gesti vergognosi. Durante questo periodo, non potevo leggere il
Corano e il clima non era adatto alla devozione e alla pietà. Tutto
era marcio. Le prostitute non mi lasciavano dormire, e quando volevo
andare in bagno, incrociavo alcune di esse tutte nude. Ringrazio Dio
di avermi risparmiato la tentazione. Durante tutto questo periodo di
prigionia, non avevo materasso, e nella cella faceva molto freddo. Le
mie scarpe mi facevano da cuscino, e dopo un po' di tempo, il mio
corpo si era intorpidito, non lo sentivo più. Per mesi, il nostro
solo pasto era un pezzo di pane per tutto il giorno. Ero privato
dalla visita della mia famiglia e dei miei amici»51.
La
direzione della Jamaâ, composta soprattutto da funzionari
dell'insegnamento pubblico, deve evitare dunque la prova dela
carcerazione, degli arresti, della tortura e della molestia
poliziesca che destabilizzano la vita professionale e familiare dei
suoi membri. «L'esperienza
della carcerazione a Derb Moulay Chérif mi ha spinto a riflettere.
Ho visto crollare uomini davanti a me. Questo mi ha veramente
colpito e mi ha messo sulla via delle rimessa in discussione»52,
spiegherà più tardi Abdelilah Benkirane. Gli islamisti marocchini
devono fare allora una scelta: restare fedele a un radicalismo fino
alla fine ed accettare così la repressione e la violenza dello
Stato, o rivedere la loro ideologia, adattarla, riformularla, e
ripartire così su nuove basi nei rapporti con il regime. I giovani
dirigenti della Jamâa hanno optato per la seconda soluzione,
realizzando così la prima esperienza di Mourajâat (revisioni) nel
mondo arabo, cioè una autocritica fatta da vecchi estremisti
islamici, in cui essi rifiutano la violenza e riconoscono la
legittimità della monarchia.
Dalla
fine del 1985, i membri della Jamâa
cominciano
a pubblicare una serie di articoli nelle riviste islamiche, in
particolare Al Furqan (nome del Corano), per promuovere le nuove idee
e convincere i loro simpatizzanti della persistenza del processo di
autocritica e che essi intendono perseguire. I principali promotori
di questo rinsavimento sono Mohammed Yatim, Saâdeddine El Othmani et
Abdelilah Benkirane. Insegnante di filosofia, Mohammed Yatim
moltiplica gli articoli e gli interventi per porre nuove basi
intellettuali per l'azione della Jamâa e farla uscire dalle
concezioni rigide ereditate dagli anni di Chabiba
Islamiyya. Saâdeddine
El Othmani, appartenente ad una grande famiglia di ulema
e
diplomato lui stesso in studi islamici, tenta di trovare nel fiqh e
nella storia dell'islam i fondamenti dei nuovi orientamenti sostenuti
dalla Jamâa. Quanto a Benkirane, il suo pragmatismo e il suo spirito
di adattamento avranno un maggiore impatto in questo processo di
autocritica. Gli scritti di alcuni islamisti siriani ed egiziani, che
criticano l'uso della violenza nei movimenti islamisti, e proclivi a
cambiamenti pacifici così come ad una lettura flessibile dei testi
religiosi. Khalis Jalabi e Youssef Qardhaoui esercitano dunque una
grande influenza intellettuale sui dirigenti e sui membri della Jamâa
che si auguravano di uscire dalla matrice ideologica di Sayed
Qotb e dagli anni della militanza in seno alla Chabiba
Islamiyya.
Uno
dei
principali assi della rifondazione ideologica del pensiero della
Jamaâ è il riconoscimento del carattere islamico dello Stato e
della società marocchina. Per i dirigenti della Jamaâ , la
monarchia marocchina non è più l'incarnazione del regno del
"Taghout" , cioè un potere empio e tirannico traente la
sua legittimità dalla potenza delle sua capacità di repressione. La
monarchia marocchina, secondo i nuovi orientamenti della Jamaâ, è
islamica, governata da un capo musulmano, a cui bisogna prestare
fedeltà e che bisogna considerare come capo della comunità
religiosa, fino a che non si dichiari lui stesso, con la parola o con
il gesto, al di fuori di questa comunità. Contrariamente al concetto
della Jahiliya utilizzato da Sayed Qotb per designare lo stato delle
società musulmane, i dirigenti della Jamaâ sostengono che la
società marocchina è musulmana, anche se essa attraversa un periodo
di errore e di disagio spirituale. Basta dunque trovare questa anima,
questa radice profondamente musulmana presso i Marocchini per poterli
ricondurre sulla dritta via.
Per
i
teorici della Jamaâ, il cambiamento non deve essere brutale, né
improvviso. Esso non deve più suscitare reazioni di sfiducia o di
resistenza in seno alle élites al potere, o anche in seno alla
società. Essi pensano che queste reazioni possono essere
infinitamente più dannose della situazione di partenza. Secondo
loro, il cambiamento non deve essere fine a se stesso quando esso
rischia di produrre effetti negativi irreversibili. L'azione
riformatrice, secondo questa lettura, deve essere graduale,
ammettendo l'esistenza di un margine di errore e supponendo che gli
individui amano il conforto dello status quo e restano ostili alle
idee ed agli avvenimenti che turbano le loro abitudini. Gli aderenti
a questa riforma progressiva citano spesso l'esempio del divieto
dell'alcool nell'islam per sostenerne il percorso: in una società in
cui il vino era celebrato dai poeti, in cui esso è stato associato
alle virtù di ricchezza, di generosità, di piacere e di seduzione,
l'islam non poteva bruscamente vietare il suo consumo, in contrasto
con le abitudini della gente. Il divieto dell'alcool si applica
dunque in maniera progressiva al fine di preparare ed abituare la
gente. Questo principio della progressione è diventata la pietra
angolare dell'ideologia del percorso politico del PJD, che permette
di comprendere la sua evoluzione e le sue trasformazioni.
II.3.9.
Fine della violenza
Il
rifiuto categorico e definitivo della violenza è un elemento
centrale nel nuovo pensiero formulato dai dirigenti della Jamâa. Per
questi ultimi, le armi non possono essere rivolte contro i musulmani,
anche se essi non sono sulla diritta via. Abdelilah Benkirane allora
scrive: «Il
musulmano non può utilizzare la forza che in un solo caso: quando la
comunità musulmana è sottomessa a tiranni ostili, in modo
manifesto, alla religione, come è stato il caso in Afganistan, in
cui fu minacciata la stessa esistenza dell'Islam. In questa
situazione, i musulmani devono difendersi. Ma quando i musulmani
possono godere della libertà di culto, della libertà di
predicazione e della libertà di riunione, in questa situazione
sarebbe illegittimo ricorrere alla violenza».53
Il periodo del radicalismo, del cambiamento con la violenza
rivoluzionaria è presentato dunque come una fase di «infanzia del
movimento islamista», di impulso di giovani militanti in cerca di
sensazioni e animati dal desiderio di cambiare tutto, preoccupandosi
poco delle conseguenze delle loro azioni. Gli islamisti marocchini
allora si preparano per una nuova fase di maturità, di pragmatismo
politico, che deve passare ineluttabilmente per la costruzione di
nuovi rapporti con lo Stato, la monarchia e forme differenti di
organizzazione. La volontà di creare un partito politico islamista è
nata da questa trasformazione.
I
dirigenti della Jamaâ, attuano, attraverso l'esperienza
dell'autocritica, un nuovo tipo di rapporti tra il movimento
islamista e la monarchia. Per i dirigenti della Jamâa, e in
particolare Abdelilah Benkirane, non esiste alcuna preclusione a
prendere contatto con gli agenti dello Stato e dei suoi
rappresentanti, a discutere con loro, a prendere atto delle loro
domande e dei loro desideri, e far loro pervenire le lagnanze del
gruppo. Per lungo tempo, ogni contatto con lo Stato e con i suoi
agenti è stato considerato, in seno al movimento islamista, come un
tradimento, un compromesso e la prova di una manipolazione da parte
del Makhzen e dei suoi vari servizi segreti. L'etichetta di
«islamisti del Palazzo» attribuita ai dirigenti del PJD e di
«agente dei servizi» che gli avversari de Abdelilah Benkirane gli
appiccicano, consegue a questa volontà di stabilire relazionisenza
complessi tra islamisti e monarchia.
Per
esprimere ancora maggior impegno di cambiamento e di volontà di
integrarsi di più nel panorama politico marocchino, i dirigenti
della Jamâa, nel 1992, procedono al cambiamento del nome della loro
associazione, che diventa Harakat Al Islah Wal Attajdid (Movimento
della riforma e del rinnovamento). Abbandonando il nome di Jamâa
Islamiyya,
Benkirane
e i suoi amici desiderano mostrare alla monarchia che essi non hanno
alcuna pretesa di monopolizzare la rappresentanza dell'islam in
Marocco e che non hanno alcun legame con le organizzazioni islamiste
all'estero che hanno lo stesso appellativo.
Dopo
questo cambiamento, gli islamisti marocchini cercano di organizzare
la loro azione in seno ad un partito politico. E' così che, il 4
maggio 1992, Abdelilah Benkirane deposita lui stesso, alla prefettura
di Rabat, gli statuti e i documenti di creazione del Hizb Attajdid Al
Watani (Partito della riforma nazionale). Il comitato esecutivo del
nuovo partito, presieduto da Abdelilah Benkirane, è composto
essenzialmente da vecchi militanti della Chabiba
islamiyya
(Abdelilah Benkirane, Saâdeddine El Othmani, Abdellah Baha,
Abdellatif Sedrati, Lamine Boukhobza, Mohammed Yatim). Gli statuti
del partito riflettono il risultato di più di un decennio di
rifondazione ideologica del pensiero politico degli eredi della
Chabiba
Islamiyya e
la loro volontà di inserire la loro azione nella legalità e nel
riconoscimento della legittimità della monarchia, così come la sua
ascendenza sugli altri attori politici. Malgrado tutti questi
impegni, il Ministero dell'Interno rifiuta, con una lettera della
prefettura di Rabat, la creazione del nuovo partito, con grande
disappunto di Benkirane, che invia delle lettere per conoscere le
ragioni di questo rifiuto. Nessuna risposta da Driss Basri o dalla
sua amministrazione. Il rifiuto del Ministero dell'Interno di
autorizzare la creazione del Partito Attajdid si spiega con
l'irrequietezza de Marocco riguardo agli avvenimenti drammatici che
conosce il vicino algerino, dopo l'interruzione del processo
elettorale e l'inizio della guerra civile. La paura del contagio
preoccupa le autorità marocchine, che stimano dunque non opportuno
lanciare un partito islamista in un contesto regionale molto
difficile e in un momento in cui Hassan II intrattiene negoziati con
l'opposizione, volti a preparare un governo di alternanza. Di fronte
a questo rifiuto, Benkirane e i suoi compagni esprimeranno il loro
sconforto e la loro frustrazione in un editoriale del loro
settimanale Al Raya, sotto il titolo «islamisti del mondo,
suicidatevi !». Ma gli islamisti ripartiranno all'assalto, cambiando
strategia e approccio.
Rifiutati
dallo Stato monarchico, ma sperando sempre di integrarsi nella vita
politica e di dare al loro impegno un nuovo quadro e un nuovo
slancio, gli islamisti cambiano di spalla il loro fucile e decidono
di avvicinare i partiti esitanti. Il primo bersaglio è il partito
dell' Istiqlal (PI). Rivendicando a sé un salafismo riformatore e
integrando la dimensione religiosa nel suo corpus ideologico,
l'Istiqlal è l'interlocutore naturale degli islamisti. Questi ultimi
hanno preso contatto con i responsabili del PI, in vista di
un'adesione del movimento islamista al vecchio partito, diretto da
M’hammed Boucetta uomo politico stagionato e vecchio ministro della
giustizia e degli Affari esteri. L'istiqlal declina cortesemente
l'offerta degli islamisti proponendo loro di incontrare i suoi ranghi
come individui e non come gruppo e movimento. E' per questo motivo
che una eventuale OPA islamista sulla potente macchina dell'Istqlal
sarebbe portatrice di una trasformazione maggiore della vita politica
marocchina, che né la monarchia, né gli altri attori politici
tollererebbero. Gli islamisti marocchini si rivolgono allora verso un
vecchio partito, in giacenza da una ventina d'anni: il Movimento
popolare democratico e sociale (MPDC), diretto da Abdelkrim Khatib,
militante nazionalista, vicino alla monarchia che ha sempre avuto
delle idee vicine al discorso islamista, in particolare nella sua
opposizione ai partiti e movimenti di sinistra. L'egiziano Saleh Abu
Raqiq, vecchio collaboratore de Hassan El Benna, fondatore dei
Fratelli musulmani, fa da intermediario fra gli islamisti marocchini
e Abdelkrim Khatib.
L'incontro,
che ha luogo nel giugno del 1992 nella dimora di Khatib, sarà di una
grande rudezza e freddezza in seguito ai suoi primi contatti con i
dirigenti islamisti. Il patriarca impone un andamento opportunista
dei suoi interlocutori e condiziona la loro integrazione al suo
partito a tre principi: l'islam, l' accettazione della monarchia
costituzionale e la messa al bando della violenza. Gli islamisti
replicano che questi tre principi sono già parte integrante del loro
movimento dall'uscita dalla Chabiba islamiyya55.
Il vecchio leader nazionalista e i giovani islamisti si dicono
d'accordo e si mettono al lavoro. Così, dal 1992 al 1996, gli
islamisti marocchini, sotto l'ègida del dottor Khatib, iniziano a
ripopolare e a ristrutturare il
MPDC, al fine di farne una macchina politica ed elettorale, essendo
capaci di imbrigliare la sua potenza ed adattarla alle circostanze e
al rapporto di forza con il Palazzo e il Ministero dell'Interno. Nel
giugno del 1996, il riavvicinamento tra il MPDC e gli islamisti di Al
Islah diventa ufficiale. E' indetto un congresso straordinario del
MPDC nell' ampia dimora del “dottore”, alla presenza di più di
600 partecipanti per eleggere la nuova direzione del partito. Come
previsto, Abdelkrim
Khatib è eletto in capo al partito con una segreteria generale
composta da sei membri, nella quale i giovani islamisti si
confrontano con vecchie figure del MPDC.
Alla
tribuna, Abdellilah Benkirane, Abdellah Baha et Saâdeddine El
Othmani, membri della struttura direttiva del partito, incarnano la
trasformazione di una generazione d'islamisti, passati dalla
militanza radicale e violenta all'azione partigiana, nel quadro di
una monarchia costituzionale. Il tutto sotto la guida di un patriarca
la cui carriera politica si è tutta svolta nella fedeltà alla
monarchia. E' di questa alleanza e sotto questi auspici che nasce poi
il partito della giustizia e dello sviluppo.
II.3.11.
Abdelkrim
Khatib, anzitutto un islamista
Immediatamente
dopo la vittoria del PJD alle elezioni legislative del 25 novembre
2011, Abdel Benkirane si reca a casa del dottor Khatib, per onorare
la memoria del fondatore del partito islamista. L' anziano dirigente
nazionalista aveva accompagnato e protetto i giovani islamisti nella
loro integrazione della vita politica marocchina aprendo loro le
porte del suo partito, il MPDC. Pertanto, Abdelkrim Khatib era
anzitutto un islamista. Questo chirurgo, vicino a Mohhammed V e ad
Hassan II, in materia politica, non ha mai cessato di anteporre la
sua sensibilità religiosa. Al tempo dell'elaborazione della prima
Costituzione marocchina del 1962, egli aveva proposto ai redattori
del testo l'introduzione di un titolo onorifico, destinato ad
affermare la natura musulmana del paese. Khatib ricordava ai membri
della commissione incaricata di questa redazione, composta in
particolare da giuristi francesi, che i sultani del Marocco hanno
sempre portato il titolo di comandante dei musulmani e di comandante
dei credenti. Il titolo ha finalmente trovato collocazione nel cuore
dell'articolo 19 della Costituzione per diventare a discrezione delle
successive interpretazioni, la pietra miliare di una costruzione
giuridica e politica, che offre al suo titolare, il re, un potere
esteso e senza limiti.
Khatib
vedeva nella referenza islamica una risposta forte e solida alle idee
dei suoi avversari politici, soprattutto la sinistra, verso cui
manifestava una avversione ed odio profondi, particolarmente verso il
comunismo. Così, come al tempo della creazione dell'Associazione
marocchina di sostegno al popolo palestinese, nel 1969, avvenuta
nella sua dimora a Rabat, Khatib chiede l'esclusione di ogni
rappresentante comunista tra i suoi membri. Nel 1973, Abdelkrim
Khatib vuole cambiare il nome del suo partito in «Hizb Al Nahda Al
Islamiya» (Partito della rinascita islamica), al fine d'affermare il
referenziale religioso della sua formazione politica. La proposta è
respinta da Hassan II, che chiarisce a Khatib che egli deve fondare
una confraternita per fare delle attività religiose e non un partito
politico. L'incontro con gli islamisti di Al Islah, una ventina di
anni dopo, permetterà a Khatib di realizzare il suo desiderio e di
dare al suo partito l'orientamento religioso tanto sperato.
II.4.Il
partito della giustizia e dello Sviluppo56
II.4.1.
Creazione,
struttura ed organizzazione
Il
“Partito
Giustizia e
Sviluppo” (PJD)
è un’estensione, una continuità del “Movimento Popolare
Costituzionale e Democratico”(MPCD) fondato nel 1967 in seguito
all’adesione di una corrente islamica organizzata nel quadro del
“Movimento dell'Unicità e della Riforma”(MUR).
I fondatori del “Movimento
Popolare Costituzionale e Democratico” appartenevano al “Movimento
Popolare”(MP) fondato a sua volta nel febbraio del 1959. In
seguito, alcuni suoi membri, come Abdelkrim al-Khatib ed altri suoi
compagni se ne distaccarono e fondarono il “Movimento Popolare
Costituzionale e Democratico”, manifestando così il loro rifiuto
per lo stato d’emergenza dichiarato dal re Hassan II dopo la
rivolta sanguinosa di Casablanca nel marzo del 1965 e il loro
appoggio e attaccamento alla
legittimità
democratica e costituzionale ; questo per quanto riferito dai primi
scritti
legati al
partito stesso. E’ bene aggiungere che il partito in questione, è
scomparso dalla vita politica dopo la presentazione della relazione
scritta da Abdelkarim al-Khatib
al
re nel
1971. Con
il pretesto dell’assenza di garanzie vere per l’integrità e la
trasparenza delle elezioni, il partito ha scelto di boicottare
l’intero processo elettorale.
Questa presa di
posizione
del
“Movimento Popolare Costituzionale e Democratico” non ha impedito
al partito di sostenere le questioni dei paesi islamici contribuendo a
creare così tre associazioni:
l’Associazione per sostenere la Jihad in Afganistan,
l’Associazione marocchina per
sostenere la lotta del popolo palestinese,
l’Associazione di sostegno per i
Musulmani della Bosnia-Erzegovina.
Dopo un’assenza
durata un
quarto di secolo, nel 1996, il partito del “Movimento Popolare
Costituzionale e Democratico” fece un grande ritorno in politica
riuscendo ad organizzare un convegno straordinario in cui furono
annunciati i nomi dei membri attivi del Movimento islamico che hanno
aderito al partito di Abdelkrim al Khatib. Questo successe cinque
anni dopo l'interdizione di attività da parte dell' autorità
marocchina per
il
“Movimento
per l’Unità e lo Sviluppo” nel 1991 (era lo strumento politico
della Lega dell'Avvenire
Islamico) e
per
il “Partito del Rinnovamento nazionale” nel 1992 (strumento
politico
del
Movimento per la Riforma e il Rinnovamento).
Dopo la fusione
delle due
organizzazioni ossia la “Lega dell'Avvenire Islamico” e il
“Movimento per la Riforma e il Rinnovamento”, è nato un nuovo
partito il “Movimento di Unificazione e Riforma” (Hizb al wahda
wa al Islah) che, dopo aver preso contatto con il dottor Abdelkrim
al- Khatib , ha visto aprirsi le porte del partito di quest'ultimo
agli islamici del nuovo movimento che non tardarono ad entrare nella
vita politica un anno prima delle elezioni legislative del 1997, data
che segna il primo ingresso degli islamisti nel Parlamento
marocchino.
L’adesione degli
islamisti
al movimento di al-Khatib ha permesso di ridimensionare la direzione
del partito scegliendo un leader più giovane, di riorganizzare le
strutture e di sostenere l’orientamento islamico. Con queste novità
, il partito decise di partecipare alle elezioni legislative nel
1997 dove ottenne 9 seggi e in seguito, durante il periodo
elettorale, riuscì a completare il numero di altre tre iscrizioni
per poter formare il gruppo parlamentare57.
All’inizio, questo
partito
si è comportato con il governo di Abderrahmen al-Yussufi (1998/2002)chiamato
anche “governo dell'alternanza ” con il cosiddetto “sostegno
critico” per poi passare a “ l’opposizione consigliera ”
(come espresso dal partito).
Le nuove dinamiche
organizzative e strutturali adottate da questo movimento
contribuirono a rielaborare l’espressione dell’orientamento e
tendenza del partito cambiando per prima cosa il nome del movimento
rendendolo “Giustizia e Sviluppo” tagliando ogni indicazione
legata all'islam, e questo successe durante il congresso nazionale
del partito nel 1998; fu considerato l’ inizio di una nuova fase
nella storia del partito.
L'organismo
del PJD si basa
sulle seguenti strutture:
Assemblea nazionale ( il congresso
nazionale)
Consiglio nazionale
Autorità arbitrante
Segretariato generale
Consiglio degli incaricati regionali
Regioni e province
Amministrazione centrale.
Sul piano
dell'organizzazione
e della struttura il PJD ha conosciuto un sensibile progresso
attraverso gli anni; all'inizio, il partitosi organizzava
in
undici assemblee di coordinamento regionale e in questo primo periodo
(1999), la nomina del coordinatore giungeva direttamente dal
segretariato generale, in seguito pero' (nel 2002) la scelta del
coordinatore si faceva tra tre candidati nominati dalla collettività
regionale che a sua volta lasciava l'ultima parola della scelta di un
solo coordinatore al segretariato generale. In seguito, e nel quadro
dei criteri di decentramento, del sostegno della
funzionalità
all'interno della struttura organizzativa del partito (come riportano
i
trattati
scritti
dello stesso partito) e dopo il V° convegno nazionale dell'aprile
del 2004, il PJD si è visto beneficiare di quattordici uffici
sull'intero territorio nazionale. Per scegliere l'ufficiale regionale
che a sua volta propone gli altri membri dell'ufficio per
l'approvazione , si è adottato uno scrutinio diretto. Così fatto,
la rappresentanza
regionale
ha
potuto godere di ampi poteri diventando un segretariato generale
occupato nella gestione degli affari politici, organizzativi ed
economici del partito al livello regionale.
II.4.2.
Dalla "Riforma"
al "Rinnovamento"
L'evoluzione dei
media
della
Corrente islamica che si è unita al partito di Abdelkrim al Khatib
modificando il suo nome per diventare il « Partito della
Giustizia e dello Sviluppo » ha potuto
essere al
passo con le grandi tappe della carriera politica dei suoi leader. Il
primo quotidiano del partito fu « La Riforma » (Al Islah
) pubblicato nel 1987 dalla « Associazione della Comunità
islamica » sotto la direzione di Abdellilah Benkirane. Dopo due
anni pero' cesso' l'edizione di questo giornale perché
l'Associazione della Comunità islamica cambio' l'appellazione e
divenne «Il Movimento della Riforma e dello Sviluppo ». In
questo stesso periodo nel 1993 fu lanciato il settimanale « Il
Risveglio » dalla « Lega dell'Avvenire Islamico »,
che aveva,come direttore Mustapha al-Ramid.
In seguito alla
fusione
delle
due correnti sopracitate con la nascita del « Movimento di
Unificazione e Riforma » ci fu anche l'unificazione dei mezzi
di informazione delle due organizzazioni dando vita nel 1995 al
quotidiano «Il Rinnovamento » (AL Tajdid) che è ancora oggi
diretto da Benkirane, segretario generale del «Partito della
Giustizia e dello Sviluppo»(PJD).
Il termine
«Rinnovamento»
non costituisce soltanto un titolo di giornale bensì uno slogan
politico che racconta le trasformazioni del «Movimento di
Unificazione e Riforma » e il passaggio dei suoi leaders e
componenti dalla « attività clandestina » a quella politica
istituzionale ben dichiarata.
II.4.3.
Mezzi di
propaganda
religiosa e di politica
Il quotidiano il
«Attajdid»
«Rinnovamento»
tratta
due aspetti interdipendenti, l'uno riferito alla
propaganda religiosa e alla politica
nel programma del «Movimento di unificazione e Riforma» e l'altro
attinente alla politica del «Partito
della Giustizia e Sviluppo». Questo significa che sia il Movimento
sia il Partito sono dei conservatori, attaccati ai loro principi;
mentre il primo segue con interesse le questioni religiose legate
alla vita quotidiana il secondo si occupa di politica (il parlamento,
le collettività locali, …... )
Nonostante
le dichiarazioni di molti responsabili del «Partito della Giustizia
e dello Sviluppo» che negano di aver come portavoce il quotidiano il
«Rinnovamento» , l'unico mezzo di informazione resta questo
giornale.
Il
fatto
che, Il «Movimento di Unificazione e Riforma» che pubblica il
quotidiano il «Rinnovamento» sia l'alleato strategico del Partito è
plausibile per i responsabili del giornale stesso; infatti, il
giornale si distingue dagli altri quotidiani marocchini per questo
legame di interdipendenza; Il lato che concerne il Movimento basa la
sua attività sulle questioni di predicazione e educazione con
riferimento alla religione islamica e nello stesso tempo, come
rappresentante del «Partito per la Giustizia e lo Sviluppo» si
occupa della legislazione dell'Islam per quanto riguarda le questioni
religiose e politiche dello Stato (alcol, corruzione, donna, sviluppo,
….....)
II.4.4.
Carenza dei mezzi e distaccamento dei giornalisti58
Il quotidiano il
«Attajddid»«Rinnovamento » conta 38 lavoratori da cui 18
sono giornalisti (l'intero gruppo editoriale) tra i quali troviamo 6
donne mentre il resto degli impiegati ( anche qui sono presenti 6
donne) è suddiviso nell'area amministrativa, commerciale, della
distribuzione e dell'archivio.
Secondo le
dichiarazioni
dei
responsabili, il quotidiano il «Rinnovamento» come altri giornali
portavoce di partiti, non realizza significativi guadagni per poter
garantire la sua continuità e la dimostrazione è il numero basso
di copie vendute in media giornaliera e che non supera le 4500 copie
dalle 10000 stampate. Per questo motivo il « Partito della
Giustizia e Sviluppo » non si basa soltanto su questo giornale
come faccia mediatica.
Inoltre, il
quotidiano
soffre
di problemi al livello strutturale dovuti alla mancanza di mezzi e al
passaggio dei giornalisti ad altre istituzioni mediatiche; il
risultato è che il giornale si accontenta, di personale meno
preparato.
Si può' capire da
questo
che
l'appartenenza ideologica ad un partito o ad un altro non è
sufficiente per convincere i giornalisti a rimanere a lavorare
per questo quotidiano soprattutto in un periodo di grande tensione
imposta dai vari mercati mediatici nel paese ; alcuni
giornalisti hanno preferito attivarsi attraverso il sito Internet di
« Al Jazeera », atri hanno cominciato a lavorare per altri
giornali come ad esempio«Al jarida» « Il Giornale »
e «Al massa»« La Sera » o hanno fondato
i propri quotidiani e il resto ha preferito il lavoro nel settore
commerciale . Si può' dedurre che dietro queste scelte ci siano
il fattore finanziario e il guadagno sicuro .
Per quando riguarda
gli
altri
allontanamenti dal «Rinnovamento» le cause sono, perlopiù,
legate agli errori professionali di alcuni giornalisti, le frequenti
assenze e la mancata professionalità.
Il personale attivo
appartenente al giornale il «Rinnovamento» ha come basi la laurea in
letteratura francese, in studi islamici, in giurisprudenza,
in giornalismo o in informatica. Alcuni di loro hanno fatto anche
studi post laurea.
Per quanto riguarda
la
formazione di questi gruppi, un responsabile del quotidiano ha
dichiarato che il giornale soffre della mancanza di finanziamento
oltre all'assenza di personale qualificato, stante la carenza di
scuole di formazione specializzate nella città di Rabat. A tal
riguardo, il giornale ha preventivato di destinare il 5% del bilancio
annuale delle sue risorse per garantirne la formazione necessaria.
Malgrado ciò si è potuto formare un numero di giornalisti nel
Centro di formazione di « Al Jazeera » nel Qatar e altri
durante dei tirocini organizzati nell' estate dell'anno scorso in
Marocco.
L'altro argomento è
legato
alle entrate derivanti da annunci e pubblicità; lo stesso
responsabile dice che l'idea falsa che molti hanno del giornale,
accusandolo di estremismo, ha diminuito drasticamente il suo guadagno
dal settore pubblicitario, rifiutando la via del compromesso
clientelare e politico. L'unica fonte di entrate quindi deriva dagli
annunci amministrativi, ministeriali e pubblicitari che permettono
almeno l'acquisto di carta di alta qualità, e rimandando a tempi
migliori la possibilità di avere corrispondenti e giornalisti
qualificati, nella speranza infine di avere la propria stampa
privata.
II.4.5.
La collocazione
del
«Rinnovamento» nel panorama mediatico marocchino59
Il quotidiano il
«Rinnovamento» si classifica in mezzo alla lista dei giornali del
Paese. Su 10.000 tirature complessive, esso riesce a vendere
mediamente 4500 copie al giorno; variano, invece, da 6000 a 7000 i
lettori dello stesso giornale on line.
Per quanto riguarda
la
natura
del rapporto tra i mezzi di informazione pubblici e il
«Rinnovamento » notiamo un gran disinteresse da parte del
primo canale televisivo marocchino nei confronti del quotidiano.
Nella sua rassegna stampa non si dà spazio alle notizie che
pubblica, nonostante la partecipazione di qualche giornalista ad
alcuni dibattiti o interviste. Il secondo canale, secondo una
dichiarazione di uno dei rappresentanti del « Rinnovamento»,
ha una posizione di completo contrasto e di ostilità nei confronti
del quotidiano.
Per la stampa
scritta, la
stessa fonte60
dice che molti dei giornali come ad esempio «Bayen
al-yaum» (Dichiarazione del giorno), «La Déclaration »
(La
Dichiarazione),«Yaumiyyat
al-nass »(il
Quotidiano della Gente) e « Aujourd'hui
le Maroc » (Il
Marocco oggi) considerano il « «Rinnovamento » un
temibile concorrente e lo descrivono come un giornale oscurantista
che minaccia il sistema, diffonde l'estremismo e il sottosviluppo.
Esistono anche giornali meno aggressivi nei confronti del
« Rinnovamento » e con cui non si hanno scontri
significativi specifici come ad esempio «Al-Sahara
al- maghribia » (Il
Sahara marocchino) e poi c'è « Al-Îlm »(Il
Sapere) che rappresenta una corrente vicina a quella del
«Rinnovamento ».
I giornalisti del
quotidiano
si lamentano di non poter accedere all'informazione e accusano il
governo ed alcune parti di questa limitazione. Le tre
istituzioni :
la monarchia, l'esercito e gli affari religiosi non hanno rapporti o
legami con i giornalisti del «Rinnovamento » e così
tutto quello che riguarda la gestione dei soldi pubblici, i
licenziamenti dei funzionari ministeriali, la manipolazione delle
transazioni pubbliche e gli altri argomenti spinosi che toccano da
vicino la società civile restano difficili da affrontare per questa
esclusione.
II.4.6.Il
sito del quotidiano il « Rinnovamento »
http://www.jadidpresse.com/
Il sito del giornale si
divide
in due sezioni : la prima si occupa degli eventi
nazionali
ed
internazionali con una particolare attenzione alle questioni legate
all'islam nel secondo posto. Questa sezione comprende anche una parte
riservata all'archivio del quotidiano che risale al 2002; oltre a
questo troviamo degli estratti vari di eventi politici, culturali,
sportivi ecc.
La seconda sezione
del
sito
invece raggruppa le questioni religiose e di predica che le collega
anche al sito del « Movimento di Unificazione e riforma »
oltre ai canali come « Al-Aqsa » appartenente al
sito centrale di Gerusalemme e della Palestina.
D'altra parte, uno
spazio
è
dedicato ai commenti dei visitatori e lettori , i loro suggerimenti e
le loro domande. Delle risposte sono date e dei chiarimenti posti
grazie al dinamismo e l'interattività del sito del
« Rinnovamento ».
Nella parte
inferiore
della
pagina del sito troviamo disposti file con una finestra contenente i
documenti del giornale e in particolare testi storici del grande
sapiente Mokhtar Soussi, degli islamisti e degli affari interni del
Marocco oltre a un quadro destinato specialmente alla cultura
« amazigh » (berbera), ai suoi personaggi, a saggi in
versi e ai suoi proverbi.
Un altro spazio
contiene
argomenti e opinioni riguardanti le questioni e gli eventi nazionali
e internazionali, dossier sul Libano, l'Iraq e la Palestina
oltre ad una lista con nomi di personaggi aventi un impatto sulla
scena nazionale oppure su quella del mondo islamico.
II.4.7.
Il contenuto
del
sito Internet del Partito della Giustizia e dello Sviluppo
Tramite il proprio
sito
Web,
il «Partito Giustizia e Sviluppo» presenta la sua organizzazione
politica puntando sugli aspetti fondamentali cheritiene
appropriati alla sua autorità e alla sua concezione ideologica e
mediatica e lo fa attraverso :
« La lampada» come simbolo e
denominazione del sito del partito
La foto del fondatore Abdelkrim
al-Khatib a destra della pagina principale con il suo vestito lungo e
ampio e la sua barba. A sinistra e sulla stessa linea orizzontale
troviamo la foto del segretario generale del partito Saad Eddine
Othmani con la sua barba e vestito con completo giacca e cravatta. Tutti e due i
leader sfoggiano un gran sorriso sulle labbra .
Tra le due immagini compaiono
ritagli di foto di donne e ragazze con il velo ; alcune di loro
sono sedute ai tavoli di un ristorante moderno, altre rappresentano le
usanze del Sahara e una fanciulla di un paesino con il suo vestito
tradizionale.
Oltre a questo troviamo immagini di
elettrodomestici , il famoso faro di Marrakech, uno dei più antichi minareti del
paese , la bandiera e il tappeto del Marocco, campi coltivati ecc.
Il partito ha anche
una
finestra che annuncia la data di uscita di un settimanale politico
intitolato « Al ra'y »(L'Opinione) con lo slogan
« Al khabar al yaqin wa al ra'y al rassin »
(L'informazione certa e l'opinione equilibrata).
Sulla
sua
pagina principale ,
il partito offre ai visitatori del sito una presentazione completa
delle sue strutture organizzative affinché possano conoscerle (la
legge fondamentale, il presidente fondatore, il segretario generale e
il suo ufficio, le strutture, la storia della sua creazione e lo
sviluppo, le pubblicazioni, l'album foto, audio e video) in più
figura anche il progetto del partito (il suo obbiettivo, la giustizia
e lo sviluppo, la sua bibliografia, il programma elettorale,
biografia, opinioni e pareri, dossier settoriali)
oltre
ad una
copertura
informativa sulle attività del partito al livello locale, nazionale
ed internazionale (aggiornamenti, avvisi e comunicazioni, seminari e
giornate di studio, attività regionali, visite e ricevimenti, echi
dalla stampa, audio e video) e un'altra presentazione che riguarda i
diversi comitati (I giovani del partito, il comitato donna e
famiglia, l'associazione degli eletti, relazioni estere,
comunicazioni mediatiche, forum per lo sviluppo, per la politica e
per gli avvocati) e le squadre attive (quella al parlamento, la
seconda camera, i consulenti e le camere professionali).
Tutti questi servizi
sono
offerti in diverse lingue: l'arabo, il berbero scritto con caratteri
arabi (e non con il tifinagh
cioè i caratteri berberi), il francese e l'inglese.
Per le elezioni del
7
settembre 2007, Il sito del partito ha fornito dei link che mettevano
in rilievo la sua preparazione per le elezioni ed i suoi meriti
pubblicando articoli inerenti al suo programma politico (articoli di
Saad Eddine Othmani, Mohamed Yatim, Habib Choubani, Salah Saadi...) e
presentando il suo gruppo parlamentare, la fascia giovane del partito
e l'assemblea dei sostenitori. Il tutto corredato di pubblicazioni
messe a disposizione del pubblico :
- uno
spazio
alle probabili
domande e quesiti e le risposte ad essi.
-
sondaggi
di opinioni dei
visitatori del sito riguardo al programma legislativo del partito, le
sue priorità come l'accesso alla sanità per tutti, la lotta alla
disoccupazione e alla corruzione finanziaria e amministrativa.
- una finestra
dedicata
al
forum delle discussioni permette ai lettori di fare domande su
questioni specifiche e al partito di farne altrettante al suo
pubblico.
II.4.8.
Le posizioni
del
Partito nei media e la Democrazia
Gli scritti del
partito
ricordano che la fondazione dell'organizzazione risale a quattro
decenni fa cioè quando fu creato il «Movimento Popolare
Costituzionale e Democratico» da Abdelkrim al-Khatib ed altri.
Secondo le stesse fonti, questo partito è rimasto attaccato
all'orientamento democratico, suo motto iniziale, che l'ha
accompagnato in tutte le principali tappe della storia politica del
Marocco in modo che l'opinione pubblica accettasse le idee del
partito e si convinse della lealtà di questo movimento nel mantenere
le promesse e nel rispettare le diversità dei pareri e dei dogmi.
Per più credibilità, il partito si è espresso dicendo che la sua
fondazione era una risposta alla dittatura e i suoi metodi di
esclusione e di prepotenza contro i diritti dei cittadini. Oltre
questo, il movimento ha voluto dimostrare che l'era dell'unico
partito era finita cedendo il posto alla libertà di espressione e
alla pluralità dei partiti.
Attraverso i suoi
mezzi
di
informazione, il partito sottolinea l'obbligo di rispettare i
principi nazionali e la scelta di una buona base per iniziare la
riforma ; al posto di un pensiero rivoluzionario che apre tutte
le porte del conflitto come è successo subito dopo l'indipendenza
del Marocco, è meglio avere un'opposizione politica che agisca nel
contesto della legalità religiosa e nazionale.
Il partito limita le
sue
funzioni alla sfera politica e ogni appartenenza al movimento è un'
appartenenza puramente in questo senso ; quest'ultima si basa
sulla cittadinanza e non sul credo religioso . Così si deduce
che, essendo aperto a tutti i cittadini che rispettano l'orientamento
politico del partito e le sue leggi, è automaticamente aperto ,
come ha dichiarato più di una volta uno dei suoi leader Abdellilah
Benkirane, anche agli Ebrei Marocchini.
Con il suo discorso
ideologico, il partito ha provato a convincere l'opinione pubblica e
il sistema politico marocchino in particolare, del suo rifiuto della
discriminazione intellettuale e religiosa all'interno della sua
organizzazione accettando così le regole del « gioco »
politico per poter allargare i suoi orizzonti sociali e consolidare
le sue alleanze con l'estero visto che è consapevole del fatto che
non arriverà al potere senza aver ottenuto l'accordo delle
istituzioni del regno del paese e dell'élite marocchina all'interno
e poi provare a farsi accettare attraverso le tattiche politiche
sulla democrazia attirando a se molti alleati e simpatizzanti.
Il modo per
guadagnarsi
tutto
questo è senza dubbio il riconoscimento, nei discorsi politici, del
fatto che il re è il comandante dei fedeli « Emir
al-Mu'minin » ; è colui che protegge la religione
secondo la costituzione. Il partito considera questo fatto come
un'importantissima garanzia per tutelare il Marocco da tutte le forme
di estremismo e di intolleranza religiosi e non religiosi. Da qui si
capisce che il partito non cerca di contestare il re nel suo ruolo
di emiro come è stato il caso del
movimento
della
« Giustizia e Carità »
e non ha
nessun
vantaggio, pur avendo un riferimento religioso, nel gettare il dubbio
sulla dimensione di nobiltà
« sharifi »
del
sistema dominante.
Secondo Nadia
Yassin,
figlia
della guida del movimento « Giustizia e Beneficenza »,
il partito « Giustizia e Sviluppo » non è diverso dal
resto dei partiti ; è piuttosto un partito molto vicino al
regime del Re . E' da qui che nasce il forte disaccordo tra il
partito di al-Khatib e il gruppo di Yassin che considera ogni
appoggio al governo ed ai suoi principi un atto contrario al gruppo
« Giustizia e Beneficenza » anche se il riferimento è la
religione islamica .
Il partito
« Giustizia e
Sviluppo » ha grande riguardo nei confronti del movimento
democratico della « Unificazione e riforma » essendo un
suo alleato strategico dal momento che molti membri del partito della
«Giustizia e Sviluppo » fanno parte anche del movimento
« «Unificazione e Riforma » e alcuni sono leader in esso
ma le due organizzazioni sono indipendenti l'una dall'altra nelle
decisioni e nelle prese di posizione; il movimento fa parte della
società civile invece il partito è un'organizzazione politica ma nei
due casi i componenti si considerano nello stesso livello
senza aver bisogno di una guida « Sceicco » come nel caso
del gruppo della « Giustizia e Beneficenza ».
Nonostante ciò, il
partito
della « Giustizia e Sviluppo » si trova costretto a
spiegare ogni volta anche la natura del suo rapporto con il
quotidiano il « Rinnovamento », precisando che
quest'ultimo è il portavoce del movimento della «Unificazione e
Riforma » e non del partito. In « Giustizia e Sviluppo » quindi non c'è
nessuna implicazione per quanto riguarda la
presa di decisioni ma nel momento stesso non nega la vicinanza tra
giornale e partito. Questo rapporto, comunque, si vede attraverso lo
spazio che il giornale mette a disposizione del partito per elencare
le sue attività, le sue conferenze e discorsi emessi da alcuni dei
suoi leader che appartengono sia al movimento che al partito.
Il più plausibile
esempio
resta senza dubbio Abdellilah Benkirane direttore del
« Rinnovamento » che riveste il ruolo di membro del
segretariato generale del partito della «Giustizia e Sviluppo »
e di presidente del suo consiglio nazionale.
Alcuni membri del
partito
esprimono la loro fiducia nella democrazia , considerandola un mezzo
per gestire le diversità ed i conflitti . Gli scritti relativi
al partito precisano che la scelta dei dirigenti è la stessa da un
quarto di secolo e si basa sul suffragio e da cui l'ultima parola
spetta alla maggioranza. La cosa positiva nel cammino del partito è
anche il cambio della leadership dopo ogni periodo di responsabilità
così per dimostrare che tutte le sue attività si basano sulla
democrazia che pian piano si sarebbe radicata nel pensiero islamico a
differenza di altri movimenti islamisti ancora in posizione di dubbio
nei confronti di questa democrazia. Attraverso i documenti del
partito, le sue pubblicazioni sul quotidiano il
« Rinnovamento »
e il sito web si possono riassumere le fondamentali norme del
percorso democratico all'interno del partito come segue:
Tutte le responsabilità politiche
principali sono sottoposte al voto dopo un' estesa operazione elettorale
i funzionari nazionali e locali
(segretario generale, ufficiale amministrativo regionale e provinciale)
non possano superare il periodo di due mandati.
La presenza di regole che spingono
al rinnovamento continuo della leadership dando la possibilità ai più
giovani e questo per non avere sempre le stesse persone alla conduzione
del partito.
Il partito della
“Giustizia
e Sviluppo” accetta la democrazia sulla base che essa permette alle
persone di partecipare alla vita politica del paese , in più non è
una parte superficiale distaccata dalla cultura della società e
delle sue origini bensì il contrario e questo sfata l'idea che
alcuni individui vogliono diffondere dicendo che ci sia una
contraddizione tra organo consultivo “Shura”
e democrazia.
Secondo
il
partito, il
successo della transizione verso la democrazia richiede una
preparazione delle diverse istituzioni politiche del paese sia al
livello legislativo che quello esecutivo o partigiano oppure si fa
attraverso discorsi ufficiali del partito e tramite interviste
giornalistiche. Oltre questo il segretario generale del partito
della “Giustizia e Sviluppo” tiene a dire che la sua
organizzazione politica non rappresenta un unico blocco politico ma
essa è il prodotto di un insieme di eventi e reazioni perciò è
ovvio che ci siano delle diversità di opinioni tra i suoi membri e
questo non fa che arricchire l'interno del partito ed è un segno di
vera democrazia . “ Noi pratichiamo la politica e la politica in se
stessa significa l'accordo e l'alleanza e il nostro è un partito con
riferimento islamico e nello stesso tempo è un partito democratico
che rispetta tutti i movimenti che sono fondati su basi del
socialismo, liberalismo o che siano di destra o di sinistra.
Alcuni pensano che
il
metodo
usato per gestire il partito nei comuni che l'hanno eletto (Mèknes,
El kasr el kabir e Khnifra) potrebbe aiutare a fare conoscere il lato
pratico di questo movimento e la democrazia con cui esercita. Di
questo si è espresso uno dei giornali61
elogiando la sua posizione positiva nei confronti dei rappresentanti
della “Giustizia e Sviluppo” che usa un mezzo democratico più
vicino al pragmatismo che agli slogan etici e religiosi che
sventolava all'indomani della sua fondazione.
Nel complesso, la
democrazia
sembra, dal punto di vista del partito “Giustizia e Sviluppo”,
una struttura basata sull'intesa tra i suoi membri dove non c'è
posto per la leadership o per tale o tale figura come avviene,
secondo il codesto movimento, in altre organizzazioni. Il riferimento
islamico del movimento non è contrario al trattamento delle
questioni dello stato e le problematiche della società ma è contro
l'esclusione della politica dalla vita del popolo e contro la
richiesta di un cambiamento radicale con minacce e disobbedienza
civile che il gruppo di “Giustizia e Carità”
chiama
“Nazionalismo”.
II.4.9.
I diritti umani
dal punto di vita del partito “Giustizia e Sviluppo”
Per
esprimere
il suo parere
sull'argomento, il partito mette in luce l'importanza delle costanti
e basi ufficiali dello stato e insiste sul fatto che anche se esso ha
un riferimento islamico, questo non fa di lui il portavoce o
il rappresentante
dell'Islam come si permettono di dichiararsi altri movimenti islamici
perché, in fondo, l'Islam è il riferimento ufficiale del paese e
automaticamente di tutti i partiti politici marocchini con una
particolare attenzione anche sul diritto alla cittadinanza delle
persone senza distinzione o discriminazione religiosa, di sesso o
di appartenenza etnica.
Attraverso il suo
metodo
ideologico nel guardare le questioni , il partito “Giustizia e
Sviluppo” conferma la sua lotta per i diritti umani e per le
libertà fondamentali che costituiscono uno dei pilastri del suo
movimento sostenendo numerose dichiarazioni e convenzioni
internazionali e rifiutando ogni forma interpretativa che cancelli
le particolarità religiose e culturali dei popoli o che imponga idee
non compatibili con il buon senso e che potrebbe sfasciare tutta la
società. La difesa dei diritti umani, secondo il partito “Giustizia
e Sviluppo”, è quindi un obbligo comune condiviso tra le diverse
appartenenze etniche, politiche ed altro.
Il partito insiste
anche
sull'equilibro esistente nei diritti umani e che dovrebbe stabilirsi
di una maniera equa tra gli individui, la comunità e la società ma
ricorda che ogni diritto è legato ad un dovere.
Per il partito, i
diritti
umani comprendono oltre ai diritti sociali, economici e culturali,
che garantiscono una vita dignitosa alle persone, il diritto politico
, la libertà d'espressione e di convinzione.
Nei suoi discorsi
approfonditi
sulla sua visione dei diritti umani, il partito introduce lo stile
della “tregua” nei confronti dei movimenti con cui ha conflitti
oppure con quelli che sono diversi nel loro pensiero o nella loro
convinzione visto che l'Islam non impone la religione agli individui
ed è questo punto che è stato adottato dal partito come linea
guida.
Nonostante ciò , il
partito
“Giustizia e Sviluppo” è stato accusato per aver limitato alcuni
dei diritti e aver rifiutato di mettersi contro i gruppi
terroristici. Ma dopo l'attentato del 2011 a Marrakech , il
movimento si è schierato dalla parte del governo e ha condannato
questi atti, tutto questo per evitare le accuse ingiuste contro di
lui dai suoi oppositori , dai media o dalle organizzazioni
associative che hanno sempre cercato di limitare drasticamente la sua
presenza sulla scena politica minando con questo comportamento, la
sua esistenza.
II.4.10.
Il partito
“Giustizia e Sviluppo” e il terrorismo
Il colpo
terroristico del
16
maggio 2003 e le sue conseguenze hanno spinto il partito della
Giustizia e Sviluppo a condannare, nei suoi vari discorsi e nelle
dichiarazioni ufficiali dei suoi leader, questi atti mostrando così
la sua posizione chiara contro il terrorismo.62
Attraverso i media,
il
partito
ha provato in tutti i modi , a precisare il suo cammino da
moderato denunciando ogni forma di fanatismo o estremismo religioso
dannoso e considerandolo un'eccezione alla regola nella società
marocchina. Con questo, il partito fa un appello indiretto all'élite
politica del paese per adottare una cultura di dialogo e rifiutare
ogni tentativo che prende di mira il partito della Giustizia e dello
Sviluppo nell'intento escluderlo dalla scena politica com' era già
successo in passato in seguito ad alcuni eventi fanatici e dopo
alcune elezioni; qualche organizzazione in opposizione al partito “
Giustizia e Sviluppo” ha cercato di offuscare l'immagine del partito
fino a chiedere il suo completo scioglimento. Questa
situazione ha spinto il movimento a emettere, il 29 maggio 2003, un
comunicato in cui affermava la sua adesione all'approccio olistico
sostenuto dal re e alla dichiarazione nel discorso finale del
Consiglio nazionale tenutosi il 5 luglio 2003 in cui la decisione del
re fu considerata come migliore risposta a tutti quelli che
volevano «togliere di mezzo » il movimento”Giustizia e
Sviluppo”.
Sulla definizione
del
concetto
di « terrorismo », il partito della Giustizia e Sviluppo
lo colloca prima di tutto nel suo quadro internazionale a partire
della metà del secolo scorso quando sbocciarono le prime
organizzazioni politiche estremiste come ad esempio le Brigate Rosse
in Italia, il gruppo massonico di Lennhof in Germania, l'IRA in
Irlanda e l'ETA basca in Spagna ed altre ancora. Gli atti
terroristici di questi movimenti però sono diversi dagli attentati
dell'11 settembre del 2001 negli Stati Uniti e da quelli che hanno
scosso altri paesi tra cui il Marocco perché i contesti e le
motivazioni di queste violenze ed i loro scopi sono nettamente
diversi.
Sul piano nazionale,
il
partito della Giustizia e Sviluppo non collega gli attentati del 16
maggio 2003 a fattori come la povertà, l'emarginazione,
l'esclusione, l'ingiustizia sociale e le poche prospettive ma bensì
all'assenza di una vera organizzazione politica e religiosa ,
all'incapacità della scuola marocchina e del programma educativo ad
assicurare un'efficiente preparazione ai giovani per poterli inserire
nei diversi campi del mondo del lavoro. Sono inclusi , tra i difetti
anche la prepotenza dell'approccio di sicurezza e la debolezza dei
partiti politici.
A sua volta, le
debolezza
dell'orientamento religioso è imputabile, secondo il partito
“Giustizia e Sviluppo” alla scarsità del programma educativo
delle istituzioni religiose oppure alla politica di stato che non
dimostra il dovuto riconoscimento al ruolo svolto dagli educatori e
dai sapienti.
Lo stesso movimento
ritiene
che la forte provocazione del sentimento religioso nella vita
pubblica e quotidiana della gente e nei media è dovuta alla
commercializzazione delle bevande alcoliche ai Musulmani,
all'incoraggiamento al gioco d' azzardo, alla creazione di casinò e
alla diffusione del turismo sessuale; tutti motivi che hanno spinto
ad un'espressione estremista nei confronti di una situazione di
declino dei valori e dei principi di un'educazione sana ; motivi che
sono all'origine del ripetersi di tali atti.
Questo tipo di
situazione
necessita , secondo il partito, un lavoro di rafforzamento delle
istituzioni educative islamiche e il rifiuto di tutte quelle tesi che
tendono a fanatizzare le fonti della religione . Il lavoro in se
consiste nel rafforzamento del senso religioso della comunità con i
mezzi di socializzazione e riabilitazione degli organi politici e
civili per formare individui equilibrati psicologicamente,
culturalmente e religiosamente lontani dal fanatismo e il terrorismo
che l'Islam stesso condanna.
Il 17 maggio 2003 ,
un
giorno
dopo gli eventi del 16 maggio, i mezzi di informazione del partito
“Giustizia e Sviluppo” ha emesso una dichiarazione a nome del suo
segretario generale Abdelkrim al Khatib e in cui condanna
severamente l'attentato di Casablanca del giorno prima, conferma il
rispetto del Sacro (cioè della religione visto che ogni volta la
colpa si dà al sacro) e chiama alla cooperazione con le autorità
giudiziarie per arrestare i membri responsabili di questi atti
terroristici.
L'articolo di Saad
Eddine
Othmani sul giornale “Accharq
al Awssat”(Il
Medio Oriente) ha sottolineato il ruolo principale del re nella sua
veste di protettore della religione al fin di confutare tutte le
accuse che gli altri movimenti politici e non politici volevano
addossare al partito “Giustizia e Sviluppo” per gli atti suicidi
e questo per negargli la legittimità, dare un'immagine distorta
all'interno e all'esterno e cacciarlo dalla scena politica.
Con il
suo
articolo, Saad
Eddine Othmani ha tentato di dare una solida posizione politica al
partito e un sostegno al potere del re.
Per quanto riguarda
il
disegno
di legge n. 03.03 relativo al terrorismo, il movimento “Giustizia e
Sviluppo”, si è espresso attraverso il suo vice segretario
generale Abdellah Baha rifiutando di aderire al progetto perché lo
riteneva un programma con impatto negativo sui Diritti umani, sulla
società civile e sull'economia e considerando le leggi già in
vigore nel paese sufficienti per rispondere alle esigenze e bisogni.
Però dopo il 16 maggio del 2003, il partito fu costretto a votare la
legge contro il terrorismo.
Da qui il movimento
ha
capito
che l'approccio di sicurezza e diritto non bastava da solo a
contrastare il fanatismo. Il quotidiano il “Rinnovamento” ha da
parte sua condannato anche gli atti di violazione dei diritti umani,
di tortura, di arresti dopo gli eventi del 16 maggio.
Il giornale,
inoltre, ha
insistito perché si rinforzasse il ruolo dei sapienti e dotti di
religione che soffrono l'esclusione e l'emarginazione, allo scopo di
fare chiarezza sulle vere finalità di nozioni come Jihad
(sforzo o lotta) e Sharia
(diritto musulmano) presenti nella religione e spiegarle ai giovani
perché non cadessero nell'ambiguità delle idee malate e fanatiche.
L'argomento
“terrorismo”
costituisce un punto molto importante e spinoso per il partito della
Giustizia e Sviluppo perché nell'immaginario della società e degli
oppositori, al movimento sono stati attribuiti gli atti terroristici,
invece questi attacchi suicidi sono l'opera di individui senza
scrupoli che hanno rivendicato la loro difesa dell'Islam ricorrendo
a vari tipi di violenza per giustificare i loro atti per poi buttare
la responsabilità morale sul partito della Giustizia e Sviluppo che
ha come riferimento l'Islam.
Per questo, il
movimento
ha
usato tutti i suoi sforzi attraverso i media e il suo potenziale per
dimostrare la sua innocenza e il suo rifiuto del terrorismo e anche
il proprio rispetto per le costanti ufficiali ed i principi dello
stato marocchino.
II.4.11.
Le donne nella
percezione del Partito “Giustizia e Sviluppo”
La
visione del
movimento nei
confronti della donna si basa sulla giustizia sociale all'interno
della famiglia che dice che la donna e l'uomo si completano a vicenda
per garantire la stabilità e l'equilibrio. Nello stesso tempo, il
partito mette in guardia dalle conseguenze che si potrebbero avere se
si cominciasse a trattare l'argomento dall'ottica del conflitto tra i
due sessi come è il caso nella società occidentale.
Il partito della
Giustizia e
Sviluppo incontra il parere del gruppo della “Giustizia e Carità”
nel dire che la condizione della donna musulmana nella famiglia è il
risultato non soltanto della decadenza e dell'ignoranza durata
decenni ma è soprattutto la non corretta interpretazione e
comprensione della religione che invece si basa sul principio di
un'uguaglianza sul piano umano e giuridico tra donne e uomini e che
fa della donna una sorella per l'uomo. L'ignoranza di certi individui
che sono la causa di un'interpretazione falsa della religione ha
rinnegato alla donna il suo diritto di una partecipazione reale nei
diversi settori, siano economici che politici63.
Inoltre, il partito
“Giustizia
e Sviluppo” dichiara che ogni riforma per cambiare la situazione
dovrebbe essere fatta attraverso la corretta comprensione della
giurisprudenza e dei fini della religione tenendo conto degli
sviluppi e cambiamenti della società e tirando profitto delle
lacune presenti nella vecchia versione del “Codice dello Statuto
Personale” marocchino.
Il partito aggiunge
dicendo
che il vantaggio di avere il patrimonio della cultura islamica non
è in contraddizione con il fatto di beneficiare delle esperienze
delle donne occidentali che hanno potuto ottenere molti privilegi e
vantaggi che hanno permesso di fare accordi al livello internazionale
rimuovendo così ogni forma di discriminazione contro le donne.
Questo
riconoscimento
però
non impedisce al movimento “Giustizia e Sviluppo” di esprimere la
sua opinione su alcune idee di tipo filosofico e ideologico che
giudica incompatibili con il sistema familiare islamico e con le
proprie caratteristiche sociali e culturali della società musulmana.
Anche se il riferimento del partito non definisce queste dimensioni
di non compatibilità, esso lascia un campo libero per gli interventi
istruttivi su questo tema.
In questo quadro il
partito
esprime anche le sue riserve riguardo all'approccio adottato dai
governi precedenti per affrontare le questioni della famiglia, delle
donne e dell'infanzia ; argomenti che trovano la loro base di
riferimento nelle convenzioni internazionali; il movimento della
Giustizia e Sviluppo trova molte delle disposizioni e delle
decisioni convenzionali incompatibili con gli insegnamenti della
religione islamica perché comprendono concetti (come l'assoluta
tolleranza) diversi dall'identità e dell'unità della società
marocchina e musulmana ma dall'altra parte chiama allo sforzo di
formulare progetti di progresso ma sempre con la conservazione
dell'autenticità per non cadere nella dipendenza.64
Il partito insiste
anche
sul
fatto che la realtà della donna è uguale a quella della famiglia e si
caratterizza per numerosi squilibri e debolezze dovuti alla
scarsità di attenzione rivolta agli anziani, all'elevato numero di
case di riposo, all'astenersi dal matrimonio da parte dei giovani e
alla diffusione dei rapporti intimi al di fuori del legittimo legame.
Un altro problema discusso dal partito è la terribile e grave
situazione vissuta da una certa fascia di bambini, soprattutto quelli
provenienti da famiglie disagiate, e che sono abbandonati a se
stessi , sfruttati sessualmente, e quindi esposti alla delinquenza
sociale. Tutti questi fenomeni negativi che portano alla mancanza di
unione e compattezza all'interno della famiglia, sono il risultato
dell'assenza di attenzione, a quella dell'esame di coscienza e al
mancato senso etico e morale.
Per “curare” la
società
da questi mali, il movimento della Giustizia e dello Sviluppo
insiste sulla necessità di adottare un modo di trattamento globale
capace di “guarire” e nello stesso tempo di proteggere l'unità
del tessuto sociale.
Il partito descrive,
in
un
discorso ufficiale , la condizione di inferiorità che la donna vive
a causa dell'analfabetismo , dell'ingiustizia , della sottrazione
dei suoi diritti legittimi sociali e legali, allo sfruttamento
economico ,sociale e sessuale e alla sua presenza debole nelle
decisioni politiche e economiche del paese.
Allo scopo di
eliminare
l'analfabetismo tra le donne, il movimento reclama l'autonomia della
donna affinché essa abbia tutti i suoi diritti, essendo lei stessa
fonte di ricchezza per la famiglia e la società e richiede inoltre
la revisione della legge sulla poligamia.
Nel suo appello
all'apertura
verso le realtà della vita e tenendo conto dei progressi realizzati
dalle donne in diversi settori sia all'interno della società
islamica o fuori di essa, il partito insiste sulla natura della
flessibilità che dovrebbe caratterizzare il trattamento degli
argomenti speciali come quelli relativi al velo; ad esempio su questa
probabile domanda: “il partito obbligherebbe le donne a mettere il
velo nel caso salisse al potere”? La risposta è che il velo è
una questione puramente personale ed il partito non impone ad alcuna
donna di mettere il velo o di toglierlo come avviene in certi paesi,
in Francia ad esempio.
Il partito difende
la
partecipazione politica della donna considerandola una necessità
urgente e insiste sulla sua presenza efficiente nelle varie decisioni
e qui troviamo che alla segreteria del partito ci sono due donne ,
anche al Consiglio Nazionale e nelle istituzioni elette come al
parlamento dove sono presenti sedici deputate, oltre alle donne
consiglieri nelle assemblee locali facenti parte del movimento della
Giustizia e Sviluppo.
La percentuale delle
donne
all'interno del partito va al 15 al 20%, secondo le dichiarazioni di
Lahcen Daoudi membro della Segreteria generale del partito. Si nota
che la maggior parte di queste donne arriva dal movimento
“Unificazione e Riforma” come ad esempio Fatima Bellahcen
insegnante di matematica e parlamentare a Tangeri durante il mandato
del partito Giustizia e Sviluppo e che si occupava delle attività
religiose in tre grandi moschee ma poi si rese conto che il
cambiamento più importante non poteva essere raggiunto dall'interno
della moschea bensì nelle istituzioni fatte per prendere delle
decisioni e far sentire la propria voce e questo è anche un dovere
religioso per far passare il messaggio e il pensiero del movimento
stesso.
Viene precisato che
il
partito
possiede un circolo destinato alla donna e alla famiglia nello scopo
di aumentare l'efficacia della donna nel rafforzamento e nella
formazione per l'inserimento attivo in campo politico. Questo club si
riunisce due volte al mese e si occupa oltre della partecipazione
politica anche di argomenti relativi alla donna sul piano nazionale
e internazionale cioè : l'istruzione, il lavoro, l'attività
all'interno del governo e la salute.
Il partito dichiara
una
distinzione positiva a favore delle donne che sono state vittime
dell'ignoranza, dell'ingiustizia, dello sfruttamento e della
discriminazione oltre ad essere in poche nei posti adatti per la
presa di decisioni politiche o sociali. Basandosi quindi sul
retroscena storico difficile delle donne, il movimento della
Giustizia e Sviluppo insiste sul principio delle pari opportunità
tra i due sessi.
II.4.12.
Il tema
dell'istruzione
Nell'ideologia del
partito
“Giustizia e Sviluppo” l'identità e la lingua araba sono in una
posizione molto in vista ed esso le considera, assieme
all'appartenenza islamica, le basi che dovrebbe adottare il sistema
educativo in Marocco , additandone la responsabilità dell'omissione
al periodo coloniale che, al posto dei valori linguistici e
culturali nazionali, aveva imposto i suoi65.
Le posizioni del
partito
riguardo all'argomento dell'educazione rivelano una forte presenza al
riferimento islamico perché esso vuole che la corretta cultura
islamica e la lingua araba siano introdotte in tutte le fasi del
ciclo dell'istruzione privato e pubblico e nel settore degli studi
superiori; così facendo si proteggono anche i giovani dai rischi
dell'estremismo religioso. Oltre a ciò, si chiede il completamento
di certe strutture delle università con facoltà di scienze ,
medicina e tecnologia e l'attivazione di alcune riforme educative66.
Il movimento ha
inoltre
partecipato alle fasi di preparazione della Carta Nazionale
dell'Educazione e la Formazione nel 1999-2000 a fianco di altre
organizzazioni fino alla sua conclusione. Tuttavia la sua posizione
non supera l'aspetto critico che riguarda il lato pratico
nell'esecuzione dei progetti e nell'assenza di una volontà efficace.
La piaga
dell'analfabetismo
rimane una delle principali preoccupazioni del partito della
Giustizia e Sviluppo che considera la lotta contro questo fenomeno
una sfida strategica e civile che deve figurare tra le priorità dei
progetti mobilitando tutti gli sforzi e i mezzi nello scopo di
cancellare il problema nei più brevi termini.
In questo senso, il
movimento
suggerisce l'uso di programmi di alfabetizzazione audiovisiva sia sui
mezzi di informazione sia nelle moschee, incoraggiando la gente con i
diversi metodi di motivazione. Il tutto contribuisce a rafforzare
l'identità culturale islamica e anche il ruolo dell'istruzione .
L'approccio del
partito
della
Giustizia e Sviluppo sembra simile a quello adottato dalle parti
ufficiali sia al livello dei mezzi che a quello degli spazi destinati
all'insegnamento e l'apprendimento oppure ai metodi di
incoraggiamento.
Il fatto è
accettabile
quando
si tratta soltanto di insegnare e apprendere le nozioni pratiche della
religione: leggere il Corano e imparare le invocazioni e le preghiere.
Secondo il partito,
per
ridurre il numero degli analfabeti bisogna soprattutto insistere
sulla democratizzazione e sull' obbligo dell'istruzione e adottare il
metodo delle pari opportunità per aiutare le fasce più deboli
addossando le spese alle classi più agiate.
Dopo più di 4
decenni di
indipendenza, a dire del movimento, il sistema educativo non è
ancora valido perché non è riuscito a sconfiggere l'analfabetismo e
non ha raggiunto un livello di istruzione generalizzato. Tra i
motivi del fallimento citiamo la non stabilità per quanto riguarda
la politica linguistica, i cambiamenti repentini del programma
scolastico e la cattiva gestione delle risorse economiche e umane ,
la non compatibilità del contenuto del sistema educativo e formativo
con le richieste del mercato di lavoro. Oltre questo c'è anche
l'incapacità delle università marocchine a stare al passo con la
ricerca scientifica per mancanza di mezzi , di strutture, di
autonomia e di libertà.
Gli altri problemi
sono
la
lentezza della produttività dei progetti di riforma proposti tra cui
quello relativo alla Carta dell'Educazione e la Formazione menzionato
prima .
La posizione del
partito
« Giustizia e Sviluppo » non lo fa sembrare contrario al
concetto dell'educazione immaginato da tutti, anche perché è stato
tra i membri che hanno dato il loro consenso al contenuto della Carta
per l'Educazione e la Formazione.
Nonostante ciò , il
partito è
consapevole di aver firmato anche per aspetti positivi: per realizzare
una giustizia sociale ( nel campo dell'istruzione) , per
lottare contro l'analfabetismo e per mantenere i contenuti della
cultura islamica nel programma così come la lingua di insegnamento.
Su questo preciso
argomento
sono sorte delle divergenze tra il partito della Giustizia e
Sviluppo e il gruppo «Giustizia e Carità » il quale ha
dichiarato, attraverso il suo portavoce Fathallah Arslan che le
modifiche al programma educativo islamico in Marocco hanno matrice
estera. Il partito della Giustizia e Sviluppo, che ha partecipato
alla stesura e alla revisione dei programmi, sentendosi
ingiustamente accusato da queste dichiarazioni pretestuose, ha
risposto dalle pagine del « Rinnovamento ».
In materia di
informazione,
notiamo che le più importanti notizie vengono pubblicate sul
« Rinnovamento » e interessano le condizioni di molte
istituzioni scolastiche (la fragilità delle infrastrutture, il
numero alto degli alunni nelle classi, mancanza di attrezzi e
mezzi,ecc ) oltre alle richieste dei responsabili in questo
settore nell'accelerazione nei pagamenti e nei rimborsi oppure
nell'ispezione di alcune sedi sostitutive come a Tadla,
Arfoud, Taza, ecc. o
anche nella copertura degli eventi come i sit-in e le
manifestazioni di contestazione organizzate da titolari di diplomi
davanti al Parlamento o i ministeri per chiedere le equivalenze nei
loro titoli come ad esempio per il dottorato.
TERZA PARTE
Capitolo
III: Considerazioni
sulle conquiste e sulle contraddizioni della politica governativa e
del potere religioso
in Marocco.
III.1.
Il
Governo ha il diritto di difendere i ricchi.
Quando
il ministro delle finanze e dell'economia Nizar Baraka presenta il 31
maggio, in Consiglio dei ministri, la situazione economica del paese,
invocando ”la fragilità del contesto internazionale, le condizioni
climatiche e il rallentamento della crescita di alcuni settori di
esportazione 67, la crescita per l'anno 2012
è da lui stimata in non più del 3,4% .
In
verità, è il livello delle riserve in valuta che mostra segni
inquietanti.
Coprendo
meno di 5 mesi d'importazione di beni e servizi68
esse soffrono dell'aggravio del deficit della bilancia commerciale. E
il direttore della Banca Al Naghrib spiega che l'elemento strutturale
per il miglioramento delle riserve dei cambi resta la competitività
delle esportazioni di beni e di servizi”69.
Uno sguardo all'esterno è dunque preconizzato per migliorare il
livello delle riserve. Tanto più che il Marocco “è molto
sollecitato per un'apertura internazionale”, confida Abdelltif
Jouahri, direttore della Banca del Marocco.
Degli
economisti, come Abdessamad Dibi, suonano il campanello d'allarme e
considerano che il calo delle riserve in valuta, che riguarda ormai
proprio 4 mesi di copertura delle importazioni, è una minaccia al
valore del dirham che può portare a pressioni inflazioniste non
sopportabili 70dall'economia
marocchina.
Il
3 agosto 2013, il FMI rende pubblico un comunicato in cui annuncia
che “il Consiglio di amministrazione del Fondo Monetario (FMI) ha
approvato un accordo di 24 mesi a favore del Marocco quale linea di
precauzione e di liquidità (LPL), per un ammontare equivalente a
4.117,4 milioni di DTS ( ossia circa 6, 21 miliardi di dollari)”71.
Il
comunicato aggiunge: ” La linea di Precauzione e di liquidità
permetterà alle autorità di perseguire la messa in opera del loro
stesso programma di riforme, il cui obiettivo è di promuovere una
crescita economica vigorosa e solidale, offrendo una utile
assicurazione contro gli chock esogeni. Le autorità marocchine hanno
fatto sapere che esse intendono trattare questo dispositivo a titolo
di precauzione e che esse non hanno intenzione di servirsene, a meno
che il Marocco non registri vere necessità di bilancia di pagamenti,
imputabili ad un deterioramento della congiuntura esterna”
Mettendosi
così le spalle al sicuro, il governo può mostrare un relativo
ottimismo. E davanti ai deputati del PJD, il ministro delegato,
incaricato del budget, driss El Azami El Idrissi afferma che
l'economia nazionale è in buona salute e giustifica indicatori
favorevoli degli effetti esterni. Il solo punto preoccupante, secondo
lui, resta quello delle riserve in valuta. Tuttavia, egli resta
fiducioso dato che ”noi siamo ancora ad un tasso di copertura di 4
mesi d'importazione”72.
Un
contesto di crisi ereditata
Mercoledì
1° agosto 2012, in pieno mese di ramadan, Nizar Baraka, ministro
dell'economia e delle finanze presenta davanti ai deputati della
Commissione delle finanze della Camera dei rappresentanti “delle
cifre allarmanti dovute alle ripercussioni della crisi internazionale
sul Marocco. I diversi indicatori, esposti con franchezza, suscitano
l'inquietudine dei parlamentari che pretendono dal dipartimento
ministeriale di partecipare alle presumibili soluzioni governative
prima di entrare nel vivo delle discussioni”.73
L'apprensione
presso gli osservatori è all'estremo, tanto più che è il periodo
di preparazione della legge finanziaria per il 2013. E quando degli
esperti in economia, ammettendo che il governo precedente ha lasciato
una situazione disastrosa, non esitano a notare che ” il governo
attuale non ha ancora la vera dimensione della situazione”74,
l'organo vicino al PJD avverte che la situazione economica “con
tutte le sue cifre scioccanti diventa una materia che occupa un
grande spazio nelle discussioni politiche e mediatiche”75
In
un tale contesto, la nota orientativa che prefigura le grandi linee
del progetto di legge finanziaria è attesa con molta curiosità.
Alla fine del mese di agosto, i dipartimenti ministeriali ne ricevono
una copia dal Capo del governo al fine di trarre ispirazione per
l'elaborazione di budgets di settore. La stampa arriva ugualmente a
procurarsene una copia. I grandi titoli scelti per riferire
l'avvenimento sono indicativi della sostanza della nota. “ Budget
2011, Benkirane stringe la cinghia ”76,
“ Benkirane annunzia un piano di austerità “77.
“ Lo stile di vita dello Stato nel mirino”78
, ne rispecchiano alcuni, nei giornali di questa fine del mese di
agosto. La prima nota di orientamento della legge finanziaria 2013
del governo Benkirane non dà alcuna indicazione sul tasso di
crescita, il deficit di budget ed ancor meno sul livello d'inflazione
atteso 1”.79
Peggio, si giudica la nota di orientamento deludente nella misura in
cui essa “pone dei provvedimenti ” di cui si sa che non avranno
alcun effetto salvo che abusare dell'opinione pubblica. E poichè i
dati arrivano molto in ritardo, ci si domanda se c'è abbastanza
tempo per raddrizzare la barra.80”
All'inizio
di settembre, le preoccupazioni dei giornali sono in parte dissipate
nella misura in cui il governo ”fa due grandi scelte : mantenere i
beni esterni al di sotto dell'equivalente di 4 mesi di importazione e
arrivare ad un deficit di budget che si situi tra il 4,5 e il 4, 8%”.
Tuttavia, l'attivazione del progetto di budget non è sempre avanzata
poiché “la maggior parte delle istanze internazionali non ha
ancora rivelato la propria previsione finale per il 2012”. Per
questo, il governo non è ancora in grado di fare le sue prime
simulazioni.81
Quando
appaiono i primi elementi del progetto, il governo vi associa due
grandi obbiettivi prioritari: stabilire il quadro macro-economico e
accelerare la creazione di posti di lavoro.82
Obiettivi
che Mohamed Najib Boulif, il ministro con delega agli affari generali
e della governance, precisa a sua volta:” Il nostro principale
obiettivo (attraverso la legge finanziaria) è di rendere agli
indicatori economici il loro equilibrio al fine di ridare fiducia
agli investitori marocchini e stranieri così come alle istituzioni
internazionali. Il secondo obiettivo che ha orientato la nostra
riflessione tiene conto degli aspetti sociali e del modo di ridurre
le disparità”83.
I
commenti degli esperti non sono molto positivi. Larbi Jaidi sostiene,
nella sua cronaca settimanale, che ” malgrado questo contesto di
crisi, ci si sarebbe potuto attenere ad un progetto di budget più
volontaristico, più ambizioso, atto a rimettere il Marocco sui
binari della competitività”84.
Abdeslam Seddiki, professore di economia e membro dell'ufficio
politico del PPS (partito nella coalizione governativa), constata che
il progetto di legge “ non dà l'impressione di puntare al decollo
economico ”85.
Najib Akesbi, professore universitario ed economista, non vede nulla
nel progetto di legge che traduca “ gli orientamenti dei partiti
della maggioranza, come la lotta contro la rendita, la politica di
lotta contro le disparità sociali, le grandi riforme della Cassa di
compensazione o delle Casse di pensionamento”, aggiungendo che non
ci vede “se non delle generalizzazioni in rapporto al mantenimento
degli equilibri macro-economici”86.
Globalmente, si giudica duro il progetto di legge finanziario 2013
verso la classe media, sprovvisto di immaginazione, a margine della
crisi e perfino lontano dalle promesse e dagli impegni dei partiti
della maggioranza
Quando
la maggioranza si sostituisce all'opposizione
Nella
commissione parlamentare, si nota un'affluenza record di deputati per
seguire lo svolgersi dei dibattiti attorno al progetto della legge
finanziaria. “Raramente le discussioni su un budget hanno radunato
tanta gente alla Camera dei rappresentanti”88,
E lo spettacolo, chiaramente, ne vale la pena.
E
perché no ! Con generale sorpresa, le prime bordate contro il
progetto di legge vengono dai banchi della maggioranza, rendendo
praticamente ineludibili gli interventi dell'opposizione. E' il capo
gruppo parlamentare del PJD che porta la prima stoccata. Abdallah
Bouanou reclama dei fatti invece che accontentarsi di discorsi sulla
lotta contro la prevaricazione e l'economia di rendita. Egli lamenta
che nulla sia stato fatto per fermare l'aumento delle spese fiscali,
che hanno raggiunto 36,3 miliardi di DH: “ bisogna valutare e
rivedere questi esoneri, particolarmente quelli del settore
immobiliare”- reclama.
D'
altronde, se egli incoraggia la tassazione mista del tabacco, il capo
dei deputati del PJD non comprende come dopo parecchi anni il divieto
di fumare nei luoghi pubblici non sia sempre applicato. “Anche il
capo del governo lo ignora. Egli ha interrogato sulla questione il
segretatrio generale del governo che non sa più di tanto”89.
- si sbalordisce.
Nouredinne
Mediane, capo del gruppo parlamentare dell'Istqlal, membro della
coalizione governativa, non è più tenero. Per lui, “ il governo
deve accelerare la cadenza della sua azione”.
Dato
che egli aveva annunciato iniziative come “la riforma della Cassa
di compensazione e la lotta contro l'economia di rendita senza poter
rispettare gli impegni”. “Il ricorso eccessivo alla tassazione
non è una buona cosa. Esso va a danno della classe media che la si
deve rafforzare invece che indebolire”, inveisce verso i ministri
presenti90.
Il presidente del gruppo del PPS non si ferma e tuona sulla
tassazione degli alti redditi, contenuta nel progetto di legge, che
egli qualifica semplicistico, affermando che la soluzione del governo
per finanziare il Fondo di solidarietà sociale è come svestire
l'uno per vestire l'altro.91
Gli
attacchi dei gruppi della maggioranza, a questo punto, sono così
violenti che il presidente del gruppo parlamentare dell'unione
costituzionale ironizza: “Tutti i componenti della maggioranza si
sono messi a criticare il progetto di legge finanziaria... Se la
maggioranza si comporta così contro il governo, non vedo che cosa
l'opposizione possa fare di più “92.
Questa
situazione fa la felicità di alcuni editorialisti che ne
approfittano per battere il chiodo. Dafkir, redattore capo del
giornale Al Ahdath Al Maghribia, parte dall'ammissione stessa del
gruppo parlamentare del PJD secondo cui il budget non contiene nulla
sulle forti misure in materia sociale e politica », denigrando
così
il progetto di legge finanziaria ed il "maggior attendismo che i
poveri del paese non possono più sopportare; essi che non sono
interessati nè agli equilibri macroeconomici o all'inflazione,
quanto, invece, agli atti concreti che cambiano la loro vita
quotidiana»93.
Curiosamente,
nella sua riunione settimanale, il Segretariato generale del PJD
convalida l'intervento del suo rappresentante parlamentare e gli
chiede « di continuare a svolgere il ruolo di orientamento e di
proposta critica nei limiti di realizzazione dell'equilibrio ».
Un dirigente del partito confida, peraltro, che l'intervento di
Abdellah Bouanou non ha prodotto alcuna nota e che Abdellilah
Benkirane, dopo aver visionato l'intervento, non vi ha trovato nulla
da ridire »94
Nondimeno,
in Consiglio di governo, tutt'altro è il tono. Dopo aver ascoltato
la relazione del ministro delle finanze e dell'economia, Nizar
Baraka, viene reso pubblico un comunicato sulle condizioni di
svolgimento dei dibattiti parlamentari, nel quale il governo si dice
sorpreso « degli interventi di un certo numero di deputati
della maggioranza sul progetto di legge finanziaria » e chiama
ciascuno all'assunzione della propria responsabilità in rapporto
alla legge »95.
Sentendosi
particolarmente presi di mira, i dirigenti del partito dell'Istiqlal
sono frastornati. Non si capisce perchè si voglia chiudere la bocca
degli Istiqlalisti dopo aver vincolato le critiche di Abdellal
Bouanou, che deve essere il primo a sostenere il governo »96.
Il nuovo segretario generale del partito dell'Istiqlal è in Cina
quando apprende il contenuto del comunicato. Va su tutte le
furie .
E sabato 10 novembre, fin dal suo arrivo in aereo, convoca d' urgenza
una riunione del Comitato esecutivo. Gli interventi sono infuocati e
si espongono idee diverse per rispondere al comunicato nella maniera
più vigorosa possibile . Si definiscono i responsabili del PJD
come « nuovi e inesperti nella gestione pubblica ».
Li si taccia di voler « imporre la disciplina militare
sui deputati come se essi fossero in una caserma »97.
Si richiedono delle scuse ufficiali. Finalmente, un comunicato viene
reso pubblico lunedi 12 novembre nel quale il gruppo parlamentare
denuncia « il tentativo di ingerenza del potere esecutivo negli
affari del legislativo »98
Di
conseguenza, i deputati del partito dell'Istiqlal non perdono
occasione per stuzzicare il governo ed esprimere il malcontento che
agita i loro ranghi. La presentazione del progetto di budget del capo
di governo è sfruttata dalla deputata Mounia Ghellam per guidare la
carica contro Abdellilah Benkirane in persona, interrogandosi sulla
sua assenza per presentare e difendere il suo stesso budget, che lei
giudica, peraltro, una specie di « copia e incolla »
dell'esercizio precedente, come se il Capo del Governo non avesse
considerato il fatto di avere nuove attribuzioni ed un nuovo peso,
derivante dalla Costituzione.99
E tale è la fronda che deputati del partito minacciano di non votare
a favore del progetto di budget.100
Si parla di crisi aperta dove « le cose sono arrivate a un
livello tale che può portare all'ignoto se non ci sarà una urgente
iniziativa per porre freno alla situazione »101.
Il
capo del governo è obbligato ad intervenire. E giovedì 22 novembre,
egli si reca personalmente alla Camera dei rappresentanti per tenervi
una riunione eccezionale con i membri del suo ufficio. Con il suo
talento ormai leggendario, egli riesce a dissipare i malintesi ed a
placare gli animi.102Così,
è senza sorpresa che il Segretario generale del partito
dell'Istiqall, Hamid Chabat, ammette che i suoi iscritti voteranno il
progetto poichè non vuole « che si possa attribuire
l'insuccesso della legge finanziaria al partito dell'Istiqlal... E'
per questa ragione che il voto favorevole a vantaggio del progetto è
anzitutto politico», sebbene lo qualifichi «inconsistente»103
L' offensiva
padronale
Il
padronato (datori di lavoro) non è meno sorpreso alla scoperta delle
disposizioni della nuova legge finanziaria. Esso è soprattutto in
collera per non usufruire delle misure previste dal finanziamento del
fondo di coesione sociale tassando i benefici delle società e gli
alti salari. E lo fa subito sapere attraverso un comunicato che
annuncia che gli uomini d'affari « sono rimasti sorpresi che il
progetto di legge finanziara comporta misure che non sono state
discusse tra il governo e i rappresentanti del padronato »104.
Dopo, Jamal Belahrach, il presidente della commissione dell'impiego
in seno all'organizzazione padronale, si incarica di lanciare
l'offensiva e mette in rilievo che quello che distingue questo
governo « è che invece di creare un clima propizio al dialogo,
allo scambio delle esperienze e alla sinergia per arrivare a delle
soluzioni di urgenza ai problemi attuali, preferisce avvizzire su se
stesso e produrre una legge finanziaria in una formula che aggraverà
i problemi del Marocco »105,
accusando il governo di grande debolezza di coraggio e di veduta.
Immediatamente,
Mustapha Khalfi, ministro della comunicazione, gli replica :
« Il progetto di legge finanziaria subisce alcune critiche
soggettive che non tengono in considerazione il peso della
responsabilità. Queste critiche seguono un intento provocatorio che
utilizza termini ingiuriosi. E' un fatto che non rinforza la fiducia
stabilita tra gli autori dello sviluppo economico. Il peggio è che
esso manca di solidi argomenti. E in alcuni casi, esso denota una
debole comprensione di ciò che è stato introdotto nel progetto di
legge e dalla insufficiente visione globale di focalizzare le sue
disposizioni.106
Il
ministro incaricato del budget, Driss El Azami El Idrissi, lo segue
di pari passo e accusa il padronato di essersi abituato, nel corso
dell'elaborazione della legge finanziaria, ad ottenere quello che
voleva come ha fatto sotto i governi precedenti.
Questa
affermazione fa dire a Mohamed Benabid, l'editorialista
dell'Economiste :
« Se
questo governo creerà un rapporto di forza con CGEM, sarà
estremamente grave. Se ne ha memoria dal 1996, al tempo della
campagna di normalizzazione!107
Irritata
dall' introduzione di una tassazione delle alte rendite dei quadri
per finanziare il fondo di coesione sociale, la presidente della CGME
è visibilmente avversa al il progetto di legge. Lei giudica il
cammino del governo sprovvisto di creatività alla ricerca di nuove
risorse di finanziamento del budget dello Stato108,
e sentenzia. « Pensiamo che la solidarietà non è un campo
riservato e che non è conveniente tassare i quadri poichè essi
rappresentano la colonna portante delle imprese. La CGME considera
che sia una soluzione di comodo e che il progetto di legge
finanziaria sarebbe potuto essere più creativo nella ricerca di
fonti di finanziamento per il budget dello Stato »109-
ribadisce.
In
effetti il provvedimento non manca di suscitare vive reazioni. Saad
Benmansour, riporta nel suo editoriale: « Se di sforzo di
solidarietà si tratta, esso deve esser fatto da tutti e non sempre
dagli stessi. E il primo atto di solidarietà è anzitutto quello che
ogni contribuente dichiari le sue entrate, quelle vere, e paghi
correttamente le imposte. Basterebbe questo per permettere al governo
di avere largamente risorse per provvedere ai bisogni. Si capisce
che, di fronte all'urgenza del bisogno, il governo si rifugi sulla
soluzione più facile, cioè i salari, perchè facilmente
individuabili, e le imprese », essi che sono trasparenti e che
stanno al gioco.110Così
per dimostrare la loro disapprovazione, i responsabili del padronato
esprimono apertamente le loro critiche. La presidente della CGME si
mostra incredula notando che « parallelamente all'aumento
del 6 % delle spese di funzionamento dello Stato, le spese di
investimento, censite per l'economia, sono riviste al ribasso »,
concludendo con un altosonante « E'
incomprensibile ! »111.
Jamal Belhrach, quanto a lui, egli si basa su un contributo, dove
scrive : « Questo progetto di società al quale aspiriamo
noi tutti, senza esclusione, non consiste nel mettere i ricchi contro
i poveri, gli operai contro i quadri, i padroni contro i sindacati, i
funzionari contro i cittadini (…) Cercare di dividere è una prova
di forzatura controproducente.. »112
Meriem
Bernsalah torna alla carica alcuni giorni più tardi per spiegare che
i problemi « derivano dalla incomprensione della debole
concertazione che ha portato a cattive sorprese »113
Nel
gabinetto del capo del governo ci si dice sorpresi e scioccati da
queste sue note mediatiche.114
La
presidente della CGEM115,
diventa allora il bersaglio dei deputati del PJD. E, quando lei
incontra il Segretario generale dell'UGTM116
Abdelaziz Aftati, l' attaccano energicamente117.
Allo stesso modo, quando hanno sentore del suo incontro programmato
con il ministro dell'economia e delle finanze, i dirigenti del PJD le
chiedono « Se lei rappresenti un partito, che ufficialmente
l'acclama, e se lei si opponga al governo e al Fondo di coesione
sociale »118
Tuttavia gli avvenimenti prendono una piega negativa quando il
ministro incaricato del budget, Driss El Azami El Idrissi, s'incarica
di replicare all'organizzazione padronale. Venerdì 9 novembre,
davanti ai membri della Commissione delle Finanze, egli si lancia in
una requisitoria contro la CGEM : « E' il governo politico
che è la sola istituzione costituzionale abilitata a decidere se
questa misura sia buona o no per il paese » insiste.. Poi
prosegue « Non accettiamo diktat ma decidiamo assieme »,
prima di inveire : « L'organizzazione padronale si schiera
per la prima volta all'opposizione. E pensare che per il passato,
essa otteneva quello che voleva »119
Poi
tocca al ministro dell'economia e delle finanze, Nizar Baraka,
riallacciare i contatti con il padronato per ricondurlo a migliori
consigli. Fin da lunedì 11 novembre, egli dà corso alla
programmazione di un incontro, previsto da lunga data, con i
responsabili della CGEM nel tentativo di smorzare la crisi innescata
dal suo collega incaricato del budget. E, nel corso di un servizio su
radio-Atlantic, egli riesce a tranquillizzare i partners sociali
dichiarando che la nuova tassa « sarà applicata sugli
individui e sulle società solamente per 3 anni, in attesa di trovare
delle risorse alternative al finanziamento del fondo di coesione
sociale »
Indicatori
in rosso
E'
il periodo in cui le cifre economiche vanno al ribasso l'una dopo
l'altra. E non sono incoraggianti. Durante una giornata di studi
dedicata all'argomento, Nabiul Benabdallah, ministro dell'ambiente e
della politica della città e segretario generale del PPS, riconosce
apertamente che « gli indicatori sono molto inquietanti »,
visti contemporaneamente il deficit della bilancia dei pagamenti,
quello della bilancia commerciale e il ribasso della crescita »121.
In
effetti, il deficit commerciale arriva, durante i dieci mesi
dell'anno, a livelli record, raggiungendo i 164 miliardi di dirhams e
oltrepassando in tal modo l'ammontare delle esportazioni che si
avvicinano ai 150 miliardi 122.
Le riserve di valuta estera della Banca Al Maghrib non coprono più
che 3 mesi e 26 giorni d'importazione a fine settembre e al 26
ottobre, essi scendono dell'1,1 % a 132,9 miliardi di dirhams123,
contro 19,5, lasciando presagire un deficit annuale del 6 %,
lontano del 4,8 % annunciato 124.
Le spese di funzionamento continuano a pesare fortemente sul budget
con un aumento del 17 % durante i 9 primi mesi dell'anno,
raggiungendo circa 156 miliardi di dirhams, di cui 80 per i salari,
21 per le attrezzature e 42 per la compensazione125.
E'
evidente che il morale dei consumatori non è roseo. Il loro indice
di fiducia regredisce di 3,2 punti a 77,6 punti nel terzo trimestre,
contro 80,7 del trimestre precedente. E l'alto commissariato al piano
ne spiega la ragione, mettendo in luce che il tenore di vita delle
famiglie è sceso del 6,1 nel 3 ° trimestre rispetto al secondo e del
14,5 rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente126.
L'imprenditoria
non ha miglior sorte. E si scopre che la sua preoccupazione
principale è quella di prendere in prestito denaro per sopravvivere,
piuttosto che investire e che, nel corso degli ultimi 12 mesi, i
crediti di tesoreria sono cresciuti dell'11,1% contro un calo
dell'8,1% per i crediti finalizzati ad attrezzature127.
Nel
frattempo, la Camera dei Rappresentanti inizia le fasi finali
dell'esame della legge finanziaria che continua a suscitare molto
interesse. Il numero di emendamenti è senza precedenti, facendo dire
che questa proliferazione “significa che questo testo ormai non
lascia alcuno indifferente”128.
Ed
è forse grazie a questo interesse, che i professionisti della
ceramica scoprono un emendamento che assimila le piastrelle di
ceramica a dei prodotti di lusso, soggetti all' IVA di importazione
del 30%. Essi allora devono intervenire urgentemente per rimediarvi.
Altri
professionisti riescono ugualmente a fare passare le loro proposte. E
questo vale anche per i promotori immobiliari che vedono passare il
prezzo massimo per metro quadrato dell'alloggio per la classe media
da 5.000 a 6.000 dirhams, a danno della misura della superficie
considerata, che passa da 100 e 150 al m2 a 80 e 120 al m2 .
”Insomma, i promotori possono costruire più piccolo e vendere più
caro” -si fa notare.
Inoltre,
fonti della Cassa Nazionale di Sicurezza Sociale rivelano che il
governo ha ceduto alle pressioni di un certo numero di deputati ed ha
ritirato il provvedimento per sopprimere il segreto professionale
tra le amministrazioni del ministero dell'economia e delle finanze e
la Cassa. Le stesse fonti rivelano che se il provvedimento fosse
stato mantenuto, sarebbe stato possibile fare dei controlli
incrociati delle dichiarazioni presso la direzione delle imposte con
quelle di cui dispone la CNSS. Il che avrebbe permesso di mettere le
mani su milioni di dirhams.Visibilmente deluso, Mohamed Abouyanda poi
ha scritto nella sua rubrica: “ 'Il governo ha il diritto di
difendere i ricchi”
III.2.
Un duplice
atteggiamento
Fermezza di principi
Per
sabato 24
marzo 2012, alla
Camera dei Rappresentanti, è in calendario l’ ottava sessione
dell’Assemblea Parlamentare dell’Unione Mediterranea. Qualche
giorno prima cominciano a circolare delle voci secondo le quali un
diplomatico israeliano parteciperà ai lavori dell’ Assemblea.
Nel PJD la
situazione si
fa
movimentata, e le reazioni non tardano. Il deputato Abdessamad El
Idrissi si inalbera e dichiara che « se queste informazioni
dovessero rivelarsi corrette, si tratterebbe di una provocazione da
denunciare sotto ogni punto di vista, e si chiede «come sia stato
possibile dare il visto di ingresso in Marocco a dei sionisti »129
Il Capogruppo parlamentare del PJD si fa avanti, e annuncia
l’intenzione del proprio gruppo di boicottare i lavori
dell’Assemblea130. I deputati invitano
“tutti i parlamentari a partecipare al sit-in
previsto sabato 24 marzo, finalizzato a denunciare la presenza
sionista” 131. L’imbarazzo del Governo è
tangibile. Tanto più che la
delegazione israeliana sarà presente su invito ufficiale del
Marocco”, secondo le dichiarazioni della stampa israeliana,
contrariamente a quelle affermazioni secondo le quali il Ministero
degli Affari Esteri e della Cooperazione non avrebbe fatto alcun
invito ufficiale ad un esponente israeliano” 132.
Un deputato del PJD
chiede
allora l’apertura di un’inchiesta per sapere come il
rappresentante israeliano sia entrato in territorio marocchino,
soprattutto alla luce delle dichiarazioni del Ministero degli Affari
Esteri e della Cooperazione, in base alle quali non sarebbe stata
accordata alcuna autorizzazione ufficiale. 133
Si nota quindi che
«il
primo
banco di prova del governo del PJD è da sempre in prima linea
contro ogni forma di relazione con lo Stato di Israele e contro
qualsiasi visita di esponenti (israeliani) in Marocco, in virtù
dell’importanza data dagli islamisti al conflitto con Israele »134.
Si coglie l’occasione per ricordare le critiche rivolte dai
responsabili del PJD ai governi precedenti, a causa dell’udienza data
agli Israeliani durante l'Intifada d'Al Qods del 2000,
all’epoca del Governo Youssoufi, si ricordano l’organizzazione
di manifestazioni di protesta contro il Governo Abbès El Fassi, e le
proteste dovute alla presenza di sportivi israeliani a Marrakech ed
a quella delle delegazioni israeliane al Forum MEDays di Tangeri135.
Il politologo Mohamed Darif tenta un appello alla ragione. E ricorda
che dopo l’insediamento del Governo, « la presenza di Israeliani
in Marocco c’era già stata, quando un gruppo di esperti, fra i
quali anche degli Israeliani, aveva partecipato ad una conferenza a
Marrakech senza che il PJD prendesse posizione, tanto che all’epoca
non ci furono sit-in di protesta». Secondo il suo parere, questo
succede per il fatto che il Partito è a capo del Governo e, da
questo punto di vista, «ammette che, avendo aderito al gioco
politico, non può permettersi di rimettere in discussione gli
impegni presi dal Marocco fronte alla comunità internazionale»136.
Tuttavia, sempre
schierati in
prima linea, i deputati del PJD continuano ad occupare tutti i fronti
della contestazione. E spetta a Abdellah Bouanou annunciare che il
Gruppo parlamentare « ha deciso di boicottare la riunione dell’VIII
Sessione dell’Assemblea Parlamentare dell’Unione Mediterranea,
al fine di esprimere il proprio rifiuto di ogni forma di
normalizzazione con la cosiddetta entità sionista »137.
Attajdid, il
giornale
vicino
al PJD, segue la stessa linea, e Bilai Talidi scrive nell’editoriale:
« Si raccomanda al Governo e a tutte le Istituzioni di tastare il
polso alla cittadinanza ed interagire con essa in merito alle sue
reazioni a questa normalizzazione dei rapporti con Israele, e di
adottare posizioni congruenti alle sue istanze, annunciando il
rifiuto di iniziative che possano essere considerate a favore della
normalizzazione»138
Nel frattempo, si
nota
che il
Governo non si esprime, mentre si sottolinea che « in ogni caso il
Governo Benkirane è responsabile di questa incursione sionista nel
nostro Paese, e che non prende posizione in maniera ufficiale per
chiarire la situazione.»139. Tuttavia, già dal mese di
febbraio, Ahmed Raissouni, considerato
l’ideologo del PJD, aveva precisato: « Quello che viene chiamato
Israele non è altro, sul piano internazionale, che un crine nero sul
corpo di un toro bianco. Israele e i suoi protettori si danno da fare
(con la partecipazione agli incontri internazionali) alla ricerca di
una normalizzazione dei rapporti e di un riconoscimento dello Stato
di Israele. Tutti quelli che non riconoscono la legittimità dello
Stato sionista devono evitare di cadere nella trappola della
normalizzazione e del riconoscimento che avvengano attraverso
scambi diretti con ciò quella entità criminale. Dovesse verificarsi
il caso di una presenza sionista, non bisognerà darle importanza».140
La diversità di
comportamento fra i ministri del PJD che scelgono una posizione di
distensione ed i loro deputati che invece portano avanti l’offensiva,
fa dire agli osservatori che il Partito sta adottando una sorta di
atteggiamento duplice. E Mohamed Darif dichiara che il Partito non
deve far fare il gioco delle parti ai propri Ministri e ai propri
parlamentari, visto che il Governo è legittimato ed esiste per mezzo
di questi stessi parlamentari, e il PJD deve quindi lasciar cadere
ogni ambiguità141.
Il mattino del sabato 24 marzo decine di persone partecipano ad un
sit-in di fronte alla Camera dei Rappresentanti, nella quale si
svolge la seduta d’apertura dell’Assemblea Parlamentare, e slogan di
ostilità vengono rivolti al diplomatico israeliano David
Saranga.
All’incirca tre mesi
dopo,
la rete televisiva 2M manda in onda un film intitolato «
Tinghir-Jérusalem » che parla degli ebrei marocchini di Tinghir. Questa
iniziativa viene accolta male dai parlamentari del PJD, che si
rivolgono al Ministro delle Telecomunicazioni, accusando la rete
televisiva di essere favorevole alla normalizzazione dei rapporti con
Israele, e chiedono che i responsabili vengano sanzionati. Dal
momento che la risposta del Ministro non viene ritenuta
soddisfacente, il deputato Al Moqri Abou Zayed replica : « Tu ci
rispondi come se fra noi e quello Stato ci fossero normali relazioni,
mentre si tratta di uno Stato fondato su occupazione di territorio ed
abusi. Quello che la rete 2M ha fatto, è un atto di normalizzazione
ed una pubblicità gratuita»142.
Nell’edizione del 17
luglio
2012 il giornale Assabah pubblica un trafiletto in prima pagina, nel
quale rivela che Ofer Bronchtein, ex-consigliere di Yitzhak Rabin, è
fra gli invitati del VII Congresso del PJD che si tiene a Rabat.
Precisa, tra l’altro, che si è tenuta una cena nella dimora del
defunto Abdelkrim El Khatib, fondatore del Partito, durante la quale
l’esponente israeliano ha avuto occasione di incontrare il
dirigente del movimento Harnas, Khalid Mechaâ1.143
Due giorni più
tardi, il
giornale riprende l’argomento, e per reagire alle smentite che gli
erano state rivolte, pubblica in primo piano una foto in cui appare
Saad - Assabah, 19 juillet 2012 Edine El Otmani con il braccio sulla
spalla dell’esponente israeliano. Pubblica altresì nelle pagine
interne altre due foto con Bronchtein in compagnia d'Abdellilah
Benkirane e di Saad Edine El Otmani144.
Lo stupore è totale,
e
lascia
ben presto spazio all’indignazione. Il Gruppo d’Azione Nazionale
di Sostegno all’Iraq e alla Palestina denuncia in un comunicato la
proprio sorpresa nel vedere l’esponente sionista prendere parte al
Congresso del PJD. 145.
Il Movimento per l’Unità e la Riforma (MUR), a sua volta,
pubblica un comunicato in cui qualifica la presenza del
rappresentante israeliano come un’infiltrazione alla quale - Al
Ittihad Al Ichtiraki, 23 juillet 2012 «si sarebbe dovuto fare
attenzione »146.
Dalle file del Movimento si dice che il suo Presiedente aveva messo
al corrente Abdellilah Benkirane della propria obiezione alla
presenza di persone che potessero far sorgere sospetti e dubbi147.
Il PJD è in preda
all’indignazione, al punto che i giovani del Partito minacciano di
organizzare un sit-in di fronte alla sede del Partito stesso a Rabat.
Il deputato Abdellah Bouanou presenta una dichiarazione nella
quale invita Abdellah Baha, in qualità di presidente del Comitato
Preparatorio del Congresso, « a presentare all’opinione pubblica
tutti i dati relativi all’invito rivolto all’israeliano Bronchtein », a
sanzionare tutte le persone coinvolte in questa
faccenda ed a presentare le scuse al popolo marocchino, palestinese,
e arabo in genere. Aggiunge che tutte le iniziative di questo tipo
sono adottate dalla Dirigenza del Partito, e che quindi l’invito in
questione è stato approvato dalla Segreteria Generale 148.
Trovandosi
nell’occhio
del
ciclone, Abdellilah Benkirane precisa : « Per quanto riguarda
l’affare Ofer Bronchtein, si tratta di un mero incidente, e il più
che si possa dire in merito è che delle persone in mala fede
vogliono sfruttare questa cosa per sminuire il successo che ha
ottenuto dal nostro Congresso. Dei nostri confratelli sono stati
coinvolti (nella polemica). La persona in questione è effettivamente
israeliana. Ma ci è stata presentata come francese, con doppio
passaporto palestinese ed israeliano, e come pacifista. Non abbiamo
prestato attenzione al fatto che avesse preso parte al MEDays e che
fosse stato consigliere di Rabin. E’ possibile che questa persona
abbia rivisto le proprie posizioni. Noi non abbiamo fatto attenzione
a questo aspetto, lo abbiamo considerato promotore della causa
palestinese. Altrimenti, cosa mai avremmo voluto da lui? Il Congresso
aveva forse bisogno di lui ? (..) Mi assumo l’intera
responsabilità di tutto ciò. Quando i nostri confratelli hanno
voluto invitare questa persona, mi hanno consultato in maniera
informale. E avendolo incontrato al Congresso del RNI, non mi era
parso sionista o filosionista»149.
In effetti, nel
divampare
della polemica, si viene a sapere che Ofer Bronchtein aveva avuto
occasione di partecipare ai lavori del Forum MEDays a Tangeri. Cosa
che il giornale vicino al PJD, Attajdid, aveva a suo tempo
stigmatizzato e denunciato, qualificando l’interessato come
« sionista ». Viene interpellato Mustapha Ramid , che
aveva portato di fronte alla giustizia il caso della presenza
dell’esponente israeliano in Marocco, e promosso azioni legali
contro il MEDays150. La questione si fa
spinosa e tutti sono invitati a rilasciare della
dichiarazioni. Primo fra tutti, il Responsabile della Commissione
per le Relazioni Esterne Réda Benkhaldoune. «Ho sottoposto la
questione alla Segreteria Generale del Partito in quanto essa ha il
potere di decidere sugli inviti. (Facendo ciò) ho espresso le mie
riserve circa l’invito (di questa persona) al Congresso. La
Segreteria Generale ha ritenuto di invitarlo, sulle basi dei dati
forniti dal rappresentante del Partito in Francia »151,
si giustifica.
La questione
comincia ad
assumere delle proporzioni enormi. A questo punto, per dare un taglio
netto alla cosa, è obbligato ad intervenire il Presidente del
Comitato Preparatorio del Congresso, Abdellah Baha. Dopo aver
compiuto le opportune ricerche, precisa che Ofer Bronchtein era stato
proposto dal rappresentante del Partito in Francia, in quanto
Presidente del Forum Internazionale della Pace e difensore della
causa palestinese, e in quanto possessore di passaporto francese,
israeliano e palestinese. Quando “il Responsabile della Commissione
per le Relazioni Esterne, organo collegato al Comitato Preparatorio, ha
sottoposto la proposta alla Segreteria Generale, quest’ultima
non ha obiettato nell’invitarlo in quanto esponente francese, sulla
base dei dati forniti dal rappresentate del Partito in Francia »152.
Sulla scia di queste dichiarazioni, il Comitato presenta le proprie
scuse per l’ eventuale negligenza o incompetenza circa la
questione »153
Ovviamente
l’occasione è
troppo ghiotta per non essere colta al volo. Al Ahdath Al Maghribia
dedica a ciò un editoriale : « Oggi il PJD, con l’imbarazzo in
cui si trovano i suoi dirigenti, sta presentando delle scuse risibili
ai cittadini del Marocco. Mostra altresì la distanza che separa lo
slogan dalla sua applicazione, tra il dire e il fare, senza far
riferimento al versetto del Corano che pone la questione della
contraddizione tra ciò che l’individuo dice e ciò che poi
realmente fa. Sarebbe una cosa troppo forte in questa circostanza»154.
Malgrado ciò, quelle
scuse
sembrano porre fine alla polemica. O almeno il settore giovanile del
PJD, dopo aver brandito la minaccia di una manifestazione di fronte
alla sede del Partito, torna ad una posizione più conciliante, e
diffonde un comunicato in cui prende in favorevole considerazione le
scuse presentate dalla Direzione del Partito circa l’errore
commesso nell’aver dato accoglienza ad un simile individuo»155.
III.3.
Fallimenti e successi del PJD come forza di governo
Gli
islamisti
del Partito
Giustizia e Sviluppo (PJD) hanno raggiunto il loro obiettivo di
ottenere il controllo del governo. Ma resta da vedere se saranno
all'altezza delle loro promesse di sviluppo economico, politico e
sociale156.
A lungo confinato all'opposizione, il PJD (va ricordato che il
partito aveva rifiutato offerte da Abderrhman Youssoufi Driss Jettou
e Abbas El Fassi a far parte dei loro governi) arriva finalmente al
potere. E vi arriva in circostanze migliori rispetto ai suoi
predecessori in quanto le disposizioni della nuova Costituzione gli
consentono, infatti, di avere un margine abbastanza agevole per
governare.
Nel suo programma
elettorale
progettato per le elezioni parlamentari del 25 novembre, il Partito
Giustizia e Sviluppo (Pjd) auspica "la costruzione di un nuovo
Marocco, Marocco Libertà, Dignità, lo sviluppo e la giustizia ".157
Ha denunciato le
politiche che
hanno portato il Marocco "ad una situazione di rottura tra i
suoi poveri e i ricchi, e ad un progressivo indebolimento della sua
classe media (...); ad un peggioramento di valori, ad un aumento
della corruzione, all' appropriazione indebita e al saccheggio delle
risorse, e ad un perpetuarsi della economia monetaria.
Sulla base di tale
diagnosi,
il piano economico del PJD prevede un programma molto ambizioso in
materia economica, il tasso di crescita che propone il PJD è di
circa il 7%. Esso intende anche portare il deficit di bilancio al 3% e
la diminuzione del tasso di disoccupazione a due punti, la metà
della riduzione della povertà e il mantenimento del limite di
disavanzo di bilancio del 3% del PIL. Nei prossimi due anni sembra
difficile o impossibile. Nel migliore dei casi, il Fondo monetario
internazionale ha detto che il Marocco crescerà dal 4 al 4,5% poiché il
primo e principale partner economico del Marocco è l'Europa, e
più del 75% del commercio si fa con questo continente molto vicino.
Ma l' Europa è entrata in una profonda crisi da più di sei anni;
questo ha un impatto negativo sui tre risorse che hanno permesso e
permettono al Marocco di sperimentare una rapida crescita negli
ultimi anni, come le rimesse degli emigranti, le entrate turistiche e
gli investimenti esteri. Quindi, in questo senso ci sarà
sicuramente un regresso. Per quanto riguarda gli operatori economici
stranieri, il PJD mantiene la linea liberale, apertura al mercato
mondiale, la garanzia di investimenti esterni. Non c'è, nel suo
programma nè nazionalizzazione nè rientro in forze del potere dello
Stato nell'economia, l'unica novità introdotta nel suo programma
economico e finanziario è l'introduzione e lo sviluppo di banche
islamiche per favorire l'economia del Marocco con nuovi flussi di
denaro. Così il PJD conta anche sul contributo della finanza
islamica, "Ci sono riserve per 120 miliardi di dollari in
attesa di collocazione. Questo è il momento giusto . Noi rivedremo
la legislazione .. per consentire nel giusto modo l'introduzione
della finanza islamica in Marocco "158,
ha detto Mohamed Najib Boulif.
La stessa cosa tocca
il
settore del turismo. Il PJD sa benissimo che il turismo è un
settore importante per il Marocco (14% del PIL nel 2010). Ci sono
stati enormi investimenti, negli ultimi due decenni, che hanno
creato molti posti di lavoro, nonostante l'aspetto morale riguardante
il problema della prostituzione del turismo pedofilo e dei giochi
d'azzardo nei casinò. Invece, il governo ha cercato di sviluppare
questo settore stanziando maggiori investimenti.
Rivalutare il lavoro
e il
sapere per la competitività di un'economia è un concetto che
affascina particolarmente al punto di definirlo una sorta di
"rivoluzione culturale" purché essa rientri in certi
limiti. L'ambizione moralizzatrice del partito della lampada è
ancora in fase di sviluppo, quindi è difficile capire quale sia la
morale rispetto al lato economico. Per rivalutare la cultura del
lavoro, bisogna bloccare la strada al facile arricchimento ed è
così che si crea fiducia nel valore dello sforzo individuale. Nella
società marocchina, lo status sociale è acquisito attraverso il
denaro, e c'è la tendenza ad accumulare denaro facile con qualsiasi
mezzo, anche illegittimo: droga, corruzione, prostituzione, etc.
Dobbiamo prendere in considerazione il sapere e il lavoro, se
vogliamo essere competitivi "159,
dichiara il ministro dell'istruzione superiore Lahcen Daoudi.
A proposito degli
aggregati
macroeconomici elencati nel programma economico, il partito
islamista deplora "un fallimento della crescita nonostante
ampie risorse." Ed elenca i suoi obiettivi: una crescita media
del 7%, con un calo del tasso di disoccupazione di due punti
percentuali, e con il dimezzamento della povertà e il mantenimento
del limite di disavanzo di bilancio del 3% del PIL. Nessuna data,
tuttavia, è presente nel documento sul termine entro il quale il PJD
intende raggiungere questi obiettivi.
Il
Think Tank Americano Carnegie ha fatto un' analisi incrociata dei
punti di vista economici dei partiti islamici, arrivati al potere in
molti paesi del Nord Africa, tra cui il marocchino Pjd.
Carnegie
Endowment for International Peace160:
il programma economico del PJD, non è realistico, e poco pratico.
Lo studio intitolato
'Le
agende economiche dei partiti islamici' ha prodotto un'analisi della
performance economica del Pjd, il governo alla guida del paese che
deve far fronte ad una congiuntura tra le più difficili, che ricorda
gli anni '80, al tempo della tristemente famosa PAS161
imposta dal FMI al Marocco. Il programma economico del Pjd, ha detto
Carnegie, ha diversi punti deboli, che renderebbero la sua
attuazione più che dubbiosa.
Di fronte alla
scarsità
delle
entrate fiscali, la riduzione della crescita, il deficit allarmante
di riserve in valuta estera, relative agli ultimi dati, che non
coprono che 4 mesi di importazioni, il PJD studia delle ipotesi
invece di adottare misure concrete in grado di produrre degli
effetti. - sottolinea lo studio .
Concentrarsi sul
programma
della lotta per finanziare la crescita reale, fornendo fondi a
sostegno di PMI e PME. Il PJD, riferisce lo studio, sembra anche non
tener conto delle relazioni internazionali che relega il Marocco a
delle classifiche poco gloriose in materia di competitività
economica o di efficienza amministrativa o giudiziaria.
Per ovviare ai
problemi
di
fondo, si adotta la compensazione che assorbe più di 55 miliardi di
DH al fine di impedire l'aumento dei prezzi dei prodotti
classificati di prima necessità alla portata delle classi medie e
dei poveri. Ma sebbene il sistema sia stato rinnovato di volta in
volta, esso non ha prodotto finora, nessuna riforma in profondità.
Il peso della compensazione del carico aumenta la vulnerabilità
macroeconomica, riduce gli investimenti, e rappresenta un grave
rischio per la crescita economica e l'occupazione.
Il PJD ha fatto di
questo
caso il suo cavallo di battaglia alle elezioni, "il fondo è più
favorevole ai ricchi che ai poveri, la volontà di riformare il fondo
è una priorità del Pjd."162
Ma dopo un anno di attesa per colmare le lacune del fondo di
compensazione, il governo ha preso la ferma decisione di
liberalizzare i prezzi del petrolio, al fine di ridurre il budget
stanziato di 23 miliardi di dirhams al fondo di compensazione, ben
lontano dalle cifre astronomiche del 2012 quando aveva incassato 55
miliardi di dirham. Ma sono state soprattutto le tasche della classe
media e dei poveri ad essere colpite da questa manovra.
Il Marocco figura al
12 °
posto dei paesi che tassano di più la loro popolazione, secondo il
KPMG gruppo di consulenza e di revisione contabile degli Stati Uniti.
Il KPMG163
critica l'eccesso di imposte indirette a carico delle persone fisiche
e giuridiche in Marocco, appellandosi al paese per trovare un
sistema completo e incoraggiante che allarghi la base imponibile,
invece di basarsi sulle imposte sul reddito per salvare lo Stato.
Data la mancanza di nuove risorse finanziarie sufficienti, il governo
ha optato per la soluzione più semplice. Esso fornisce una serie di
aumenti dell'IVA sui prodotti di consumo e servizi. Benkirane ritiene
che l'impatto di queste misure, tuttavia, resterà "limitato".164
Sul piano sociale,
il PJD promette di posizionare il Marocco tra i primi 90 paesi in
materia di indice di sviluppo umano, di riportare il tasso di
analfabetismo al 20% nel 2015 e al 10% nel 2020, di portare il SMIG a
3.000 dirhams e l'importo minimo della pensione a 1.500 dirhams e di
migliorare la salute madre-bambino. A questo si aggiunge il
"rafforzamento della famiglia ed il miglioramento della
situazione delle donne." Con un sicuro " rafforzamento del
ruolo della moschea" e l'adozione di una "politica efficace riguardo
alla donna, prendendo in considerazione, le sue
responsabilità familiari." Ma anche " l'incoraggiamento
della presenza attiva della donna nella società civile e nei partiti
politici"165.
La prima cosa che
salta
agli
occhi degli osservatori e del popolo marocchino, all'instaurazione di
questo nuovo governo, è l'insuccesso di ridurre il numero dei
ministri a quindici come era previsto nel programma del PJD,
all'epoca della campagna elettorale e nelle trattative con gli altri
partiti in vista della formazione di questo governo. Benché il
numero raggiungesse 39 ministri, le donne vi sono rappresentate
solamente da una sola donna ministro.
Sul
piano
politico,
il programma elettorale del PJD si incentra sulla moralizzazione della
vita politica, la promozione della partecipazione politica e la
rivalutazione del ruolo delle istituzioni. Con la nuova Costituzione,
ormai, il regno dispone, accanto al re, di un capo del governo nella
pienezza delle sue funzioni, secondo polo dell'esecutivo. In Marocco,
è una novità, per non dire una rivoluzione. Altre innovazioni di
rilievo: il Consiglio dei ministri si riunisce per iniziativa del re
o su richiesta del Capo del governo. Le nomine alle alte funzioni
(ambasciatori, walis, direttori di stabilimenti pubblici, ecc.) che
erano di esclusiva competenza del re, vengono avviate su proposta del
Capo del governo e si attuano per iniziativa dei rispettivi
ministri. Il Capo della governo sede al Consiglio superiore di
sicurezza e il re può delegargliene anche la presidenza. E , con
il re, dispone del potere di sciogliere il Parlamento.
In ogni caso, la
coabitazione
è necessaria. In essa, c'è il riconoscimento di due tempi della
politica. Un tempo lungo, strategico, assegnato al re: egli è il
garante degli interessi della nazione, arbitro tra differenti
componenti della politica o della società, protettivo del pluralismo
e della diversità. Ed un tempo corto: quello del governo, legato al
voto ed ai programmi elettorali nella gestione quotidiana degli
affari166.
Ma gli osservatori ed i partiti politici vedono nella scelta dei
ministri senza appartenenza politica una forzatura da parte del capo
del governo.
Il Ministro della
Comunicazione del PJD insiste sulla vera differenza tra i contesti
politici turchi e marocchini: "La Turchia è un paese laico,
mentre noi abbiamo la Imarat al Muninin." Questa differenza è
fondamentale, spiega la differenza dei due partiti. L'AKP si
identifica in un revivalismo musulmano contro le élite laiche,
raggruppate intorno all'esercito.
Il PJD si oppone
anche ad
un
élite modernista che beneficia del sostegno del Palazzo. Lo si è visto,
nel 2011, quando il PJD si è mobilitato con forza ed
efficacia contro l'inclusione della libertà di coscienza nel
progetto costituzionale. Ma il PJD non ha il monopolio in campo
religioso. La sua partecipazione al gioco politico è nell'ambito del
riconoscimento delle prerogative religiose del Re.
Per Najib Akesbi167
si pone anche la domanda sulla relazione col Palazzo. "Il
problema di fondo è che si ha un governante che non governa, e non
tiene conto della costituzione del 2011"- Occorre rinforzare i
poteri del governo, sottolinea. Un'opinione condivisa da Taoufiq
Bouachrine: "Ha scommesso sulla cooperazione col Palazzo, reale,
piuttosto che sul conflitto" e scelto "di essere un
servitore piuttosto che un partner." è per ciò, gli
osservatori ed i partiti politici vedono nella scelta dei ministri
senza appartenenza politica e dei tecnocrati una debolezza da parte
del capo del governo per razionalizzare il campo politico. I ministri
dei settori più importanti al governo restano sotto la tutela del
gabinetto reale, l'interno, l'insegnamento, l'Estero, gli Affari
Religiosi e l'economia e le finanze...ma Abdelilah Benkirane
smentisce vigorosamente. "Il re non mi ha imposto mai nessuno
nome, ha dichiarato il capo del governo in un'intervista ai canali
delle televisioni Al Aoula e 2M. In Marocco, non c'è coabitazione
alla francese. Rispondo delle mie scelte e delle mie decisioni."168
III.4.
Le elezioni politiche del 25 Novembre 2011
Il PJD è stato il
grande
vincitore delle elezioni del 25 novembre, il PJD domina la nuova
mappa politica nazionale. Il partito è ormai presente nella maggior
parte delle regioni del Regno ed è riuscito ad avere successo in
nuove aree in cui non era stato rappresentato nella scorsa
legislatura. Esso dispone di deputati in 58 distretti, ossia del 64%
dell'insieme delle circoscrizioni in cui ha presentato candidati.
L' affermazione
della
formazione Benkirane si traduce ugualmente nel numero di seggi che ha
ottenuto nelle
varie regioni. In alcune circoscrizioni, ha potuto conquistare fino a
tre seggi. Un exploit che pochi partiti possono raggiungere a causa
della complessità del sistema del voto di lista proporzionale. Il
PJD ha potuto ottenere tre seggi sui 5 candidati nella circoscrizione
di Medina, attraverso il suo economista Mohamed Najib Boulif. Il
gruppo islamico è anche riuscito ad ottenere 2 seggi in 23
circoscrizioni, precisamente in alcune che hanno sperimentato una
forte concorrenza e che erano considerate dei baluardi da altri
partiti. E' il caso particolare di Rabat Ocean, Salé Medina,
Casablanca, Ain Sebaa Hay Mohammadi Agadir Ida Outanane o Marrakech
Menara. Il PJD ha ottenuto anche 1 seggio in 34 circoscrizioni che
non erano mai stati rappresentati, come Taza, che è uno dei settori
in cui il partito sta ancora lottando per assicurare una presenza
locale.
La formazione di
Benkirane
sembra comunque avviare una nuova dinamica per la sua presenza nelle
province meridionali. I collegi elettorali del Sahara erano
considerati in precedenza come feudi di partiti come l' Istiqlah l'
USFP. Il PJD dispone ormai là di nuovi seggi, ivi compresi quelli
della lista nazionale, precisamente 3 nella regione di
Laâyoune-Boujdour-Sakia El Hamra, e 2 in Oued Ed-Dahab-Lagouira. In
altre regioni, il partito è ormai presente in forze a Casablanca,
dove ha ottenuto la metà dei seggi (17 su 34). A
Rabat-Salé-Zemmour-Zaer, è anche un grande risultato islamista con
9 seggi su tredici.
La svolta è più
nitida a
Rabat, poiché Salé è considerata tradizionalmente una roccaforte
del Pjd. Il SG del partito è stato anche rieletto, con notevole
successo, nella circoscrizione di Salé Medina. Nel nord, il
partito ha conquistato il 40% dei seggi (10) nella regione Tanger
Tétouan. Se Tangeri è una terra di conquista per la formazione
Benkirane, essa ha fatto un importante passo avanti a Tetouan, dove
ora ha 2 seggi più un altro nella Youssef Ben Ali circoscrizione di
M'diq-Fnidak. L'influenza del Pjd sì è vista anche alla regione di
Marrakech Tensift El Haouz. La città ocra si veste di verde
islamista. Se il partito era praticamente assente nella città, vi
dispone ora di 8 seggi, nelle circoscrizioni sotto alta tensione,
come quella della Medina Sidi en Ali, o ancora Marrakech Menara. L'
avanzata islamista ha preso la direzione sud, verso Agadir,
considerata uno dei feudi della USFP. Il partito ha realizzato lì
una bella performance, conquistando 2 seggi su 4 e 9 seggi a livello
di tutta la regione Souss Massa Draa. Nel 2007, il PJD non vi
disponeva di solo 4 seggi. Nelle regioni centrali, la formazione di
Benkirane ha aggiunto due nuovi seggi al suo punteggio conseguito
nel 2007 a Fez-Boulemane (6 invece di 4). A Meknes-Tafilalet, il
partito ha racimolato 3 seggi, arrivando al 2 ° posto con il PPS e
l'USFP, il PI e la MP piazzandosi in testa con 4 seggi ciascuno.
Il PJD inizierà la
prossima
legislatura con una forte squadra di 107 membri provenienti da varie
regioni del Regno, la cui età media è di solo 46 anni. Il più
giovane deputato del partito ha 28 anni. Dei 78 eletti, ossia il 75%
del gruppo di partito, sono nuovi. I dirigenti della formazione
islamica vantano anche il livello di istruzione dei loro
rappresentanti, avendo essi hanno almeno un diploma di laurea. Tra
essi, 6 hanno almeno un Deug, e 101 eletti hanno un diploma
universitario superiore; 37 parlamentari hanno un dottorato di
ricerca o titolo equivalente e 18 hanno 2 lauree in diverse
specialità. In rapporto ai 60 seggi riservati alle donne, le
rappresentanti del PJD sono riuscite a conquistarne 16, il maggior
numero tra tutti i partiti.
Tabella dei risultati
dell'elezioni legislative 25/11/2011
I Partiti
N°
di seggi
Lista
nazionale
delle donne
Lista
nazionale
dei giovani
(18-40
anni)
Classifica-
zione
N°
di
seggi
Classifica_
zione Elezioni legislative2007
Parti de la justice et du
développement (PJD)
83
16
8
107
1°
2°
Parti de l'Istiqlal (PI)
47
9
4
60
2°
1°
Rassemblement national des
indépendants(RNI)
40
8
4
52
3
4°
Parti de l'authenticité et modernité
(PAM)
35
8
4
47
4°
Non
era costituito
Union socialiste des forces
populaires (USFP)
30
6
3
39
5°
5°
Mouvement populaire(MP)
24
5
3
32
6°
3°
Union constitutionnelle(UC)
17
4
2
23
7°
6°
Parti du progrès et du socialisme(PPS)
12
4
2
18
8°
7°
Parti des travailleurs (P.T)
4
-
-
4
9°
12°
Mouvement Démocratique et Sociale
(MDS)
2
-
-
2
10°
10°
Parti de Renouveau et de l'équité
(PRE)
2
-
-
2
11°
14°
Parti de l'Environnement et
développement durable
2
-
-
2
12°
12°
Parti
Al Ahd Al Dimoqrati(PAD)
2
-
-
2
13°
8°
Parti de la Gauche Verte Marocaine
(PGVM)
1
-
-
1
14°
Parti de la liberté et de la Justice
Sociale(PLJS)
1
-
-
1
15°
Front des forces démocratiques (FFD)
1
-
-
1
16°
Parti Unité et Démocratie(PUD)
1
-
-
1
17°
Parti de l'Action(P.A)
1
-
-
1
18°
Totale
305
60
30
395
Tabella
del progresso del PJD nell'elezioni legislative tra 1997 e 2011
1997
2002
2007
2011
N° dei seggi
9
42
46
107
classificazione
9°
3°
2°
1°
CONCLUSIONE
Partiti
ed Associazioni
Tra i
tanti
partiti politici
islamisti marocchini, ci sono quelli riformisti. Questi ultimi sono
rappresentati dal PJD (Partito Giustizia e Sviluppo), guidati da
Abdelilah Benkirane, il capo del Governo attuale, e dal MUR
(Movimento dell’Unicità e della Riforma), che si interessa di
tutto ciò che è politico e religioso allo stesso tempo. Essi hanno
cercato di fare interagire contemporaneamente due tendenze politiche,
quella della monarchia e quella dell’Islam (non l’ideologia
islamista, ma la religione islamica).
Tra le associazioni
politiche
c'è quella della Giustizia e della Beneficienza, fondata da
Abdessalam Yassin e oggi guidata da Mohammed Abbadi. Tale gruppo
dell'islamismo radicale, malgrado abbia perso parte della sua fama e
della sua forza, ora, è in fase di recupero e, per il momento, è
l’unica alternativa ben organizzata come unico movimento che non
vuole accettare le regole del gioco dettate dalla monarchia.
Monarchia
e
Costituzione
In Marocco, le elezioni
che,
sono diventate libere e “pulite” per la prima volta nella storia
del paese, hanno portato il partito islamista moderato di Giustizia e
Sviluppo al potere. La vera novità, però, è stata la scarsa
partecipazione al voto, da attribuire, ovviamente, alla mancanza di
fiducia nella lotta politica. Tanto che il recupero di tale fede
appare la vera sfida per i marocchini. Sebbene sia ancora da valutare
il supporto concreto di cui queste formazioni politiche godono nel
tessuto sociale nazionale, è assodato che le ragioni del successo
elettorale sono imputabili al loro radicamento nel territorio e
all’antico ruolo para-statale svolto dalle medesime a favore delle
classi più disagiate. Tuttavia in nessuno dei paesi della
“primavera” gli islamisti hanno ottenuto una maggioranza assoluta
di consensi, costringendoli così a cercare alleanze. Tuttavia,
governo e opposizione hanno poco tempo per convincere la popolazione
dei cambiamenti messi in moto. Pensare che il Marocco sia fuori
pericolo è l’errore più grave che la classe politica possa
commettere.
Con la nuova
Costituzione,
anche se i poteri del re del Marocco siano rimasti quasi gli stessi,
essi non sono più assoluti come prima. «Si
on est attentif, le pouvoir royal a changé de nature. Oui, le
rapport de force politique au quotidien reste clairement à
l'avantage de la monarchie, et cela relativise la promesse d'une
"révolution en douceur", qui était suggérée par la
réforme constitutionnelle de 2011. Mais la monarchie a changé de
statut en devenant une institution pleinement constitutionnelle. Tous
les pouvoirs du roi - sans parler de leur interprétation - sont
désormais inscrits dans le texte.» «C'est une grande révolution
par rapport au passé, car jusque-là les pouvoirs du roi étaient
coutumiers, donc extensibles à l'infini»169.
La monarchia si è mossa
molto
bene e con intelligenza, fino ad adesso. Il binomio Palazzo-Pjd ha
salvato il Marocco da esiti pericolosi. Creare il clima giusto per
attivare i meccanismi che permettono di andare verso una monarchia
parlamentare potrebbe essere la via più sicura per mantenere la
stabilità. Per questo bisogna lasciare da parte tatticismi e
strategie che abbiano come unico obbiettivo quello di conservare il
potere, e andare con coraggio verso un sistema che avvicini il
Marocco, pur conservando la propria identità, al suo entourage
europeo. La democrazia ha delle regole. Esempi di monarchie
parlamentari valide ce ne sono. Considerare il popolo già maturo per
compiere questo passo potrebbe essere il modo corretto per avviare
una democrazia duratura. Le riforme che il Marocco ha conosciuto in
questi anni sono un buon passo in avanti ma il percorso è appena
cominciato.
Una domanda sorge
spontanea:
la laicità è una condizione necessaria per la democrazia? Spesso i
due concetti vengono confusi. Il filosofo e pedagogista statunitense
John Dewey basa il concetto di democrazia sull’idea della
partecipazione: la partecipazione del popolo al governo, a cui
bisogna dare la libertà di scegliere i propri rappresentanti e le
modalità con le quali governare. Indubbiamente, vietare al popolo
di scegliere l’islam o qualsiasi altra fede come sistema è
contrario ai principi della democrazia. Un sistema è democratico, se
sulla base dei principi su cui si fonda la sua Costituzione, rifletta
l’opinione della maggioranza, e non impedisca la
formazione di un’opposizione, libera di esprimersi e che arrivi al
governo del paese attraverso elezioni democratiche.
Il percorso evolutivo
degli
ideali politici del PJD è segnato dallo stesso spirito di servizio che
anima anche lo stesso Monarca in rapporto allo sviluppo economico
del Paese, alla sua modernizzazione, alla giustizia sociale e ad una
moderata liberalizzazione verso forme di maggior libertà di
espressione e di rispetto dei diritti fondamentali della persona. Pur
nel riconoscimento accettato, in maniera assoluta da ogni cittadino
marocchino, dell'autorità di guida religiosa del Monarca, purtroppo
Egli tien ben saldo ancora nelle sue mani anche il potere esecutivo.
Il PJD potrebbe avere
l'opportunità di avviare una nuova stagione storica per il Marocco
se fosse capace di agire politicamente e socialmente in modo da
contribuire a dare alla Monarchia un' impronta di costituzionalità
che vedesse meglio distinti il versante religioso da quello politico,
e che in quest'ultimo avesse più voce in capitolo la laicità del
popolo attraverso i suoi rappresentanti governativi.
Ma il percorso di
secolarizzazione dell'Islam marocchino si presenta lungo e difficile,
perché presuppone la contaminazione mentale nelle classi dirigenti
religiose, prima, e nelle masse popolari, poi, delle nuove
convinzioni culturali che, man mano, stanno maturando nelle élites,
in particolare, in quelle del PJD.
APPENDICI
“ Interview
Benkirane”
Il
y a trois ans, l'homme
politique Abdelilah Benkirane vivait un tournant avec la victoire
relative du PJD aux élections du 25 novembre 2011 puis avec sa
nomination, le 29 novembre par le Roi Mohammed VI, au poste de chef
du gouvernement. Dans cette première partie, il relate l'histoire du
PJD jusqu'à son intégration dans le jeu politique.
L'idée
de
cet article est venue il y a quelques mois au cours d'une discussion
informelle avec Abdelilah Benkirane. Une conversation en off, à
bâtons rompus, comme tout responsable peut en avoir avec des
journalistes. L'auteur de ces lignes suit depuis une bonne trentaine
d'années l'évolution des partis dits islamistes dans le monde
arabe. Les propos tenus par Abdelilah Benkirane ce jour-là,
tranchaient totalement avec le vocabulaire habituel des Fréristes
arabes. Benkirane faisait régulièrement référence à l'histoire
du Maroc, qu'il semble connaître dans le détail. Il fait également
référence au Maroc, à l'Etat, au prestige de l'Etat, à
l'institution monarchique, au Roi Mohammed VI, Chef de l'Etat et Amir
al-Mouminine, dépositaire d'une légitimité de plusieurs siècles;
à la Constitution... Bref, il parle différemment de ses supposés
frères du Moyen Orient. Sa relation à l'Etat, à la nation, aux
institutions semble se démarquer de celle des Frères musulmans et
des mouvances fréristes du monde arabe. Il tient le discours de
quelqu'un qui a conscience de l'intérêt du Maroc avant tout, de
l'intérêt de l'Etat, de l'existence d'une nation marocaine,
différenciée, différente, qui plonge ses racines dans le temps et
dans l'espace. De l'autre côté, celui des Frères musulmans et des
partis plus ou moins apparentés, on le sait, la conception de l'Etat
est tout à fait archaïque et détachée du temps. Une conception
qui ne reconnaît l'Etat-nation que du bout des lèvres.
Journalistiquement
parlant,
le thème s'imposait: "PJD, quels islamistes êtes-vous?".
Elle est le thème, la ligne directrice de cet entretien
exceptionnel. Cette interview sera publiée en trois parties: ce
jeudi 27 novembre et ce samedi 29 novembre, pour les propos de
Abdelilah Benkirane, puis notre propre analyse des propos qu'il a
tenus, et qui sera publiée dimanche 30 novembre.
-Médias
24: L'identité du PJD paraît floue. Qu'est-ce que le PJD
aujourd'hui?
-Abdelilah Benkirane:
Elle
vous paraît floue parce qu'elle est simple. Nous sommes un parti qui
s'est rénové à partir du mouvement islamiste marocain, car ce
parti a été à l'origine créé en 1967 par son fondateur Dr
Abdelkarim Khatib. Ayant adhéré au parti à partir de 1992, nous
étions d'abord membres de la Chabiba Islamiya jusqu'à 1981 et nous
avons évolué après le radicalisme des années précédentes. A
l'origine, à la fin des années 70, nous n'étions ni un parti ni
même un mouvement. Un simple groupe de jeunes marocains musulmans,
«Jama'a». Et d'ailleurs, lorsque nous avons quitté la Chabiba en
1981, on s'appelait Al-Jamaâ Al-Islamiya. A partir de 1981, nous
avons opéré une série de révisions fondamentales. En effet, quand
nous nous sommes séparés de la Chabiba en 1981, la chose qui
réunissait le plus notre groupe, c'est que nous étions des jeunes
marocains unis avec un référentiel islamique. Tout était à
restructurer, aussi bien les idées que l'organisation. Nous nous
cherchions, nous étions un peu livrés à nous-mêmes, nous n'avions
ni guide, ni lien avec l'extérieur. Ce petit groupe était tout au
plus confronté à une réalité quotidienne faite d'un dialogue
interne dur, un processus de restructuration difficile, une
surveillance policière et des emprisonnements. A partir de 1986 et
jusqu'en 1988, nous nous sommes justement posés cette question que
vous posez: qui sommes-nous? Et nous avons décidé d'élaborer notre
charte qui répond à la question et ses implications.
-Parlons
des révisions...;
-Pour
moi,
elles ont commencé en 1982. Ensuite, par des discussions internes
intenses, ces révisions ont étéadoptées
par l'ensemble de l'association.Au
départ, il s'agissait de révisions pragmatiques, pratiques.Par
exemple, lorsque je me suis retrouvé en prison, à Derb Moulay
Cherif en 1982, j'ai commencé à me poserdes
questions sur le bien-fondé de notre démarche, car je voyais que
nous commencions à payer un tribut asse lourd qui n'est pas
compatible avec la situation réelle de notre mouvement dans notre
pays."Nous ne sommes pas un groupe qui réunit LES musulmans
mais un groupe DE musulmans"
-Donc,
vous n'avez pas opéré les révisions par conviction mais par
rapport de forces...
-On ne
peut
pas parler de rapport de forces. Nous n'existions même pas sur
l'échiquier. Non, nous nous demandions si notre démarche était
suffisamment fondée pour payer un prix aussi lourd. Ensuite, je me
suis posé la question de l'objectif final de cette démarche.
Dois-je aller en prison pour que l'Etat soit musulman? Or, me suis-je
dit, l'Etat est déjà musulman. Le Maroc est un Etat musulman, c'est
écrit dans la Constitution. Les révisions ont commencé par des
idées toutes simples, des questions simples mais fondamentales.
Lorsque j'ai dit que nous sommes déjà dans un État musulman, on
m'a répondu que ce n'était pas un État qui applique intégralement
l'Islam. J'ai eu alors l'idée de leur poser la question: est-ce que
vous appliquez toutes les prescriptions de l'Islam? Ils ont répondu
que non. J'ai dit que c'est la même chose aussi pour l'État. Autre
question que j'ai posée: pourquoi agissions-nous dans la
clandestinité? Nous ne pouvons pas travailler dans la légalité,
a-t-on répondu, car il faut demander une reconnaissance à l'État.
Or l'État était considéré à l'époque comme un taghout [1]. Donc
on ne peut lui demander quoi que ce soit. J'ai dit que nous vivons
dans un pays où il y a des lois et que pour exercer une telle
activité, il faut demander une autorisation. Donc, il fallait
demander une autorisation pour que notre activité devienne légale.
J'ai également posé la question suivante: Sommes-nous des gens qui
pratiquons la politique seulement et dont l'idéologie est l'Islam?
ou bien sommes-nous des musulmans d'abord et qui se sont retrouvés
face à plusieurs types d'activités possibles, économiques,
sociales et politiques? C'est une question qui a été tranchée
rapidement: nous ne sommes pas des politiciens dont l'idéologie est
l'Islam; non, nous sommes des musulmans, et l'islam est le pilier, le
fondement de notre vie. Et dans cet islam, la politique n'est pas le
cœur, n'est pas le fondement. C'est une activité comme il y en a
d'autres, telles que l'engagement social et l'éducation individuelle
et collective.
En 1986, nous nous sommes
réunis et j'ai été porté à la présidence du groupe après la
fin du mandat de ssi Yatim. Je crois que j'ai été élu parce que
mon discours était compris et adopté par les membres du groupe tant
bien que mal. Pendant ce mandat, nous avons décidé d'élaborer une
charte pour répondre à la fameuse question ;qui sommes-nous et de
l'appliquer.
La première version, nous
l'avons vendue à 1 DH l'unité. Dans nos objectifs, la politique ne
venait qu'en 8ème position je crois. La politique, c'est de
participer avec les autres citoyens à la gestion de la chose
publique. Dans notre charte, en première position figurait
l'objectif suivant: satisfaire le Créateur et aspirer à sa
miséricorde ici et dans l'au-delà.
La politique était
classée
dans la même catégorie que l'action syndicale et l'action sociale.
Notre charte précisait également que nous ne sommes pas un groupe
qui réunit LES musulmans, mais un groupe DE musulmans.
"Gouverner n'est pas
notre objectif premier"
-Vos
spécificités de groupe islamiste marocain partent de là...
- Ce
sont
ces révisions et d'autres révisions similaires qui ont encadré les
changements opérés. Nous sommes les citoyens de cet Etat. Nous ne
pouvons pas ne pas le reconnaître, ni le traiter de taghout. C'est
ce que je ne suis pas parvenu à expliquer aux autres mouvements
islamistes dans le monde, car je n'ai pas le style académique pour
rédiger de longs articles ou des essais et des théories. Ce sont
ces différents points qui vont créer de très grandes différences
entre nous et les mouvements islamiques dans le monde. Pour nous, en
termes de politique, nous ne sommes qu'un ensemble de personnes,
parmi tant d'autres. Nous ne sommes pas là pour imposer quoi que ce
soit aux autres, mais pour servir, pour apporter aux autres, et pas
autre chose. Tout le reste devient relatif. Gouverner n'est plus
notre objectif premier. Nous ne sommes pas obligés de gouverner pour
apporter notre contribution à notre pays. C'est pour cela que je
répète aux électeurs: je suis venu par votre choix, si vous ne me
voulez plus, si ne voulez plus de moi, je partirais.
-Donc,
revenons à votre itinéraire et à votre identité
-Ce processus de révision
a
donc eu lieu en 1986. Après, il y a eu différentes ramifications,
comme l'action sociale, la culture, la politique. C'est tout. Nous
sommes des Marocains avec des Marocains. Lorsque nous avons voulu
créer un parti politique, le gouvernement a refusé. Nous sommes
allés voir Dr Abdelkrim Khatib allah yrhmou que Dieu l'ait dans sa
sainte miséricorde, qui nous a ouvert les portes de son parti ,
MPCD, Mouvement Populaire Constitutionnel et Démocratique créé en
1967. Ce parti est devenu le PJD en 1998.
1992;Vous ne pouvez pas
participer aux élections;
-On
vous a plutôt demandé d'y aller, à ce parti; C'était un
compromis.
-Jamais
de
la vie, Allah chahed, Dieu en est témoin. En 1990, nous avons pris
la décision suivante: d'abord essayer de créer un parti, sinon
aller dans un parti existant, sinon soutenir un parti existant. Dans
cet ordre. Nous avons alors approché plusieurs partis pour les
intégrer: l'Istiqlal, l'UNFP de Abdallah Ibrahim puis le Dr Khatib
allah yrhmhoum. En 1992, après avoir intégré le parti du Dr
Khatib, nous avions décidé de participer aux élections. L'information a
été publiée dans la presse. Un jour, j'étais chez
le Dr Khatib et le téléphone sonne: c'était Ahmed Bensouda,
conseiller du Roi Hassan II. Si Bensouda demande au Dr Khatib mon
numéro de téléphone. On finit par se parler au téléphone et il
me demande de passer le voir chez lui le lendemain matin. Il m'a reçu
avec chaleur et affection, gentillesse aussi, il a parlé culture, il
m'a dit que Sa Majesté a du respect pour nous, sinon il n'aurait pas
envoyé son conseiller, mais aurait choisi quelqu'un d'autre. Le
message qu'il m'a transmis était: «Vous ne pouvez pas participer à
ces élections, sinon la machine va se déclenche contre vous, Sa
Majesté ne pourra pas l'arrêter»
Je lui ai répondu:
j'aimerais
revenir demain vous voir en compagnie d'un autre dirigeant.
Sa Majesté demande chnou
bghitiou; Le lendemain, je suis revenu avec ssi Baha. C'était très
sensible et je voulais sa présence. C'était notre premier contact
avec le pouvoir à ce niveau de responsabilité. Le lendemain donc,
nous voici chez lui. Il a répété ce qu'il avait dit la veille. Il
n'a pas dit un mot de plus, ni parlé des étapes suivantes.
Il ajoute simplement: Sa
Majesté demande chnou bghitiou, avez-vous besoin de quelque chose?
Nous avons alors réuni «
majliss choura», notre conseil consultatif. La discussion a duré
une journée entière, du matin jusqu'à la tombée de la nuit. Nous
nous sommes dits: la politique n'est pas le fondement de notre
existence en tant que groupe; elle est là parce que nous sommes des
membres de cette société. Et donc, ce n'est pas la peine de
détruire tout ce que nous avons déjà réalisé pour ça. Il y
avait entre autres Othmani, Yatim, Baha, Lamine Boukhobza, nous
étions une quarantaine. Nous avons donc décidé de nous retirer des
élections de cette année.
-Et
qu'avez-vous demandé au Roi Hassan II ?
-Une
seule
chose: qu'il donne ses ordres pour qu'on autorise notre association,
cela faisait dix ans que nous avions déposé notre demande.
L'association s'appelait Al jamaâa Al Islamiya, elle est devenue Al
Islah Wattajdid en 1992, après elle est devenue le Mouvement Unicité
et Réforme (MUR), Attawhid wal Islah en 1996 après l'unification
de ses deux composantes. Nous avons alors écrit une belle lettre à
Sa Majesté pour demander cela. Pour la petite histoire, nous n'avons
obtenu l'autorisation qu'en 2013, lorsque je suis devenu chef du
gouvernement.
Qui sommes-nous alors ?
Nous n'avons jamais cessé
de
rester les mêmes. Nous nous sommes dirigés vers une forme de
spécialisation. Dans la vie politique, nous avons travaillé comme
des politiques participant à la gestion des affaires publique.
"Le
PJD est un parti politique marocain à référentiel islamique"
-Lorsque vous avez
commencé
l'action politique, votre évolution s'est peut-être accélérée.
Au contact des réalités -Quand on est confrontés à la réalité,
on se rend compte que les coefficients que l'on avait dans la tête
changent dans la pratique. Après l'entrée au gouvernement, on est
davantage confronté aux réalités et aux contraintes. Quand on voit
le budget, les équilibres macro économiques, les déficits,
l'absence de marge de manœuvre, on se doit d'agir. Jamais je
n'aurais pensé que la compensation ou la retraite seraient mes
priorités. La première année, il y avait 57 milliards de DH de
compensation, le quart des recettes du budget. Pour conclure, voici
la réponse simple à votre question: le PJD est un parti politique
marocain à référentiel islamique.
"En 1976, je lis un livre
de Sayyed Qutb. Le lendemain, je suis une autre personne".
-Est-ce
que c'est la politique qui vous a mené vers l'islam ou est-ce que
c'est l'Islam qui vous a mené à la politique?
-Je ne
sais
pas. Je suis né dans un milieu musulman. Avec peut-être davantage
de religiosité que la moyenne, mon père était tijani
J'ai été attiré très tôt dans la politique. Très jeune, ma
nounou m'appelait zaim Bourguiba. Je suis allé d'abord vers
l'Istiqlal puis rapidement vers la gauche, mais la gauche ne m'a pas
satisfaite. C'est Mohamed Sassi qui m'a fait rentrer à l'USFP, nous
étions amis depuis notre jeune âge. En 1975, j'étais devenu plus
pratiquant en côtoyant une personne âgée et pieuse invitée chez
nous. Dans une mosquée, je rencontre alors des membres de la Chabiba
Islamiya mais je continue à vivre ma vie comme tout jeune de mon
âge. En 1976, l'un d'entre eux me donne le livre de Sayyed
Qutb,Maâlem fittariq; [souvent traduit par« Signes de piste». J'ai
passé la nuit à le lire. Le matin, j'étais une autre personne. "La
violence n'a jamais été une option collective dans notre groupe"
-Sayyed
Qutb, c'est un nom associé aux Frères musulmans et à la violence.
Et la Chabiba a pratiqué
la
violence; -Ssi Abdelkrim Motii a quitté le Maroc en 1975, avant mon
adhésion à la Chabiba. Jamais la violence n'a été approuvée chez
nous. En 1976, nous mettions l'accent sur attarbia, l'éducation. En
1977, il y a eu crise dans la direction entre les dirigeants de
l'intérieur et Ssi Abdelkrim Motii. Entre 1977 et 1981, nous avons
passé notre temps non pas à parler de violence ou de non-violence,
mais à régler les problèmes internes. Nous étions occupés par
nous-mêmes. En 1981, nous nous sommes séparés de Ssi Abdelkrim
Motii. Nous n'avons pas eu besoin de bannir la violence dans les
révisions idéologiques, il n'y a jamais eu de divergences à ce
propos, car la violence n'a jamais été une option collective à la
Chabiba ni après la Chabiba.
"Le
Maroc n'est pas concerné par l'objectif originel des frères
musulmans de rétablir le califat"
-
Il y a eu des divergences sur quels sujets? Cela nous ramène aux
révisions idéologiques dont vous parliez
- Nous
avons divergé sur la nature du régime monarchique, sur la
clandestinité. La vérité, c'est que tout cela n'était pas très
profond, il y avait des interrogations mais il n'y avait pas encore
de véritable réflexion. Sur le régime monarchique et sur Imarat al
mouminine, nous avons évolué progressivement. Nous nous sommes
rendu compte que le Royaume du Maroc est un Etat musulman comme c'est
écrit dans la constitution. Mais nous sommes allés encore plus
loin. Nous nous sommes rendu compte que le Maroc n'est pas concerné
par l'objectif des débuts des Frères musulmans en Orient,
c'est-à-dire la restauration du califat ottoman aboli en 1923 par
Ataturk. Car le califat ottoman, lorsqu'il existait, s'arrêtait en
Algérie, aux frontières du Maroc. Le califat ottoman n'a jamais
gouverné le Maroc. Hassan Al Banna [fondateur des Frères musulmans]
rahimahou Allah, demandait en 1928 d'instaurer l'Etat islamique pour
faire revivre le califat. Le Maroc ne pouvait être concerné. Au
Maroc, le système politique que nous avons toujours eu et qui
continue jusqu'à nos jours, est celui d'un Etat musulman, depuis les
Idrissides, les Almoravides, les Almohades, les Mérinides,
Wattassides, Saadiens et maintenant les Alaouites. Nous avons failli
être concernés par le verset; Ils démolissaient leurs demeures de
leurs propres mains, autant que des mains des croyants وقذف
في قلوبهم الرعب يخربون بيوتهم بأيديهم
وأيدي المؤمنينAl
hamdoulillah, c'est grâce à Dieu. Chez nous, le chef de l'Etat a le
titre Amir al mouminine. Au sein de la société et des institutions,
il fallait donc militer pour ses idées et non pour changer l'Etat.
En 1992, la majorité écrasante sont convaincus ou acceptent ce
choix. Aujourd'hui, la question fait l'unanimité. La question de la
légitimité religieuse n'est plus posée totalement et
définitivement. La question aujourd'hui, est la suivante: comment
les choses de l'Etat sont gérées et comment améliorer cette
gestion. La suite de cette interview sera publiée samedi 29 novembre
Le taghout désigne un
mélange
de dictature et d'impiété, symbole du kufr, la mécréance. Le mot
taghout fait partie du vocabulaire de l'islamisme radical
takfiriste.
SECONDE
PARTIE
Voici
la seconde et dernière partie de l'interview de Abdelilah Benkirane,
chef du gouvernement. Après avoir relaté l'historique du PJD, M.
Benkirane évoque ici ses participations aux élections puis son
accès aux responsabilités publiques ainsi que sa relation avec le
Souverain.
-Je
ne
les connais pas avec précision. Pour 2011, je peux citer les
citoyens, plus ou moins aisés ainsi que les quartiers populaires
moyens.
Il
y a
bien sûr ceux qui sont d’accord avec notre référentiel, ceux qui
nous font confiance, ceux qui sanctionnent nos adversaires, et
également, les électeurs qui en 2011, avaient peur pour l’avenir
et voulaient la stabilité du pays.
“Ça
paraît difficile à croire, mais pour les élections de 1997, nous
nous sommes autolimités“
-Revenons
aux élections. En 1993, on vous a demandé de ne pas participer. Et
en 1997?
-En
1997, ce fut notre première participation aux élections. Je ne peux
pas dire combien de sièges nous avons remportés. Car on nous a
enlevé des sièges. Disons que nous avons arraché 9 sièges.
Il
n’y
avait eu aucun contact au préalable avec les autorités de l’époque,
aucune tentative de régulation ou de limitation.
Mais
nous nous sommes néanmoins autolimités. Ça paraît difficile à
croire. Il y avait le cas du FIS algérien qui nous avait alertés:
après la victoire du FIS, le pays a sombré dans la guerre civile.
Nous
nous sommes autolimités. Nous avons présenté 145 candidats, moins
que la moitié des sièges. Nous avons obtenu 9 sièges. Mohamed
Hafidh de l’USFP a refusé le siège qui lui avait été octroyé
par l’administration suite à une fraude sur les pv. Idem pour Adib
de la CDT qui a reconnu la fraude.
Aux
élections de 2002, le Maroc est passé au scrutin de liste. Nous
avons présenté 56 listes sur 92. Driss Jettou, ministre de
l’Intérieur, avait discuté avec nous. Il voulait une limitation
plus importante. Nous avons remporté 42 sièges. Nous étions
troisième parti.
Aux
élections communales de 2003, les représentants de l’Etat ont
discuté avec nous à l’avance. On nous a demandé une
autolimitation. Le contexte était très difficile, car il y avait eu
les attentats du 16 mai. Certains d’entre nous ne voulaient pas
participer aux élections et d’autres acceptaient l’autolimitation.
On nous a demandé d’éviter les candidatures dans les grandes
villes.
En
2007,
aux législatives, nous avons obtenu 46 sièges, il n’y a eu ni
discussions préalables ni autolimitation. Le déroulement des
élections de 2007 et celles de 2011 n’a pas été mis en cause.
En
2011,
nous avons donc obtenu 107 sièges, et nous sommes arrivés en tête.
“Au
début des années 90, j’ai commencé à être invité aux
causeries religieuses“
-
Avez-vous rencontré le Roi Hassan II ?
-Au
début des années 90, j’ai commencé à être invité aux
causeries religieuses, par le biais du ministre des Habous de
l’époque, Abdelkébir Alaoui Mdaghri.
Le
Roi
Hassan II avait organisé en été, à Casablanca, un grand
événement, une université d’été pour la mouvance islamique à
laquelle étaient conviées de nombreuses personnalités, cela
s’appelait l’université de la Sahwa [de l’éveil musulman].
J’y avais été invité.
A
la
fin, on nous annonce que Sa Majesté allait tous nous recevoir, au
palais de Skhirat. Ce fut la première fois que si Baha et moi, nous
avons acheté les selham, à 60 DH pièce au quartier commerçant des
Habous à Casablanca.
Sa
Majesté a fait un discours, nous avons bu du thé et nous sommes
repartis. Je n’ai même pas eu l’occasion de le saluer. Après
l’université d’été, j’ai été invité régulièrement aux
causeries religieuses.
En
1999,
je l’ai salué pour la seule et unique fois. C’était le 8 mai
1999, j’avais été nommé dans la commission spéciale d’éducation
et de formation, la Cosef. Nous avons été reçus et je l’ai
salué, je lui embrassé la main, allah yrhmou.
On
m’a
raconté qu’il a souri lorsqu’il a appris que j’étais venu
sans cravate et que j’avais mis une cravate dans ma poche au cas
où.
“Nous
avons répété aux Frères musulmans que nous n’avons pas besoin
d‘eux au Maroc“
-
Si on
vous suit, vous n’aviez pas de relations avec le réseau
international des Frères musulmans…
-
Ils ont essayé, dans les années 80, d’entrer en contact avec nous
dans ce sens mais sans succès. Ils ont essayé de créer leur propre
filiale au Maroc, sans suite également.
Quand
nous pouvions, nous les avons rencontrés, croisés dans différents
événements, des colloques, rencontres internationales. Nous leur
disions que nous n’avons pas besoin de leur conception, car elle ne
marcherait pas chez nous, que le Maroc n’en avait pas besoin, que
notre pays n’avait pas de problème de khilafa… Ceci est
documenté, regardez par exemple les archives de l’université
d’été, la Sahwa islamiya.
Parmi
les constantes de notre mouvement, depuis le premier jour, c’est de
n’avoir aucun lien, aucune inféodation à l’étranger. Ni réseau
frériste, ni rien d’autre, ni organisations internationales, ONG…
Nous nous sommes même refusé à nous plaindre auprès des
organisations internationales lorsque la situation aurait pu
l’exiger.
“A
ma
connaissance, tous les musulmans sont pudiques“.
-Vous
avez cependant des points communs avec les Frères d’Egypte. Par
exemple, une certaine vision de la culture…
-Nous
avons surtout plusieurs différences importantes: Nous sommes contre
la confessionnalisation des différends. Nous situons notre action au
Maroc et seulement au Maroc, nous n’avons pas eu et n’aurons
jamais de dépendance avec l’étranger.
Vous
évoquez la culture, et vous faites allusion à des questions liées
à la pudeur par exemple. Vous soulevez une question générale, qui
ne concerne pas les seuls Frères musulmans. Tous les musulmans
à ma connaissance sont pudiques.
Sur
le plan des convictions, nous-mêmes nous avons évolué. Nous avions
au départ une position assez radicale, par exemple sur la musique,
mais sans aller jusqu’à l’interdiction.
A
propos, j’aime bien la musique et je connais de nombreux morceaux.
Du Maroc et d’Orient, Abdelhalim, Ismahane, Farid, Fayrouz,
Abdelwahab. Mais je suis un très mauvais chanteur.
Bien
que
nous ayions évolué, lorsque nous voyons qu’un-e artiste se
dénude en chantant, nous critiquons cela.
Je
rappelle que sur le plan religieux, la musique est une question qui
n’est pas tranchée.
Aujourd’hui,
nous exprimons notre avis lorsqu’il y a quelque chose qui dérange,
par exemple dans un film un peu osé.
-Le
problème, c’est l’origine de la norme, juridique ou sociale.
Peut-elle être autonome, civile ou doit-elle être
obligatoirement inspirée par la religion?
-Prenons
l’exemple du vote. Il n’est pas prévu dans la religion, n’est-ce
pas?.
Ou
le
sens interdit dans la circulation.
Quand
il
s’agit de la politique, je suis là pour gérer la chose publique
selon la volonté des citoyens qui ont leurs préoccupations et leurs
besoins. Je suis arrivé pour essayer de résoudre ces problèmes
qu’ils ont eux, pas ceux que j’ai moi.
Liberté
de conscience: “pour moi, c’est une question tranchée“
-Prenons
un exemple: la liberté de conscience, qu’en pensez-vous? Il semble
que le PJD s’est opposé à son inscription dans la Constitution…
-La
liberté de conscience figure dans le Coran, dans Sourat Al-Kahf.
[Dis
:" La Vérité vient de votre Seigneur. Que celui qui le veut,
croie, et que celui qui le veut, mécroie ".]
Et
dans sourat Al-Baqara, [Pas de contrainte en religion]. لَآ
إِكۡرَاهَ فِى ٱلدِّينِۖ
Pour
moi, c’est une question tranchée.
Un
musulman qui a changé d’optique, de croyance, de conviction, je
n’ai pas à m’en mêler.
Par
contre, pour ce qui concerne la société, la gestion de la chose
publique et du champ religieux, je ne suis pas responsable. C’est
Sa Majesté et les oulémas autour de lui.
Je
n’ai
ni le poids ni la compétence pour en juger.
Je
signale qu’il n’y a jamais eu d’inquisition en Islam. Nous
n’avons pas besoin d’inscrire la liberté de conscience. C’est
déjà le cas dans la pratique, chacun est libre de ses convictions.
En
second lieu, que signifie d’inscrire la liberté de conscience?
Est-ce que cela signifie que l’on peut changer de conviction et
faire du prosélytisme pour détourner les gens de leur religion? Il
y a un aspect qui relève de l’ordre public.
Est-ce
qu’on pourrait laisser les gens sortir nus dans la rue, dans
la loi?
Notre
société est déjà multiple et plurielle, nous ne pouvons ajouter
davantage de pluralisme confessionnel.
Il
y a
unanimité au Maroc sur le malékisme. C’est très, très
important.
Le
politique n’est pas le philosophe qui récite aux gens les
principes. C’est quelqu’un qui applique les principes dans la
réalité quotidienne. Il confronte les principes aux réalités.
C’est l’art du possible.
Le
Maroc
n’a pas été perméable à des modes comme la laïcité ou
certains droits prétendus de la femme. Regardez sa stabilité. Il
faut attendre l’évolution des mentalités, des sociétés, sinon
on va provoquer le rejet. Et on installe des bombes à retardement.
Le
grand
mérite dans notre pays revient à l’institution monarchique, elle
dispose d’une sorte de sens des responsabilités et d’une sorte
de balance pour bien mesurer, bien peser les décisions.
Le
jour
où Sa Majesté est venu dire “Je ne peux ni autoriser ce que Dieu
a interdit, ni interdire ce que Dieu a autorisé“, il savait ce
qu’il disait. C’était au parlement en 2004.
-Et
sur
d’autres questions comme le commerce et la consommation de
l’alcool?
-Est-ce
que l’islam a rendu illicite ou illégale la consommation de
l’alcool?
Il
y a
une différence entre l’illicite et l’illégal. Il l’a rendu
illicite. Et il l’a fait d’une manière progressive, jusqu’à
ce que la société soit convaincue, et ensuite il a rendu illicite
sa production, sa commercialisation et sa consommation ou l’état
d’ivresse en public.
L'Islam
a donc rendu illicite l'alcool. Le rendre illégal relève des
autorités de chaque pays.
Si
un
pays interdit l’alcool, est-ce qu’il ne risque pas d’aboutir à
la situation comme celle qu’ont connue les Etats-Unis avec la
prohibition de 1929? La politique, c’est d’aider son pays,
réduire les problèmes, pas en créer d’autres. Et en toutes
choses, il y a le principe et il y a l’opportunité.
Ceci
ne doit pas nous empêcher de nous poser des questions et par exemple
celle-ci: ce système judiciaire est-il bon pour réduire la
délinquance et la criminalité, les prisons ne sont elles pas
malheureusement une école de délinquance?
Amazighe
et constitution: “Est ce que vous croyez qu’un dossier comme
celui-là va être géré par Abdelilah Benkirane?“
-Des
mouvements amazighs ont l’impression que vous êtes contre
l’instauration de l’amazigh en tant que langue officielle…
-Comment
pourrions-nous être contre un principe constitutionnel?
Et
ce
principe dont nous parlons, il est dans la Constitution par
l’arbitrage de Sa Majesté.
Est-ce
que vous croyez qu’un dossier comme celui-là étroitement lié à
l’identité nationale va être géré par Abdelilah Benkirane? Il
doit être géré par consensus, et par tout le monde, il faut
consulter qui de droit. C’est un processus de consensus national.
J’ajoute
que parmi les dirigeants du PJD, il y a une majorité amazigh.
Le
29
novembre 2011, nomination à Midelt
-Votre
première rencontre avec le Roi Mohammed VI…
-Lors
de
ma nomination, le 29 novembre 2011.
Je
l’avais salué deux fois avant.
Les
élections avaient eu lieu le vendredi 25 novembre 2011. J’ai été
contacté le dimanche 27 novembre par le Protocole royal. On m’a
informé que je serai reçu le mardi 29 à Midelt.
J’ai
donc été reçu le mardi, j’ai commencé par prêter serment,
après nous avons eu un échange. Le tout a duré 8 minutes. Sa
Majesté m’a dit: il ne faut pas être longs, on va croire que nous
sommes en train de constituer le gouvernement.
Sa
Majesté est quelqu’un d’une gentillesse extrême, ça m’a
toujours impressionné.
-Est-ce
qu’il y a eu des vétos sur le gouvernement?
-Je
peux
vous dire ceci: chaque personne qui a fait partie du
gouvernement, c’est moi qui l’ai proposée. Ceci ne veut pas dire
qu’il n’y a pas eu de discussion sur les personnes.
Deux
personnes n’ont pas fait l’objet de discussions: M. Dahhak,
secrétaire général du gouvernement et M. Loudiyi, chargé de
l’administration de la Défense nationale. C’est moi qui les ai
proposés, mais personne ne m’avait recommandé ces noms.
Ramid
a
été au début mis en cause. Une raison m’a été donnée. Alors,
je suis allé le voir en compagnie de si Baha. Il m’a répondu: si
ce qu’on vous a dit s’avère vrai, j’accepte. Je ne ferais pas
partie du gouvernement et vous irez sans moi.
J’ai
fait parvenir cette réponse à Sidna, par Madame Zoulikha Nasri qui
était l’intermédiaire. Au bout d’une semaine, nous avons eu le
feu vert. Au final, c’est l’un des ministres qui ont été les
plus appréciés, jusqu’à maintenant.
-Comment
se sont passées ces trois années?
La
première année, 2012, a été difficile, c’était une année
d’adaptation.
La
deuxième année, 2013, était perturbée, à cause des désaccords
avec le nouveau secrétaire général du parti de l’Istiqlal.
Depuis
la reconstitution de la majorité avec le RNI, c’est plus calme,
plus paisible.
La
relation avec le Roi Mohammed VI
-Et
votre relation avec le Roi?
-Dès
le
début, elle a été d’une qualité exceptionnelle.
Ses
qualités comme être humain, comme homme d’Etat, comme un homme
très profondément croyant, sa gentillesse et ses égards, tout cela
a facilité ma mission et a renforcé mes précédentes convictions à
son égard.
Il
y a
eu des malentendus, parfois provoqué par la presse, mais seulement
pendant la première année.
-Vous
ne
gérez pas le pays à 100%...
-D’abord,
relisez la constitution qui a été approuvée par un pourcentage
proche de l’unanimité.
Ensuite,
je suis un homme politique. Je dois mesurer l’étendue de ce que je
peux remplir positivement comme mission, comme tâches.
De
plus,
mon caractère, mon éducation et notre système font que le
Souverain tient une place centrale dans le pays.
Les
choses sont claires. Tout est clair
-Quelle
influence ont eu les printemps arabes au cours des ces trois années?
-Au
cours de l’été 2013, nous avons senti que notre départ du
gouvernement est possible. Il y avait eu les événements en Egypte
et en Tunisie. Nous nous sommes dits: si cela doit se faire, cela se
fera. Mais nous ne ferons rien pour le provoquer. Evitons le moindre
faux-pas.
“Je
ne
suis pas venu pour élargir les pouvoirs du chef du gouvernement“
-Si
vos
pouvoirs avaient été plus étendus, vous auriez multiplié les
faux-pas. En quelque sorte, la Constitution et la Monarchie vous ont
protégés…
-Je
ne
suis pas venu pour élargir les pouvoirs du chef du gouvernement. Je
ne suis pas venu pour ça.
Je
suis
venu dans une période de crise, selon les critères de la
démocratie, pour participer à améliorer la situation de mon pays,
pas pour autre chose. C’est uniquement dans ce cadre que j’ai
agi.
Le
gouvernement est d’abord le gouvernement de Sa Majesté. Sa Majesté
est le Chef de l’Etat. C’est lui qui donne les ordres, les ordres
viennent de lui et peuvent venir de moi, mais c’est lui qui a la
priorité.
Ce
n’est
pas une cohabitation, comme ont essayé de me faire dire des médias
français.
Ceci
ne
m’empêche pas et Sa Majesté me l’impose, de donner mon avis,
même lorsqu’il est différent du sien. Sa Majesté m’a
instamment dit de le faire.
Rythme
des réformes : “Une grande échelle n’a aucun intérêt si
elle ne permet pas d’atteindre le toit“
-Vous
avez beaucoup évolué au contact des réalités de gouvernement.
Il
y a
une grande différence entre ce qu’on voit de loin et ce que l’on
voit de près, de ses propres yeux.
Par
exemple, les équilibres macro-économiques et les réformes que nous
avons lancées.
Lorsque
si Nizar Baraka m’a informé du problème des retraites, j’ai eu
devant moi un tableau sombre.
J’ai
refusé le verbiage, j’ai attaqué la réforme, je l’ai
programmée. On me demande de l’adoucir, mais une échelle même
grande n’a aucun intérêt si elle ne permet pas d’atteindre le
toit.
Pareil
pour les équilibres macro-économiques.
Quelles
que soient les conséquences sur le PJD et sur les prochaines
échéances électorales, je poursuivrai les réformes.
Est-ce
que le politique fait les élections pour régler les problèmes du
pays ou bien est-ce qu’il fait la politique pour gagner les
élections? L’éthique et la raison voudraient que ce soit le
premier cas.
Regardez
le cas des diplômés chômeurs. Aujourd’hui, les Marocains entrent
dans la fonction publique par voie de concours, rien que ça c’est
un acquis. Vous ne voyez plus les milliers de diplômés chômeurs
dans la rue qui veulent intégrer la fonction publique sans concours.
-Dans
le
domaine économique, vous manquez de compétences. L’amélioration
des équilibres macro-économiques a été réalisée grâce à vos
alliés du RNI.
Si
vous
dites que le PJD n’a pas réussi mais que le gouvernement a réussi,
je ne vois pas le problème.
J’ai
été élu et Sa majesté m’a nommé, pour diriger un gouvernement
qui réussit, pas un gouvernement où le PJD réussit. C’est clair.
Si
vous
affirmez que dans le domaine économique, les compétences du RNI
sont plus fortes que les nôtres, ce que vous dites est raisonnable.
Nous dirigeons des départements comme l’Equipement, l’Energie,
le Budget, nous ne déméritons pas, mais vous avez raison de dire
que le RNI a plus de compétences dans ce domaine et cela ne nous
gène pas.
Ce
n’est
pas un gouvernement PJD, c’est le gouvernement de tous les
Marocains. L’essentiel est le résultat final.
Pour
lire la première partie de cette interview,cliquer
ici.
Nous
publierons par la suite notre analyse des propos de Abdelilah
Benkirane.
ANALYSE.
Quel islamiste est Abdelilah Benkirane? Et le PJD? Où les situer
dans la galaxie islamiste internationale? Comment les situer dans le
champ politique marocain? Quelle est leur relation au progrès et à
la modernité?
Médias
24 vient de publier en deux parties (icietici)
un entretien exclusif avec Abdelilah Benkirane, chef du PJD et du
gouvernement. L’idée de cet entretien est née d’une discussion
informelle où Benkirane (et donc le PJD) semblait se démarquer
nettement de la galaxie des Frères musulmans. Par exemple dans sa
conception de l’Etat ou dans sa relation à son pays et à son
histoire.
L’objectif
de cet entretien était de tenter une première réponse à la
question: quel islamiste est Abdelilah Benkirane? Est-il réellement
différent des Fréristes?
L’article
ci-dessous tente d’apporter un début de réponse. Avec quatre
réserves :
-l’entretien
publié est le fruit de quatre heures de discussion avec Abdelilah
Benkirane, trop peu pour approfondir la question ;
-nous
nous efforçons d’être objectifs, mais notre propos n’est pas
exempt, forcément, de subjectivité, car il s’inspire parfois de
perceptions.
-l’évolution
dans le temps est importante. Dans dix ou vingt ans, Abdelilah
Benkirane et le PJD seront obligatoirement bien différents de ce
qu’ils sont aujourd’hui. Notre conclusion est plutôt un
instantané qu’une conclusion finale.
-notre
approche est centrée sur Benkirane en supposant qu’il reflète une
grande partie de l’évolution du couple PJD-MUR (Mouvement de
l’Unicité et de la réforme, matrice idéologique du PJD).
Alors,
que disent ces propos? Et que peut-on éventuellement lire à travers
les lignes?
1.L’islamisme
politique du PJD est réellement différent de celui des Frères
musulmans. Il n’est ni salafiste ni frériste. Il est marocain. Il
s’inscrit dans une catégorie à part, minoritaire: celle des
nationalistes islamistes. Et, peut-on ajouter, pragmatiques1.
Benkirane est un nationaliste islamiste, pragmatique, marocain.
Les
différences entre le PJD de Benkirane et les Frères sont multiples.
Contrairement aux partis islamistes arabes, le PJD ne paraît
passectairedans
l’espace politique et social local. Il ne s’inscrit pas comme le
font les Frères, dans une démarche communautariste.
Peut-être
parce qu’il n’a pas eu besoin d’être sectaire, contrairement
aux Frères musulmans en Tunisie et en Egypte. Peut-être parce qu’il
considère que les Marocains, l’Etat marocain et le Maroc sont par
définition musulmans.
Si
l’on
se base sur les prises de position des dirigeants du PJD, le Maroc
semble passer dans leurs priorités, avant l’internationalisme
islamiste. Ceci, même si des solidarités mécaniques ou affectives
sont parfois visibles, par exemple avec l’Egypte.
Sur
laviolence,
qui fut consubstantielle du frérisme, Benkirane dit qu’elle “n’a
jamais été approuvée chez nous“. “Nous n’avons pas eu besoin
de bannir la violence dans les révisions idéologiques, il n’y a
jamais eu de divergences à ce propos, car la violence n’a jamais
été une option collective à la Chabiba ni après la Chabiba“.
Il
y a
eu certes un épisode violent et tragique: l’assassinat du militant
de gauche Omar Benjelloun en 1975 par la Chabiba islamiya. C’était
avant l’adhésion de Abdelilah Benkirane à cette organisation.
Autant que nous puissions en juger au regard des faits, la violence
n’a effectivement pas été revendiquée en tant que mode d’action
par la Jamaâ de Benkirane ni ensuite par le PJD.
La
violence avait pourtant été, pendant plusieurs décennies après la
naissance des Frères musulmans, l’un des modes d’action
privilégié des Fréristes. En Orient, la violence des Frères a
alimenté et inspiré nombre de mouvements agissant au nom de
l’islam.
Au
Maroc, le curseur de la violence à fondement islamiste s’est
déplacé vers l’extrême, celui du jihadisme takfiriste. Les
salafistes qui avaient pactisé avec la violence ou qui l’ont
alimentée, comme Mohamed Fizazi ou Abou Hafs essaient maintenant de
s’inscrire dans le champ politique pacifique.
C’est
dire que la question de la violence au PJD est bien une question
tranchée, voire qui ne s’est jamais posée.
Le
PJD et Benkirane se distinguent également des Frères musulmans par
unvocabulaireoù
l’on décèle uneconception
moins archaïque de l’Etat, un respect de cet Etat, un amour du
pays, une connaissance de l’histoire du Maroc et une acceptation de
l’Etat-nation.
Pour
le
PJD, le Maroc est une nation, pas une communauté religieuse.
La
question du rétablissement ducalifat,
objectif ultime des Fréristes, du Proche Orient jusqu’en
Tunisie,ne
se pose pas pour le PJD. Elle a été tranchée dès 1986 lorsque la
Jamaâ de Benkirane, a considéré dans sa charte que le Maroc est un
Etat musulman.
Enfin,
derniers points de différence avec les Fréristes du
Proche-Orient,la
relation avec l’Occidentest
moins problématique et moins passionnée ici; il y a également une
reconnaissance assez large de nombreuses lois “posées“ (qui sont
l’œuvre de l’Homme). Abdelilah Benkirane distingue ce qui est
licite (ou illicite) et ce qui est légal (ou interdit); ce qui est
illicite et ce qui est interdit et cette distinction est une
particularité de Benkirane et du PJD. C'est une reconnaissance du
droit positif et de la norme humaine.
Le
PJD
conduit le gouvernement depuis trois ans maintenant. On peut établir
une comparaison de son expérience avec celle d’Ennahdha en Tunisie
qui avait conduit un attelage coalisé de trois partis, mais pas avec
celle du Parti de la Liberté et de la Justice de Mohamed Morsi
(Egypte) qui, lui, avait obtenu une majorité confortable à
l’assemblée.
PJD
et Ennahdha ne sont pas spécialement des partis connus pour
leurcompétence
économique. En Tunisie, Ennahdha a lamentablement échoué sur le
plan économique mais, pire, a encouragé la mentalité de rente. Le
PJD par contre, a essayé de combattre cette mentalité. Par exemple,
il n’est plus possible au Maroc d’accéder à la fonction
publique sans concours.
Sur
le planculturel,
par contre, tous les partis fréristes ou islamistes semblent avoir
les mêmes réflexes, les mêmes référentiels. Les influences sont
les mêmes, il existe une vraie proximité affective entre les uns et
les autres, d’un pays à l’autre, l’influence de Sayyed Qutb
est encore là, même si dans le cas marocain, elle est absolument
diluée dans le pragmatisme et dans la vie moderne.
Dans
la pratique, on ne sait pas quelle est la réponse réelle du PJD aux
deux questions qui fondent l’islamisme:l’homme
est-il supérieur à la femme? le musulman est-il supérieur au
non-musulman?On
trouvera plusieurs exemples pouvant aller dans un sens ou dans
l’autre.
2.L’exception
marocaine.
A
l’occasion de ce que l’on a appelé les printemps arabes,
l’expression “exception marocaine“a
été galvaudée. Mais il existe réellement une exception marocaine.
En
premier lieu, citons une différence importante entre le Maroc et
tout le monde arabe. Le Maroc a été le seul pays de la région à
ne pas avoir été occupé parl’empire
ottoman. Ce n’est pas banal.
Il
faut remonter à l’année 1516 pour le comprendre. Cette année-là
marque2un
tournant dans l’histoire des Arabes. C’est l’année de la
bataille de Marj Dabiq, où les Ottomans taillent en pièces les
mamelouks égyptiens. Elle représente une rupture et le début d’une
période très particulière qui verra les Arabes et pour la première
fois depuis la Révélation, perdre la maîtrise de leur destin.
La
relation entre les Arabes et l’Occident, entre eux et la modernité,
a été pour sa part compliquée par une succession d’événements
historiques: la bataille de Marj Dabiq, le débarquement napoléonien
en 1798, les colonisations, l’abolition du califat ottoman en 1923,
la défaite de 1967 contre Israël. Le Maroc est le seul pays qui en
sort indemne ou en tous cas, à peine atteint.
Jusqu’à
la fin du 16esiècle,
les différentes civilisations marchaient du même pas3.
Elles ont dominé chacune à tour de rôle et, depuis le 7esiècle,
cette domination était arabo-musulmane.
Entre
la fin du 16eet
le 17e,
apparaissent de profondes transformations en Europe. L’évolution
de cette région s’accélère et la notion de progrès fait son
apparition. Nous y reviendrons plus loin.
Les
Ottomans et les Espagnols se livrent à cette époque, une féroce
concurrence en Méditerranée. Les Turcs domineront la totalité de
la rive sud.Sauf
le Maroc.Le
pouvoir des Turcs s’arrêtera à la frontière algéro-marocaine.
L’Etat
marocain par contre, s’est aussi construit contre le califat
ottoman. Il a lui-même construit un empire.
Toutes
les organisations fréristes, du Proche Orient jusqu’à l’Algérie,
se sont créées contre l’Etat moderne. Sauf au Maroc.
A
l’époque actuelle, seuls trois pays arabes ont une tradition
d’Etat central qui remonte à plusieurs siècles: l’Egypte, la
Tunisie et le Maroc. Des trois, seul le Maroc n’a pas été occupé
par les Ottomans et d’ailleurs, le protectorat y a été une
parenthèse assez courte.
L’autre
point qui contribue à l’exception marocaine est la commanderie des
croyants, Imarat Al-Mouminine. Le Roi est Chef de l’Etat et
commandeur des croyants. L’institution de Imarat Al-Mouminine
exerce un monopole sur le champ religieux, basé sur le malékisme.
Ce monopole est indispensable à l’unité religieuse du Maroc mais
également à sa stabilité. L’ouverture du champ religieux à la
libre concurrence a provoqué des désastres partout ailleurs dans le
monde arabo musulman.
Mieux
encore, la réaffirmation éclatante de ce monopole par voie de Dahir
enjuillet
derniervient
érigerun
mur entre le politique et le religieux, séparation que les Etats
arabes ne sont pas parvenus à instaurer.
Des
chercheurs marocains et étrangers ont cru, dans les années 90 et la
première décennie 2000, que l’irruption de l’islam politique
avait créé des tribunes concurrentes et fragmenté le champ
religieux, de sorte que Imarat Al-Mouminine allait être affaiblie.
C’est le contraire qui s’est produit.
La
majeure partie de cet islamisme marocain a été aspirée par le
champ politique, reconnaissant de facto et de jure la prééminence
de Imarat Al-Mouminine.
3.
La
relation à la Monarchie.
En
privé
comme dans des discussions en off, Benkirane cite souvent “Sa
Majesté le Roi, Chef de l’Etat, Amir Al-Mouminine, dépositaire
d’une légitimité de plusieurs siècles“.
Il
s’insurge contre une question provocatrice posée par un média
français, au sujet d’une “cohabitation“ marocaine, terme qu’il
récuse avec force.
Il
invoque l’histoire, la Constitution.
Et
conclut quele
PJD a conscience de ce qu’il est et de ce qu’il n’est pas. Il
ne tient pas à élargir ses compétences de parti de gouvernement.
Il rappelle que le Roi est le Chef de l’Etat et le chef de
l’Exécutif.
Cette
conception est selon Abdelilah Benkirane basée à la fois sur la
légalité (les dispositions de la Constitution) et sur la légitimité
de l’institution monarchique, sans oublier la commanderie des
croyants. Dans le champ religieux aussi, la prééminence du Roi est
totale.
En
pratique, cette situation laisse au PJD une marge de manœuvre certes
réelle mais réduite. Cette situation a probablement évité au
parti de commettre les erreurs des “Frères“ tunisiens ou
égyptiens. Elle a aussi protégé le Maroc en stabilisant ses
principaux choix économiques et sociaux. La monarchie a protégé le
PJD de lui-même et protégé le Maroc des erreurs possibles
(probables) du PJD.
Dans
le
domaine économique, le PJD détient des portefeuilles a priori
importants: l’énergie, les mines, l’eau, l’environnement, les
transports, l’équipement et le budget (ministère délégué).
Hormis le budget, ces ministres PJD n’ont fait preuve ni
d’innovation, ni d’imagination, ni de brio.
L’autre
portefeuille important est celui de la Justice où le ministre Ramid
mène une réforme historique de la Justice.
De
nombreux secteurs où il y a un enjeu de société échappent
totalement au PJD, voire aux partis politiques. Citons l’Intérieur
(et l’administration territoriale) ou l’Education nationale. Ou
encore l’audiovisuel public.
Au
final, cette marge de manœuvre réduite est acceptée et revendiquée
par le PJD. De surcroît, elle protège le Maroc et protège le PJD
lui-même. Ce dernier est banalisé. Le référentiel islamique? Mais
le Maroc est déjà musulman.Le
PJD évolue vers un positionnement de parti conservateur à ancrage
identitaire et islamique.
En
trois
ans, le parti peut néanmoins se targuer d’un réformisme que l’on
n’a pas connu depuis les années 80: réforme des retraites (qui va
être lancée), réforme de la caisse de compensation (elle se
poursuivra), instauration d’allocation aux familles démunies
(enfants scolarisés, veuves démunies), systématisation des
concours pour l’accès à la fonction publique…
4.La
modernité, les sources du droit, l’Etat moderne ou les limites du
pragmatisme.
La
notion de progrès, tout comme la relation au droit positif et à la
modernité ne sont pas claires.
En
1986,
le groupe appelé Al Jamaâ dirigé par Abdelilah Benkirane et qui
deviendra ultérieurement le PJD, a accepté l’Etat marocain parce
qu’il est déjà islamique.
Mais
qu’est-ce qu’un Etat islamique? L’Islam a-t-il défini ce
qu’est la forme de l’Etat? Non, bien sûr. L’Etat qu’on
appelle islamique est une œuvre humaine, mise en place après la
mort du Prophète par les califes qui avaient adopté les modèles de
l’époque, sassanide ou byzantin, à la société arabe de
l’époque.
Autant
que nous puissions en juger, comme les Frères musulmans, le PJD ne
pousse pas son analyse jusque là.
Il
en est de même pourla
production de la norme, qu’elle soit sociale ou juridique. La norme
dite islamique à laquelle les salafistes ou les Frères font
référence, ou même le PJD, est-elle réellement islamique ou bien
œuvre humaine?
Le
PJD
de Benkirane est réformateur sur le plan économique mais sur le
plan culturel et social, il est profondément conservateur.
Par
exemple, la réforme de la Moudawana, code du statut personnel, en
2004, a été acceptée dans un contexte où le risque éradicateur
était présent. Elle avait été combattue au début puis votée à
l’unanimité avant d’être revendiquée par le PJD comme une
avancée.
Au
final,le
PJD évolue vers une pratique de plus en plus sécularisée de la
politique,en
tous les cas de plus en plus affranchie de son référentiel
religieux. Il deviendra un parti conservateur comme on en voit en
Europe, puisant ses racines dans le sentiment religieux national.
Malgré
son évolution, il ne s’est pas approprié les notions de progrès
et de modernité. La modernité ici signifie que l’Homme est
capable de rationalité et de produire à la fois la morale et le
droit, sans avoir obligatoirement besoin de les emballer dans une
justification religieuse.
Elle
consiste aussi à comprendre et accepter que tout acte passé,
justifié religieusement, a été pris dans un contexte historique
spécifique. Et que les décisions humaines, y compris celles
organisant la vie de la cité, ne sont pas des décisions absolues
mais des décisions relatives. Qu'une grande partie de la charia, est
œuvre humaine.
(1).
Pour Abdallah Tourabi, le talentueux directeur de Telquel, Abdelilah
Benkirane est d’abord un pragmatique [conversation avec l’auteur].
(2).
Selon le penseur britannique Eugene Rogan. Lire par exemple
“Histoire des arabes - De 1500 à nos jours“
(3).
L’historien américain Marshall Hodgson. Lire par exemple le
prodigieux “L’Islam dans l’histoire mondiale“.
(4).
Cette question a été tranchée par de nombreux chercheurs: Ali
Abderrazik (L’Islam et les fondements du pouvoir), Abdou Filali
Ansary (L’Islam est-il hostile à la laïcité?), Ali Mezghani
(L’Etat inachevé) et Abdelmajid Charfi (marjaiyate al islam
assiyassi, les référentiels de l’islam politique).
Cronologia
storica del
Marocco
789 Fondation de Fès par
Idriss 1er, avènement des Idris-sides.
1062 Fondation de
Marrakech
par Youssef Ibn Tachfine, considéré comme le premier sultan
almoravide. 1147 Abdelmoumen est désigné calife. Il fonde la
dynastie almohade.
1212 Défaite des
Almohades à
Las Navas de Tolosa.
1269 Prise de Marrakech
par
les Mérinides. Fin de la dynastie almohade.
1465 Début de la dynastie
wattasside.
1492 Chute du royaume de
Grenade.
1554 Début de la dynastie
saâdienne.
1578 Bataille des Trois
Rois
et début du règne d'Ahmed Al-Mansur Ad-Dahbi.
1666 Avènement de la
dynastie
alaouite.
1672-1727 Règne de Moulay
Ismaïl
1844 Bataille d'Isly.
1845 Traité de Lalla
Maghniya
délimitant les frontières entre l'Algérie française et le Maroc.
1860 Siège de Tétouan par les Espagnols.
1905 Première crise
franco-allemande au sujet du Maroc.
1908 Déposition de Moulay
Abdelaziz au profit de Moulay Hafid.
1911 Deuxième crise
franco-allemande au sujet du Maroc.
1912 Début du
Protectorat.
Lyautey est nommé résident général. Moulay Youssef est intronisé.
1921 Début de la guerre
du
Rif.
1926 Lyautey quitte le
Maroc.
Reddition de Mohammed Ben Abdelkrim El Khattabi dans le Rif.
1930 Proclamation du
dahir
berbère.
1944 Signature du
Manifeste de
l'indépendance de l'Istiqlal.
1947 Discours de Mohammed
Ben
Youssef à Tanger.
1951 Le sultan entame une
grève du Sceau.
1953 Ben Youssef est
déposé,
envoyé en exil en Corse puis à Madagascar et remplacé par un de
ses cousins, Mohammed Ben Arafa.
1955 Pourparlers pour
l'indépendance à Aix-les-Bains. Retour triomphal du sultan Ben
Youssef au Maroc. 1956 Le Maroc est officiellement indépendant.
1958-1960 Gouvernement de
gauche dirigé par un socialiste.
1961 Hassan II succède à
son
père, Mohammed V, mort au cours d'une opération chirurgicale.
1962 Indépendance de
l'Algérie. Première constitution marocaine, rédigée par Hassan
II.
1963 Guerre des sables
entre
le Maroc et l'Algérie. Mort d'Abdelkrim El Khattabi.
1965 Émeutes de
Casablanca.
Hassan II décrète l'état d'exception. Il ne sera levé qu'en 1970.
Ben Barka est enlevé à Paris et "disparaît ».
1969 Le Maroc récupère la
région de Sidi Ifni, cédée par l'Espagne.
1970 Réforme
constitutionnelle.
1971 Tentative de putsch
de
Skhirat.
1972 Deuxième tentative
de
putsch. Réforme constitutionnelle.
1975 « Marche verte ».
1979 Le Maroc récupère la
région d'Oued Ed Dahab, cédée par l'Espagne.
1983 Le Maroc adopte le
Plan
d'ajustement structurel imposé par le FMI.
1992 Réforme
constitutionnelle.
1993 Échec d'une première
«
alternance ». Constitution d'un gouvernement de technocrates.
1996 Réforme
constitutionnelle.
1998 La gauche dirige le
gouvernement après 40 ans d'opposition.
1999 Décès d'Hassan II.
Mohammed VI lui succède.
2003 Attentats du 16 mai
à
Casablanca. Adoption d'un nouveau Code de la famille accordant plus
de droits à la femme marocaine.
2011 «Printemps arabe »
et
première réforme constitutionnelle du règne de Mohammed VI. le PJD
gagne les élections du 11 novembre 2011 et gouverne le pays à
travers une coalition de quatre partis
Les sultans et les
rois
alaouites
Moulay Ali Cherif est le
père
spirituel de la dynastie alaouite. Son fils Sidi Mohammed est parfois
considéré comme le premier sultan alaouite. C'est néanmoins son
frère Moulay Rachid qui pérennise le pouvoir alaouite.
1666-1672 Règne de Moulay
Rachid
1672-1727 Règne de Moulay
Ismail.
1727-1757 Anarchie de 30
ans
au cours de laquelle s'affrontent plusieurs prétendants au trône.
1757-1790 Règne de Sidi
Mohammed Ben Abdellah (Mohammed III).
1790-1792 Règne de Moulay
Yazid.
1792-1822 Règne de Moulay
Souleïman.
1822-1859 Règne de Moulay
Abderrahman.
1859-1873 Règne de Sidi
Mohammed Ben Abderrahman (Mohammed IV).
1873-1894 Règne d'Hassan
l
1894-1908 Règne de Moulay
Abdelaziz.
1908-1912 Règne de Moulay
Hafid.
1912-1927 Règne de Moulay
Youssef (Protectorat).
1927-1953 Règne de Sidi
Mohammed Ben Youssef, futur Mohammed V (Protectorat).
1953-1955 Règne de Moulay
Mohammed Ben Arafa (Protectorat).
1955-1961 Règne de
Mohammed
V.
1961-1999 Règne d'Hassan
II.
1999- Règne de
Mohammed VI.
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monde contemporain, l'impératif de l'ijtihâd - Paris, CNRS
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- Saint-Prot, A.Bouachik
et
M. Degoffe - La constitution marocaine de 2011, lectures croisées,
Rabat .REMALD,2012
- Saint-Prot.C et Al
Twaijri.A - L'Islam et l'effort d'adaptation au monde contemporain,
l'impératif de l'ijtihâd, CNRS éditions, Paris 2011
- Sale Giovanni - Stati Islamici e
Minorenze Cristiane, Editoriale
Jaca Book Spa, Milano, 2008.
- Saint-Prot.C, Islam.
L’avenir de la tradition entre révolution et occidentalisation, le
Rocher, Paris 2008.
- Todd E. , Après la
Démocratie, Paris, Gallimard , 2008
- Todd. E e Courbage.L, Le
rendez-vous des civilisations,( trad.it,
L'incontro delle civiltà, R. Ciccarelli, , Tropea, Milano 2009)
- Tozy. M - Monarchie et
Islam politique au Maroc, M. Tozy, Paris, Presses
ur.
- Tozy. M -Le Maroc
possible,
50 ans de développement humain, Perspectives 2025, Comité
Directewww.rdh50.ma, imprimé aux Éditions Maghrébines. 2006
- Tozy. M , H. Rachik, M.
El
Ayadi - L’Islam au quotidien : Enquête sur les valeurs et les
pratiques religieuses au Maroc - Edition la croisée des chemins.
Rabat, coll. « Religions et société », 2007
- Vermeren. Pierre -
Maghreb
: la démocratie impossible ? édition Fayard, 2004
- Vermeren. Pierre -
Histoire
du Maroc depuis l'indépendance - Collection Repères. la Découverte
.3° édition.2010
- Le Maroc possible, 50
ans de
développement humain, Perspectives 2025, Comité Directeur.
www.rdh50.ma, imprimé aux Éditions Maghrébines 2006
Altre
Fonti di ricerca che mi hanno aiutato a scrivere questa tesi
- Documenti dell'archivio del
Partito della Giustizia e dello Sviluppo
(PJD)
- Documenti dell'archivio della sede
centrale del PJD, Rabat
- Giornali e reviste: Tel Quel ,
Zamane, Nichane, Jeune Afrique...
Tel
Quel
:
-Benchemsi.A,le roi cool,
TelQuel, n° 380, 4 juillet 2009
-Benchemsi.A, le chef
absolu,
TelQuel, n° 381, 11 juillet 2009
-Benchemsi.A,le
Businessman,
TelQuel, n° 382, 18 juillet 2009
-Ghannam.F et Iraqi.F,10
ans
de vie économique, une métamorphose marocaine, TelQuel, n° 382, 18
juillet 2009
Hamdaoui.H et
Ziraoui.Y,Entre
évolution et révolution, TelQuel,n°380
Zamane:
Filali .A, la commenderie
des
croyants, risques et opportunités, 29 novembre 2012
Jamai.k et Lakmahri.S, la
commenderie des croyants,revue zamane 27 novembre 2012
Jeune Afrique
Tozy.M, le roi du Maroc
gère
le temps long, celui de la stratégie:
9è
il tentativo di passaggio della sociopolitica all'azione" politicienne"
per i gruppi che sfruttano della religione, o piuttosto della loro
concezione della religione, questa concezione si è sviluppata durante
gli anni 1930 in Egitto, intorno al movimento dei fratelli musulmani. L'exception marocaine.sous la direction de Charles
Saint-Prot et Frédéric Rouvillois. éditions Ellipses.France. mars 2013
p.61
10M.Tozy, monarchie et islam politique au Maroc, Presses de
Sciences Po, Paris 1999 p.231
11Abdelkarim Motii se serait exilé dans un premier temps en
Arabie Saoudite. Soupçonné d'avoir participé à la prise de la Grande
Mosquée de la Mecque en 1979, il s'est exilé une seconde fois en Libye
où il vit toujours
12ا الإعلام والإسلام السياسي
بالمغرب: دراسةعن
صورة الإسلاميين المغاربة في الصحافة. مركز حرية الإعلام بالشرق الأوسط وشمال إفريقيا.مطبعة النجاح الجديدة الدار البيضاء. مجموعة من الباحثين ص.29 Gruppo di
ricercatori ,Media e Islam politico in Marocco: studio sull' immagine
degli islamisti marocchini nella stampa, Centro per la libertà della
stampa nel Medio Oriente e Nord Africa.édition ennajah al jadida
Casablanca p .29
13http://www.lareleve.ma/news4453.html : Le ralliement de Mohamed Bachiri, imam et enseignant
universitaire- il était l'unique à cette époque d'un niveau
d'instruction très élevé, décédé en 1992 - connu dans les milieux
populaires de Casablanca, lui apportera le soutien des jeunes,
chômeurs, ouvriers ou étudiants. Il aidera Abdessalam Yassine à
construire et à développer Al Adl Wal Ihsane.
15Vermeren.P, histoire du maroc depuis l'indépendance,3°
édition,Collection Repères,France 2010,p.98
16le roi a proclamé
l'état d'exception, suspendre le Parlement et s'octroyer tous les
pouvoirs législatifs et exécutifs.
http://perspective.usherbrooke.ca/bilan/servlet/BMEve?codeEve=910
17http://www.fes.org.ma/common/pdf/publications_pdf/cahiersB_3/cahierbleu3Flash.pdf.
M. El Ayadi – Professeur à la Faculté des Lettres de Casablanca décrit
ainsi comment, à l’issue de l’Indépendance, la monarchie marocaine a su
revitaliser la tradition théocratique pour consolider son pouvoir et
conquérir une place centrale dans le fonctionnement du système
politique marocain. La religion fut donc clairement, peut-être
paradoxalement, mobilisée comme une incontournable source de légitimité
dans la construction de l’État moderne. Ce choix continue de peser de
façon déterminante sur les évolutions du régime marocain et sur les
réponses possibles aux défis de la transition démocratique
20la plupart des
auteurs s’accordent sur le fait que le Makhzen était une autorité de
superposition invoquant la raison divine pour imposer à des communautés
territoriales et religieuses autonomes des relations d’allégeance.
Utilisant son armée et sa bureaucratie, le Makhzen a travaillé suivant
un long processus historique à convertir l’allégeance en obéissance.
http://books.openedition.org/iremam/2431
21Ma durante il regno di Mohammed VI, la costruzione di una
società democratica moderna è diventato l'obiettivo a cui mirano i vari
programmi delle riformeكمال عبد اللطيف.مجتمع المواطنة و دولة المؤسسات.
منشورات كلية الآداب و العلوم
الإنسانية بالرباط2012.ص.39
22M. Zeghal, les islamistes marocains: le défi de la
monarchie, la Découverte, Paris 2005,p.16.18
25C. Aubin, Le commandeur des croyants, la monarchie
marocaine et son élite..Paris 1975 p.83-102( trad.fr the commander of faihtful:the
moroccan elite Weidenfeld & Nicolson,London1970).
26le Makhzen était
une autorité de superposition invoquant la raison divine pour imposer à
des communautés territoriales et religieuses autonomes des relations
d’allégeance. Utilisant son armée et sa bureaucratie, le Makhzen a
travaillé suivant un long processus historique à convertir l’allégeance
en obéissance. Il prélevait l’impôt et exerçait une fonction
d’arbitrage, notamment en matière foncière, où il apparaissait comme un
régulateur de la propriété. Il empêchait notamment l’accumulation de
richesses qui auraient pu servir à contester cette puissance et
imposait le principe de la « Raquaba » (droit éminent du
souverain). (Lazarev,
1978).
27المغرب.
مطبعة النجاح الجديدة.
الدار البيضاء.
ص.
24 عبد الإله سطي .
الملكية و المعارضة الإسلامية
في
28http://www.jeuneafrique.com/Article/JA2729p052.xml0/ «»Depuis,
le pouvoir tend à développer un véritable souverainisme religieux,
frappé du sceau d'une expression devenue célèbre : la sécurité
spirituelle (amn rouhi).
29Art.7
della costituzione del Regno del Marocco 2011 ma anche quelle
(1962,1970, 1974, 1992,1996 ) contengono questo articolo
34Rémy Leveau. la monarchie, acteur central du système
politique.http://www.monde-diplomatique.fr/1998/11/LEVEAU/4140
35M.
Tozy «Ce sont les lois organiques qui vont préciser les attributions et
le mode de fonctionnement des principales institutions : Conseil des
ministres, Parlement, Conseil supérieur de la magistrature, mais aussi
toutes les institutions consacrées à la régulation et à la nouvelle
gouvernance (Haute Autorité de communication audiovisuelle, Conseil
national des droits de l’homme, Conseil de la concurrence, etc.».http://www.jeuneafrique.com/Articles/Dossier/ARTJAJA2654p064-065.xml0/pjd-lection-l-gislative-mohammed-vi-istiqlalmohamed-tozy-au-maroc-le-pjd-voulait-tre-le-parti-du-roi.html
36M. Rachdi. «L’histoire des
partis politiques marocains est intimement liée à celle du mouvement
national (Santucci,2001a :19), d’avant l’indépendance de
1956.Cependant, quatre partis viennent d’être créés et divulguent la
lutte pour l’indépendance comme le premier objectif»
https://fr.scribd.com/doc/12300960/Histoire-de-La-Politique-Marocaine-Postcoloniale-RACHIDI-MOHAMED
37fonti: Zeghal. M, les islamistes marocains le défi à la
monarchie, la Découverte, Avril 2005,p.198Dalla Valle.S,elezioni
e dinamiche di democratizzazione in Marocco. il ruolo del partito della
giustizia e Marocco, tesi di dottorato, università Cà Foscari
2006/2007, intervista da Abdelilah Benkirane
40B.Talidi, memoria del movimemto islamista marocchino
(scritto in arabo),19 interviste a tutti quanti i membri fondatori del
movimento islamistaذاكرة الحركة الإسلامية
بالمغرب.الطبعة
الثانية.مطبعة طوب
بريس الرباط .أبريل2014 .في جزئين
41El
Azizi A., “Profil. Abdelkrim Motii. Le dernier des
exilés”, Telquel, n. 264 mars 2007
http://www.telquel-online.com/264/maroc5_264.shtml
42S.Bencheikh, le dilemme du roi ou la monarchie marocaine
à l'épreuve, Casa Express Éditions, Rabat-Paris 2013,p.35
43بلال التليدي، ذاكرة الحركة الإسلامية
بالمغرب ،الجزء الأول، الطبعة الثانية.مطبعة طوب بريس.
الرباط 2014
،ص.72.73
161- Plan d'Ajustement Structurel terme
dérivé de l'anglais structural adjustment) est un programme de réformes
économiques que le Fonds monétaire international(FMI) ou la Banque
mondiale ontmis en place dans les années 80 pour permettre au Maroc
touché par de grandes difficultés économiques de sortir de leur crise
économique.
169_
Tozy.Mohammed.
intervista da Jeune Afrique:
http://www.jeuneafrique.com/Article/JA2794p031.xml2/maroc-pjd-mohammed-vi-rnimohamed-tozy-le-roi-du-maroc-g-re-le-temps-long-celui-de-la-strat-gie.html