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Ambito di Ricerca:Aspetti sociali, in genere
   
TESI DI LAUREA SUL MAROCCO
 
tesi di Driss Guellaa
immagine allegata

Università Cà Foscari di Venezia

Scuola in Studi Asiatici e Gestione Aziendale




Lingue e Istituzioni Economiche e Giuridiche
dell’Asia e dell’Africa Mediterranea



Tesi di Laurea Magistrale di Driss Guellaa



Il Marocco tra prospettive islamiche
ed apertura democratica


Il PJD al potere 2011/2016



Premessa


A completamento dei miei studi accademici in questa Università, in qualità di cittadino Marocchino, residente in patria e domiciliato in Italia solamente per motivi di studio e di lavoro didattico a favore delle comunità di connazionali qui emigrate, mi sono sentito in dovere di studiare più da vicino i fenomeni socio-politici dell'ultimo ventennio della storia del Marocco, esprimendoli in Italiano, così, eventualmente, da essere meglio divulgabili nel territorio di accoglienza.

Ma soprattutto per partecipare emotivamente ad una ricerca che mi chiama in causa come cittadino, che ha vissuto in parte quegli avvenimenti attraverso una formazione culturale, frutto di studi e di passione civile, sfociata anche in rappresentanza sindacale e politica.

A differenza dei tempi passati, ora si aprono prospettive nuove di transizione democratica della vita civile e politica nel segno della libertà e della responsabilità partecipativa al bene comune.

La prima parte è un breve excursus storico dei più salienti avvenimenti che hanno riguardato i leaders del potere politico e religioso precedenti al ventennio (dagli anni '90 ai giorni nostri) e che ne costituisce, nella sostanza, l'introduzione.

La seconda parte è incentrata sugli avvenimenti socio-politici più vicini all'attualità che hanno visto e vedono partecipi accanto agli attori tradizionali, monarchia, governo e forze religiose, nuove tendenze politiche, espresse da associazioni e partiti.

In particolare, si tratterà del processo culturale e politico che, sotto gli auspici e le iniziative dello stesso monarca Mohamed VI, ha avviato di fatto in Marocco una certa liberalizzazione e maturazione democratica, grazie all'ascesa di un nuovo partito islamista moderato, il PJD, che al momento, in maggioranza al governo, guida il Paese con un suo primo ministro: Abdellilah Benkirane.

Questa sarà la parte centrale della tesi.

La terza parte è dedicata a delle considerazioni sugli avvenimenti descritti, raccolte dalla cronaca specialistica di stampa nazionale e di mass media; nonché da resoconti e comunicati ufficiali diramati da Istituzioni statali, da associazioni di categoria e da partiti.

Nella conclusione, c'è anche una personale valutazione dell'azione di governo, di cui si evidenziano luci ed ombre.


In Appendice, altresì, si è voluta inserire la copia dell'intervista, fatta al primo ministro del governo del Marocco Abdelilah Benkirane e leader del PJD, dal website medias24 , poichè essa offre una panoramica significativa della svolta attuale della politica marocchina. Dall'intervista emergono vicende e testimonianze che non si riscontrano nei mezzi di comunicazione ufficialmente accettati e consentiti: stampa giornalistica ed editoria, dove, naturalmente, non c'è cenno degli eventi, atti,"libri segreti" e persone che hanno partecipato alla storia più recente del Marocco. Molti dei libri e dei riferimenti non sono pubblicati, perché il potere ne impedisce la pubblicazione e la circolazione, ma gli attivisti e i ricercatori li distribuiscono "clandestinamente" tra di loro per l' importanza che rivestono. Infine, sono state inserite due tabelle, l'una relativa alle risultanze delle elezioni politiche del 2011, che ha visto il PJD protagonista; l'altra relativa alla cronologia storica del Marocco.


Introduzione


Ancora oggi, si avverte una forte influenza dell'islamismo che pervade ogni potere, anche se il tempo non è trascorso invano dato che ha fatto maturare atteggiamenti e convinzioni di cauta moderazione rispetto ad un certo radicalismo. Così, almeno, in una parte della società stessa: quella più colta e di mentalità più aperta.

Nell'arco di secoli, si sono succeduti al potere membri di varie dinastie1 , fino a quella dell' attuale Re Mohammed VI, che hanno esercitato in maniera inscindibile il loro duplice ruolo religioso e politico con più o meno assolutezza e rudezza, a seconda di quanto i tempi e la cosiddetta ”ragion di Stato” imponessero di fare.

Tralasciando riferimenti circostanziati, reperibili in letteratura, per l'operato di tali dinastie, responsabili di azioni di governo fino alla fine del secolo XIX°, si possono fare solo delle supposizioni da prendere cautamente in considerazione rispetto a certi valori di emancipazione socio-politica così grande in molte Civiltà, ma in misura ancora limitata in Marocco.

Memoria più attendibile, si ha con l'avvento dell'ultimo Sultanato e della Monarchia, entrambi rappresentati da Muhammad b. Yusef, divenuto con l'indipendenza re Mohammed V.

Il Sultano, sotto il Protettorato francese, seppe governare il Paese con illuminato senso politico, portandolo, prima all'indipendenza, ai tempi del colonialismo. Egli si riaffermò, altresì, come attore dominante della scena politica e istituzionale contemporanea, essendo riconosciuto nel suo ruolo politico, come guida ed eroe della nazione e due volte legittimato nella tradizione dell'Islam come sherif (discendente del Profeta) e portatore della baraka (benedizione), come amir al-muminin (capo dei credenti) e depositario della bay'a (contratto d'investitura).2 Secondo appunto i principi di autoritarismo e di costituzionalismo, capaci di convivere nel sistema tradizionale marocchino. Da questo epoca Hassan II trovò l'opportunità per introdurre la nozione di" Imarat al Muminin" la commenda dei credenti nella costituzione del 1962.

Le Roi, Amir Al Mouminine, Représentant Suprême de la Nation, Symbole de son unité, Garant de la pérennité et de la continuité de l'Etat, veille au respect de l'Islam et de la Constitution. Il est le protecteur des droits et libertés des citoyens, groupes sociaux et collectivités. Il garantit l'indépendance de la Nation et l'intégrité territoriale du Royaume dans ses frontières authentiques”3


Del suo successore, Hassan II, si ricorda la travagliata esperienza politico-governativa nel trentennio '60-'90, a causa dei movimenti popolari e della conseguente instaurazione di un sistema repressivo contro i membri del movimento e contro ogni forma di opposizione alla monarchia. Nel periodo iniziale degli anni '70, questo clima repressivo si accentuò con i tentativi di colpo di Stato di cui il re fu fatto segno e con la carcerazione dura e perfino disumana delle sessanta persone, ritenute responsabili degli attentati. Ciò nonostante, Hassan II riuscì a conquistarsi un vasto consenso sfruttando la causa nazionalista del Sahara Occidentale, che trovava d’accordo tutte le forze politiche del paese.

Il periodo nero degli “anni di piombo4”, così definiti dagli oppositori, lascerà una traccia indelebile di negatività sulla figura di Hassan II e sul suo regno, ritenuto nel suo complesso assoluto e dittatoriale.

Nel novembre 1975, la « Marcia Verde5» organizzata verso i territori dell'antica colonia spagnola del Sahara Occidentale gli dette l'occasione di ricostruire l'unità intorno alla sua persona, nel tentativo di instaurare una specie di culto della personalità. Il suo ritratto venne affisso in ogni luogo pubblico di ogni città e villaggio, con la polizia pronta ad intervenire in caso di mancata affissione. Ma sarà solo verso la fine degli anni '80 che il suo regime comincerà lentamente a cedere.

Il re alawita6, come diretto discendente del profeta Maometto e “capo dei credenti”, godeva di un grande prestigio presso la comunità islamica marocchina; questo però non lo sottraeva alle critiche delle reti fondamentaliste islamiche da poco attive in Marocco.

Consapevole del discredito internazionale a causa della sua politica repressiva e del misconoscimento di valori propri della democrazia e dei diritti umani, agli inizi degli anni novanta darà vita ad iniziative di clemenza verso i reclusi per motivi politici, a timidi ravvicinamenti con gli oppositori, al rafforzamento di legami con il corpo islamico non fondamentalista. Da qui l'esercizio di alcune strategie come: l'inaugurazione di un’enorme moschea a Casablanca, dotata di un minareto alto 172 metri (chiamato “faro dell’islam”); la concessione della grazia a 2.000 detenuti (tra cui diversi membri del Fronte Polisario); la liberazione, dopo 18 anni, di 31 sopravvissuti della fortezza di Tazmamart, che venne rasa al suolo; una nuova concessione della grazia a uno dei principali membri dell’opposizione, il socialista marocchino, Abraham Sefarty, che l’anno seguente poté rientrare in Marocco dopo un lungo esilio.

Questa apertura, si conclude con l''istituzione del Consiglio consultivo dei diritti umani (CCDH)7 la cui missione era quella di promuovere i diritti umani in Marocco, fondato dal re Hassan II con regio Dahir nel 1990. Dopo 20 anni di esistenza, e un primo statuto di riforma 2002, ha dato vita al Consiglio nazionale per i diritti umani (CNDH). Nel 1995, c'è stato l’avvio di negoziati con l’Unione Europea e la firma di importanti accordi commerciali .

Che cosa dire del ruolo particolare degli intellettuali marocchini?

Con l'ascesa al potere del nuovo re Mohamed VI, nel 1999, una parte della società marocchina si sveglia dal torpore nel quale era caduta fino allora e, ad opera soprattutto della classe degli intellettuali, inizia a dibattere alcune questioni fondamentali riguardanti il codice di famiglia, la riconciliazione col passato, la scelta del modello economico, il Sahara, le rivendicazioni di riforme politiche, la questione della religione, i diritti dell'Uomo, la lingua amazihg, ecc..

Su tutti questi argomenti, il contributo degli intellettuali, a prima vista, è sottile; la loro voce non sembra esser avvertita, se ci si basa sugli articoli della stampa, in rapporto ai dibattiti pubblici e agli ipotetici incontri del potere con gli intellettuali per sollecitarne eventuali contributi. La ragione di tutto ciò è l'azione di imbavagliamento della stampa ed il collocamento sotto tutela dell'Università che produce le élite intellettuali di un paese. Hassan II ha snaturato il vero ruolo dell'Università, eliminando la proliferazione dei movimenti di opposizione della sinistra che dominavano allora la vita degli studenti. Principale misura: la chiusura delle facoltà di Filosofia e di Sociologia, il rafforzamento della facoltà di studi islamici ed il sostegno alle correnti islamiste ostili alla libertà di pensiero.

Peggio ancora, una riforma dell'istruzione con l'arabizzazione dell'insegnamento primario e secondario, condotta in modo precipitoso e disorganizzato, caratterizzata dall'assenza di formazione preliminare degli insegnanti, della loro scarsa conoscenza dell'Arabo e dall'assenza di manuali scolastici adeguati. Il ricorso alle opere dei paesi dell'Oriente, sul contenuto religioso ed ideologico dell'insegnamento non sarà senza effetto. In altri termini, l'islam verrà contrapposto al marxismo, al socialismo e ad ogni idea troppo liberale, l'Arabo verrà utilizzato per ridurre la padronanza delle lingue straniere per limitare l'accesso agli studi e alle opere dei pensatori ed intellettuali stranieri ed alla stampa libera dei paesi democratici.

Il peso di una concezione dogmatica della religione è un male che fa dunque, delle devastazioni nell'insegnamento primario. Nella maggior parte dei casi, nell'insegnamento pubblico, a tutti i livelli, l'apprendimento si basa oramai sulla ripetizione integrale delle materie insegnate, senza sviluppo della ricerca individuale, dell'analisi personale e dello spirito critico. Certi intellettuali e creativi comunque resistono anche all'interno delle Università e della scuola secondaria. Con una stampa quasi interamente sotto tutela, l'accesso ai grandi media pubblici è praticamente precluso agli intellettuali.

Le televisioni nazionali, tutti i mezzi di comunicazione sono controllati dal ministero dell'Interno. le voci dissidenti dell'ambito associativo informano sull' imbavagliamento dell'intellighenzia e del soffocamento delle loro prese di posizione. L'emarginazione nella quale lo Stato cerca, quindi, di mantenere gli intellettuali marocchini riflette in effetti la crisi della società in sé. È un atto suicida perché mette evidentemente in pericolo l'avvenire stesso della nazione.

Ma sarebbe un errore tracciare un quadro del Marocco come un deserto intellettuale. Anche sotto Hassan II, delle voci si alzavano per analizzare e fare capire i rapporti delle forze in campo, le evoluzioni sociali profonde in atto e per denunciare gli abusi di ogni tipo. Degli intellettuali liberi continuavano ad esprimersi come potevano ed a prendere iniziative, a creare delle occasioni di dibattito e ad assumere il loro ruolo nonostante gli ostacoli.

L'era monarchica di Mohamed VI si apre tra entusiasmi, speranze e contraddizioni.

Il nuovo re annuncia che la berberità del Marocco sarà una delle cinque priorità (oltre alla revisione dello statuto della donna, la riforma costituzionale, la riparazione per le vittime degli “anni di piombo” e la chiusura del “dossier Sahara”) su cui concentrerà la sua azione di governo.


PRIMA PARTE


Capitolo I: il Marocco e la transizione islamica


I.1. Gli Islamisti del Marocco


La morte di re Hassan II avviene, per così dire, a metà del guado, a metà, cioè, del percorso della transizione politica8, che ha avuto inizio nel febbraio 1998 con la nomina di un Primo Ministro socialista Abderrahman Youssoufi. Le necessarie riforme ancora non ci sono e il malcontento in un paese lacerato da disuguaglianze sociali, crisi economica e politica avanza sempre più. Crescendo sensibilmente la popolarità degli islamisti in tutti i paesi arabi, gli islamisti marocchini pensano che il loro tempo sia venuto per accedere alla gestione pubblica.

Ma chi sono gli islamisti9 marocchini?

Due organizzazioni dominano la politica marocchina islamista, Al Islah wa Attawhid (Riforma e Unicità) e Al'Adl wa al Ihssan (Equità e Beneficenza). Organizzazioni potenti, anche se meno strutturate rispetto ad altri paesi arabi, che stanno ora cercando di acquisire una presenza politica legale, approfittando dell'apertura avvenuta alla fine del 1997 con l'accesso del leader della sinistra a capo del governo.


I.1.2. Al Islah wa Attawhid

L' Associazione è stata creata nel 1982 - come Jama'a al-Islamiya (Comunità Islamica) - da due ex membri della Gioventù islamica (Chabiba Al islamiya), primo movimento islamista marocchino sciolto dopo che i suoi membri (tra cui il fondatore Mr. Abdelkarim Moti) era stato coinvolto nel 1975 nell'omicidio di Omar Benjelloun, leader sindacale e leader politico dell'Unione socialista delle forze popolari (USFP).

Ha diretto, nel 1984, un settimanale, Al Islah (Riforma), bandito nel 1990. Esso, pubblicato sotto un nuovo titolo, Assabil (la strada), è stato sospeso a sua volta, dopo un paio di numeri. Attualmente, il settimanale ufficiale dell'Associazione porta il titolo Al'Asr (L’epoca), dal momento che una parte dei membri dell'associazione aderiscono al Movimento Popolare costituzionale e democratico (MPCD) che è diventato, nel 1997, il partito della Giustizia e dello Sviluppo (PJD).

Tale partito, nella sua evoluzione ha conosciuto quattro fasi.

Nella prima, ha gestito direttamente l'eredità dell’organizzazione della Gioventù Islamica (Chabiba Al islamiya). Fase che è stata piuttosto di clandestinità, segnata da un discorso estremista e di indottrinamento dei membri all'interno delle cellule chiuse, sul modello dei Fratelli Musulmani. Ogni membro riceve poi una formazione paramilitare (arti marziali)10 ed ha familiarità con le tecniche di propaganda e reclutamento. Dopo 1976,il movimento era stato sciolta dopo l'assassinio del sindacalista Omar Benjelloun, una rottura è innescata tra i sostenitori di azione violenta11 e gli altri che cercano la legalità

Nella seconda fase, dal 1982 e con la prima ondata di arresti, l'associazione Al Jama Al Islamiya (la Lega Islamica), guidata da Abdelilah Benkirane, Mohamed Yatim e Abdellah Baha ha messo in discussione la sua azione illegale di clandestinità e ha cercato di adottare una strategia di lotta politica.

La terza fase, iniziata nel 1992 in risposta agli eventi in Algeria, è caratterizzata dal cambiamento del nome dell'Associazione, che si chiamava Al Islah wa Attajdid ( Riforma e Rinnovamento ), traendo profitto dall'apertura politica fatta ad alcune formazioni di oppositori.

Nella quarta fase, che inizia nel 1996, una parte degli ufficiali della Jama'a aderiscono al partito del Dottor Al – Khatib (vicina al Palazzo), il Movimento Popolare Costituzionale Democratico (MPCD). Il Congresso del partito, tenuto nel giugno 1996, ha confermato l'accordo per condividere i seggi dell’Esecutivo tra la vecchia guardia di MPCD ed i membri del movimento Al Islah wa Attajdid. Dopo le elezioni del 1997, il nuovo equilibrio di potere all'interno del PMDC ha prodotto il cambiamento del nome del partito, diventato il Partito della Giustizia e dello Sviluppo.


I.1.3. Al'Adl wa al Ihssan (Equità e Beneficenza)


E' l'altra Associazione islamista, non riconosciuta dal potere. Hassan II dice:« Nella politica scegliamo il frutto maturo, abbiamo cambiato il percorso di queste persone , abbiamo accettato l'invito di quelli che hanno fondato il partito della Giustizia e lo Sviluppo, ma abbiamo rifiutato la Giustizia e la Beneficenza abbiamo rifiutato per delle ragioni conosciute. Loro vogliono creare un partito politico ed il nostro destino è di trattare con loro, nel miglior modo, accettarli senza dar loro autorizzazione o licenza di formare un partito, non abbiamo chiuso la porta lasciandoli fuori dal nostro controllo e spingendoli a diventare più estremisti»12 Essi costituiscono un' importante associazione, sia per il numero di adesioni sia per la qualità del loro corpus dottrinale. Essa riunisce in sé lo spirito carismatico e l'attivismo politico-religioso. Questo profilo singolare è dovuto alla biografia del suo fondatore e alla sua figura emblematica, lo sceicco Abdessalam Yacine, morto due anni fa. Un ex funzionario del Dipartimento dell' Educazione che si avvaleva di una lunga esperienza formativa e di una perfetta padronanza delle lingue araba e francese. Sul piano religioso, è stato negli anni '60, un seguace della mistica fratellanza Bûshichiya, dove fu tenuto in grande considerazione dal suo sceicco. Nei primi anni '70, ha lasciato la Fratellanza, non per dissenso dottrinale con il Sufismo, ma mosso dal desiderio di azione politica.


Integrazione e dissenso


Cominciano a manifestarsi nel 1973, quando lo Sceicco Yacine scrive una lettera al re Hassan II, invitandolo ad un "atto di redenzione" per diventare un "buon musulmano". Nel 1978, diventa il direttore della prima rivista islamica Al Jama'a (La comunità) vietata nel 1983, dopo diciassette edizioni pubblicate. La pubblicazione di due giornali nel 1984 gli costa due anni di carcere. Intorno al 1985, crea il gruppo Al'Adl wa al Ihssan (L’Equità e la Beneficenza), diventando punto di riferimento per migliaia di seguaci e di organizzazioni strutturate e militanti. Nel 1990, la polizia arresta una decina di dirigenti, sei tra loro sono, secondo le autorità, membri del Consiglio del Movimento. Vengono condannati a due anni di prigione, completamente scontata. Alla loro liberazione, sono salutati da eroi .

Lo Sceicco Yassin può essere considerato il più importante ideologo islamista marocchino. La sua produzione dottrinale ha superato quindici titoli tra il 1973 e il 1989, tra cui l’Approccio Profetico. Questo libro presenta una sintesi originale degli insegnamenti del Sufismo e il pensiero politico- religioso di Hassan Al- Banna (fondatore, nel 1928, in Egitto, della Fratellanza Musulmana ), e Sayed Qutb (uno dei leader della Fratellanza musulmana egiziana. I suoi testi sono utilizzati come base per l'islamismo rivoluzionario).

Il movimento islamista, tra cui Al Adl wa al Ihssan, ha goduto della liberazione della sinistra dalla nicchia dell'opposizione, ora al governo. Così ha cercato di far valere i propri diritti politici. L'occupazione delle strade in occasione di eventi pubblici è un altro modo per acquisire più visibilità. Molte volte, gli islamisti hanno dimostrato la loro influenza sull'opinione pubblica e hanno mostrato un grande senso di organizzazione. Il conflitto del Golfo ha favorito questo fenomeno. Al fine di mostrare la potenza del movimento contro il bombardamento anglo-americano contro l’Iraq Al Islah wa Attajdid e Al'Adl wa al Ihssan, nel 1998, hanno organizzato marce di grande partecipazione (da trecento a settecento persone) con l'intento di fare propaganda e dare al conflitto una connotazione anti-islamica.

Lo Sceicco Yassin ha trascorso dieci anni di arresti domiciliari. I negoziati tra Il potere e il movimento per la legalizzazione della sua azione politica sono falliti a causa delle sue posizioni sulle riforme politiche. Ma Mohamed Bachiri13, il numero due del gruppo, escluso successivamente dall'associazione, ha accusato lo Sceicco di avere lasciato l'associazione ai margini dei cambiamenti di apertura in atto, sostenendo che la causa del fallimento dei negoziati è da attribuire ad un conflitto personale tra lo sceicco Yassin e Hassan II. La rottura dei negoziati con il più radicale e il più strutturato movimento ha costretto l' Autorità a privilegiare la discussione con il movimento dell'Islah wa Attajdid.

Gli attivisti del movimento Al Islah wa Attajdid hanno rappresentato circa la metà dei cento quarantadue candidati del partito MPCD all'elezioni del novembre 1997; quasi tutti i candidati nelle circoscrizioni urbane, che non si distinguevano sociologicamente dal resto della classe politica. La lista dei candidati al parlamento presentava una predominanza degli insegnanti (49%) e professionisti liberali (17%). L'età media dei candidati era superiore a quaranta anni. La loro professionalità politica e capacità di comunicazione, affinate da anni di pratica nella predicazione religiosa e nell'azione di carità sociale, ha sorpreso gli osservatori14.

Per la prima volta, AL'Islah wa Attajdid è rappresentata da dieci membri nella prima camera del Parlamento marocchino.

Mr. Youssoufi ha detto al Quotidiano “ Jeune Afrique”, alla vigilia delle elezioni parlamentari del 14 novembre 1997, gli islamisti "potrebbero entrare nel circolo chiuso dell'opposizione”.

Questo riconoscimento accolto con entusiasmo dal movimento islamista Al Islah wa attajdid, militante sotto la bandiera del partito MPCD, suggella la loro integrazione nell'arena politica ufficiale15, consentendo loro di prendere in considerazione una serie di scenari di partecipazione o il sostegno ad un futuro governo di sinistra. Rendendoli, però, più vulnerabili al movimento dello sceicco Yassin.

Questa integrazione, molto controllata, dell'islamismo "moderato" ha contribuito ad accentuare le divisioni all'interno del movimento dello sceicco Yassin. Ma l'arrivo, anche in piccole dosi, di islamisti in ambito parlamentare può cambiare il panorama politico, imponendo alle parti di meglio definirsi di fronte alle proposte che gli islamisti non mancheranno di presentare. Il rischio è che gli altri deputati possano poco farsi valere in una guerra di offerte sulla religione.

Gli islamisti deputati nelle sedute del parlamento hanno adottato il sostegno critico al governo Youssoufi, manifestando semplicemente una condotta esemplare. Ma la morte di Hassan II cambia tutto. Ora, il gioco è più aperto.



SECONDA PARTE



Capitolo II: il Marocco: L'apertura politica negli anni '90


- Liberalizzazione politica e moderazione islamista -



II.1 Tendenze verso la liberalizzazione

La monarchia marocchina ha puntato, dal 1990, a trasformare il funzionamento del sistema politico marocchino, scegliendo l'alternanza politica, un'opzione che si ascrive in continuità con la definizione del sistema politico marocchino gestito dalla monarchia, nato dalla scelta delle elites dirigenti al potere all'indomani dell'indipendenza nel 1956. Il regime si è trasformato in sistema politico autoritario nel 196016, dopo più di trenta anni di potere assoluto e con una forte repressione dei partiti del movimento nazionale e della società civile.

La monarchia, allora in grado di imporre il proprio dominio sulla base di una serie di strutture amministrative, giuridiche e politiche stabilite dal Protettorato17, ha avuto la possibilità di instaurare un potere egemonico che ha facilitato la sottomissione sociale, economica e politica del paese18. Il re è diventato così il protagonista della scena e tutte le organizzazioni rappresentative del popolo, sono diventate comparse nella grande sala d'attesa, limitandosi a commentare le sue azioni e i suoi discorsi.

La recente evoluzione del modello marocchino è legato alla decisione del re Hassan II, presa dopo il 1990 per aprire il sistema politico ad una relativa competizione che garantisse il futuro della monarchia, che affrontasse i nuovi vincoli esterni ed interni. Il mutamento importante del sistema politico marocchino, è iniziato con l'inclusione, da parte del re, di alcuni islamisti marocchini19, che ha legalizzato in una struttura partigiana, rivelatesi originale rispetto ai partiti tradizionali dell' opposizione classica. La presenza di questo partito islamista, il Partito della Giustizia e dello Sviluppo (PJD), modifica in ritorno il funzionamento del sistema politico attraverso un nuovo tipo di rapporti tra Stato ed opposizioni.

L'osservazione di questi processi permette di fare una riflessione sulle trasformazioni del funzionamento politico marocchino, una trasformazione prodotta e sostenuta dalla convergenza tra l' apertura del sistema politico, e l'emergere di un nuovo tipo di partito che fonda il suo discorso sull'islam, pilastro fondamentale della monarchia. In questo contesto di apertura del campo politico, si collocano soprattutto queste nuove forze, che si impegnano nel campo religioso. Anche se, molto presto, trasformate in partiti politici, esse, tuttavia, conservano una dimensione religiosa importante, ed i loro discorsi restano intrisi anche di una forte dimensione religiosa. Infatti, esse chiedono, infine l'instaurazione di un Stato islamico, (dawla islamiyya). Invece che chiedersi quali sono i fattori che causano o impediscono l'apertura del sistema politico ad una concorrenza relativa, è meglio studiare questo processo particolare di apertura politica nei suoi meccanismi reali, centrato sulla descrizione della genesi e dell'evoluzione del Partito della Giustizia e dello Sviluppo.

Il caso marocchino presenta un modello particolarmente interessante di trasformazione di un sistema politico autoritario, nonostante le sue articolazioni Questo è legato ad una tradizione imposta del "makhen"20, di cooptazione e di controllo fondato in parte su dei meccanismi di inclusione e di esclusione dei gruppi localizzati nell'opposizione al potere politico. Le trasformazioni recenti permettono di mostrare che questo processo di apertura politica continua a basarsi su questa tradizione dell' integrazione di una parte dell'opposizione al potere, pianificando degli spazi allargati di negoziazione tra potere ed opposizione.

Non si tratta di descrivere qui un processo dunque di " democratizzazione" nel senso di avviamento verso un sistema necessariamente democratico che ricalcherebbe la democrazia liberale occidentale21. Non si tratta neanche di confrontarla con il concetto fdi democrazia che siamo abituati a conoscere oggi. Infatti non si utilizza il concetto di "democratizzazione", ma piuttosto l'idea di "apertura" del sistema politico, descrivendo i meccanismi ed una parte dei suoi partecipanti, vecchi e nuovi. Questa scelta concettuale non significa che gli attori politici in attività si esimano dall'utilizzare le nozioni di democrazia e di democratizzazione.

Questo processo di apertura politica è definito, innanzitutto come proprio del regime, da esso suscitato, per allargare il numero dei partecipanti alla competizione legale, pure continuando ad escludere una parte, obbediente così ad uno dei principi fondamentali del funzionamento del sistema politico marocchino tradizionale. Peraltro, le consultazioni elettorali diventano relativamente più trasparenti nel loro funzionamento come nell'annuncio pubblico dei risultati, ma il loro ruolo non è necessariamente di modificare regolarmente il modo di governare o di legiferare. Le elezioni giocano un ruolo molto importante nel processo democratico, ma in Marocco il successo elettorale dei vari partiti politici, più che servire a se stessi, servono al Monarca per trovare validi intermediari nell'attuazione della sua politica governativa. Dato che a centro di tutto, non ci sono i loro programmi, ma c'è il programma del re. Il peso nella fase post-elettorale non significa giudicare l'applicazione del programma elettorale votato dagli elettori del partito o della coalizione vincitrice. Ma quasi tutti gli orientamenti sono quelli del Re, dato che i governi sono considerati, governi del re, considerati i poteri costituzionali del Re.

E' per questo motivo che l'operazione elettorale porta solo ad un'apertura del sistema politico; mentre il regime presta maggiore attenzione alla mobilizzazione ed ai risultati elettorali; e legge il riflesso delle principali tendenze dell' opinione pubblica che si riflettono anche nelle pubblicazioni di stampa relativamente libera, sollevando molti tabù politici. L'apertura politica è definita, d'altra parte, dall'espansione dello spazio per negoziare tra regime e opposizione. Questa apertura rimane a geometria variabile e può conoscere delle limitazioni: definite in primis dal regime, in modo che la monarchia non perda mai il controllo effettivo del governo, ma certamente ha un impatto significativo sul funzionamento del regime, tra cui la distorsione introdotta dalla presenza di nuovi attori integrati nella competizione legale.

È per questo che l'integrazione politica di un nuovo partito dalla monarchia, il Partito della Giustizia e dello Sviluppo, è diventato argomento di studio centrale nel processo di cambiamento politico, prestando particolare attenzione22 alle caratteristiche originali di questo partito politico atipico in Marocco, al suo ambiente naturale politico ed alle sue relazioni col potere politico.

Prodotto dal regime, il PJD negozia con il Re le modalità della sua presenza politica, ma spinge anche, in certi limiti, il regime a trasformarsi23. Mentre il potere monarchico continua a basarsi sui concetti di tradizione e di specificità marocchina per definire la sua legittimità, questo nuovo partito non mobilita questi concetti ed evita così di iscriversi nella tradizione. Partito di fondazione giovanile e senza lunga storia, si autodefinisce partito moderno24.

Questa struttura partigiana è volubile e mobile, per la sua base islamica ideologicamente debole e per gli spazi di continuità che ha costruito tra centro monarchico ed enclave dell'opposizione. Questa versatilità, pur fonte di ambiguità, le conferisce una certa sostenibilità e dimostra che il processo di integrazione nel regime marocchino di un partito atipico può durare nel tempo.

Si è scelto così di centrare l' analisi sulla convergenza di due processi: da una parte, le scelte nuove di un regime che innova, proponendo delle nuove regole di trattativa tra attori politici in un contesto dove le nuove costruzioni politiche e le difficoltà economiche crescenti hanno rotto i contratti di scambio implicito ed antico tra governanti e governati; da l'altra parte, l'emergenza di un nuovo genere di partito politico, oggigiorno al centro di numerosi dibattiti politici in Marocco. Il nostro approccio è di accostarsi ai meccanismi di negoziati, interessi condivisi, disaccordi, opposizione ambigua, o tensioni, tra la monarchia ed un partito islamico legale che si trova all'opposizione, ma che si differenzia dei partiti marocchini classici. Si analizzano anche le reazioni degli altri partiti politici riguardo ai rapporti tra il PJD e la monarchia. Difatti, questo genere inedito di negoziati tra Stato e nuovi attori politici non si riduce ad una relazione esclusiva tra i rappresentanti del potere politico e gli islamici legalistici. Malgrado i limiti importanti e le linee rosse, la società marocchina largamente aperta dagli anni 1990 alla pluralità, partecipa attivamente a questa transizione, attraverso i movimenti per i diritti dell'uomo, media, associazioni e nuovi partiti politici non islamici, trasformando così il paesaggio politico nazionale.

Questa apertura politica marocchina potrebbe essere dovuta, secondo il parere di ricercatori, in primo luogo, ai cambiamenti culturali e socio-economici e demografici che ha conosciuto il paese dall'indipendenza in poi, mentre altri precisano che questa transizione democratica sarebbe piuttosto il risultato di negoziazione finita in un vincolo cieco/impasse politico ed all'emergere delle nuove costrizioni socio-economiche.

In particolare, come ha sottolineato John Waterbury25, i rappresentanti dei regimi autoritari e di partiti di opposizione possono percepire contemporaneamente che torna a loro vantaggio accordarsi per aprire la concorrenza reciprocamente intrinseca e dunque aprire la competizione politica piuttosto che perdere tutto in un ambiente naturale socioeconomico sempre più difficile.

In questo quadro, si può ritornare alla crisi dal 1981 tra il potere e l' opposizione socialista dell'USFP, quando i quattordici deputati socialisti dell'USFP, decidendo di smettere il loro boicottaggio del Parlamento, ritornarono ad assistere alle udienze, e poi furono posti agli arresti domiciliari. Hassan II affermò allora di difendere il concetto della "democrazia Hassaniya", scegliendo la propria opposizione al gruppo dei deputati Indipendenti, capeggiati dall'ex primo ministro e genero del re Ahmed Osman, dato che non erano più rappresentanti nel governo, dichiarando loro: "che la democrazia Hassaniya non sarebbe completa, se non insegniamo ai marocchini come si mette in pratica la vera opposizione al governo del re in Marocco"...

Il Re consigliò ai deputati "coraggiosi" di RNI di formare un governo ombra. Così nominò Ahmed Osman, l'ex primo ministro, capo dell'opposizione del governo di Sua Maestà. Ahmed Osman sottolineò che il suo partito non avrebbe risparmiato alcuno sforzo per fare il compito pesante e solenne che gli è stato affidato dal re.

A marzo, in occasione della festa del Trono, Abd Rahim Bouabid, capo dell'USFP e i suoi compagni furono perdonati e liberati dall' esilio nel sud del Marocco, senza che la stampa potesse pubblicarne la notizia. (dopo che il capofila dell'USFP si dichiarò contrario ad accettare il referendum voluto dal re per le province del Sahara).

Dopo il rilascio e il perdono reale, Abd Rahim Bouabid capo dell'USFP ha accettato di partecipare alle elezioni amministrative che si sono svolte nel mese di giugno 1983, ma alcuni membri del comitato esecutivo hanno protestato e hanno annunciato la loro disapprovazione per la partecipazione del partito alle elezioni. Tuttavia, gli accordi tra il re e il leader dell'opposizione hanno spinto il partito a partecipare. I membri contrari all'iniziativa e alla volontà del leader sono stati espulsi dal partito. Il risultato delle elezioni ha rivelato l'intenzione del re di continuare a controllare gli esiti delle urne senza dare nessun importanza all'opposizione della sinistra. i risultati erano: USFP 3,16% dei voti, PPS 0,13%, IP 16,77% e la stragrande maggioranza era dalla parte della nuova opposizione RNI creata dal re, e Hassan II è apparso più coerente nell' imporre, tramite le elezioni, il suo concetto di "democrazia Hassaniyya", quella del Makhzen26.

Poi, un altro partito (PADS) dell'opposizione, costituito dai membri espulsi, malgrado la disapprovazione degli esiti dai capi dell'opposizione, infine ha accettato le regole del gioco politico, ed ha partecipato alla gestione dei pochi Comuni.

Per di più, la monarchia ha conseguito gli obiettivi di scindere il partito più forte dell'opposizione e di far partecipare tutti i partiti alle elezioni, perché, in Marocco, l'astensione al voto equivale a diretta opposizione alla volontà del Re. Si consideri anche, dal punto di vista ideologico, come questa tattica trasformi il potere del comandante dei credenti e così pure il PJD, partito di tendenza islamica. Difatti, tutti rivendicano l'apertura politica: gli attori orgogliosi dell'islam, lo Stato, rappresentato dal regime monarchico guidato dal comandante dei credenti ed una grande parte degli islamici marocchini.

La congiunzione, costruita dalla monarchia, tra Stato marocchino e Islam, prova che l'apertura politica non nasce in opposizione alle manifestazioni politiche della religione, ma in rapporto con essa, simultaneamente e parallelamente, dalle ricomposizioni ideologiche e politiche che si manifestano all'interno dell'islam marocchino, particolarmente all'interno della monarchia come dell'opposizione islamista legale.

In questo senso, l'Islam del "makhzen" è un linguaggio che può "cementare" 27le relazioni tra lo Stato e le opposizioni islamiste del PJD, ma che può produrre anche degli effetti di dissonanze ideologiche che alimentano la competizione politica e rimettono in discussione la centralità religiosa della monarchia.

In Marocco, i due pilastri essenziali della sacralità monarchica, l'islam e la questione dell'integrità territoriale, si trovano ora non più ad essere la prerogativa del solo monarca. Si è appropriato di ciò questo nuovo attore politico integrato al regime in un modo molto particolare, difatti: il PJD è molto addentro a questi due temi; nel senso del potere, ma, a causa dell'apertura politica iniziata dalla monarchia li ha rilanciati nel dibattito pubblico in un modo nuovo, impegnando il regime nella revisione del suo potere. L'inglobamento di un partito politico che si vanta di essere islamico cambia oggigiorno i rapporti con la monarchia,una questione di forma e di processo dunque, ma anche di contenuto che circola sul mercato delle idee; esso è infine il risultato di un compromesso sulle strutture politiche come sui contenuti ideologici. La costituzione di questo nuovo compromesso politico, iniziatosi nel 1990 in Marocco, tende a trasformare il funzionamento del sistema politico, come dimostra il caso particolare del Partito della Giustizia e dello Sviluppo, un partito islamico che dai banchi dell' opposizione parlamentare, oggi, è passato, in breve tempo, a capofila di una coalizione di governo formata di quattro partiti. E ciò in seguito agli esiti elettorali del 25 settembre 2011 ed ai cambiamenti che i giovani del movimento 20 febbraio sono riusciti ad imporre alla monarchia. Questa affermazione elettorale è la risposta al percorso evolutivo che interessa la sua struttura e la sua ideologia in riferimento all'Islam.

Gli attentati del 2003 e di Madrid più che generare una interruzione momentanea del processo di integrazione, hanno dato una spinta alla trasformazione del partito PJD; ma hanno permesso anche, alla monarchia di far sentire ancora una volta il pugno di ferro repressivo28, soprattutto contro i salafisti e gli islamisti (oltre 1500 reclusi); senza contare un complesso di leggi approvate, in fretta e all'unanimità da parte di tutti i partiti politici.

Successivamente, è la volta delle dinamiche e trasformazioni del movimento islamico in Marocco. L'obiettivo è di rispondere alla seguente domanda: dopo la Primavera araba ed i suoi effetti su tutto il Nord diell'Africa e del MedioOriente, ed in questo contesto di liberalizzazione politica, in quale misura le costrizioni politiche imposte dalla monarchia hanno contribuito alla moderazione e la cooptazione del movimento islamico marocchino?


II.2. Un regime politico in mutamento: il processo di apertura politica

Contrariamente agli altri paesi del Magreb, il regime politico marocchino si è definito dopo 1956 come multipartitismo. La monarchia marocchina ha sempre rifiutato il regime di partito unico29, per combattere l'egemonia del partito dell'Istiqlal, ma in numerosi Stati della regione, era supposto consolidare lo Stato dopo le indipendenze. Fino all'indipendenza del Marocco, Mohamed V era legato strettamente al partito dell'Istiqlal e non disponeva dei mezzi di coercizione necessari per costruire e conferire alla monarchia un'autonomia politica. L'Istiqlal ha riconosciuto sempre Mohamed V come l'eroe nazionale del paese e la monarchia, da parte sua, ne ha avuto rispetto e contro di esso non ha impegnato alcun conflitto. Ha adottato in compenso una posizione di arbitro tra le differenti formazioni politiche e ha deciso "di arbitrare, di suggerire, di moderare, ma non di dirigere." La scelta di introdurre il multipartismo nel modo di funzionamento del sistema politico è attribuita, in generale, ad Hassan II, preoccupato di evitare un dominio del partito dell'Istiqlal sulla vita politica marocchina. Solamente l'esistenza di forze politiche differenziate nel campo politico proteggerebbe il Re, evitando ad ognuna di esse di diventare preminente e di minacciare la monarchia.

Ciò rafforza quindi il suo status di arbitro al di sopra dei partiti da cui, però, prende le distanze, pure incoraggiando la loro formazione o la loro esistenza.

È in questo senso che il testo della Costituzione di 1962 fa esplicitamente riferimento al multipartitismo: «Mentre i partiti politici parteciperanno all'organizzazione ed alla rappresentazione dei cittadini, non ci sarà regime di partito unico in Marocco»30. La concezione del multipartitismo marocchino si inserisce in ciò che certi analisti hanno chiamato dunque la logica del pluripartitismo autoritario. Esso non rinvia ad un sistema aperto dove i partiti politici sono in competizione in un gioco di rappresentazione politica. Si tratta piuttosto di una concezione strumentale del pluripartitismo, avendo fin dall'inizio vocazione a neutralizzare e camuffare il partito dell'Istiqlal, facendone un partito tra gli altri, pur di far valere la monarchia. " Un regime caratterizzato dal monopolio politico del trono"31. La stessa situazione c'era prima del Protettorato francese e spagnolo, il potere centrale , che era solo un sultanato, cercava sempre di conquistare zone della "siba", tribù che rifiutavano la bay'a del Sultano.

La recente apertura politica si appoggia sul multipartitismo in modo diverso e il Pjd, che si è incorporato nel sistema politico, non sarà né neutralizzato, né banalizzato nel panorama politico. Per comprendere il processo di espansione della sfera di competizione politica legale, conviene tornare ad un momento significativo di punto di rottura: quello dell'inizio degli anni 1990.

Sulla scena internazionale, la fine dell'Unione Sovietica ha annunciato l'indebolimento dei partiti di sinistra nel mondo intero, ciò a cui non sfuggono anche le società arabe.

La prima guerra del Golfo mostra la forza degli islamisti, attraverso la loro reazione contro l'alleanza pro-americana.

La crisi algerina, dopo l'annullamento delle elezioni del 1991, rivela peraltro il potere di mobilitazione degli islamisti, pure mostrando i rischi di destabilizzazione legata all'apertura politica.

Il progetto di alternanza politica del Re Hassan II è annunciato pubblicamente nel 1992 e si manifesta con l'arrivo al potere della sinistra marocchina nel 1998. Ma l'idea era stata suggerita ad Hassan II dai suoi consiglieri alla fine degli anni 197032, per superare le difficoltà economiche e sociali che conosceva il suo regno. Dopo il periodo dello stato di eccezione, imposto dal re in seguito agli eventi sanguinosi che Casablanca ha conosciuto, tale progetto ha messo del tempo ad imporsi: da una parte, la sinistra non ammetteva l'idea di dirigere il governo in un sistema politico che restava profondamente controllato dalla monarchia e, dall' altra parte, anche se il re si rendeva conto chiaramente delle virtù di un tale cambiamento, si mostrava molto cauto riguardo alla sua attuazione. Rifugiandosi dietro la precedenza accordata al problema del Sahara marocchino e all'urgente necessità di recuperare le province sahariane meridionali, la monarchia marocchina ha rinviato tutti i processi di apertura politica.

Ma, all'inizio degli anni 1990, mentre la questione del Sahara, che si era rivelata federativa inizia a perdere la sua attualità, e l'immagine del paese all'estero appariva sbiadita seriamente a causa della gestione della situazione dei diritti umani, Hassan II coglie decisamente l'opportunità di rinnovare le élites, mostrando la volontà di operare un'apertura politica.

Fin da 1992, sono formulate delle promesse per l'organizzazione di elezioni legislative libere, mentre, nello stesso tempo, si avviano dei negoziati tra le opposizioni, raggruppate nella Koutla, ed il monarca. Alle elezioni legislative di giugno 1993, l'opposizione registra un punteggio molto onorevole, guadagnando 95 dei 222 seggi. Ciò le dà una posizione di forza nelle negoziazioni. Ma l'elezione dell'ultimo terzo dei deputati per i grandi elettori, generato dei consigli comunali e delle camere professionali, una volta di più, ribalta la maggioranza a destra, compromettendo l'uscita dell'opposizione.

Il Re propone allora alla Koutla, composta dalle principali parti di sinistra e dell'Istiqlal, di formare un governo, assicurandole "una divisione del potere",33 ma pur precisandole che si riserva il diritto di scegliere certi ministri tra cui quello dell'interno, ciò che la Koutla rigetta categoricamente. Hassan II rifiuta allora di dare soddisfazione alle condizioni poste dalla Koutla per la sua partecipazione al governo: l'annullamento delle elezioni del terzo dei rappresentanti a suffragio indiretto e la libertà di scegliere i ministri.

Nel 1995, il re esprime la sua volontà di coinvolgere velocemente l'opposizione al potere. Secondo certi osservatori, la volontà della monarchia di fare accedere l'opposizione alle responsabilità politiche e di coinvolgerla nella gestione degli affari pubblici sarebbe stata dettata anche dal rapporto della Banca Mondiale, espresso su richiesta di Hassan II, che condanna le politiche seguite in passato. Nel contesto regionale dell'epoca, segnato anche dalla recrudescenza della violenza in Algeria, al fine di mettere l'istituzione monarchica al riparo da un'eventuale crisi di successione, il re, con l'esecuzione di tale rapporto, avrebbe voluto anche rassicurare i suoi sostegni finanziari internazionali.

Alla luce di questi nuovi vincoli, si instaura un dialogo tra Abderrahman Youssoufi, segretario generale della USFP, che torna dall'esilio in Francia, e la monarchia. L'accordo è annunziato come di alternanza. Esso prevede misure concrete: revisione delle liste elettorali e il codice elettorale, i nuovi confini elettorali e la riforma della Costituzione. Il rilascio dei prigionieri politici, il ritorno degli esuli, elezioni anticipate ... Il compromesso desiderato sembra trovato tra il re Hassan II e partiti dell' opposizione che hanno invitato i loro elettori a votare per il referendum costituzionale. 34

Nel febbraio del 1997, il ministero dell'interno ed i partiti politici firmano un codice di buona condotta che apre la via alle elezioni locali e legislative anticipate. Driss Basri, ministro dell' Interno, promette delle elezioni libere e trasparenti, ma i partiti politici sono proclivi in anticipo a non contestare i risultati. Nel marzo del1998, l'alternanza cessa di essere un volontà del re, per diventare una realtà politica del Marocco, il capofila della sinistra Abderhman El Youssoufi è chiamato a formare un governo detto di transizione. Egli conosce l'esiguità del suo margine di manovra in un contesto economico e sociale molto teso, ma per i socialisti che accedono al governo, l'essenziale è di essere associati al potere, nel momento della futura successione reale. Per la monarchia, l'alternanza permette di assicurare la rotazione delle élites pur legittimando il potere monarchico e dando ad esso una parvenza di modernità.

Tuttavia, l'ambiguità non è sollevata in quanto il ruolo preciso della monarchia e del governo non sono ben chiariti di fronte alle questioni essenziali come la gestione dei diritti umani, il problema del Sahara, la disoccupazione, la crisi finanziaria o, ancora, la successione monarchica35. In realtà, la coalizione governativa, guidata dall'opposizione socialista al potere, è lontana da privare il trono del suo monopolio politico che, tramite il ministro degli Interni, il re è riuscito ad imporlo al governo. Il re conserva la gestione delle principali cariche; e l'alternanza gli permette di ridefinire la funzione monarchica, riaffermando il suo ruolo centrale in un gioco politico dove egli mantiene la funzione di arbitro dei conflitti tra attori politici rivali. I consensi di facciata che hanno permesso l'adozione della riforma costituzionale mostrano bene che il re resta, all'epoca, la sola sorgente del potere nel paese. I partiti tradizionali del movimento nazionale rifocalizzano allora le loro rivendicazioni sulle garanzie giuridiche ed istituzionali nello svolgimento delle consultazioni elettorali, danno più importanza alle procedure che ai programmi politici.

Appena Hassan II annuncia la possibilità dell'apertura, gli islamisti moderati si lanciano nella strategia dell'intrusione: sono pronti a passare all'azione politica legale, detenendo soprattutto un potere di mobilitazione eccezionale. Dalla nascita dell'Islamismo in Marocco negli anni 1970, questa legalizzazione di un partito islamista, voluta da Hassan II, costituisce un primo e importante cambiamento del quadro tradizionale della vita politica marocchina.

pluraliste, per ciò il processo di apertura politica si gioca intorno a strutture dove il principio del pluralismo era già insito nell' Indipendenza36.


II.3. Il PJD, partito di governo e speranza di rinnovamento democratico:

II.3.1. Il percorso storico degli islamisti del PJD37

All'origine del PJD, partito vittorioso alle ultime elezioni, c'è una storia che risale alla fine degli anni 1960, quella di un gruppo di militanti radicali, appartenente al primo movimento islamista marocchino: La Chabiba islamiyya38. Dopo un lungo percorso tormentato, il PJD passa dalla clandestinità all'azione legale, dal radicalismo senza concessione al pragmatismo politico; così gli islamisti della Chabiba Islamiyya sono riusciti a realizzare una maggior trasformazione del loro movimento per diventare un grande partito politico.

Casablanca, 28 novembre 2011, nella sede regionale della MUR39, Abdelilah Benkirane, commosso fino alle lacrime, improvvisa un discorso per commentare la vittoria del suo partito e ringraziare i membri del MUR per il loro sostegno e la loro fedeltà. Benkirane parla dunque dei “suoi fratelli e della sua famiglia” per designare i militanti del MUR di cui egli è stato il fondatore e il presidente. L'emozione del nuovo capo del governo è sincera e reale: lo sostengono il suo stesso itinerario personale, la sua storia e le sue battaglie. Egli vede nei militanti che ”bevono” le sue parole, la sua vera famiglia politica e l'essenza da cui tutto è partito alle elezioni politiche, dal gruppo clandestino e radicale degli anni 1960 -1970 al più grande partito politico del paese. I giovani islamisti bistrattati e infrequentabili, che hanno conosciuto la prova del carcere e dell'esclusione, sono divenuti ora degli uomini di Stato, incaricati di gestire il paese. Le vie del signore sono impescrutabili e così pure quelle della politica.

Abdelilah Benkirane e il gruppo dei suoi fedeli, con alla loro testa Abdellah Baha (attualmente ministro di Stato senza portafoglio), incarnano una lunga e appassionante storia di trasformazione politica e ideologica del movimento islamista marocchino40, una storia che ci fa conoscere i cambiamenti politici e intellettuali del Marocco moderno.


II.3.2. Primi passi nella Chabiba Islamiyya41

Tutto è iniziato sulle macerie di un disastro. Il mondo arabo è annientato e umiliato dalla guerra del 1967, con la quale l'esercito israeliano ha inflitto una travolgente disfatta ed ha annesso interi territori allo Stato ebraico. I sogni di grandezza della Nazione araba, mantenuti e nutriti dal Nasserismo, sono svaniti in sei giorni di guerra. L'onda dello choc è grande e segna il Marocco. Il bisogno di un nuovo sentimento, di nuove idee e di nuove risposte all'umiliazione si fa sentire ed un richiamo si avverte nella società. La sinistra marocchina, dominante sul piano ideologico, è depressa dalla disfatta del suo leader, Nasser, e dallo sprofondamento del panarabismo. E' allora che una ideologia mista di politica e religione, tradizione e organizzazione moderna comincia a prendere forma e d a costituirsi come una risposta ed una alternativa: l'islamismo.

Così, nel 1969, Abdelkrim Moutiî fonda la prima organizzazione islamista in Marocco: la Chabiba Islamiyya (la gioventù islamica). Nato nel 1939 a Ben Hmad, nella regione di Settat, Moutiî è una figura centrale della storia del movimento islamista in Marocco. Appassionato di azione e di politica, egli molto giovane entra tra i nazionalisti marocchini e milita, dopo l'indipendenza, in seno all'Unione nazionale delle forze popolari (UNFP), della cui commissione dell'insegnamento diventa presidente nel 1965. Ma le idee tradizionaliste di Moutiî e l'incontro con il pensiero islamista proveniente dall'Oriente lo spingeranno a lasciare il partito di Mehdi Ben Barka e a fondare la propria organizzazione politica. In cerca di militanti e di simpatizzanti, egli adotta allora la stessa strategia di reclutamento utilizzata dai movimenti di sinistra, cioè il coinvolgimento dei licei e delle università.

L'uomo è imponente e impressiona le giovani reclute del movimento per il carisma, la cultura e il suo stato sociale. Per di più, in questo periodo il Marocco ha iniziato una riforma del sistema scolastico, basata sull'arabizzazione, e la mancanza di personale lo spinge a cercare aiuto in Egitto, in Siria e in Irak. Gli insegnanti venuti dall'Oriente porteranno con loro la dottrina e l'ideologia dei fratelli musulmani d'Egitto42, rendendo soprattutto i licei dei vivai per la proliferazione di nuovi aderenti al movimento. Per sopperire all'assenza di una produzione intellettuale marocchina e propria della Chabiba Islamiyya, Moutiî si rifà agli scritti dei movimenti islamisti d'Oriente, in particolare ai Fratelli musulmani egiziani. I testi e le idee degli islamisti egiziani sono caratterizzati, in questo periodo, dalla scelta del radicalismo e della violenza, conseguenza del loro conflitto con il regime di Nasser e della spietata repressione che si abbattè su di essi. Sayed Qotb, scrittore egiziano e dirigente dei Fratelli musulmani, eserciterà una grande influenza sui giovani islamisti marocchini e i suoi libri diventeranno manuali di pensiero e di azione della Chabiba Islamiyya.


II.3.3. Un pensiero radicale importato dall'Oriente43

Il giovane Abdelilah Benkirane, che aderirà alla Chabiba Islamiyya nel 1976, racconta spesso come un libro di Sayed Qotb abbia cambiato la sua vita e l'abbia convinto ad aderire al movimento islamista. Dopo una discussione con membri della Chabiba Islamiyya in una moschea di Rabat, Benkirane, che ha appena 22 anni, riceve in regalo il celebre «Mâalim Fi Al Tariq» (pietre miliari). Tornando a casa sua, Benkirane leggerà l'opera tutta d'un fiato e il giorno seguente incontrerà i ranghi del movimento islamista di cui , alcuni anni dopo, diventerà il leader e il principale animatore. Il pensiero di Sayed Qotb è diventato il fondamento stesso dell'ideologia della Chabiba Islamiyya e la sua principale fonte d'ispirazione e di azione. Essa dà ai giovani militanti islamisti formidabili armi contro i loro principali nemici: la sinistra marxista-leninista, i nazionalisti arabi e gli intellettuali liberali.

Per Sayed Qotb, tutto il mondo, e in particolare le società musulmane, vivono un periodo di decadenza morale, politica e culturale, che somiglia a quella che imperversava prima dell'avvento dell'Islam, conosciuta sotto il nome di «Jahiliya». L' Occidente , presentato come modello di civiltà e di progresso, ha esaurito, secondo Qotb, la sua influenza e il suo splendore ed è destinato a piombare irrimediabilmente in un degrado ed una crisi di valori. Solo l' Islam è capace di guidare il mondo e di offrire un'alternativa, una via e una speranza all'umanità. Il trionfo dell'Islam non è dunque possibile, secondo Qotb, che ad una élite di credenti sottomessi a Dio di cui sappiano diffondere il messaggio e il regno sulla terra. Questa avanguardia deve riprodurre il valore e il gesto della prima comunità musulmana riunita attorno al profeta Mohammed, forte delle sue convinzioni e della sua fede, con uno slancio verso la costruzione di una civiltà e di un impero.

Il pensiero radicale di Sayed Qotb, che diventerà, in seguito, riferimento principale dei movimenti Jihadisti nel mondo arabo, ha un grande impatto determinante sui giovani islamisti marocchini durante gli anni 1970. Un'influenza che non sarà che intellettuale, ma si tradurrà in una sorte di organizzazione e d'azione politica, che Abdelkrim Moutiî metterà in pratica.

Personaggio complesso e sfaccettato, intrigante e misterioso, Abdelkrim Moutiî utilizza la sua esperienza di militante in seno all'UNFP, basandosi sul modello di organizzazione dei Fratelli musulmani egiziani per strutturare la Chabiba Islamiyya e reclutare i futuri membri. Il leader islamista mette in piedi un'organizzazione bicefala, composta da due settori : una sezione civile, incaricata della predicazione e della formazione ideologica dei militanti ed una seconda sezione segreta e paramilitare.

Il settore civile, che agisce nella legalità, si fa carico di seguire le idee della Chabiba Islamiyya e di mettere in azione i giovani Marocchini, in particolare nei Licei e nelle Università. La cellula di base della Chabiba Islamiyya è chiamata Ousra (Famiglia) ed è composta da un ristretto numero di militanti, che devono reclutare e motivare nuovi simpatizzanti. Ogni membro dell'organizzazione è tenuto ad operare per creare una nuova cellula di cui sarà capo. Questa specie di organizzazione permetterà alla Chabiba Islamiyya di reclutare con successo e di ingrandire i ranghi del movimento. Così, nel corso degli anni 1970, il numero di militanti della Chabiba raggiunse più di 2500 membri, senza contare i simpatizzanti e le persone che partecipavano alle attività dell'organizzazione islamista.

La sezione segreta e paramilitare è affare personale di Moutiî e della sua azione protetta. Egli pone al suo vertice uno suo fedele luogotenente, Abdelaziz Nouaâmani, un giovane studente di 20 anni. Il fine assegnato a questa milizia è di affrontare il nemico giurato e irriducibile degli islamisti : la sinistra marocchina. Nouaâmani prende così discretamente gli ordini da Moutiî, che gli affida missioni di «inquadramento» degli studenti marxisti o dei sindacalisti, accusati di «empietà» nei confronti dei militanti islamisti. La prima vittima della milizia, creata da Moutiî, è Abderrahim El Meniaoui, militante comunista e professore di arabo, assalito all'arma bianca davanti al suo Liceo a Casablanca il 21 ottobre 1975. Ma un nuovo paletto di violenza sarà aggiunto, alcuni mesi più tardi, con l'assassinio del dirigente sindacalista Omar Benjelloun.


II.3.4. La morte di un' icona della sinistra e del sindacalismo44

Giovedì 18 dicembre 1975, alle ore 15, Omar Benjelloun lascia la sua casa e si dirige verso la propria auto, posteggiata in viale della Marcia verde a Casablanca, per recarsi nella sede del giornale Al Mohair, di cui è direttore.

Ahmad Saâd et Mostapha Khezar, due membri della sezione segreta della Chabiba, si avventano su di lui e l’aggrediscono. Il primo colpisce Omara Benjelloun con una sbarra di ferro e lo stordisce. Omara Benjelloun si accascia al suolo e Khezar gli assesta un colpo mortale col pugnale. Il leader sindacalista dell' USFP muore sul posto. Una foto che mostra il suo corpo che giace in mezzo al sangue, davanti la sua Renault 16, fa parte della simbologia della sinistra marocchina. Il giorno dopo l'assassinio, Abdelkrim Moutiî riesce a lasciare il paese ed a fuggire in circostanze misteriose che alimentano fino ad ora le tesi di una eventuale complicità con lo Stato ed i suoi servizi segreti. Moutiî si rifugia dunque in Arabia Saudita e nel 1980 sarà condannato in contumacia all'ergastolo, così come anche gli assassini di Omar Benjelloun.

In seno alla Chabiba Islamiyya, lo stupore è enorme, poiché la maggior parte dei suoi membri ignoravano l'esistenza di una milizia segreta e violenta. Nel corso degli anni, essi continueranno a sostenere e difendere l'idea del complotto contro il loro movimento. La Chabiba Islamiyya tenta di serrare e suoi ranghi, di riorganizzarsi, istituendo una nuova commissione di dirigenza collegiale composta da sei membri, con l'assenso e il controllo di Moutiî. Quest'ultimo continuerà a manovrare le fila, ma la sua partenza verso la Libia nel 1979 e la sua sistemazione nel paese del turbolento Moummar Keddafi avranno un impatto disastroso sulla Chabiba Islamiyya.


II.3.5. Divorzio da Moutiî e l'uscita dalla clandestinità45

Il 1979 è l'anno cerniera e centrale della storia dell'Islamismo nel mondo. E' in quest'anno che l'Armata rossa sovietica invade l'Afganistan, mettendo in moto così un appello alla Jihad e l'affluenza di migliaia di combattenti arabi in Afganistan. Ma è soprattutto la data d'inizio della rivoluzione iraniana, che ha rovesciato il regime dello Scià ed instaurerà al suo posto un potere religioso. Tutti gli islamisti del mondo allora sognano di replicare il modello iraniano e di cacciare via re, principi e presidenti. Moutiî accarezza sempre più il progetto di sfilarsi direttamente dalla monarchia, e quindi da Hassan II. Si rafforza dunque una linea rivoluzionaria con gli islamisti in esilio attraverso la sua rivista Al Moujahid. Il motto di questa rivista, «Preparate le cavalcature di Dio», grido di guerra e di raccolta del profeta Mohammed, esprime senza equivoco i nuovi orientamenti di Moutiî, che chiama alla riscossa le masse contro il regime e il rovesciamento della monarchia.

Ma non tutti i militanti della Chabiba, rimasti in Marocco, condividono l'andamento avventuroso del loro capo e lo dimostrano sempre di più. Essi che in passato vivevano nell'ombra, quasi sconosciuti dai servizi di sicurezza marocchini, che confondevano tutti i barbuti, ora ormai sono visibili e strettamente sorvegliati. Nel 1980, a Casablanca dopo una manifestazione, la polizia farà massicci arresti dei membri della Chabiba. Abdelilah Benkirane et Mohammed Yatim saranno condannati a tre mesi di prigione. I membri dell'organizzazione tollerando sempre meno i capricci e le iniziative del loro capo, gli chiedono dei chiarimenti. Amine Boukhobza, che sarà deputato del PJD negli anni a venire, è incaricato di contattare Moutiî per chiarire definitivamente le cose. Boukhobza incontra allora un suo emissario ad Algesiras in Spagna e riesce ad avere al telefono il suo dirigente. La discussione, che dura sette ore, è tesa e tumultuosa: Moutiî accusa certi suoi fedeli, in particolare Benkirane, di tradimento e un odio, tenace ed imperituro, resterà tra Moutiî e Benkirane.


II.3.6. Una nuova organizzazione

Nel corso dell' estate del 1981, dei dissidenti della Chabiba Islamiyya si incontrano a Casablanca per tagliare definitivamente il cordone ombelicale con il movimento di origine e fondare una nuova organizzazione. Da questo incontro nasce la Jamaâ Islamiyya (il gruppo islamico). Mohammed Yatim è eletto presidente della Jamaâ Islamiyya ed è incaricato, con Saâdeddine El Othmani, di redigere una carta che definisca chiaramente le responsabilità in seno alla nuova struttura. Il suo principale ispiratore è incotestabilmente Abdelilah Benkirane, che interpreta le istanze della base operaia e l'anima della Jamaâ. Il giovane politico, sensibile alle idee di sinistra e all'impegno con l'UNFP, si è mutato in leader di un gruppo islamista che non cesserà di lottare contro la sinistra e portare una maggiore trasformazione del movimento islamista marocchino. E' lui che redigerà e firmerà, nel giugno del 1982, l'atto di divorzio con la Chabiba Islamiyya, sotto forma di comunicato, che annunzia una separazione totale da Abdelkrim Moutiî e che dichiara che le opinioni e le decisioni di Moutiî impegnano solamente lui. Ma la rottura con la Chabiba Islamiyya è unicamente di carattere organizzativo e non ideologico e intellettuale.

I dissidenti della Chabiba Islamiyya mantengono ancora un pensiero radicale, che considera lo Stato marocchino come empio e le sue leggi non conforme ai principi della religione musulmana. Questa visione estremista che rifiuta ogni contatto con il regime in carica e che privilegia l'azione clandestina sotterranea, mette la Jamaâ in una situazione critica di fronte allo Stato e alla sua repressione. Durante il periodo che va dal 1981 al 1985, il principale dibattito in seno all'organizzazione islamica verte sul passaggio alla legalità e all'uscita dalla clandestinità. Due sono gli schieramenti che si affrontano su questo campo: il gruppo di Rabat, diretto da Abdelilah Benkirane, favorevole all'azione legale e ufficiale e il gruppo di Casablanca, animato da Saâdeddine El Othmani, propenso all'azione segreta. Benkirane prende l'iniziativa e fa lui stesso alla prefettura di Rabat una domanda di creazione di una associazione, sotto il nome di Al Jamâa Al Islamiya. Silenzio del Ministero dell'Interno, che non risponde a questa domanda e continua ad osservare i giovani islamisti, reprimendoli di tanto in tanto, per farli dissuadere. Benkirane è sempre più determinato nella sua avanzata legalista e fustiga quelli della clandestinità, che per la loro posizione, minacciano l'avvento della nuova organizzazione e sottomettono i suoi membri ad una inutile ed inevitabile repressione da parte dello Stato.

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I.3.7. Uscire dalla clandestinità46

Un avvenimento darà ragione a Benkirane e accelererà il passaggio all'azione legale e ufficiale. Nel 1984, la goffaggine di un militante islamista a Meknès, che deteneva dei documenti della Chabiba, porta all'arresto di parecchi membri della Jamaâ, sospettati d'appartenere da sempre all'organizzazione di Abdelkrim Moutiî. I militanti arrestati resteranno in carcere per più di un anno, senza processo, né giudizio. Benkirane sente di avere un argomento valido per abbandonare definitivamente la clandestinità ed entrare nella legalità. Gli islamisti della Jamaâ abbandonano la loro azione sotterranea e la loro gestione segreta per diventare visibili, conosciuti e riconosciuti dalla Stato. Benkirane, nel giugno del 1985, manda una lettera ad Hassan II per chiedere la regolarizzazione della situazione del loro movimento. «Vi informiamo, Maestà, che noi siamo un gruppo di giovani credenti, preoccupati dell'avvenire della nostra nazione e che invocano il rinnovamento dell'Islam, secondo le regole definite del Corano, della Sunna e del consenso della comunità musulmana, e ci impegnamo ad attenerci a queste regole»,47 scrivono Benkirane e i suoi amici al monarca. Ed essi aggiungono, a ciò che si presenta come un programma e una nuova battaglia condotta in comune dagli islamisti e la monarchia: «Vi sollecitiamo, Maestà, ad ordinare alle autorità competenti di regolarizzare la situazione della nostra associazione affinché noi possiamo compiere il nostro dovere, al fine di impedire in particolare che i sentimenti religiosi della nostra gioventù non siano sfruttati da atti di provocazione, di agitazione e di distruzione»48.

La Jamaâ inizia un nuovo ciclo della sua esistenza, in cui essa opererà un grande lavoro di rimessa in discussione delle sue idee ed inaugurerà nuovi rapporti con lo Stato e la società marocchina. Un processo il cui risultato sarà la creazione del primo partito islamista marocchino nel 1996 e che si affermerà nettamente nelle elezioni legislative del 25 novembre 2011. Tutto un cammino percorso da un piccolo gruppo di giovani islamisti radicali, alla ricerca di senso e di vocazione.

Prima delle rivolte arabe e delle vittorie massicce dei partiti islamisti alle elezioni a Tunisi, in Marocco e in Egitto, i dirigenti del PJD citavano spesso una frase attribuita al Tunisino Rached Ghannouchi per descrivere la diffidenza dello Stato e dei partiti di sinistra in Marocco nei riguardi degli islamisti: «Anche se ci vedono impiccati, essi non ci crederanno e penseranno che sia uno stratagemma».49 Gli islamisti marocchini sono stati sempre considerati come detentori di una «agenda segreta» che segue sempre un doppio canale di azione: una, retorica democratica, pluralista in cui essi dichiarano di accettare le differenze e il dibattito, ed un' altra, totalitaria e fanatica, destinata alla base e che riflette la loro vera natura. Secondo questa concezione, le elezioni per gli islamisti non sono che un trampolino, un mezzo di accedere al potere, che essi si affretteranno a confiscare e ad esercitare senza condivisione, nel nome di Dio e della religione.

Basta evocare alcuni esempi storici: quello del partito nazista, che ha instaurato un regime totalitario in Germania dopo la sua vittoria alle elezioni del 1933, così come quello della rivoluzione iraniana del 1979, che ha instaurato una teocrazia dopo aver eliminato tutti i partiti che hanno partecipato alla rivoluzione soprattutto comunisti e anche i liberali, dunque ogni forma di opposizione, quello dell'Algeria, dopo l'annuncio dei risultati del primo turno delle elezioni legislative nel 1992, Ali Belhaj dichiarava che da oggi, nessun partito non islamico possa e non avrà il diritto di partecipare alle elezioni frequentemente richiamate per denunciare il «pericolo islamista»

A partire dal 1985, data dell'uscita dall'azione clandestina, gli islamisti marocchini provenienti dalla Chabiba Islamiyya hanno prodotto tesori di argomenti, di iniziative e di paziente attesa, per rassicurare lo Stato e la società civile marocchina, affermando che essi non disponevano di alcuna agenda segreta e che essi accettavano pienamente le regole del pluralismo politico. Per ciò, Abdelilah Benkirane ed i suoi fratelli hanno iniziato un processo di autocritica e di rimessa in discussione delle idee avanzate e difese durante i loro anni giovanili come quelle di radicalismo in seno alla Chabiba Islamiyya.


II.3.8. Reprimere per meglio governare50

Nella metà degli anni 1980, Hassan II regna sul Marocco come padrone assoluto. Il potere del monarca è stabile e consolidato, e le turbolenze degli anni 1970, con i loro colpi di Stato e le loro minacce, non sono che amari ricordi che Hassan II commenta nei suoi discorsi e nei rapporti con la stampa straniera.

L'opposizione di sinistra è imbavagliata, controllata e ridotta da decenni in uno stato di repressione e di violenza. Hassan II ha ben saputo approfittare della guerra fredda per attirarsi la benevolenza dei paesi occidentali, che guardano alla repressione condotta da questo regime «amico». In un mondo bipolare in cui contano le alleanze e gli aiuti, il blocco occidentale non può contrariare un prezioso alleato alle porte dell'Europa. La monarchia marocchina trae vantaggio da questa situazione, che la preserva da ogni reazione ufficiale dei paesi occidentali in rapporto a delle grandi violazioni dei diritti umani commessi sul suo territorio.

I militanti della Jamâa Islamiyya sono in una situazione politica in cui la repressione è utilizzata dal regime come mezzo di intimidazione e di addomesticamento dell'opposizione, senza poter sperare in alcun sostegno dall'esterno. Abdelaziz Boumaret, antico dirigente della Jamâa, racconta la tortura che egli ha subìto e le condizioni di detenzione che egli ha vissuto dopo il suo arresto a Meknès nel 1984: «stavo in una cella stretta, dove non riuscivo a distinguere il giorno dalla notte. Dividevo questa cella con delle prostitute che interrompevano sempre la mia preghier con le loro discussioni volgari e il loro gesti vergognosi. Durante questo periodo, non potevo leggere il Corano e il clima non era adatto alla devozione e alla pietà. Tutto era marcio. Le prostitute non mi lasciavano dormire, e quando volevo andare in bagno, incrociavo alcune di esse tutte nude. Ringrazio Dio di avermi risparmiato la tentazione. Durante tutto questo periodo di prigionia, non avevo materasso, e nella cella faceva molto freddo. Le mie scarpe mi facevano da cuscino, e dopo un po' di tempo, il mio corpo si era intorpidito, non lo sentivo più. Per mesi, il nostro solo pasto era un pezzo di pane per tutto il giorno. Ero privato dalla visita della mia famiglia e dei miei amici»51.

La direzione della Jamaâ, composta soprattutto da funzionari dell'insegnamento pubblico, deve evitare dunque la prova dela carcerazione, degli arresti, della tortura e della molestia poliziesca che destabilizzano la vita professionale e familiare dei suoi membri. «L'esperienza della carcerazione a Derb Moulay Chérif mi ha spinto a riflettere. Ho visto crollare uomini davanti a me. Questo mi ha veramente colpito e mi ha messo sulla via delle rimessa in discussione»52, spiegherà più tardi Abdelilah Benkirane. Gli islamisti marocchini devono fare allora una scelta: restare fedele a un radicalismo fino alla fine ed accettare così la repressione e la violenza dello Stato, o rivedere la loro ideologia, adattarla, riformularla, e ripartire così su nuove basi nei rapporti con il regime. I giovani dirigenti della Jamâa hanno optato per la seconda soluzione, realizzando così la prima esperienza di Mourajâat (revisioni) nel mondo arabo, cioè una autocritica fatta da vecchi estremisti islamici, in cui essi rifiutano la violenza e riconoscono la legittimità della monarchia.

Dalla fine del 1985, i membri della Jamâa cominciano a pubblicare una serie di articoli nelle riviste islamiche, in particolare Al Furqan (nome del Corano), per promuovere le nuove idee e convincere i loro simpatizzanti della persistenza del processo di autocritica e che essi intendono perseguire. I principali promotori di questo rinsavimento sono Mohammed Yatim, Saâdeddine El Othmani et Abdelilah Benkirane. Insegnante di filosofia, Mohammed Yatim moltiplica gli articoli e gli interventi per porre nuove basi intellettuali per l'azione della Jamâa e farla uscire dalle concezioni rigide ereditate dagli anni di Chabiba Islamiyya. Saâdeddine El Othmani, appartenente ad una grande famiglia di ulema e diplomato lui stesso in studi islamici, tenta di trovare nel fiqh e nella storia dell'islam i fondamenti dei nuovi orientamenti sostenuti dalla Jamâa. Quanto a Benkirane, il suo pragmatismo e il suo spirito di adattamento avranno un maggiore impatto in questo processo di autocritica. Gli scritti di alcuni islamisti siriani ed egiziani, che criticano l'uso della violenza nei movimenti islamisti, e proclivi a cambiamenti pacifici così come ad una lettura flessibile dei testi religiosi. Khalis Jalabi e Youssef Qardhaoui esercitano dunque una grande influenza intellettuale sui dirigenti e sui membri della Jamâa che si auguravano di uscire dalla matrice ideologica di Sayed Qotb e dagli anni della militanza in seno alla Chabiba Islamiyya.

Uno dei principali assi della rifondazione ideologica del pensiero della Jamaâ è il riconoscimento del carattere islamico dello Stato e della società marocchina. Per i dirigenti della Jamaâ , la monarchia marocchina non è più l'incarnazione del regno del "Taghout" , cioè un potere empio e tirannico traente la sua legittimità dalla potenza delle sua capacità di repressione. La monarchia marocchina, secondo i nuovi orientamenti della Jamaâ, è islamica, governata da un capo musulmano, a cui bisogna prestare fedeltà e che bisogna considerare come capo della comunità religiosa, fino a che non si dichiari lui stesso, con la parola o con il gesto, al di fuori di questa comunità. Contrariamente al concetto della Jahiliya utilizzato da Sayed Qotb per designare lo stato delle società musulmane, i dirigenti della Jamaâ sostengono che la società marocchina è musulmana, anche se essa attraversa un periodo di errore e di disagio spirituale. Basta dunque trovare questa anima, questa radice profondamente musulmana presso i Marocchini per poterli ricondurre sulla dritta via.

Per i teorici della Jamaâ, il cambiamento non deve essere brutale, né improvviso. Esso non deve più suscitare reazioni di sfiducia o di resistenza in seno alle élites al potere, o anche in seno alla società. Essi pensano che queste reazioni possono essere infinitamente più dannose della situazione di partenza. Secondo loro, il cambiamento non deve essere fine a se stesso quando esso rischia di produrre effetti negativi irreversibili. L'azione riformatrice, secondo questa lettura, deve essere graduale, ammettendo l'esistenza di un margine di errore e supponendo che gli individui amano il conforto dello status quo e restano ostili alle idee ed agli avvenimenti che turbano le loro abitudini. Gli aderenti a questa riforma progressiva citano spesso l'esempio del divieto dell'alcool nell'islam per sostenerne il percorso: in una società in cui il vino era celebrato dai poeti, in cui esso è stato associato alle virtù di ricchezza, di generosità, di piacere e di seduzione, l'islam non poteva bruscamente vietare il suo consumo, in contrasto con le abitudini della gente. Il divieto dell'alcool si applica dunque in maniera progressiva al fine di preparare ed abituare la gente. Questo principio della progressione è diventata la pietra angolare dell'ideologia del percorso politico del PJD, che permette di comprendere la sua evoluzione e le sue trasformazioni.


II.3.9. Fine della violenza

Il rifiuto categorico e definitivo della violenza è un elemento centrale nel nuovo pensiero formulato dai dirigenti della Jamâa. Per questi ultimi, le armi non possono essere rivolte contro i musulmani, anche se essi non sono sulla diritta via. Abdelilah Benkirane allora scrive: «Il musulmano non può utilizzare la forza che in un solo caso: quando la comunità musulmana è sottomessa a tiranni ostili, in modo manifesto, alla religione, come è stato il caso in Afganistan, in cui fu minacciata la stessa esistenza dell'Islam. In questa situazione, i musulmani devono difendersi. Ma quando i musulmani possono godere della libertà di culto, della libertà di predicazione e della libertà di riunione, in questa situazione sarebbe illegittimo ricorrere alla violenza».53 Il periodo del radicalismo, del cambiamento con la violenza rivoluzionaria è presentato dunque come una fase di «infanzia del movimento islamista», di impulso di giovani militanti in cerca di sensazioni e animati dal desiderio di cambiare tutto, preoccupandosi poco delle conseguenze delle loro azioni. Gli islamisti marocchini allora si preparano per una nuova fase di maturità, di pragmatismo politico, che deve passare ineluttabilmente per la costruzione di nuovi rapporti con lo Stato, la monarchia e forme differenti di organizzazione. La volontà di creare un partito politico islamista è nata da questa trasformazione.

I dirigenti della Jamaâ, attuano, attraverso l'esperienza dell'autocritica, un nuovo tipo di rapporti tra il movimento islamista e la monarchia. Per i dirigenti della Jamâa, e in particolare Abdelilah Benkirane, non esiste alcuna preclusione a prendere contatto con gli agenti dello Stato e dei suoi rappresentanti, a discutere con loro, a prendere atto delle loro domande e dei loro desideri, e far loro pervenire le lagnanze del gruppo. Per lungo tempo, ogni contatto con lo Stato e con i suoi agenti è stato considerato, in seno al movimento islamista, come un tradimento, un compromesso e la prova di una manipolazione da parte del Makhzen e dei suoi vari servizi segreti. L'etichetta di «islamisti del Palazzo» attribuita ai dirigenti del PJD e di «agente dei servizi» che gli avversari de Abdelilah Benkirane gli appiccicano, consegue a questa volontà di stabilire relazionisenza complessi tra islamisti e monarchia.

Per esprimere ancora maggior impegno di cambiamento e di volontà di integrarsi di più nel panorama politico marocchino, i dirigenti della Jamâa, nel 1992, procedono al cambiamento del nome della loro associazione, che diventa Harakat Al Islah Wal Attajdid (Movimento della riforma e del rinnovamento). Abbandonando il nome di Jamâa Islamiyya, Benkirane e i suoi amici desiderano mostrare alla monarchia che essi non hanno alcuna pretesa di monopolizzare la rappresentanza dell'islam in Marocco e che non hanno alcun legame con le organizzazioni islamiste all'estero che hanno lo stesso appellativo.

Dopo questo cambiamento, gli islamisti marocchini cercano di organizzare la loro azione in seno ad un partito politico. E' così che, il 4 maggio 1992, Abdelilah Benkirane deposita lui stesso, alla prefettura di Rabat, gli statuti e i documenti di creazione del Hizb Attajdid Al Watani (Partito della riforma nazionale). Il comitato esecutivo del nuovo partito, presieduto da Abdelilah Benkirane, è composto essenzialmente da vecchi militanti della Chabiba islamiyya (Abdelilah Benkirane, Saâdeddine El Othmani, Abdellah Baha, Abdellatif Sedrati, Lamine Boukhobza, Mohammed Yatim). Gli statuti del partito riflettono il risultato di più di un decennio di rifondazione ideologica del pensiero politico degli eredi della Chabiba Islamiyya e la loro volontà di inserire la loro azione nella legalità e nel riconoscimento della legittimità della monarchia, così come la sua ascendenza sugli altri attori politici. Malgrado tutti questi impegni, il Ministero dell'Interno rifiuta, con una lettera della prefettura di Rabat, la creazione del nuovo partito, con grande disappunto di Benkirane, che invia delle lettere per conoscere le ragioni di questo rifiuto. Nessuna risposta da Driss Basri o dalla sua amministrazione. Il rifiuto del Ministero dell'Interno di autorizzare la creazione del Partito Attajdid si spiega con l'irrequietezza de Marocco riguardo agli avvenimenti drammatici che conosce il vicino algerino, dopo l'interruzione del processo elettorale e l'inizio della guerra civile. La paura del contagio preoccupa le autorità marocchine, che stimano dunque non opportuno lanciare un partito islamista in un contesto regionale molto difficile e in un momento in cui Hassan II intrattiene negoziati con l'opposizione, volti a preparare un governo di alternanza. Di fronte a questo rifiuto, Benkirane e i suoi compagni esprimeranno il loro sconforto e la loro frustrazione in un editoriale del loro settimanale Al Raya, sotto il titolo «islamisti del mondo, suicidatevi !». Ma gli islamisti ripartiranno all'assalto, cambiando strategia e approccio.


II.3.13. Il nuovo partito54

Rifiutati dallo Stato monarchico, ma sperando sempre di integrarsi nella vita politica e di dare al loro impegno un nuovo quadro e un nuovo slancio, gli islamisti cambiano di spalla il loro fucile e decidono di avvicinare i partiti esitanti. Il primo bersaglio è il partito dell' Istiqlal (PI). Rivendicando a sé un salafismo riformatore e integrando la dimensione religiosa nel suo corpus ideologico, l'Istiqlal è l'interlocutore naturale degli islamisti. Questi ultimi hanno preso contatto con i responsabili del PI, in vista di un'adesione del movimento islamista al vecchio partito, diretto da M’hammed Boucetta uomo politico stagionato e vecchio ministro della giustizia e degli Affari esteri. L'istiqlal declina cortesemente l'offerta degli islamisti proponendo loro di incontrare i suoi ranghi come individui e non come gruppo e movimento. E' per questo motivo che una eventuale OPA islamista sulla potente macchina dell'Istqlal sarebbe portatrice di una trasformazione maggiore della vita politica marocchina, che né la monarchia, né gli altri attori politici tollererebbero. Gli islamisti marocchini si rivolgono allora verso un vecchio partito, in giacenza da una ventina d'anni: il Movimento popolare democratico e sociale (MPDC), diretto da Abdelkrim Khatib, militante nazionalista, vicino alla monarchia che ha sempre avuto delle idee vicine al discorso islamista, in particolare nella sua opposizione ai partiti e movimenti di sinistra. L'egiziano Saleh Abu Raqiq, vecchio collaboratore de Hassan El Benna, fondatore dei Fratelli musulmani, fa da intermediario fra gli islamisti marocchini e Abdelkrim Khatib.

L'incontro, che ha luogo nel giugno del 1992 nella dimora di Khatib, sarà di una grande rudezza e freddezza in seguito ai suoi primi contatti con i dirigenti islamisti. Il patriarca impone un andamento opportunista dei suoi interlocutori e condiziona la loro integrazione al suo partito a tre principi: l'islam, l' accettazione della monarchia costituzionale e la messa al bando della violenza. Gli islamisti replicano che questi tre principi sono già parte integrante del loro movimento dall'uscita dalla Chabiba islamiyya55. Il vecchio leader nazionalista e i giovani islamisti si dicono d'accordo e si mettono al lavoro. Così, dal 1992 al 1996, gli islamisti marocchini, sotto l'ègida del dottor Khatib, iniziano a ripopolare e a ristrutturare il MPDC, al fine di farne una macchina politica ed elettorale, essendo capaci di imbrigliare la sua potenza ed adattarla alle circostanze e al rapporto di forza con il Palazzo e il Ministero dell'Interno. Nel giugno del 1996, il riavvicinamento tra il MPDC e gli islamisti di Al Islah diventa ufficiale. E' indetto un congresso straordinario del MPDC nell' ampia dimora del “dottore”, alla presenza di più di 600 partecipanti per eleggere la nuova direzione del partito. Come previsto, Abdelkrim Khatib è eletto in capo al partito con una segreteria generale composta da sei membri, nella quale i giovani islamisti si confrontano con vecchie figure del MPDC.

Alla tribuna, Abdellilah Benkirane, Abdellah Baha et Saâdeddine El Othmani, membri della struttura direttiva del partito, incarnano la trasformazione di una generazione d'islamisti, passati dalla militanza radicale e violenta all'azione partigiana, nel quadro di una monarchia costituzionale. Il tutto sotto la guida di un patriarca la cui carriera politica si è tutta svolta nella fedeltà alla monarchia. E' di questa alleanza e sotto questi auspici che nasce poi il partito della giustizia e dello sviluppo.


II.3.11. Abdelkrim Khatib, anzitutto un islamista

Immediatamente dopo la vittoria del PJD alle elezioni legislative del 25 novembre 2011, Abdel Benkirane si reca a casa del dottor Khatib, per onorare la memoria del fondatore del partito islamista. L' anziano dirigente nazionalista aveva accompagnato e protetto i giovani islamisti nella loro integrazione della vita politica marocchina aprendo loro le porte del suo partito, il MPDC. Pertanto, Abdelkrim Khatib era anzitutto un islamista. Questo chirurgo, vicino a Mohhammed V e ad Hassan II, in materia politica, non ha mai cessato di anteporre la sua sensibilità religiosa. Al tempo dell'elaborazione della prima Costituzione marocchina del 1962, egli aveva proposto ai redattori del testo l'introduzione di un titolo onorifico, destinato ad affermare la natura musulmana del paese. Khatib ricordava ai membri della commissione incaricata di questa redazione, composta in particolare da giuristi francesi, che i sultani del Marocco hanno sempre portato il titolo di comandante dei musulmani e di comandante dei credenti. Il titolo ha finalmente trovato collocazione nel cuore dell'articolo 19 della Costituzione per diventare a discrezione delle successive interpretazioni, la pietra miliare di una costruzione giuridica e politica, che offre al suo titolare, il re, un potere esteso e senza limiti.

Khatib vedeva nella referenza islamica una risposta forte e solida alle idee dei suoi avversari politici, soprattutto la sinistra, verso cui manifestava una avversione ed odio profondi, particolarmente verso il comunismo. Così, come al tempo della creazione dell'Associazione marocchina di sostegno al popolo palestinese, nel 1969, avvenuta nella sua dimora a Rabat, Khatib chiede l'esclusione di ogni rappresentante comunista tra i suoi membri. Nel 1973, Abdelkrim Khatib vuole cambiare il nome del suo partito in «Hizb Al Nahda Al Islamiya» (Partito della rinascita islamica), al fine d'affermare il referenziale religioso della sua formazione politica. La proposta è respinta da Hassan II, che chiarisce a Khatib che egli deve fondare una confraternita per fare delle attività religiose e non un partito politico. L'incontro con gli islamisti di Al Islah, una ventina di anni dopo, permetterà a Khatib di realizzare il suo desiderio e di dare al suo partito l'orientamento religioso tanto sperato.


II.4. Il partito della giustizia e dello Sviluppo56

II.4.1. Creazione, struttura ed organizzazione


Il “Partito Giustizia e Sviluppo” (PJD) è un’estensione, una continuità del “Movimento Popolare Costituzionale e Democratico”(MPCD) fondato nel 1967 in seguito all’adesione di una corrente islamica organizzata nel quadro del “Movimento dell'Unicità e della Riforma”(MUR).

I fondatori del Movimento Popolare Costituzionale e Democratico” appartenevano al “Movimento Popolare”(MP) fondato a sua volta nel febbraio del 1959. In seguito, alcuni suoi membri, come Abdelkrim al-Khatib ed altri suoi compagni se ne distaccarono e fondarono il “Movimento Popolare Costituzionale e Democratico”, manifestando così il loro rifiuto per lo stato d’emergenza dichiarato dal re Hassan II dopo la rivolta sanguinosa di Casablanca nel marzo del 1965 e il loro appoggio e attaccamento alla legittimità democratica e costituzionale ; questo per quanto riferito dai primi scritti legati al partito stesso. E’ bene aggiungere che il partito in questione, è scomparso dalla vita politica dopo la presentazione della relazione scritta da Abdelkarim al-Khatib al re nel 1971. Con il pretesto dell’assenza di garanzie vere per l’integrità e la trasparenza delle elezioni, il partito ha scelto di boicottare l’intero processo elettorale.

Questa presa di posizione del “Movimento Popolare Costituzionale e Democratico” non ha impedito al partito di sostenere le questioni dei paesi islamici contribuendo a creare così tre associazioni:

  • l’Associazione per sostenere la Jihad in Afganistan,

  • l’Associazione marocchina per sostenere la lotta del popolo palestinese,

  • l’Associazione di sostegno per i Musulmani della Bosnia-Erzegovina.

Dopo un’assenza durata un quarto di secolo, nel 1996, il partito del “Movimento Popolare Costituzionale e Democratico” fece un grande ritorno in politica riuscendo ad organizzare un convegno straordinario in cui furono annunciati i nomi dei membri attivi del Movimento islamico che hanno aderito al partito di Abdelkrim al Khatib. Questo successe cinque anni dopo l'interdizione di attività da parte dell' autorità marocchina per il “Movimento per l’Unità e lo Sviluppo” nel 1991 (era lo strumento politico della Lega dell'Avvenire Islamico) e per il “Partito del Rinnovamento nazionale” nel 1992 (strumento politico del Movimento per la Riforma e il Rinnovamento).

Dopo la fusione delle due organizzazioni ossia la “Lega dell'Avvenire Islamico” e il “Movimento per la Riforma e il Rinnovamento”, è nato un nuovo partito il “Movimento di Unificazione e Riforma” (Hizb al wahda wa al Islah) che, dopo aver preso contatto con il dottor Abdelkrim al- Khatib , ha visto aprirsi le porte del partito di quest'ultimo agli islamici del nuovo movimento che non tardarono ad entrare nella vita politica un anno prima delle elezioni legislative del 1997, data che segna il primo ingresso degli islamisti nel Parlamento marocchino.

L’adesione degli islamisti al movimento di al-Khatib ha permesso di ridimensionare la direzione del partito scegliendo un leader più giovane, di riorganizzare le strutture e di sostenere l’orientamento islamico. Con queste novità , il partito decise di partecipare alle elezioni legislative nel 1997 dove ottenne 9 seggi e in seguito, durante il periodo elettorale, riuscì a completare il numero di altre tre iscrizioni per poter formare il gruppo parlamentare57.

All’inizio, questo partito si è comportato con il governo di Abderrahmen al-Yussufi (1998/2002) chiamato anche “governo dell'alternanza ” con il cosiddetto “sostegno critico” per poi passare a “ l’opposizione consigliera ” (come espresso dal partito).

Le nuove dinamiche organizzative e strutturali adottate da questo movimento contribuirono a rielaborare l’espressione dell’orientamento e tendenza del partito cambiando per prima cosa il nome del movimento rendendolo “Giustizia e Sviluppo” tagliando ogni indicazione legata all'islam, e questo successe durante il congresso nazionale del partito nel 1998; fu considerato l’ inizio di una nuova fase nella storia del partito.

L'organismo del PJD si basa sulle seguenti strutture:

  • Assemblea nazionale ( il congresso nazionale)

  • Consiglio nazionale

  • Autorità arbitrante

  • Segretariato generale

  • Consiglio degli incaricati regionali

  • Regioni e province

  • Amministrazione centrale.

Sul piano dell'organizzazione e della struttura il PJD ha conosciuto un sensibile progresso attraverso gli anni; all'inizio, il partito si organizzava in undici assemblee di coordinamento regionale e in questo primo periodo (1999), la nomina del coordinatore giungeva direttamente dal segretariato generale, in seguito pero' (nel 2002) la scelta del coordinatore si faceva tra tre candidati nominati dalla collettività regionale che a sua volta lasciava l'ultima parola della scelta di un solo coordinatore al segretariato generale. In seguito, e nel quadro dei criteri di decentramento, del sostegno della funzionalità all'interno della struttura organizzativa del partito (come riportano i trattati scritti dello stesso partito) e dopo il V° convegno nazionale dell'aprile del 2004, il PJD si è visto beneficiare di quattordici uffici sull'intero territorio nazionale. Per scegliere l'ufficiale regionale che a sua volta propone gli altri membri dell'ufficio per l'approvazione , si è adottato uno scrutinio diretto. Così fatto, la rappresentanza regionale ha potuto godere di ampi poteri diventando un segretariato generale occupato nella gestione degli affari politici, organizzativi ed economici del partito al livello regionale.


II.4.2. Dalla "Riforma" al "Rinnovamento"


L'evoluzione dei media della Corrente islamica che si è unita al partito di Abdelkrim al Khatib modificando il suo nome per diventare il « Partito della Giustizia e dello Sviluppo » ha potuto essere al passo con le grandi tappe della carriera politica dei suoi leader. Il primo quotidiano del partito fu « La Riforma » (Al Islah ) pubblicato nel 1987 dalla « Associazione della Comunità islamica » sotto la direzione di Abdellilah Benkirane. Dopo due anni pero' cesso' l'edizione di questo giornale perché l'Associazione della Comunità islamica cambio' l'appellazione e divenne «Il Movimento della Riforma e dello Sviluppo ». In questo stesso periodo nel 1993 fu lanciato il settimanale « Il Risveglio » dalla « Lega dell'Avvenire Islamico », che aveva,come direttore Mustapha al-Ramid.

In seguito alla fusione delle due correnti sopracitate con la nascita del « Movimento di Unificazione e Riforma » ci fu anche l'unificazione dei mezzi di informazione delle due organizzazioni dando vita nel 1995 al quotidiano «Il Rinnovamento » (AL Tajdid) che è ancora oggi diretto da Benkirane, segretario generale del «Partito della Giustizia e dello Sviluppo»(PJD).

Il termine «Rinnovamento» non costituisce soltanto un titolo di giornale bensì uno slogan politico che racconta le trasformazioni del «Movimento di Unificazione e Riforma » e il passaggio dei suoi leaders e componenti dalla « attività clandestina » a quella politica istituzionale ben dichiarata.


II.4.3. Mezzi di propaganda religiosa e di politica

Il quotidiano il «Attajdid» «Rinnovamento» tratta due aspetti interdipendenti, l'uno riferito alla propaganda religiosa e alla politica nel programma del «Movimento di unificazione e Riforma» e l'altro attinente alla politica del «Partito della Giustizia e Sviluppo». Questo significa che sia il Movimento sia il Partito sono dei conservatori, attaccati ai loro principi; mentre il primo segue con interesse le questioni religiose legate alla vita quotidiana il secondo si occupa di politica (il parlamento, le collettività locali, …... )

Nonostante le dichiarazioni di molti responsabili del «Partito della Giustizia e dello Sviluppo» che negano di aver come portavoce il quotidiano il «Rinnovamento» , l'unico mezzo di informazione resta questo giornale.

Il fatto che, Il «Movimento di Unificazione e Riforma» che pubblica il quotidiano il «Rinnovamento» sia l'alleato strategico del Partito è plausibile per i responsabili del giornale stesso; infatti, il giornale si distingue dagli altri quotidiani marocchini per questo legame di interdipendenza; Il lato che concerne il Movimento basa la sua attività sulle questioni di predicazione e educazione con riferimento alla religione islamica e nello stesso tempo, come rappresentante del «Partito per la Giustizia e lo Sviluppo» si occupa della legislazione dell'Islam per quanto riguarda le questioni religiose e politiche dello Stato (alcol, corruzione, donna, sviluppo, ….....)


II.4.4. Carenza dei mezzi e distaccamento dei giornalisti58

Il quotidiano il «Attajddid»«Rinnovamento » conta 38 lavoratori da cui 18 sono giornalisti (l'intero gruppo editoriale) tra i quali troviamo 6 donne mentre il resto degli impiegati ( anche qui sono presenti 6 donne) è suddiviso nell'area amministrativa, commerciale, della distribuzione e dell'archivio.

Secondo le dichiarazioni dei responsabili, il quotidiano il «Rinnovamento» come altri giornali portavoce di partiti, non realizza significativi guadagni per poter garantire la sua continuità e la dimostrazione è il numero basso di copie vendute in media giornaliera e che non supera le 4500 copie dalle 10000 stampate. Per questo motivo il « Partito della Giustizia e Sviluppo » non si basa soltanto su questo giornale come faccia mediatica.

Inoltre, il quotidiano soffre di problemi al livello strutturale dovuti alla mancanza di mezzi e al passaggio dei giornalisti ad altre istituzioni mediatiche; il risultato è che il giornale si accontenta, di personale meno preparato.

Si può' capire da questo che l'appartenenza ideologica ad un partito o ad un altro non è sufficiente per convincere i giornalisti a rimanere a lavorare per questo quotidiano soprattutto in un periodo di grande tensione imposta dai vari mercati mediatici nel paese ; alcuni giornalisti hanno preferito attivarsi attraverso il sito Internet di « Al Jazeera », atri hanno cominciato a lavorare per altri giornali come ad esempio«Al jarida» « Il Giornale » e «Al massa»« La Sera » o hanno fondato i propri quotidiani e il resto ha preferito il lavoro nel settore commerciale . Si può' dedurre che dietro queste scelte ci siano il fattore finanziario e il guadagno sicuro .

Per quando riguarda gli altri allontanamenti dal «Rinnovamento» le cause sono, perlopiù, legate agli errori professionali di alcuni giornalisti, le frequenti assenze e la mancata professionalità.

Il personale attivo appartenente al giornale il «Rinnovamento» ha come basi la laurea in letteratura francese, in studi islamici, in giurisprudenza, in giornalismo o in informatica. Alcuni di loro hanno fatto anche studi post laurea.

Per quanto riguarda la formazione di questi gruppi, un responsabile del quotidiano ha dichiarato che il giornale soffre della mancanza di finanziamento oltre all'assenza di personale qualificato, stante la carenza di scuole di formazione specializzate nella città di Rabat. A tal riguardo, il giornale ha preventivato di destinare il 5% del bilancio annuale delle sue risorse per garantirne la formazione necessaria. Malgrado ciò si è potuto formare un numero di giornalisti nel Centro di formazione di « Al Jazeera » nel Qatar e altri durante dei tirocini organizzati nell' estate dell'anno scorso in Marocco.

L'altro argomento è legato alle entrate derivanti da annunci e pubblicità; lo stesso responsabile dice che l'idea falsa che molti hanno del giornale, accusandolo di estremismo, ha diminuito drasticamente il suo guadagno dal settore pubblicitario, rifiutando la via del compromesso clientelare e politico. L'unica fonte di entrate quindi deriva dagli annunci amministrativi, ministeriali e pubblicitari che permettono almeno l'acquisto di carta di alta qualità, e rimandando a tempi migliori la possibilità di avere corrispondenti e giornalisti qualificati, nella speranza infine di avere la propria stampa privata.


II.4.5. La collocazione del «Rinnovamento» nel panorama mediatico marocchino59

Il quotidiano il «Rinnovamento» si classifica in mezzo alla lista dei giornali del Paese. Su 10.000 tirature complessive, esso riesce a vendere mediamente 4500 copie al giorno; variano, invece, da 6000 a 7000 i lettori dello stesso giornale on line.

Per quanto riguarda la natura del rapporto tra i mezzi di informazione pubblici e il «Rinnovamento » notiamo un gran disinteresse da parte del primo canale televisivo marocchino nei confronti del quotidiano. Nella sua rassegna stampa non si dà spazio alle notizie che pubblica, nonostante la partecipazione di qualche giornalista ad alcuni dibattiti o interviste. Il secondo canale, secondo una dichiarazione di uno dei rappresentanti del « Rinnovamento», ha una posizione di completo contrasto e di ostilità nei confronti del quotidiano.

Per la stampa scritta, la stessa fonte60 dice che molti dei giornali come ad esempio «Bayen al-yaum» (Dichiarazione del giorno), «La Déclaration » (La Dichiarazione), «Yaumiyyat al-nass »(il Quotidiano della Gente) e « Aujourd'hui le Maroc » (Il Marocco oggi) considerano il « «Rinnovamento » un temibile concorrente e lo descrivono come un giornale oscurantista che minaccia il sistema, diffonde l'estremismo e il sottosviluppo. Esistono anche giornali meno aggressivi nei confronti del « Rinnovamento » e con cui non si hanno scontri significativi specifici come ad esempio «Al-Sahara al- maghribia » (Il Sahara marocchino) e poi c'è « Al-Îlm »(Il Sapere) che rappresenta una corrente vicina a quella del «Rinnovamento ».

I giornalisti del quotidiano si lamentano di non poter accedere all'informazione e accusano il governo ed alcune parti di questa limitazione. Le tre istituzioni : la monarchia, l'esercito e gli affari religiosi non hanno rapporti o legami con i giornalisti del «Rinnovamento » e così tutto quello che riguarda la gestione dei soldi pubblici, i licenziamenti dei funzionari ministeriali, la manipolazione delle transazioni pubbliche e gli altri argomenti spinosi che toccano da vicino la società civile restano difficili da affrontare per questa esclusione.


II.4.6.Il sito del quotidiano il « Rinnovamento » http://www.jadidpresse.com/


Il sito del giornale si divide in due sezioni : la prima si occupa degli eventi nazionali ed internazionali con una particolare attenzione alle questioni legate all'islam nel secondo posto. Questa sezione comprende anche una parte riservata all'archivio del quotidiano che risale al 2002; oltre a questo troviamo degli estratti vari di eventi politici, culturali, sportivi ecc.

La seconda sezione del sito invece raggruppa le questioni religiose e di predica che le collega anche al sito del « Movimento di Unificazione e riforma » oltre ai canali come « Al-Aqsa » appartenente al sito centrale di Gerusalemme e della Palestina.

D'altra parte, uno spazio è dedicato ai commenti dei visitatori e lettori , i loro suggerimenti e le loro domande. Delle risposte sono date e dei chiarimenti posti grazie al dinamismo e l'interattività del sito del « Rinnovamento ».

Nella parte inferiore della pagina del sito troviamo disposti file con una finestra contenente i documenti del giornale e in particolare testi storici del grande sapiente Mokhtar Soussi, degli islamisti e degli affari interni del Marocco oltre a un quadro destinato specialmente alla cultura « amazigh » (berbera), ai suoi personaggi, a saggi in versi e ai suoi proverbi.

Un altro spazio contiene argomenti e opinioni riguardanti le questioni e gli eventi nazionali e internazionali, dossier sul Libano, l'Iraq e la Palestina oltre ad una lista con nomi di personaggi aventi un impatto sulla scena nazionale oppure su quella del mondo islamico.


II.4.7. Il contenuto del sito Internet del Partito della Giustizia e dello Sviluppo


Tramite il proprio sito Web, il «Partito Giustizia e Sviluppo» presenta la sua organizzazione politica puntando sugli aspetti fondamentali che ritiene appropriati alla sua autorità e alla sua concezione ideologica e mediatica e lo fa attraverso :

  • « La lampada» come simbolo e denominazione del sito del partito

  • La foto del fondatore Abdelkrim al-Khatib a destra della pagina principale con il suo vestito lungo e ampio e la sua barba. A sinistra e sulla stessa linea orizzontale troviamo la foto del segretario generale del partito Saad Eddine Othmani con la sua barba e vestito con completo giacca e cravatta. Tutti e due i leader sfoggiano un gran sorriso sulle labbra .

  • Tra le due immagini compaiono ritagli di foto di donne e ragazze con il velo ; alcune di loro sono sedute ai tavoli di un ristorante moderno, altre rappresentano le usanze del Sahara e una fanciulla di un paesino con il suo vestito tradizionale.

  • Oltre a questo troviamo immagini di elettrodomestici , il famoso faro di Marrakech, uno dei più antichi minareti del paese , la bandiera e il tappeto del Marocco, campi coltivati ecc.

Il partito ha anche una finestra che annuncia la data di uscita di un settimanale politico intitolato « Al ra'y »(L'Opinione) con lo slogan « Al khabar al yaqin wa al ra'y al rassin » (L'informazione certa e l'opinione equilibrata).

Sulla sua pagina principale , il partito offre ai visitatori del sito una presentazione completa delle sue strutture organizzative affinché possano conoscerle (la legge fondamentale, il presidente fondatore, il segretario generale e il suo ufficio, le strutture, la storia della sua creazione e lo sviluppo, le pubblicazioni, l'album foto, audio e video) in più figura anche il progetto del partito (il suo obbiettivo, la giustizia e lo sviluppo, la sua bibliografia, il programma elettorale, biografia, opinioni e pareri, dossier settoriali) oltre ad una copertura informativa sulle attività del partito al livello locale, nazionale ed internazionale (aggiornamenti, avvisi e comunicazioni, seminari e giornate di studio, attività regionali, visite e ricevimenti, echi dalla stampa, audio e video) e un'altra presentazione che riguarda i diversi comitati (I giovani del partito, il comitato donna e famiglia, l'associazione degli eletti, relazioni estere, comunicazioni mediatiche, forum per lo sviluppo, per la politica e per gli avvocati) e le squadre attive (quella al parlamento, la seconda camera, i consulenti e le camere professionali).

Tutti questi servizi sono offerti in diverse lingue: l'arabo, il berbero scritto con caratteri arabi (e non con il tifinagh cioè i caratteri berberi), il francese e l'inglese.


Per le elezioni del 7 settembre 2007, Il sito del partito ha fornito dei link che mettevano in rilievo la sua preparazione per le elezioni ed i suoi meriti pubblicando articoli inerenti al suo programma politico (articoli di Saad Eddine Othmani, Mohamed Yatim, Habib Choubani, Salah Saadi...) e presentando il suo gruppo parlamentare, la fascia giovane del partito e l'assemblea dei sostenitori. Il tutto corredato di pubblicazioni messe a disposizione del pubblico :

- uno spazio alle probabili domande e quesiti e le risposte ad essi.

- sondaggi di opinioni dei visitatori del sito riguardo al programma legislativo del partito, le sue priorità come l'accesso alla sanità per tutti, la lotta alla disoccupazione e alla corruzione finanziaria e amministrativa.

- una finestra dedicata al forum delle discussioni permette ai lettori di fare domande su questioni specifiche e al partito di farne altrettante al suo pubblico.


II.4.8. Le posizioni del Partito nei media e la Democrazia


Gli scritti del partito ricordano che la fondazione dell'organizzazione risale a quattro decenni fa cioè quando fu creato il «Movimento Popolare Costituzionale e Democratico» da Abdelkrim al-Khatib ed altri. Secondo le stesse fonti, questo partito è rimasto attaccato all'orientamento democratico, suo motto iniziale, che l'ha accompagnato in tutte le principali tappe della storia politica del Marocco in modo che l'opinione pubblica accettasse le idee del partito e si convinse della lealtà di questo movimento nel mantenere le promesse e nel rispettare le diversità dei pareri e dei dogmi. Per più credibilità, il partito si è espresso dicendo che la sua fondazione era una risposta alla dittatura e i suoi metodi di esclusione e di prepotenza contro i diritti dei cittadini. Oltre questo, il movimento ha voluto dimostrare che l'era dell'unico partito era finita cedendo il posto alla libertà di espressione e alla pluralità dei partiti.

Attraverso i suoi mezzi di informazione, il partito sottolinea l'obbligo di rispettare i principi nazionali e la scelta di una buona base per iniziare la riforma ; al posto di un pensiero rivoluzionario che apre tutte le porte del conflitto come è successo subito dopo l'indipendenza del Marocco, è meglio avere un'opposizione politica che agisca nel contesto della legalità religiosa e nazionale.

Il partito limita le sue funzioni alla sfera politica e ogni appartenenza al movimento è un' appartenenza puramente in questo senso ; quest'ultima si basa sulla cittadinanza e non sul credo religioso . Così si deduce che, essendo aperto a tutti i cittadini che rispettano l'orientamento politico del partito e le sue leggi, è automaticamente aperto , come ha dichiarato più di una volta uno dei suoi leader Abdellilah Benkirane, anche agli Ebrei Marocchini.

Con il suo discorso ideologico, il partito ha provato a convincere l'opinione pubblica e il sistema politico marocchino in particolare, del suo rifiuto della discriminazione intellettuale e religiosa all'interno della sua organizzazione accettando così le regole del « gioco » politico per poter allargare i suoi orizzonti sociali e consolidare le sue alleanze con l'estero visto che è consapevole del fatto che non arriverà al potere senza aver ottenuto l'accordo delle istituzioni del regno del paese e dell'élite marocchina all'interno e poi provare a farsi accettare attraverso le tattiche politiche sulla democrazia attirando a se molti alleati e simpatizzanti.

Il modo per guadagnarsi tutto questo è senza dubbio il riconoscimento, nei discorsi politici, del fatto che il re è il comandante dei fedeli « Emir al-Mu'minin » ; è colui che protegge la religione secondo la costituzione. Il partito considera questo fatto come un'importantissima garanzia per tutelare il Marocco da tutte le forme di estremismo e di intolleranza religiosi e non religiosi. Da qui si capisce che il partito non cerca di contestare il re nel suo ruolo di emiro come è stato il caso del movimento della « Giustizia e Carità » e non ha nessun vantaggio, pur avendo un riferimento religioso, nel gettare il dubbio sulla dimensione di nobiltà « sharifi » del sistema dominante.

Secondo Nadia Yassin, figlia della guida del movimento « Giustizia e Beneficenza », il partito « Giustizia e Sviluppo » non è diverso dal resto dei partiti ; è piuttosto un partito molto vicino al regime del Re . E' da qui che nasce il forte disaccordo tra il partito di al-Khatib e il gruppo di Yassin che considera ogni appoggio al governo ed ai suoi principi un atto contrario al gruppo « Giustizia e Beneficenza » anche se il riferimento è la religione islamica .

Il partito « Giustizia e Sviluppo » ha grande riguardo nei confronti del movimento democratico della « Unificazione e riforma » essendo un suo alleato strategico dal momento che molti membri del partito della «Giustizia e Sviluppo » fanno parte anche del movimento « «Unificazione e Riforma » e alcuni sono leader in esso ma le due organizzazioni sono indipendenti l'una dall'altra nelle decisioni e nelle prese di posizione; il movimento fa parte della società civile invece il partito è un'organizzazione politica ma nei due casi i componenti si considerano nello stesso livello senza aver bisogno di una guida « Sceicco » come nel caso del gruppo della « Giustizia e Beneficenza ».

Nonostante ciò, il partito della « Giustizia e Sviluppo » si trova costretto a spiegare ogni volta anche la natura del suo rapporto con il quotidiano il « Rinnovamento », precisando che quest'ultimo è il portavoce del movimento della «Unificazione e Riforma » e non del partito. In « Giustizia e Sviluppo » quindi non c'è nessuna implicazione per quanto riguarda la presa di decisioni ma nel momento stesso non nega la vicinanza tra giornale e partito. Questo rapporto, comunque, si vede attraverso lo spazio che il giornale mette a disposizione del partito per elencare le sue attività, le sue conferenze e discorsi emessi da alcuni dei suoi leader che appartengono sia al movimento che al partito.

Il più plausibile esempio resta senza dubbio Abdellilah Benkirane direttore del « Rinnovamento » che riveste il ruolo di membro del segretariato generale del partito della «Giustizia e Sviluppo » e di presidente del suo consiglio nazionale.

Alcuni membri del partito esprimono la loro fiducia nella democrazia , considerandola un mezzo per gestire le diversità ed i conflitti . Gli scritti relativi al partito precisano che la scelta dei dirigenti è la stessa da un quarto di secolo e si basa sul suffragio e da cui l'ultima parola spetta alla maggioranza. La cosa positiva nel cammino del partito è anche il cambio della leadership dopo ogni periodo di responsabilità così per dimostrare che tutte le sue attività si basano sulla democrazia che pian piano si sarebbe radicata nel pensiero islamico a differenza di altri movimenti islamisti ancora in posizione di dubbio nei confronti di questa democrazia. Attraverso i documenti del partito, le sue pubblicazioni sul quotidiano il « Rinnovamento » e il sito web si possono riassumere le fondamentali norme del percorso democratico all'interno del partito come segue:

  • Tutte le responsabilità politiche principali sono sottoposte al voto dopo un' estesa operazione elettorale

  • i funzionari nazionali e locali (segretario generale, ufficiale amministrativo regionale e provinciale) non possano superare il periodo di due mandati.

  • La presenza di regole che spingono al rinnovamento continuo della leadership dando la possibilità ai più giovani e questo per non avere sempre le stesse persone alla conduzione del partito.

Il partito della “Giustizia e Sviluppo” accetta la democrazia sulla base che essa permette alle persone di partecipare alla vita politica del paese , in più non è una parte superficiale distaccata dalla cultura della società e delle sue origini bensì il contrario e questo sfata l'idea che alcuni individui vogliono diffondere dicendo che ci sia una contraddizione tra organo consultivo “Shura” e democrazia.

Secondo il partito, il successo della transizione verso la democrazia richiede una preparazione delle diverse istituzioni politiche del paese sia al livello legislativo che quello esecutivo o partigiano oppure si fa attraverso discorsi ufficiali del partito e tramite interviste giornalistiche. Oltre questo il segretario generale del partito della “Giustizia e Sviluppo” tiene a dire che la sua organizzazione politica non rappresenta un unico blocco politico ma essa è il prodotto di un insieme di eventi e reazioni perciò è ovvio che ci siano delle diversità di opinioni tra i suoi membri e questo non fa che arricchire l'interno del partito ed è un segno di vera democrazia . “ Noi pratichiamo la politica e la politica in se stessa significa l'accordo e l'alleanza e il nostro è un partito con riferimento islamico e nello stesso tempo è un partito democratico che rispetta tutti i movimenti che sono fondati su basi del socialismo, liberalismo o che siano di destra o di sinistra.

Alcuni pensano che il metodo usato per gestire il partito nei comuni che l'hanno eletto (Mèknes, El kasr el kabir e Khnifra) potrebbe aiutare a fare conoscere il lato pratico di questo movimento e la democrazia con cui esercita. Di questo si è espresso uno dei giornali61 elogiando la sua posizione positiva nei confronti dei rappresentanti della “Giustizia e Sviluppo” che usa un mezzo democratico più vicino al pragmatismo che agli slogan etici e religiosi che sventolava all'indomani della sua fondazione.

Nel complesso, la democrazia sembra, dal punto di vista del partito “Giustizia e Sviluppo”, una struttura basata sull'intesa tra i suoi membri dove non c'è posto per la leadership o per tale o tale figura come avviene, secondo il codesto movimento, in altre organizzazioni. Il riferimento islamico del movimento non è contrario al trattamento delle questioni dello stato e le problematiche della società ma è contro l'esclusione della politica dalla vita del popolo e contro la richiesta di un cambiamento radicale con minacce e disobbedienza civile che il gruppo di “Giustizia e Carità” chiama “Nazionalismo”.


II.4.9. I diritti umani dal punto di vita del partito “Giustizia e Sviluppo”


Per esprimere il suo parere sull'argomento, il partito mette in luce l'importanza delle costanti e basi ufficiali dello stato e insiste sul fatto che anche se esso ha un riferimento islamico, questo non fa di lui il portavoce o il rappresentante dell'Islam come si permettono di dichiararsi altri movimenti islamici perché, in fondo, l'Islam è il riferimento ufficiale del paese e automaticamente di tutti i partiti politici marocchini con una particolare attenzione anche sul diritto alla cittadinanza delle persone senza distinzione o discriminazione religiosa, di sesso o di appartenenza etnica.

Attraverso il suo metodo ideologico nel guardare le questioni , il partito “Giustizia e Sviluppo” conferma la sua lotta per i diritti umani e per le libertà fondamentali che costituiscono uno dei pilastri del suo movimento sostenendo numerose dichiarazioni e convenzioni internazionali e rifiutando ogni forma interpretativa che cancelli le particolarità religiose e culturali dei popoli o che imponga idee non compatibili con il buon senso e che potrebbe sfasciare tutta la società. La difesa dei diritti umani, secondo il partito “Giustizia e Sviluppo”, è quindi un obbligo comune condiviso tra le diverse appartenenze etniche, politiche ed altro.

Il partito insiste anche sull'equilibro esistente nei diritti umani e che dovrebbe stabilirsi di una maniera equa tra gli individui, la comunità e la società ma ricorda che ogni diritto è legato ad un dovere.

Per il partito, i diritti umani comprendono oltre ai diritti sociali, economici e culturali, che garantiscono una vita dignitosa alle persone, il diritto politico , la libertà d'espressione e di convinzione.

Nei suoi discorsi approfonditi sulla sua visione dei diritti umani, il partito introduce lo stile della “tregua” nei confronti dei movimenti con cui ha conflitti oppure con quelli che sono diversi nel loro pensiero o nella loro convinzione visto che l'Islam non impone la religione agli individui ed è questo punto che è stato adottato dal partito come linea guida.

Nonostante ciò , il partito “Giustizia e Sviluppo” è stato accusato per aver limitato alcuni dei diritti e aver rifiutato di mettersi contro i gruppi terroristici. Ma dopo l'attentato del 2011 a Marrakech , il movimento si è schierato dalla parte del governo e ha condannato questi atti, tutto questo per evitare le accuse ingiuste contro di lui dai suoi oppositori , dai media o dalle organizzazioni associative che hanno sempre cercato di limitare drasticamente la sua presenza sulla scena politica minando con questo comportamento, la sua esistenza.


II.4.10. Il partito “Giustizia e Sviluppo” e il terrorismo


Il colpo terroristico del 16 maggio 2003 e le sue conseguenze hanno spinto il partito della Giustizia e Sviluppo a condannare, nei suoi vari discorsi e nelle dichiarazioni ufficiali dei suoi leader, questi atti mostrando così la sua posizione chiara contro il terrorismo.62

Attraverso i media, il partito ha provato in tutti i modi , a precisare il suo cammino da moderato denunciando ogni forma di fanatismo o estremismo religioso dannoso e considerandolo un'eccezione alla regola nella società marocchina. Con questo, il partito fa un appello indiretto all'élite politica del paese per adottare una cultura di dialogo e rifiutare ogni tentativo che prende di mira il partito della Giustizia e dello Sviluppo nell'intento escluderlo dalla scena politica com' era già successo in passato in seguito ad alcuni eventi fanatici e dopo alcune elezioni; qualche organizzazione in opposizione al partito “ Giustizia e Sviluppo” ha cercato di offuscare l'immagine del partito fino a chiedere il suo completo scioglimento. Questa situazione ha spinto il movimento a emettere, il 29 maggio 2003, un comunicato in cui affermava la sua adesione all'approccio olistico sostenuto dal re e alla dichiarazione nel discorso finale del Consiglio nazionale tenutosi il 5 luglio 2003 in cui la decisione del re fu considerata come migliore risposta a tutti quelli che volevano «togliere di mezzo » il movimento”Giustizia e Sviluppo”.

Sulla definizione del concetto di « terrorismo », il partito della Giustizia e Sviluppo lo colloca prima di tutto nel suo quadro internazionale a partire della metà del secolo scorso quando sbocciarono le prime organizzazioni politiche estremiste come ad esempio le Brigate Rosse in Italia, il gruppo massonico di Lennhof in Germania, l'IRA in Irlanda e l'ETA basca in Spagna ed altre ancora. Gli atti terroristici di questi movimenti però sono diversi dagli attentati dell'11 settembre del 2001 negli Stati Uniti e da quelli che hanno scosso altri paesi tra cui il Marocco perché i contesti e le motivazioni di queste violenze ed i loro scopi sono nettamente diversi.

Sul piano nazionale, il partito della Giustizia e Sviluppo non collega gli attentati del 16 maggio 2003 a fattori come la povertà, l'emarginazione, l'esclusione, l'ingiustizia sociale e le poche prospettive ma bensì all'assenza di una vera organizzazione politica e religiosa , all'incapacità della scuola marocchina e del programma educativo ad assicurare un'efficiente preparazione ai giovani per poterli inserire nei diversi campi del mondo del lavoro. Sono inclusi , tra i difetti anche la prepotenza dell'approccio di sicurezza e la debolezza dei partiti politici.

A sua volta, le debolezza dell'orientamento religioso è imputabile, secondo il partito “Giustizia e Sviluppo” alla scarsità del programma educativo delle istituzioni religiose oppure alla politica di stato che non dimostra il dovuto riconoscimento al ruolo svolto dagli educatori e dai sapienti.

Lo stesso movimento ritiene che la forte provocazione del sentimento religioso nella vita pubblica e quotidiana della gente e nei media è dovuta alla commercializzazione delle bevande alcoliche ai Musulmani, all'incoraggiamento al gioco d' azzardo, alla creazione di casinò e alla diffusione del turismo sessuale; tutti motivi che hanno spinto ad un'espressione estremista nei confronti di una situazione di declino dei valori e dei principi di un'educazione sana ; motivi che sono all'origine del ripetersi di tali atti.

Questo tipo di situazione necessita , secondo il partito, un lavoro di rafforzamento delle istituzioni educative islamiche e il rifiuto di tutte quelle tesi che tendono a fanatizzare le fonti della religione . Il lavoro in se consiste nel rafforzamento del senso religioso della comunità con i mezzi di socializzazione e riabilitazione degli organi politici e civili per formare individui equilibrati psicologicamente, culturalmente e religiosamente lontani dal fanatismo e il terrorismo che l'Islam stesso condanna.

Il 17 maggio 2003 , un giorno dopo gli eventi del 16 maggio, i mezzi di informazione del partito “Giustizia e Sviluppo” ha emesso una dichiarazione a nome del suo segretario generale Abdelkrim al Khatib e in cui condanna severamente l'attentato di Casablanca del giorno prima, conferma il rispetto del Sacro (cioè della religione visto che ogni volta la colpa si dà al sacro) e chiama alla cooperazione con le autorità giudiziarie per arrestare i membri responsabili di questi atti terroristici.

L'articolo di Saad Eddine Othmani sul giornale “Accharq al Awssat”(Il Medio Oriente) ha sottolineato il ruolo principale del re nella sua veste di protettore della religione al fin di confutare tutte le accuse che gli altri movimenti politici e non politici volevano addossare al partito “Giustizia e Sviluppo” per gli atti suicidi e questo per negargli la legittimità, dare un'immagine distorta all'interno e all'esterno e cacciarlo dalla scena politica.

Con il suo articolo, Saad Eddine Othmani ha tentato di dare una solida posizione politica al partito e un sostegno al potere del re.

Per quanto riguarda il disegno di legge n. 03.03 relativo al terrorismo, il movimento “Giustizia e Sviluppo”, si è espresso attraverso il suo vice segretario generale Abdellah Baha rifiutando di aderire al progetto perché lo riteneva un programma con impatto negativo sui Diritti umani, sulla società civile e sull'economia e considerando le leggi già in vigore nel paese sufficienti per rispondere alle esigenze e bisogni. Però dopo il 16 maggio del 2003, il partito fu costretto a votare la legge contro il terrorismo.

Da qui il movimento ha capito che l'approccio di sicurezza e diritto non bastava da solo a contrastare il fanatismo. Il quotidiano il “Rinnovamento” ha da parte sua condannato anche gli atti di violazione dei diritti umani, di tortura, di arresti dopo gli eventi del 16 maggio.

Il giornale, inoltre, ha insistito perché si rinforzasse il ruolo dei sapienti e dotti di religione che soffrono l'esclusione e l'emarginazione, allo scopo di fare chiarezza sulle vere finalità di nozioni come Jihad (sforzo o lotta) e Sharia (diritto musulmano) presenti nella religione e spiegarle ai giovani perché non cadessero nell'ambiguità delle idee malate e fanatiche.

L'argomento “terrorismo” costituisce un punto molto importante e spinoso per il partito della Giustizia e Sviluppo perché nell'immaginario della società e degli oppositori, al movimento sono stati attribuiti gli atti terroristici, invece questi attacchi suicidi sono l'opera di individui senza scrupoli che hanno rivendicato la loro difesa dell'Islam ricorrendo a vari tipi di violenza per giustificare i loro atti per poi buttare la responsabilità morale sul partito della Giustizia e Sviluppo che ha come riferimento l'Islam.

Per questo, il movimento ha usato tutti i suoi sforzi attraverso i media e il suo potenziale per dimostrare la sua innocenza e il suo rifiuto del terrorismo e anche il proprio rispetto per le costanti ufficiali ed i principi dello stato marocchino.


II.4.11. Le donne nella percezione del Partito “Giustizia e Sviluppo”


La visione del movimento nei confronti della donna si basa sulla giustizia sociale all'interno della famiglia che dice che la donna e l'uomo si completano a vicenda per garantire la stabilità e l'equilibrio. Nello stesso tempo, il partito mette in guardia dalle conseguenze che si potrebbero avere se si cominciasse a trattare l'argomento dall'ottica del conflitto tra i due sessi come è il caso nella società occidentale.

Il partito della Giustizia e Sviluppo incontra il parere del gruppo della “Giustizia e Carità” nel dire che la condizione della donna musulmana nella famiglia è il risultato non soltanto della decadenza e dell'ignoranza durata decenni ma è soprattutto la non corretta interpretazione e comprensione della religione che invece si basa sul principio di un'uguaglianza sul piano umano e giuridico tra donne e uomini e che fa della donna una sorella per l'uomo. L'ignoranza di certi individui che sono la causa di un'interpretazione falsa della religione ha rinnegato alla donna il suo diritto di una partecipazione reale nei diversi settori, siano economici che politici63.

Inoltre, il partito “Giustizia e Sviluppo” dichiara che ogni riforma per cambiare la situazione dovrebbe essere fatta attraverso la corretta comprensione della giurisprudenza e dei fini della religione tenendo conto degli sviluppi e cambiamenti della società e tirando profitto delle lacune presenti nella vecchia versione del “Codice dello Statuto Personale” marocchino.

Il partito aggiunge dicendo che il vantaggio di avere il patrimonio della cultura islamica non è in contraddizione con il fatto di beneficiare delle esperienze delle donne occidentali che hanno potuto ottenere molti privilegi e vantaggi che hanno permesso di fare accordi al livello internazionale rimuovendo così ogni forma di discriminazione contro le donne.

Questo riconoscimento però non impedisce al movimento “Giustizia e Sviluppo” di esprimere la sua opinione su alcune idee di tipo filosofico e ideologico che giudica incompatibili con il sistema familiare islamico e con le proprie caratteristiche sociali e culturali della società musulmana. Anche se il riferimento del partito non definisce queste dimensioni di non compatibilità, esso lascia un campo libero per gli interventi istruttivi su questo tema.

In questo quadro il partito esprime anche le sue riserve riguardo all'approccio adottato dai governi precedenti per affrontare le questioni della famiglia, delle donne e dell'infanzia ; argomenti che trovano la loro base di riferimento nelle convenzioni internazionali; il movimento della Giustizia e Sviluppo trova molte delle disposizioni e delle decisioni convenzionali incompatibili con gli insegnamenti della religione islamica perché comprendono concetti (come l'assoluta tolleranza) diversi dall'identità e dell'unità della società marocchina e musulmana ma dall'altra parte chiama allo sforzo di formulare progetti di progresso ma sempre con la conservazione dell'autenticità per non cadere nella dipendenza.64

Il partito insiste anche sul fatto che la realtà della donna è uguale a quella della famiglia e si caratterizza per numerosi squilibri e debolezze dovuti alla scarsità di attenzione rivolta agli anziani, all'elevato numero di case di riposo, all'astenersi dal matrimonio da parte dei giovani e alla diffusione dei rapporti intimi al di fuori del legittimo legame. Un altro problema discusso dal partito è la terribile e grave situazione vissuta da una certa fascia di bambini, soprattutto quelli provenienti da famiglie disagiate, e che sono abbandonati a se stessi , sfruttati sessualmente, e quindi esposti alla delinquenza sociale. Tutti questi fenomeni negativi che portano alla mancanza di unione e compattezza all'interno della famiglia, sono il risultato dell'assenza di attenzione, a quella dell'esame di coscienza e al mancato senso etico e morale.

Per “curare” la società da questi mali, il movimento della Giustizia e dello Sviluppo insiste sulla necessità di adottare un modo di trattamento globale capace di “guarire” e nello stesso tempo di proteggere l'unità del tessuto sociale.

Il partito descrive, in un discorso ufficiale , la condizione di inferiorità che la donna vive a causa dell'analfabetismo , dell'ingiustizia , della sottrazione dei suoi diritti legittimi sociali e legali, allo sfruttamento economico ,sociale e sessuale e alla sua presenza debole nelle decisioni politiche e economiche del paese.

Allo scopo di eliminare l'analfabetismo tra le donne, il movimento reclama l'autonomia della donna affinché essa abbia tutti i suoi diritti, essendo lei stessa fonte di ricchezza per la famiglia e la società e richiede inoltre la revisione della legge sulla poligamia.

Nel suo appello all'apertura verso le realtà della vita e tenendo conto dei progressi realizzati dalle donne in diversi settori sia all'interno della società islamica o fuori di essa, il partito insiste sulla natura della flessibilità che dovrebbe caratterizzare il trattamento degli argomenti speciali come quelli relativi al velo; ad esempio su questa probabile domanda: “il partito obbligherebbe le donne a mettere il velo nel caso salisse al potere”? La risposta è che il velo è una questione puramente personale ed il partito non impone ad alcuna donna di mettere il velo o di toglierlo come avviene in certi paesi, in Francia ad esempio.

Il partito difende la partecipazione politica della donna considerandola una necessità urgente e insiste sulla sua presenza efficiente nelle varie decisioni e qui troviamo che alla segreteria del partito ci sono due donne , anche al Consiglio Nazionale e nelle istituzioni elette come al parlamento dove sono presenti sedici deputate, oltre alle donne consiglieri nelle assemblee locali facenti parte del movimento della Giustizia e Sviluppo.

La percentuale delle donne all'interno del partito va al 15 al 20%, secondo le dichiarazioni di Lahcen Daoudi membro della Segreteria generale del partito. Si nota che la maggior parte di queste donne arriva dal movimento “Unificazione e Riforma” come ad esempio Fatima Bellahcen insegnante di matematica e parlamentare a Tangeri durante il mandato del partito Giustizia e Sviluppo e che si occupava delle attività religiose in tre grandi moschee ma poi si rese conto che il cambiamento più importante non poteva essere raggiunto dall'interno della moschea bensì nelle istituzioni fatte per prendere delle decisioni e far sentire la propria voce e questo è anche un dovere religioso per far passare il messaggio e il pensiero del movimento stesso.

Viene precisato che il partito possiede un circolo destinato alla donna e alla famiglia nello scopo di aumentare l'efficacia della donna nel rafforzamento e nella formazione per l'inserimento attivo in campo politico. Questo club si riunisce due volte al mese e si occupa oltre della partecipazione politica anche di argomenti relativi alla donna sul piano nazionale e internazionale cioè : l'istruzione, il lavoro, l'attività all'interno del governo e la salute.

Il partito dichiara una distinzione positiva a favore delle donne che sono state vittime dell'ignoranza, dell'ingiustizia, dello sfruttamento e della discriminazione oltre ad essere in poche nei posti adatti per la presa di decisioni politiche o sociali. Basandosi quindi sul retroscena storico difficile delle donne, il movimento della Giustizia e Sviluppo insiste sul principio delle pari opportunità tra i due sessi.


II.4.12. Il tema dell'istruzione


Nell'ideologia del partito “Giustizia e Sviluppo” l'identità e la lingua araba sono in una posizione molto in vista ed esso le considera, assieme all'appartenenza islamica, le basi che dovrebbe adottare il sistema educativo in Marocco , additandone la responsabilità dell'omissione al periodo coloniale che, al posto dei valori linguistici e culturali nazionali, aveva imposto i suoi65.

Le posizioni del partito riguardo all'argomento dell'educazione rivelano una forte presenza al riferimento islamico perché esso vuole che la corretta cultura islamica e la lingua araba siano introdotte in tutte le fasi del ciclo dell'istruzione privato e pubblico e nel settore degli studi superiori; così facendo si proteggono anche i giovani dai rischi dell'estremismo religioso. Oltre a ciò, si chiede il completamento di certe strutture delle università con facoltà di scienze , medicina e tecnologia e l'attivazione di alcune riforme educative66.

Il movimento ha inoltre partecipato alle fasi di preparazione della Carta Nazionale dell'Educazione e la Formazione nel 1999-2000 a fianco di altre organizzazioni fino alla sua conclusione. Tuttavia la sua posizione non supera l'aspetto critico che riguarda il lato pratico nell'esecuzione dei progetti e nell'assenza di una volontà efficace.

La piaga dell'analfabetismo rimane una delle principali preoccupazioni del partito della Giustizia e Sviluppo che considera la lotta contro questo fenomeno una sfida strategica e civile che deve figurare tra le priorità dei progetti mobilitando tutti gli sforzi e i mezzi nello scopo di cancellare il problema nei più brevi termini.

In questo senso, il movimento suggerisce l'uso di programmi di alfabetizzazione audiovisiva sia sui mezzi di informazione sia nelle moschee, incoraggiando la gente con i diversi metodi di motivazione. Il tutto contribuisce a rafforzare l'identità culturale islamica e anche il ruolo dell'istruzione .

L'approccio del partito della Giustizia e Sviluppo sembra simile a quello adottato dalle parti ufficiali sia al livello dei mezzi che a quello degli spazi destinati all'insegnamento e l'apprendimento oppure ai metodi di incoraggiamento.

Il fatto è accettabile quando si tratta soltanto di insegnare e apprendere le nozioni pratiche della religione: leggere il Corano e imparare le invocazioni e le preghiere.

Secondo il partito, per ridurre il numero degli analfabeti bisogna soprattutto insistere sulla democratizzazione e sull' obbligo dell'istruzione e adottare il metodo delle pari opportunità per aiutare le fasce più deboli addossando le spese alle classi più agiate.

Dopo più di 4 decenni di indipendenza, a dire del movimento, il sistema educativo non è ancora valido perché non è riuscito a sconfiggere l'analfabetismo e non ha raggiunto un livello di istruzione generalizzato. Tra i motivi del fallimento citiamo la non stabilità per quanto riguarda la politica linguistica, i cambiamenti repentini del programma scolastico e la cattiva gestione delle risorse economiche e umane , la non compatibilità del contenuto del sistema educativo e formativo con le richieste del mercato di lavoro. Oltre questo c'è anche l'incapacità delle università marocchine a stare al passo con la ricerca scientifica per mancanza di mezzi , di strutture, di autonomia e di libertà.

Gli altri problemi sono la lentezza della produttività dei progetti di riforma proposti tra cui quello relativo alla Carta dell'Educazione e la Formazione menzionato prima .

La posizione del partito « Giustizia e Sviluppo » non lo fa sembrare contrario al concetto dell'educazione immaginato da tutti, anche perché è stato tra i membri che hanno dato il loro consenso al contenuto della Carta per l'Educazione e la Formazione.

Nonostante ciò , il partito è consapevole di aver firmato anche per aspetti positivi: per realizzare una giustizia sociale ( nel campo dell'istruzione) , per lottare contro l'analfabetismo e per mantenere i contenuti della cultura islamica nel programma così come la lingua di insegnamento.

Su questo preciso argomento sono sorte delle divergenze tra il partito della Giustizia e Sviluppo e il gruppo «Giustizia e Carità » il quale ha dichiarato, attraverso il suo portavoce Fathallah Arslan che le modifiche al programma educativo islamico in Marocco hanno matrice estera. Il partito della Giustizia e Sviluppo, che ha partecipato alla stesura e alla revisione dei programmi, sentendosi ingiustamente accusato da queste dichiarazioni pretestuose, ha risposto dalle pagine del « Rinnovamento ».

In materia di informazione, notiamo che le più importanti notizie vengono pubblicate sul « Rinnovamento » e interessano le condizioni di molte istituzioni scolastiche (la fragilità delle infrastrutture, il numero alto degli alunni nelle classi, mancanza di attrezzi e mezzi,ecc ) oltre alle richieste dei responsabili in questo settore nell'accelerazione nei pagamenti e nei rimborsi oppure nell'ispezione di alcune sedi sostitutive come a Tadla, Arfoud, Taza, ecc. o anche nella copertura degli eventi come i sit-in e le manifestazioni di contestazione organizzate da titolari di diplomi davanti al Parlamento o i ministeri per chiedere le equivalenze nei loro titoli come ad esempio per il dottorato.


TERZA PARTE


Capitolo III: Considerazioni sulle conquiste e sulle contraddizioni della politica governativa e del potere religioso in Marocco.


III.1. Il Governo ha il diritto di difendere i ricchi.

Quando il ministro delle finanze e dell'economia Nizar Baraka presenta il 31 maggio, in Consiglio dei ministri, la situazione economica del paese, invocando ”la fragilità del contesto internazionale, le condizioni climatiche e il rallentamento della crescita di alcuni settori di esportazione 67, la crescita per l'anno 2012 è da lui stimata in non più del 3,4% .

In verità, è il livello delle riserve in valuta che mostra segni inquietanti.

Coprendo meno di 5 mesi d'importazione di beni e servizi68 esse soffrono dell'aggravio del deficit della bilancia commerciale. E il direttore della Banca Al Naghrib spiega che l'elemento strutturale per il miglioramento delle riserve dei cambi resta la competitività delle esportazioni di beni e di servizi”69. Uno sguardo all'esterno è dunque preconizzato per migliorare il livello delle riserve. Tanto più che il Marocco “è molto sollecitato per un'apertura internazionale”, confida Abdelltif Jouahri, direttore della Banca del Marocco.

Degli economisti, come Abdessamad Dibi, suonano il campanello d'allarme e considerano che il calo delle riserve in valuta, che riguarda ormai proprio 4 mesi di copertura delle importazioni, è una minaccia al valore del dirham che può portare a pressioni inflazioniste non sopportabili 70dall'economia marocchina.

Il 3 agosto 2013, il FMI rende pubblico un comunicato in cui annuncia che “il Consiglio di amministrazione del Fondo Monetario (FMI) ha approvato un accordo di 24 mesi a favore del Marocco quale linea di precauzione e di liquidità (LPL), per un ammontare equivalente a 4.117,4 milioni di DTS ( ossia circa 6, 21 miliardi di dollari)”71.

Il comunicato aggiunge: ” La linea di Precauzione e di liquidità permetterà alle autorità di perseguire la messa in opera del loro stesso programma di riforme, il cui obiettivo è di promuovere una crescita economica vigorosa e solidale, offrendo una utile assicurazione contro gli chock esogeni. Le autorità marocchine hanno fatto sapere che esse intendono trattare questo dispositivo a titolo di precauzione e che esse non hanno intenzione di servirsene, a meno che il Marocco non registri vere necessità di bilancia di pagamenti, imputabili ad un deterioramento della congiuntura esterna”

Mettendosi così le spalle al sicuro, il governo può mostrare un relativo ottimismo. E davanti ai deputati del PJD, il ministro delegato, incaricato del budget, driss El Azami El Idrissi afferma che l'economia nazionale è in buona salute e giustifica indicatori favorevoli degli effetti esterni. Il solo punto preoccupante, secondo lui, resta quello delle riserve in valuta. Tuttavia, egli resta fiducioso dato che ”noi siamo ancora ad un tasso di copertura di 4 mesi d'importazione”72.


Un contesto di crisi ereditata


Mercoledì 1° agosto 2012, in pieno mese di ramadan, Nizar Baraka, ministro dell'economia e delle finanze presenta davanti ai deputati della Commissione delle finanze della Camera dei rappresentanti “delle cifre allarmanti dovute alle ripercussioni della crisi internazionale sul Marocco. I diversi indicatori, esposti con franchezza, suscitano l'inquietudine dei parlamentari che pretendono dal dipartimento ministeriale di partecipare alle presumibili soluzioni governative prima di entrare nel vivo delle discussioni”.73

L'apprensione presso gli osservatori è all'estremo, tanto più che è il periodo di preparazione della legge finanziaria per il 2013. E quando degli esperti in economia, ammettendo che il governo precedente ha lasciato una situazione disastrosa, non esitano a notare che ” il governo attuale non ha ancora la vera dimensione della situazione”74, l'organo vicino al PJD avverte che la situazione economica “con tutte le sue cifre scioccanti diventa una materia che occupa un grande spazio nelle discussioni politiche e mediatiche”75

In un tale contesto, la nota orientativa che prefigura le grandi linee del progetto di legge finanziaria è attesa con molta curiosità. Alla fine del mese di agosto, i dipartimenti ministeriali ne ricevono una copia dal Capo del governo al fine di trarre ispirazione per l'elaborazione di budgets di settore. La stampa arriva ugualmente a procurarsene una copia. I grandi titoli scelti per riferire l'avvenimento sono indicativi della sostanza della nota. “ Budget 2011, Benkirane stringe la cinghia ”76, “ Benkirane annunzia un piano di austerità “77. “ Lo stile di vita dello Stato nel mirino”78 , ne rispecchiano alcuni, nei giornali di questa fine del mese di agosto. La prima nota di orientamento della legge finanziaria 2013 del governo Benkirane non dà alcuna indicazione sul tasso di crescita, il deficit di budget ed ancor meno sul livello d'inflazione atteso 1”.79 Peggio, si giudica la nota di orientamento deludente nella misura in cui essa “pone dei provvedimenti ” di cui si sa che non avranno alcun effetto salvo che abusare dell'opinione pubblica. E poichè i dati arrivano molto in ritardo, ci si domanda se c'è abbastanza tempo per raddrizzare la barra.80

All'inizio di settembre, le preoccupazioni dei giornali sono in parte dissipate nella misura in cui il governo ”fa due grandi scelte : mantenere i beni esterni al di sotto dell'equivalente di 4 mesi di importazione e arrivare ad un deficit di budget che si situi tra il 4,5 e il 4, 8%”. Tuttavia, l'attivazione del progetto di budget non è sempre avanzata poiché “la maggior parte delle istanze internazionali non ha ancora rivelato la propria previsione finale per il 2012”. Per questo, il governo non è ancora in grado di fare le sue prime simulazioni.81

Quando appaiono i primi elementi del progetto, il governo vi associa due grandi obbiettivi prioritari: stabilire il quadro macro-economico e accelerare la creazione di posti di lavoro.82

Obiettivi che Mohamed Najib Boulif, il ministro con delega agli affari generali e della governance, precisa a sua volta:” Il nostro principale obiettivo (attraverso la legge finanziaria) è di rendere agli indicatori economici il loro equilibrio al fine di ridare fiducia agli investitori marocchini e stranieri così come alle istituzioni internazionali. Il secondo obiettivo che ha orientato la nostra riflessione tiene conto degli aspetti sociali e del modo di ridurre le disparità”83.

I commenti degli esperti non sono molto positivi. Larbi Jaidi sostiene, nella sua cronaca settimanale, che ” malgrado questo contesto di crisi, ci si sarebbe potuto attenere ad un progetto di budget più volontaristico, più ambizioso, atto a rimettere il Marocco sui binari della competitività”84. Abdeslam Seddiki, professore di economia e membro dell'ufficio politico del PPS (partito nella coalizione governativa), constata che il progetto di legge “ non dà l'impressione di puntare al decollo economico ”85. Najib Akesbi, professore universitario ed economista, non vede nulla nel progetto di legge che traduca “ gli orientamenti dei partiti della maggioranza, come la lotta contro la rendita, la politica di lotta contro le disparità sociali, le grandi riforme della Cassa di compensazione o delle Casse di pensionamento”, aggiungendo che non ci vede “se non delle generalizzazioni in rapporto al mantenimento degli equilibri macro-economici”86. Globalmente, si giudica duro il progetto di legge finanziario 2013 verso la classe media, sprovvisto di immaginazione, a margine della crisi e perfino lontano dalle promesse e dagli impegni dei partiti della maggioranza


Quando la maggioranza si sostituisce all'opposizione


Nella commissione parlamentare, si nota un'affluenza record di deputati per seguire lo svolgersi dei dibattiti attorno al progetto della legge finanziaria. “Raramente le discussioni su un budget hanno radunato tanta gente alla Camera dei rappresentanti”88, E lo spettacolo, chiaramente, ne vale la pena.

E perché no ! Con generale sorpresa, le prime bordate contro il progetto di legge vengono dai banchi della maggioranza, rendendo praticamente ineludibili gli interventi dell'opposizione. E' il capo gruppo parlamentare del PJD che porta la prima stoccata. Abdallah Bouanou reclama dei fatti invece che accontentarsi di discorsi sulla lotta contro la prevaricazione e l'economia di rendita. Egli lamenta che nulla sia stato fatto per fermare l'aumento delle spese fiscali, che hanno raggiunto 36,3 miliardi di DH: “ bisogna valutare e rivedere questi esoneri, particolarmente quelli del settore immobiliare”- reclama.

D' altronde, se egli incoraggia la tassazione mista del tabacco, il capo dei deputati del PJD non comprende come dopo parecchi anni il divieto di fumare nei luoghi pubblici non sia sempre applicato. “Anche il capo del governo lo ignora. Egli ha interrogato sulla questione il segretatrio generale del governo che non sa più di tanto”89. - si sbalordisce.

Nouredinne Mediane, capo del gruppo parlamentare dell'Istqlal, membro della coalizione governativa, non è più tenero. Per lui, “ il governo deve accelerare la cadenza della sua azione”.

Dato che egli aveva annunciato iniziative come “la riforma della Cassa di compensazione e la lotta contro l'economia di rendita senza poter rispettare gli impegni”. “Il ricorso eccessivo alla tassazione non è una buona cosa. Esso va a danno della classe media che la si deve rafforzare invece che indebolire”, inveisce verso i ministri presenti90. Il presidente del gruppo del PPS non si ferma e tuona sulla tassazione degli alti redditi, contenuta nel progetto di legge, che egli qualifica semplicistico, affermando che la soluzione del governo per finanziare il Fondo di solidarietà sociale è come svestire l'uno per vestire l'altro.91

Gli attacchi dei gruppi della maggioranza, a questo punto, sono così violenti che il presidente del gruppo parlamentare dell'unione costituzionale ironizza: “Tutti i componenti della maggioranza si sono messi a criticare il progetto di legge finanziaria... Se la maggioranza si comporta così contro il governo, non vedo che cosa l'opposizione possa fare di più “92.

Questa situazione fa la felicità di alcuni editorialisti che ne approfittano per battere il chiodo. Dafkir, redattore capo del giornale Al Ahdath Al Maghribia, parte dall'ammissione stessa del gruppo parlamentare del PJD secondo cui il budget non contiene nulla sulle forti misure in materia sociale e politica », denigrando così il progetto di legge finanziaria ed il "maggior attendismo che i poveri del paese non possono più sopportare; essi che non sono interessati nè agli equilibri macroeconomici o all'inflazione, quanto, invece, agli atti concreti che cambiano la loro vita quotidiana»93.

Curiosamente, nella sua riunione settimanale, il Segretariato generale del PJD convalida l'intervento del suo rappresentante parlamentare e gli chiede « di continuare a svolgere il ruolo di orientamento e di proposta critica nei limiti di realizzazione dell'equilibrio ». Un dirigente del partito confida, peraltro, che l'intervento di Abdellah Bouanou non ha prodotto alcuna nota e che Abdellilah Benkirane, dopo aver visionato l'intervento, non vi ha trovato nulla da ridire »94

Nondimeno, in Consiglio di governo, tutt'altro è il tono. Dopo aver ascoltato la relazione del ministro delle finanze e dell'economia, Nizar Baraka, viene reso pubblico un comunicato sulle condizioni di svolgimento dei dibattiti parlamentari, nel quale il governo si dice sorpreso « degli interventi di un certo numero di deputati della maggioranza sul progetto di legge finanziaria » e chiama ciascuno all'assunzione della propria responsabilità in rapporto alla legge »95.

Sentendosi particolarmente presi di mira, i dirigenti del partito dell'Istiqlal sono frastornati. Non si capisce perchè si voglia chiudere la bocca degli Istiqlalisti dopo aver vincolato le critiche di Abdellal Bouanou, che deve essere il primo a sostenere il governo »96. Il nuovo segretario generale del partito dell'Istiqlal è in Cina quando apprende il contenuto del comunicato. Va su tutte le furie . E sabato 10 novembre, fin dal suo arrivo in aereo, convoca d' urgenza una riunione del Comitato esecutivo. Gli interventi sono infuocati e si espongono idee diverse per rispondere al comunicato nella maniera più vigorosa possibile . Si definiscono i responsabili del PJD come « nuovi e inesperti nella gestione pubblica ». Li si taccia di voler « imporre la disciplina militare sui deputati come se essi fossero in una caserma »97. Si richiedono delle scuse ufficiali. Finalmente, un comunicato viene reso pubblico lunedi 12 novembre nel quale il gruppo parlamentare denuncia « il tentativo di ingerenza del potere esecutivo negli affari del legislativo »98

Di conseguenza, i deputati del partito dell'Istiqlal non perdono occasione per stuzzicare il governo ed esprimere il malcontento che agita i loro ranghi. La presentazione del progetto di budget del capo di governo è sfruttata dalla deputata Mounia Ghellam per guidare la carica contro Abdellilah Benkirane in persona, interrogandosi sulla sua assenza per presentare e difendere il suo stesso budget, che lei giudica, peraltro, una specie di « copia e incolla » dell'esercizio precedente, come se il Capo del Governo non avesse considerato il fatto di avere nuove attribuzioni ed un nuovo peso, derivante dalla Costituzione.99 E tale è la fronda che deputati del partito minacciano di non votare a favore del progetto di budget.100 Si parla di crisi aperta dove « le cose sono arrivate a un livello tale che può portare all'ignoto se non ci sarà una urgente iniziativa per porre freno alla situazione »101.

Il capo del governo è obbligato ad intervenire. E giovedì 22 novembre, egli si reca personalmente alla Camera dei rappresentanti per tenervi una riunione eccezionale con i membri del suo ufficio. Con il suo talento ormai leggendario, egli riesce a dissipare i malintesi ed a placare gli animi.102Così, è senza sorpresa che il Segretario generale del partito dell'Istiqall, Hamid Chabat, ammette che i suoi iscritti voteranno il progetto poichè non vuole « che si possa attribuire l'insuccesso della legge finanziaria al partito dell'Istiqlal... E' per questa ragione che il voto favorevole a vantaggio del progetto è anzitutto politico», sebbene lo qualifichi «inconsistente»103


L' offensiva padronale


Il padronato (datori di lavoro) non è meno sorpreso alla scoperta delle disposizioni della nuova legge finanziaria. Esso è soprattutto in collera per non usufruire delle misure previste dal finanziamento del fondo di coesione sociale tassando i benefici delle società e gli alti salari. E lo fa subito sapere attraverso un comunicato che annuncia che gli uomini d'affari « sono rimasti sorpresi che il progetto di legge finanziara comporta misure che non sono state discusse tra il governo e i rappresentanti del padronato »104. Dopo, Jamal Belahrach, il presidente della commissione dell'impiego in seno all'organizzazione padronale, si incarica di lanciare l'offensiva e mette in rilievo che quello che distingue questo governo « è che invece di creare un clima propizio al dialogo, allo scambio delle esperienze e alla sinergia per arrivare a delle soluzioni di urgenza ai problemi attuali, preferisce avvizzire su se stesso e produrre una legge finanziaria in una formula che aggraverà i problemi del Marocco »105, accusando il governo di grande debolezza di coraggio e di veduta.

Immediatamente, Mustapha Khalfi, ministro della comunicazione, gli replica : « Il progetto di legge finanziaria subisce alcune critiche soggettive che non tengono in considerazione il peso della responsabilità. Queste critiche seguono un intento provocatorio che utilizza termini ingiuriosi. E' un fatto che non rinforza la fiducia stabilita tra gli autori dello sviluppo economico. Il peggio è che esso manca di solidi argomenti. E in alcuni casi, esso denota una debole comprensione di ciò che è stato introdotto nel progetto di legge e dalla insufficiente visione globale di focalizzare le sue disposizioni.106

Il ministro incaricato del budget, Driss El Azami El Idrissi, lo segue di pari passo e accusa il padronato di essersi abituato, nel corso dell'elaborazione della legge finanziaria, ad ottenere quello che voleva come ha fatto sotto i governi precedenti.

Questa affermazione fa dire a Mohamed Benabid, l'editorialista dell'Economiste :

« Se questo governo creerà un rapporto di forza con CGEM, sarà estremamente grave. Se ne ha memoria dal 1996, al tempo della campagna di normalizzazione!107

Irritata dall' introduzione di una tassazione delle alte rendite dei quadri per finanziare il fondo di coesione sociale, la presidente della CGME è visibilmente avversa al il progetto di legge. Lei giudica il cammino del governo sprovvisto di creatività alla ricerca di nuove risorse di finanziamento del budget dello Stato108, e sentenzia. « Pensiamo che la solidarietà non è un campo riservato e che non è conveniente tassare i quadri poichè essi rappresentano la colonna portante delle imprese. La CGME considera che sia una soluzione di comodo e che il progetto di legge finanziaria sarebbe potuto essere più creativo nella ricerca di fonti di finanziamento per il budget dello Stato »109- ribadisce.

In effetti il provvedimento non manca di suscitare vive reazioni. Saad Benmansour, riporta nel suo editoriale: « Se di sforzo di solidarietà si tratta, esso deve esser fatto da tutti e non sempre dagli stessi. E il primo atto di solidarietà è anzitutto quello che ogni contribuente dichiari le sue entrate, quelle vere, e paghi correttamente le imposte. Basterebbe questo per permettere al governo di avere largamente risorse per provvedere ai bisogni. Si capisce che, di fronte all'urgenza del bisogno, il governo si rifugi sulla soluzione più facile, cioè i salari, perchè facilmente individuabili, e le imprese », essi che sono trasparenti e che stanno al gioco.110Così per dimostrare la loro disapprovazione, i responsabili del padronato esprimono apertamente le loro critiche. La presidente della CGME si mostra incredula notando che « parallelamente all'aumento del 6 % delle spese di funzionamento dello Stato, le spese di investimento, censite per l'economia, sono riviste al ribasso », concludendo con un altosonante « E' incomprensibile ! »111. Jamal Belhrach, quanto a lui, egli si basa su un contributo, dove scrive : « Questo progetto di società al quale aspiriamo noi tutti, senza esclusione, non consiste nel mettere i ricchi contro i poveri, gli operai contro i quadri, i padroni contro i sindacati, i funzionari contro i cittadini (…) Cercare di dividere è una prova di forzatura controproducente.. »112

Meriem Bernsalah torna alla carica alcuni giorni più tardi per spiegare che i problemi « derivano dalla incomprensione della debole concertazione che ha portato a cattive sorprese »113

Nel gabinetto del capo del governo ci si dice sorpresi e scioccati da queste sue note mediatiche.114

La presidente della CGEM115, diventa allora il bersaglio dei deputati del PJD. E, quando lei incontra il Segretario generale dell'UGTM116 Abdelaziz Aftati, l' attaccano energicamente117. Allo stesso modo, quando hanno sentore del suo incontro programmato con il ministro dell'economia e delle finanze, i dirigenti del PJD le chiedono « Se lei rappresenti un partito, che ufficialmente l'acclama, e se lei si opponga al governo e al Fondo di coesione sociale »118 Tuttavia gli avvenimenti prendono una piega negativa quando il ministro incaricato del budget, Driss El Azami El Idrissi, s'incarica di replicare all'organizzazione padronale. Venerdì 9 novembre, davanti ai membri della Commissione delle Finanze, egli si lancia in una requisitoria contro la CGEM : « E' il governo politico che è la sola istituzione costituzionale abilitata a decidere se questa misura sia buona o no per il paese » insiste.. Poi prosegue « Non accettiamo diktat ma decidiamo assieme », prima di inveire : « L'organizzazione padronale si schiera per la prima volta all'opposizione. E pensare che per il passato, essa otteneva quello che voleva »119

Poi tocca al ministro dell'economia e delle finanze, Nizar Baraka, riallacciare i contatti con il padronato per ricondurlo a migliori consigli. Fin da lunedì 11 novembre, egli dà corso alla programmazione di un incontro, previsto da lunga data, con i responsabili della CGEM nel tentativo di smorzare la crisi innescata dal suo collega incaricato del budget. E, nel corso di un servizio su radio-Atlantic, egli riesce a tranquillizzare i partners sociali dichiarando che la nuova tassa « sarà applicata sugli individui e sulle società solamente per 3 anni, in attesa di trovare delle risorse alternative al finanziamento del fondo di coesione

sociale »


Indicatori in rosso


E' il periodo in cui le cifre economiche vanno al ribasso l'una dopo l'altra. E non sono incoraggianti. Durante una giornata di studi dedicata all'argomento, Nabiul Benabdallah, ministro dell'ambiente e della politica della città e segretario generale del PPS, riconosce apertamente che « gli indicatori sono molto inquietanti », visti contemporaneamente il deficit della bilancia dei pagamenti, quello della bilancia commerciale e il ribasso della crescita »121.

In effetti, il deficit commerciale arriva, durante i dieci mesi dell'anno, a livelli record, raggiungendo i 164 miliardi di dirhams e oltrepassando in tal modo l'ammontare delle esportazioni che si avvicinano ai 150 miliardi 122. Le riserve di valuta estera della Banca Al Maghrib non coprono più che 3 mesi e 26 giorni d'importazione a fine settembre e al 26 ottobre, essi scendono dell'1,1 % a 132,9 miliardi di dirhams123, contro 19,5, lasciando presagire un deficit annuale del 6 %, lontano del 4,8 % annunciato 124. Le spese di funzionamento continuano a pesare fortemente sul budget con un aumento del 17 % durante i 9 primi mesi dell'anno, raggiungendo circa 156 miliardi di dirhams, di cui 80 per i salari, 21 per le attrezzature e 42 per la compensazione125.

E' evidente che il morale dei consumatori non è roseo. Il loro indice di fiducia regredisce di 3,2 punti a 77,6 punti nel terzo trimestre, contro 80,7 del trimestre precedente. E l'alto commissariato al piano ne spiega la ragione, mettendo in luce che il tenore di vita delle famiglie è sceso del 6,1 nel 3 ° trimestre rispetto al secondo e del 14,5 rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente126.

L'imprenditoria non ha miglior sorte. E si scopre che la sua preoccupazione principale è quella di prendere in prestito denaro per sopravvivere, piuttosto che investire e che, nel corso degli ultimi 12 mesi, i crediti di tesoreria sono cresciuti dell'11,1% contro un calo dell'8,1% per i crediti finalizzati ad attrezzature127.

Nel frattempo, la Camera dei Rappresentanti inizia le fasi finali dell'esame della legge finanziaria che continua a suscitare molto interesse. Il numero di emendamenti è senza precedenti, facendo dire che questa proliferazione “significa che questo testo ormai non lascia alcuno indifferente”128.

Ed è forse grazie a questo interesse, che i professionisti della ceramica scoprono un emendamento che assimila le piastrelle di ceramica a dei prodotti di lusso, soggetti all' IVA di importazione del 30%. Essi allora devono intervenire urgentemente per rimediarvi.

Altri professionisti riescono ugualmente a fare passare le loro proposte. E questo vale anche per i promotori immobiliari che vedono passare il prezzo massimo per metro quadrato dell'alloggio per la classe media da 5.000 a 6.000 dirhams, a danno della misura della superficie considerata, che passa da 100 e 150 al m2 a 80 e 120 al m2 . ”Insomma, i promotori possono costruire più piccolo e vendere più caro” -si fa notare.

Inoltre, fonti della Cassa Nazionale di Sicurezza Sociale rivelano che il governo ha ceduto alle pressioni di un certo numero di deputati ed ha ritirato il provvedimento per sopprimere il segreto professionale tra le amministrazioni del ministero dell'economia e delle finanze e la Cassa. Le stesse fonti rivelano che se il provvedimento fosse stato mantenuto, sarebbe stato possibile fare dei controlli incrociati delle dichiarazioni presso la direzione delle imposte con quelle di cui dispone la CNSS. Il che avrebbe permesso di mettere le mani su milioni di dirhams.Visibilmente deluso, Mohamed Abouyanda poi ha scritto nella sua rubrica: “ 'Il governo ha il diritto di difendere i ricchi”



III.2. Un duplice atteggiamento


Fermezza di principi


Per sabato 24 marzo 2012, alla Camera dei Rappresentanti, è in calendario l’ ottava sessione dell’Assemblea Parlamentare dell’Unione Mediterranea. Qualche giorno prima cominciano a circolare delle voci secondo le quali un diplomatico israeliano parteciperà ai lavori dell’ Assemblea.

Nel PJD la situazione si fa movimentata, e le reazioni non tardano. Il deputato Abdessamad El Idrissi si inalbera e dichiara che « se queste informazioni dovessero rivelarsi corrette, si tratterebbe di una provocazione da denunciare sotto ogni punto di vista, e si chiede «come sia stato possibile dare il visto di ingresso in Marocco a dei sionisti »129 Il Capogruppo parlamentare del PJD si fa avanti, e annuncia l’intenzione del proprio gruppo di boicottare i lavori dell’Assemblea130. I deputati invitano “tutti i parlamentari a partecipare al sit-in previsto sabato 24 marzo, finalizzato a denunciare la presenza sionista” 131. L’imbarazzo del Governo è tangibile. Tanto più che la delegazione israeliana sarà presente su invito ufficiale del Marocco”, secondo le dichiarazioni della stampa israeliana, contrariamente a quelle affermazioni secondo le quali il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione non avrebbe fatto alcun invito ufficiale ad un esponente israeliano” 132.

Un deputato del PJD chiede allora l’apertura di un’inchiesta per sapere come il rappresentante israeliano sia entrato in territorio marocchino, soprattutto alla luce delle dichiarazioni del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione, in base alle quali non sarebbe stata accordata alcuna autorizzazione ufficiale. 133

Si nota quindi che «il primo banco di prova del governo del PJD è da sempre in prima linea contro ogni forma di relazione con lo Stato di Israele e contro qualsiasi visita di esponenti (israeliani) in Marocco, in virtù dell’importanza data dagli islamisti al conflitto con Israele »134. Si coglie l’occasione per ricordare le critiche rivolte dai responsabili del PJD ai governi precedenti, a causa dell’udienza data agli Israeliani durante l'Intifada d'Al Qods del 2000, all’epoca del Governo Youssoufi, si ricordano l’organizzazione di manifestazioni di protesta contro il Governo Abbès El Fassi, e le proteste dovute alla presenza di sportivi israeliani a Marrakech ed a quella delle delegazioni israeliane al Forum MEDays di Tangeri135. Il politologo Mohamed Darif tenta un appello alla ragione. E ricorda che dopo l’insediamento del Governo, « la presenza di Israeliani in Marocco c’era già stata, quando un gruppo di esperti, fra i quali anche degli Israeliani, aveva partecipato ad una conferenza a Marrakech senza che il PJD prendesse posizione, tanto che all’epoca non ci furono sit-in di protesta». Secondo il suo parere, questo succede per il fatto che il Partito è a capo del Governo e, da questo punto di vista, «ammette che, avendo aderito al gioco politico, non può permettersi di rimettere in discussione gli impegni presi dal Marocco fronte alla comunità internazionale»136.

Tuttavia, sempre schierati in prima linea, i deputati del PJD continuano ad occupare tutti i fronti della contestazione. E spetta a Abdellah Bouanou annunciare che il Gruppo parlamentare « ha deciso di boicottare la riunione dell’VIII Sessione dell’Assemblea Parlamentare dell’Unione Mediterranea, al fine di esprimere il proprio rifiuto di ogni forma di normalizzazione con la cosiddetta entità sionista »137.

Attajdid, il giornale vicino al PJD, segue la stessa linea, e Bilai Talidi scrive nell’editoriale: « Si raccomanda al Governo e a tutte le Istituzioni di tastare il polso alla cittadinanza ed interagire con essa in merito alle sue reazioni a questa normalizzazione dei rapporti con Israele, e di adottare posizioni congruenti alle sue istanze, annunciando il rifiuto di iniziative che possano essere considerate a favore della normalizzazione»138

Nel frattempo, si nota che il Governo non si esprime, mentre si sottolinea che « in ogni caso il Governo Benkirane è responsabile di questa incursione sionista nel nostro Paese, e che non prende posizione in maniera ufficiale per chiarire la situazione.»139. Tuttavia, già dal mese di febbraio, Ahmed Raissouni, considerato l’ideologo del PJD, aveva precisato: « Quello che viene chiamato Israele non è altro, sul piano internazionale, che un crine nero sul corpo di un toro bianco. Israele e i suoi protettori si danno da fare (con la partecipazione agli incontri internazionali) alla ricerca di una normalizzazione dei rapporti e di un riconoscimento dello Stato di Israele. Tutti quelli che non riconoscono la legittimità dello Stato sionista devono evitare di cadere nella trappola della normalizzazione e del riconoscimento che avvengano attraverso scambi diretti con ciò quella entità criminale. Dovesse verificarsi il caso di una presenza sionista, non bisognerà darle importanza».140

La diversità di comportamento fra i ministri del PJD che scelgono una posizione di distensione ed i loro deputati che invece portano avanti l’offensiva, fa dire agli osservatori che il Partito sta adottando una sorta di atteggiamento duplice. E Mohamed Darif dichiara che il Partito non deve far fare il gioco delle parti ai propri Ministri e ai propri parlamentari, visto che il Governo è legittimato ed esiste per mezzo di questi stessi parlamentari, e il PJD deve quindi lasciar cadere ogni ambiguità141. Il mattino del sabato 24 marzo decine di persone partecipano ad un sit-in di fronte alla Camera dei Rappresentanti, nella quale si svolge la seduta d’apertura dell’Assemblea Parlamentare, e slogan di ostilità vengono rivolti al diplomatico israeliano David Saranga.

All’incirca tre mesi dopo, la rete televisiva 2M manda in onda un film intitolato « Tinghir-Jérusalem » che parla degli ebrei marocchini di Tinghir. Questa iniziativa viene accolta male dai parlamentari del PJD, che si rivolgono al Ministro delle Telecomunicazioni, accusando la rete televisiva di essere favorevole alla normalizzazione dei rapporti con Israele, e chiedono che i responsabili vengano sanzionati. Dal momento che la risposta del Ministro non viene ritenuta soddisfacente, il deputato Al Moqri Abou Zayed replica : « Tu ci rispondi come se fra noi e quello Stato ci fossero normali relazioni, mentre si tratta di uno Stato fondato su occupazione di territorio ed abusi. Quello che la rete 2M ha fatto, è un atto di normalizzazione ed una pubblicità gratuita»142.

Nell’edizione del 17 luglio 2012 il giornale Assabah pubblica un trafiletto in prima pagina, nel quale rivela che Ofer Bronchtein, ex-consigliere di Yitzhak Rabin, è fra gli invitati del VII Congresso del PJD che si tiene a Rabat. Precisa, tra l’altro, che si è tenuta una cena nella dimora del defunto Abdelkrim El Khatib, fondatore del Partito, durante la quale l’esponente israeliano ha avuto occasione di incontrare il dirigente del movimento Harnas, Khalid Mechaâ1.143

Due giorni più tardi, il giornale riprende l’argomento, e per reagire alle smentite che gli erano state rivolte, pubblica in primo piano una foto in cui appare Saad - Assabah, 19 juillet 2012 Edine El Otmani con il braccio sulla spalla dell’esponente israeliano. Pubblica altresì nelle pagine interne altre due foto con Bronchtein in compagnia d'Abdellilah Benkirane e di Saad Edine El Otmani144.

Lo stupore è totale, e lascia ben presto spazio all’indignazione. Il Gruppo d’Azione Nazionale di Sostegno all’Iraq e alla Palestina denuncia in un comunicato la proprio sorpresa nel vedere l’esponente sionista prendere parte al Congresso del PJD. 145. Il Movimento per l’Unità e la Riforma (MUR), a sua volta, pubblica un comunicato in cui qualifica la presenza del rappresentante israeliano come un’infiltrazione alla quale - Al Ittihad Al Ichtiraki, 23 juillet 2012 «si sarebbe dovuto fare attenzione »146. Dalle file del Movimento si dice che il suo Presiedente aveva messo al corrente Abdellilah Benkirane della propria obiezione alla presenza di persone che potessero far sorgere sospetti e dubbi147.

Il PJD è in preda all’indignazione, al punto che i giovani del Partito minacciano di organizzare un sit-in di fronte alla sede del Partito stesso a Rabat. Il deputato Abdellah Bouanou presenta una dichiarazione nella quale invita Abdellah Baha, in qualità di presidente del Comitato Preparatorio del Congresso, « a presentare all’opinione pubblica tutti i dati relativi all’invito rivolto all’israeliano Bronchtein », a sanzionare tutte le persone coinvolte in questa faccenda ed a presentare le scuse al popolo marocchino, palestinese, e arabo in genere. Aggiunge che tutte le iniziative di questo tipo sono adottate dalla Dirigenza del Partito, e che quindi l’invito in questione è stato approvato dalla Segreteria Generale 148.

Trovandosi nell’occhio del ciclone, Abdellilah Benkirane precisa : « Per quanto riguarda l’affare Ofer Bronchtein, si tratta di un mero incidente, e il più che si possa dire in merito è che delle persone in mala fede vogliono sfruttare questa cosa per sminuire il successo che ha ottenuto dal nostro Congresso. Dei nostri confratelli sono stati coinvolti (nella polemica). La persona in questione è effettivamente israeliana. Ma ci è stata presentata come francese, con doppio passaporto palestinese ed israeliano, e come pacifista. Non abbiamo prestato attenzione al fatto che avesse preso parte al MEDays e che fosse stato consigliere di Rabin. E’ possibile che questa persona abbia rivisto le proprie posizioni. Noi non abbiamo fatto attenzione a questo aspetto, lo abbiamo considerato promotore della causa palestinese. Altrimenti, cosa mai avremmo voluto da lui? Il Congresso aveva forse bisogno di lui ? (..) Mi assumo l’intera responsabilità di tutto ciò. Quando i nostri confratelli hanno voluto invitare questa persona, mi hanno consultato in maniera informale. E avendolo incontrato al Congresso del RNI, non mi era parso sionista o filosionista»149.

In effetti, nel divampare della polemica, si viene a sapere che Ofer Bronchtein aveva avuto occasione di partecipare ai lavori del Forum MEDays a Tangeri. Cosa che il giornale vicino al PJD, Attajdid, aveva a suo tempo stigmatizzato e denunciato, qualificando l’interessato come « sionista ». Viene interpellato Mustapha Ramid , che aveva portato di fronte alla giustizia il caso della presenza dell’esponente israeliano in Marocco, e promosso azioni legali contro il MEDays150. La questione si fa spinosa e tutti sono invitati a rilasciare della dichiarazioni. Primo fra tutti, il Responsabile della Commissione per le Relazioni Esterne Réda Benkhaldoune. «Ho sottoposto la questione alla Segreteria Generale del Partito in quanto essa ha il potere di decidere sugli inviti. (Facendo ciò) ho espresso le mie riserve circa l’invito (di questa persona) al Congresso. La Segreteria Generale ha ritenuto di invitarlo, sulle basi dei dati forniti dal rappresentante del Partito in Francia »151, si giustifica.

La questione comincia ad assumere delle proporzioni enormi. A questo punto, per dare un taglio netto alla cosa, è obbligato ad intervenire il Presidente del Comitato Preparatorio del Congresso, Abdellah Baha. Dopo aver compiuto le opportune ricerche, precisa che Ofer Bronchtein era stato proposto dal rappresentante del Partito in Francia, in quanto Presidente del Forum Internazionale della Pace e difensore della causa palestinese, e in quanto possessore di passaporto francese, israeliano e palestinese. Quando “il Responsabile della Commissione per le Relazioni Esterne, organo collegato al Comitato Preparatorio, ha sottoposto la proposta alla Segreteria Generale, quest’ultima non ha obiettato nell’invitarlo in quanto esponente francese, sulla base dei dati forniti dal rappresentate del Partito in Francia »152. Sulla scia di queste dichiarazioni, il Comitato presenta le proprie scuse per l’ eventuale negligenza o incompetenza circa la questione »153

Ovviamente l’occasione è troppo ghiotta per non essere colta al volo. Al Ahdath Al Maghribia dedica a ciò un editoriale : « Oggi il PJD, con l’imbarazzo in cui si trovano i suoi dirigenti, sta presentando delle scuse risibili ai cittadini del Marocco. Mostra altresì la distanza che separa lo slogan dalla sua applicazione, tra il dire e il fare, senza far riferimento al versetto del Corano che pone la questione della contraddizione tra ciò che l’individuo dice e ciò che poi realmente fa. Sarebbe una cosa troppo forte in questa circostanza»154.

Malgrado ciò, quelle scuse sembrano porre fine alla polemica. O almeno il settore giovanile del PJD, dopo aver brandito la minaccia di una manifestazione di fronte alla sede del Partito, torna ad una posizione più conciliante, e diffonde un comunicato in cui prende in favorevole considerazione le scuse presentate dalla Direzione del Partito circa l’errore commesso nell’aver dato accoglienza ad un simile individuo»155.


III.3. Fallimenti e successi del PJD come forza di governo


Gli islamisti del Partito Giustizia e Sviluppo (PJD) hanno raggiunto il loro obiettivo di ottenere il controllo del governo. Ma resta da vedere se saranno all'altezza delle loro promesse di sviluppo economico, politico e sociale156. A lungo confinato all'opposizione, il PJD (va ricordato che il partito aveva rifiutato offerte da Abderrhman Youssoufi Driss Jettou e Abbas El Fassi a far parte dei loro governi) arriva finalmente al potere. E vi arriva in circostanze migliori rispetto ai suoi predecessori in quanto le disposizioni della nuova Costituzione gli consentono, infatti, di avere un margine abbastanza agevole per governare.

Nel suo programma elettorale progettato per le elezioni parlamentari del 25 novembre, il Partito Giustizia e Sviluppo (Pjd) auspica "la costruzione di un nuovo Marocco, Marocco Libertà, Dignità, lo sviluppo e la giustizia ".157

Ha denunciato le politiche che hanno portato il Marocco "ad una situazione di rottura tra i suoi poveri e i ricchi, e ad un progressivo indebolimento della sua classe media (...); ad un peggioramento di valori, ad un aumento della corruzione, all' appropriazione indebita e al saccheggio delle risorse, e ad un perpetuarsi della economia monetaria.

Sulla base di tale diagnosi, il piano economico del PJD prevede un programma molto ambizioso in materia economica, il tasso di crescita che propone il PJD è di circa il 7%. Esso intende anche portare il deficit di bilancio al 3% e la diminuzione del tasso di disoccupazione a due punti, la metà della riduzione della povertà e il mantenimento del limite di disavanzo di bilancio del 3% del PIL. Nei prossimi due anni sembra difficile o impossibile. Nel migliore dei casi, il Fondo monetario internazionale ha detto che il Marocco crescerà dal 4 al 4,5% poiché il primo e principale partner economico del Marocco è l'Europa, e più del 75% del commercio si fa con questo continente molto vicino. Ma l' Europa è entrata in una profonda crisi da più di sei anni; questo ha un impatto negativo sui tre risorse che hanno permesso e permettono al Marocco di sperimentare una rapida crescita negli ultimi anni, come le rimesse degli emigranti, le entrate turistiche e gli investimenti esteri. Quindi, in questo senso ci sarà sicuramente un regresso. Per quanto riguarda gli operatori economici stranieri, il PJD mantiene la linea liberale, apertura al mercato mondiale, la garanzia di investimenti esterni. Non c'è, nel suo programma nè nazionalizzazione nè rientro in forze del potere dello Stato nell'economia, l'unica novità introdotta nel suo programma economico e finanziario è l'introduzione e lo sviluppo di banche islamiche per favorire l'economia del Marocco con nuovi flussi di denaro. Così il PJD conta anche sul contributo della finanza islamica, "Ci sono riserve per 120 miliardi di dollari in attesa di collocazione. Questo è il momento giusto . Noi rivedremo la legislazione .. per consentire nel giusto modo l'introduzione della finanza islamica in Marocco "158, ha detto Mohamed Najib Boulif.

La stessa cosa tocca il settore del turismo. Il PJD sa benissimo che il turismo è un settore importante per il Marocco (14% del PIL nel 2010). Ci sono stati enormi investimenti, negli ultimi due decenni, che hanno creato molti posti di lavoro, nonostante l'aspetto morale riguardante il problema della prostituzione del turismo pedofilo e dei giochi d'azzardo nei casinò. Invece, il governo ha cercato di sviluppare questo settore stanziando maggiori investimenti.

Rivalutare il lavoro e il sapere per la competitività di un'economia è un concetto che affascina particolarmente al punto di definirlo una sorta di "rivoluzione culturale" purché essa rientri in certi limiti. L'ambizione moralizzatrice del partito della lampada è ancora in fase di sviluppo, quindi è difficile capire quale sia la morale rispetto al lato economico. Per rivalutare la cultura del lavoro, bisogna bloccare la strada al facile arricchimento ed è così che si crea fiducia nel valore dello sforzo individuale. Nella società marocchina, lo status sociale è acquisito attraverso il denaro, e c'è la tendenza ad accumulare denaro facile con qualsiasi mezzo, anche illegittimo: droga, corruzione, prostituzione, etc. Dobbiamo prendere in considerazione il sapere e il lavoro, se vogliamo essere competitivi "159, dichiara il ministro dell'istruzione superiore Lahcen Daoudi.

A proposito degli aggregati macroeconomici elencati nel programma economico, il partito islamista deplora "un fallimento della crescita nonostante ampie risorse." Ed elenca i suoi obiettivi: una crescita media del 7%, con un calo del tasso di disoccupazione di due punti percentuali, e con il dimezzamento della povertà e il mantenimento del limite di disavanzo di bilancio del 3% del PIL. Nessuna data, tuttavia, è presente nel documento sul termine entro il quale il PJD intende raggiungere questi obiettivi.

Il Think Tank Americano Carnegie ha fatto un' analisi incrociata dei punti di vista economici dei partiti islamici, arrivati al potere in molti paesi del Nord Africa, tra cui il marocchino Pjd.

Carnegie Endowment for International Peace160: il programma economico del PJD, non è realistico, e poco pratico.

Lo studio intitolato 'Le agende economiche dei partiti islamici' ha prodotto un'analisi della performance economica del Pjd, il governo alla guida del paese che deve far fronte ad una congiuntura tra le più difficili, che ricorda gli anni '80, al tempo della tristemente famosa PAS161 imposta dal FMI al Marocco. Il programma economico del Pjd, ha detto Carnegie, ha diversi punti deboli, che renderebbero la sua attuazione più che dubbiosa.

Di fronte alla scarsità delle entrate fiscali, la riduzione della crescita, il deficit allarmante di riserve in valuta estera, relative agli ultimi dati, che non coprono che 4 mesi di importazioni, il PJD studia delle ipotesi invece di adottare misure concrete in grado di produrre degli effetti. - sottolinea lo studio .

Concentrarsi sul programma della lotta per finanziare la crescita reale, fornendo fondi a sostegno di PMI e PME. Il PJD, riferisce lo studio, sembra anche non tener conto delle relazioni internazionali che relega il Marocco a delle classifiche poco gloriose in materia di competitività economica o di efficienza amministrativa o giudiziaria.

Per ovviare ai problemi di fondo, si adotta la compensazione che assorbe più di 55 miliardi di DH al fine di impedire l'aumento dei prezzi dei prodotti classificati di prima necessità alla portata delle classi medie e dei poveri. Ma sebbene il sistema sia stato rinnovato di volta in volta, esso non ha prodotto finora, nessuna riforma in profondità. Il peso della compensazione del carico aumenta la vulnerabilità macroeconomica, riduce gli investimenti, e rappresenta un grave rischio per la crescita economica e l'occupazione.

Il PJD ha fatto di questo caso il suo cavallo di battaglia alle elezioni, "il fondo è più favorevole ai ricchi che ai poveri, la volontà di riformare il fondo è una priorità del Pjd."162 Ma dopo un anno di attesa per colmare le lacune del fondo di compensazione, il governo ha preso la ferma decisione di liberalizzare i prezzi del petrolio, al fine di ridurre il budget stanziato di 23 miliardi di dirhams al fondo di compensazione, ben lontano dalle cifre astronomiche del 2012 quando aveva incassato 55 miliardi di dirham. Ma sono state soprattutto le tasche della classe media e dei poveri ad essere colpite da questa manovra.

Il Marocco figura al 12 ° posto dei paesi che tassano di più la loro popolazione, secondo il KPMG gruppo di consulenza e di revisione contabile degli Stati Uniti. Il KPMG163 critica l'eccesso di imposte indirette a carico delle persone fisiche e giuridiche in Marocco, appellandosi al paese per trovare un sistema completo e incoraggiante che allarghi la base imponibile, invece di basarsi sulle imposte sul reddito per salvare lo Stato. Data la mancanza di nuove risorse finanziarie sufficienti, il governo ha optato per la soluzione più semplice. Esso fornisce una serie di aumenti dell'IVA sui prodotti di consumo e servizi. Benkirane ritiene che l'impatto di queste misure, tuttavia, resterà "limitato".164

Sul piano sociale, il PJD promette di posizionare il Marocco tra i primi 90 paesi in materia di indice di sviluppo umano, di riportare il tasso di analfabetismo al 20% nel 2015 e al 10% nel 2020, di portare il SMIG a 3.000 dirhams e l'importo minimo della pensione a 1.500 dirhams e di migliorare la salute madre-bambino. A questo si aggiunge il "rafforzamento della famiglia ed il miglioramento della situazione delle donne." Con un sicuro " rafforzamento del ruolo della moschea" e l'adozione di una "politica efficace riguardo alla donna, prendendo in considerazione, le sue responsabilità familiari." Ma anche " l'incoraggiamento della presenza attiva della donna nella società civile e nei partiti politici"165.

La prima cosa che salta agli occhi degli osservatori e del popolo marocchino, all'instaurazione di questo nuovo governo, è l'insuccesso di ridurre il numero dei ministri a quindici come era previsto nel programma del PJD, all'epoca della campagna elettorale e nelle trattative con gli altri partiti in vista della formazione di questo governo. Benché il numero raggiungesse 39 ministri, le donne vi sono rappresentate solamente da una sola donna ministro.

Sul piano politico, il programma elettorale del PJD si incentra sulla moralizzazione della vita politica, la promozione della partecipazione politica e la rivalutazione del ruolo delle istituzioni. Con la nuova Costituzione, ormai, il regno dispone, accanto al re, di un capo del governo nella pienezza delle sue funzioni, secondo polo dell'esecutivo. In Marocco, è una novità, per non dire una rivoluzione. Altre innovazioni di rilievo: il Consiglio dei ministri si riunisce per iniziativa del re o su richiesta del Capo del governo. Le nomine alle alte funzioni (ambasciatori, walis, direttori di stabilimenti pubblici, ecc.) che erano di esclusiva competenza del re, vengono avviate su proposta del Capo del governo e si attuano per iniziativa dei rispettivi ministri. Il Capo della governo sede al Consiglio superiore di sicurezza e il re può delegargliene anche la presidenza. E , con il re, dispone del potere di sciogliere il Parlamento.

In ogni caso, la coabitazione è necessaria. In essa, c'è il riconoscimento di due tempi della politica. Un tempo lungo, strategico, assegnato al re: egli è il garante degli interessi della nazione, arbitro tra differenti componenti della politica o della società, protettivo del pluralismo e della diversità. Ed un tempo corto: quello del governo, legato al voto ed ai programmi elettorali nella gestione quotidiana degli affari166. Ma gli osservatori ed i partiti politici vedono nella scelta dei ministri senza appartenenza politica una forzatura da parte del capo del governo.

Il Ministro della Comunicazione del PJD insiste sulla vera differenza tra i contesti politici turchi e marocchini: "La Turchia è un paese laico, mentre noi abbiamo la Imarat al Muninin." Questa differenza è fondamentale, spiega la differenza dei due partiti. L'AKP si identifica in un revivalismo musulmano contro le élite laiche, raggruppate intorno all'esercito.

Il PJD si oppone anche ad un élite modernista che beneficia del sostegno del Palazzo. Lo si è visto, nel 2011, quando il PJD si è mobilitato con forza ed efficacia contro l'inclusione della libertà di coscienza nel progetto costituzionale. Ma il PJD non ha il monopolio in campo religioso. La sua partecipazione al gioco politico è nell'ambito del riconoscimento delle prerogative religiose del Re.

Per Najib Akesbi167 si pone anche la domanda sulla relazione col Palazzo. "Il problema di fondo è che si ha un governante che non governa, e non tiene conto della costituzione del 2011"- Occorre rinforzare i poteri del governo, sottolinea. Un'opinione condivisa da Taoufiq Bouachrine: "Ha scommesso sulla cooperazione col Palazzo, reale, piuttosto che sul conflitto" e scelto "di essere un servitore piuttosto che un partner." è per ciò, gli osservatori ed i partiti politici vedono nella scelta dei ministri senza appartenenza politica e dei tecnocrati una debolezza da parte del capo del governo per razionalizzare il campo politico. I ministri dei settori più importanti al governo restano sotto la tutela del gabinetto reale, l'interno, l'insegnamento, l'Estero, gli Affari Religiosi e l'economia e le finanze...ma Abdelilah Benkirane smentisce vigorosamente. "Il re non mi ha imposto mai nessuno nome, ha dichiarato il capo del governo in un'intervista ai canali delle televisioni Al Aoula e 2M. In Marocco, non c'è coabitazione alla francese. Rispondo delle mie scelte e delle mie decisioni."168


III.4. Le elezioni politiche del 25 Novembre 2011

Il PJD è stato il grande vincitore delle elezioni del 25 novembre, il PJD domina la nuova mappa politica nazionale. Il partito è ormai presente nella maggior parte delle regioni del Regno ed è riuscito ad avere successo in nuove aree in cui non era stato rappresentato nella scorsa legislatura. Esso dispone di deputati in 58 distretti, ossia del 64% dell'insieme delle circoscrizioni in cui ha presentato candidati.

L' affermazione della formazione Benkirane si traduce ugualmente nel numero di seggi che ha ottenuto nelle varie regioni. In alcune circoscrizioni, ha potuto conquistare fino a tre seggi. Un exploit che pochi partiti possono raggiungere a causa della complessità del sistema del voto di lista proporzionale. Il PJD ha potuto ottenere tre seggi sui 5 candidati nella circoscrizione di Medina, attraverso il suo economista Mohamed Najib Boulif. Il gruppo islamico è anche riuscito ad ottenere 2 seggi in 23 circoscrizioni, precisamente in alcune che hanno sperimentato una forte concorrenza e che erano considerate dei baluardi da altri partiti. E' il caso particolare di Rabat Ocean, Salé Medina, Casablanca, Ain Sebaa Hay Mohammadi Agadir Ida Outanane o Marrakech Menara. Il PJD ha ottenuto anche 1 seggio in 34 circoscrizioni che non erano mai stati rappresentati, come Taza, che è uno dei settori in cui il partito sta ancora lottando per assicurare una presenza locale.

La formazione di Benkirane sembra comunque avviare una nuova dinamica per la sua presenza nelle province meridionali. I collegi elettorali del Sahara erano considerati in precedenza come feudi di partiti come l' Istiqlah l' USFP. Il PJD dispone ormai là di nuovi seggi, ivi compresi quelli della lista nazionale, precisamente 3 nella regione di Laâyoune-Boujdour-Sakia El Hamra, e 2 in Oued Ed-Dahab-Lagouira. In altre regioni, il partito è ormai presente in forze a Casablanca, dove ha ottenuto la metà dei seggi (17 su 34). A Rabat-Salé-Zemmour-Zaer, è anche un grande risultato islamista con 9 seggi su tredici.

La svolta è più nitida a Rabat, poiché Salé è considerata tradizionalmente una roccaforte del Pjd. Il SG del partito è stato anche rieletto, con notevole successo, nella circoscrizione di Salé Medina. Nel nord, il partito ha conquistato il 40% dei seggi (10) nella regione Tanger Tétouan. Se Tangeri è una terra di conquista per la formazione Benkirane, essa ha fatto un importante passo avanti a Tetouan, dove ora ha 2 seggi più un altro nella Youssef Ben Ali circoscrizione di M'diq-Fnidak. L'influenza del Pjd sì è vista anche alla regione di Marrakech Tensift El Haouz. La città ocra si veste di verde islamista. Se il partito era praticamente assente nella città, vi dispone ora di 8 seggi, nelle circoscrizioni sotto alta tensione, come quella della Medina Sidi en Ali, o ancora Marrakech Menara. L' avanzata islamista ha preso la direzione sud, verso Agadir, considerata uno dei feudi della USFP. Il partito ha realizzato lì una bella performance, conquistando 2 seggi su 4 e 9 seggi a livello di tutta la regione Souss Massa Draa. Nel 2007, il PJD non vi disponeva di solo 4 seggi. Nelle regioni centrali, la formazione di Benkirane ha aggiunto due nuovi seggi al suo punteggio conseguito nel 2007 a Fez-Boulemane (6 invece di 4). A Meknes-Tafilalet, il partito ha racimolato 3 seggi, arrivando al 2 ° posto con il PPS e l'USFP, il PI e la MP piazzandosi in testa con 4 seggi ciascuno.

Il PJD inizierà la prossima legislatura con una forte squadra di 107 membri provenienti da varie regioni del Regno, la cui età media è di solo 46 anni. Il più giovane deputato del partito ha 28 anni. Dei 78 eletti, ossia il 75% del gruppo di partito, sono nuovi. I dirigenti della formazione islamica vantano anche il livello di istruzione dei loro rappresentanti, avendo essi hanno almeno un diploma di laurea. Tra essi, 6 hanno almeno un Deug, e 101 eletti hanno un diploma universitario superiore; 37 parlamentari hanno un dottorato di ricerca o titolo equivalente e 18 hanno 2 lauree in diverse specialità. In rapporto ai 60 seggi riservati alle donne, le rappresentanti del PJD sono riuscite a conquistarne 16, il maggior numero tra tutti i partiti.


Tabella dei risultati dell'elezioni legislative 25/11/2011

I Partiti

N° di seggi

Lista

nazionale delle donne

Lista

nazionale

dei giovani

(18-40 anni)

Classifica-

zione

di seggi

Classifica_

zione Elezioni legislative2007

Parti de la justice et du développement (PJD)

83

16

8

107

Parti de l'Istiqlal (PI)

47

9

4

60

Rassemblement national des indépendants(RNI)

40

8

4

52

3

Parti de l'authenticité et modernité (PAM)

35

8

4

47

Non era costituito

Union socialiste des forces populaires (USFP)

30

6

3

39

Mouvement populaire(MP)

24

5

3

32

Union constitutionnelle(UC)

17

4

2

23

Parti du progrès et du socialisme(PPS)

12

4

2

18

Parti des travailleurs (P.T)

4

-

-

4

12°

Mouvement Démocratique et Sociale (MDS)

2

-

-

2

10°

10°

Parti de Renouveau et de l'équité (PRE)

2

-

-

2

11°

14°

Parti de l'Environnement et développement durable

2

-

-

2

12°

12°

Parti Al Ahd Al Dimoqrati(PAD)

2

-

-

2

13°

Parti de la Gauche Verte Marocaine (PGVM)

1

-

-

1

14°


Parti de la liberté et de la Justice Sociale(PLJS)

1

-

-

1

15°


Front des forces démocratiques (FFD)

1

-

-

1

16°


Parti Unité et Démocratie(PUD)

1

-

-

1

17°


Parti de l'Action(P.A)

1

-

-

1

18°


Totale

305

60

30

395




Tabella del progresso del PJD nell'elezioni legislative tra 1997 e 2011


1997

2002

2007

2011

N° dei seggi

9

42

46

107

classificazione


CONCLUSIONE


Partiti ed Associazioni

Tra i tanti partiti politici islamisti marocchini, ci sono quelli riformisti. Questi ultimi sono rappresentati dal PJD (Partito Giustizia e Sviluppo), guidati da Abdelilah Benkirane, il capo del Governo attuale, e dal MUR (Movimento dell’Unicità e della Riforma), che si interessa di tutto ciò che è politico e religioso allo stesso tempo. Essi hanno cercato di fare interagire contemporaneamente due tendenze politiche, quella della monarchia e quella dell’Islam (non l’ideologia islamista, ma la religione islamica).

Tra le associazioni politiche c'è quella della Giustizia e della Beneficienza, fondata da Abdessalam Yassin e oggi guidata da Mohammed Abbadi. Tale gruppo dell'islamismo radicale, malgrado abbia perso parte della sua fama e della sua forza, ora, è in fase di recupero e, per il momento, è l’unica alternativa ben organizzata come unico movimento che non vuole accettare le regole del gioco dettate dalla monarchia.


Monarchia e Costituzione

In Marocco, le elezioni che, sono diventate libere e “pulite” per la prima volta nella storia del paese, hanno portato il partito islamista moderato di Giustizia e Sviluppo al potere. La vera novità, però, è stata la scarsa partecipazione al voto, da attribuire, ovviamente, alla mancanza di fiducia nella lotta politica. Tanto che il recupero di tale fede appare la vera sfida per i marocchini. Sebbene sia ancora da valutare il supporto concreto di cui queste formazioni politiche godono nel tessuto sociale nazionale, è assodato che le ragioni del successo elettorale sono imputabili al loro radicamento nel territorio e all’antico ruolo para-statale svolto dalle medesime a favore delle classi più disagiate. Tuttavia in nessuno dei paesi della “primavera” gli islamisti hanno ottenuto una maggioranza assoluta di consensi, costringendoli così a cercare alleanze. Tuttavia, governo e opposizione hanno poco tempo per convincere la popolazione dei cambiamenti messi in moto. Pensare che il Marocco sia fuori pericolo è l’errore più grave che la classe politica possa commettere.

Con la nuova Costituzione, anche se i poteri del re del Marocco siano rimasti quasi gli stessi, essi non sono più assoluti come prima. «Si on est attentif, le pouvoir royal a changé de nature. Oui, le rapport de force politique au quotidien reste clairement à l'avantage de la monarchie, et cela relativise la promesse d'une "révolution en douceur", qui était suggérée par la réforme constitutionnelle de 2011. Mais la monarchie a changé de statut en devenant une institution pleinement constitutionnelle. Tous les pouvoirs du roi - sans parler de leur interprétation - sont désormais inscrits dans le texte.» «C'est une grande révolution par rapport au passé, car jusque-là les pouvoirs du roi étaient coutumiers, donc extensibles à l'infini»169.

La monarchia si è mossa molto bene e con intelligenza, fino ad adesso. Il binomio Palazzo-Pjd ha salvato il Marocco da esiti pericolosi. Creare il clima giusto per attivare i meccanismi che permettono di andare verso una monarchia parlamentare potrebbe essere la via più sicura per mantenere la stabilità. Per questo bisogna lasciare da parte tatticismi e strategie che abbiano come unico obbiettivo quello di conservare il potere, e andare con coraggio verso un sistema che avvicini il Marocco, pur conservando la propria identità, al suo entourage europeo. La democrazia ha delle regole. Esempi di monarchie parlamentari valide ce ne sono. Considerare il popolo già maturo per compiere questo passo potrebbe essere il modo corretto per avviare una democrazia duratura. Le riforme che il Marocco ha conosciuto in questi anni sono un buon passo in avanti ma il percorso è appena cominciato.

Una domanda sorge spontanea: la laicità è una condizione necessaria per la democrazia? Spesso i due concetti vengono confusi. Il filosofo e pedagogista statunitense John Dewey basa il concetto di democrazia sull’idea della partecipazione: la partecipazione del popolo al governo, a cui bisogna dare la libertà di scegliere i propri rappresentanti e le modalità con le quali governare. Indubbiamente, vietare al popolo di scegliere l’islam o qualsiasi altra fede come sistema è contrario ai principi della democrazia. Un sistema è democratico, se sulla base dei principi su cui si fonda la sua Costituzione, rifletta l’opinione della maggioranza, e non impedisca la formazione di un’opposizione, libera di esprimersi e che arrivi al governo del paese attraverso elezioni democratiche.

Il percorso evolutivo degli ideali politici del PJD è segnato dallo stesso spirito di servizio che anima anche lo stesso Monarca in rapporto allo sviluppo economico del Paese, alla sua modernizzazione, alla giustizia sociale e ad una moderata liberalizzazione verso forme di maggior libertà di espressione e di rispetto dei diritti fondamentali della persona. Pur nel riconoscimento accettato, in maniera assoluta da ogni cittadino marocchino, dell'autorità di guida religiosa del Monarca, purtroppo Egli tien ben saldo ancora nelle sue mani anche il potere esecutivo.

Il PJD potrebbe avere l'opportunità di avviare una nuova stagione storica per il Marocco se fosse capace di agire politicamente e socialmente in modo da contribuire a dare alla Monarchia un' impronta di costituzionalità che vedesse meglio distinti il versante religioso da quello politico, e che in quest'ultimo avesse più voce in capitolo la laicità del popolo attraverso i suoi rappresentanti governativi.

Ma il percorso di secolarizzazione dell'Islam marocchino si presenta lungo e difficile, perché presuppone la contaminazione mentale nelle classi dirigenti religiose, prima, e nelle masse popolari, poi, delle nuove convinzioni culturali che, man mano, stanno maturando nelle élites, in particolare, in quelle del PJD.


APPENDICI

Interview Benkirane”


Il y a trois ans, l'homme politique Abdelilah Benkirane vivait un tournant avec la victoire relative du PJD aux élections du 25 novembre 2011 puis avec sa nomination, le 29 novembre par le Roi Mohammed VI, au poste de chef du gouvernement. Dans cette première partie, il relate l'histoire du PJD jusqu'à son intégration dans le jeu politique.

http://www.medias24.com/NATION/POLITIQUE/150860-ENTRETIEN-EXCLUSIF.-Les-confidences-de-Abdelilah-Benkirane-II.html


PREMIÈRE PARTIE

L'idée de cet article est venue il y a quelques mois au cours d'une discussion informelle avec Abdelilah Benkirane. Une conversation en off, à bâtons rompus, comme tout responsable peut en avoir avec des journalistes. L'auteur de ces lignes suit depuis une bonne trentaine d'années l'évolution des partis dits islamistes dans le monde arabe. Les propos tenus par Abdelilah Benkirane ce jour-là, tranchaient totalement avec le vocabulaire habituel des Fréristes arabes. Benkirane faisait régulièrement référence à l'histoire du Maroc, qu'il semble connaître dans le détail. Il fait également référence au Maroc, à l'Etat, au prestige de l'Etat, à l'institution monarchique, au Roi Mohammed VI, Chef de l'Etat et Amir al-Mouminine, dépositaire d'une légitimité de plusieurs siècles; à la Constitution... Bref, il parle différemment de ses supposés frères du Moyen Orient. Sa relation à l'Etat, à la nation, aux institutions semble se démarquer de celle des Frères musulmans et des mouvances fréristes du monde arabe. Il tient le discours de quelqu'un qui a conscience de l'intérêt du Maroc avant tout, de l'intérêt de l'Etat, de l'existence d'une nation marocaine, différenciée, différente, qui plonge ses racines dans le temps et dans l'espace. De l'autre côté, celui des Frères musulmans et des partis plus ou moins apparentés, on le sait, la conception de l'Etat est tout à fait archaïque et détachée du temps. Une conception qui ne reconnaît l'Etat-nation que du bout des lèvres.

Journalistiquement parlant, le thème s'imposait: "PJD, quels islamistes êtes-vous?". Elle est le thème, la ligne directrice de cet entretien exceptionnel. Cette interview sera publiée en trois parties: ce jeudi 27 novembre et ce samedi 29 novembre, pour les propos de Abdelilah Benkirane, puis notre propre analyse des propos qu'il a tenus, et qui sera publiée dimanche 30 novembre.

-Médias 24: L'identité du PJD paraît floue. Qu'est-ce que le PJD aujourd'hui?

-Abdelilah Benkirane: Elle vous paraît floue parce qu'elle est simple. Nous sommes un parti qui s'est rénové à partir du mouvement islamiste marocain, car ce parti a été à l'origine créé en 1967 par son fondateur Dr Abdelkarim Khatib. Ayant adhéré au parti à partir de 1992, nous étions d'abord membres de la Chabiba Islamiya jusqu'à 1981 et nous avons évolué après le radicalisme des années précédentes. A l'origine, à la fin des années 70, nous n'étions ni un parti ni même un mouvement. Un simple groupe de jeunes marocains musulmans, «Jama'a». Et d'ailleurs, lorsque nous avons quitté la Chabiba en 1981, on s'appelait Al-Jamaâ Al-Islamiya. A partir de 1981, nous avons opéré une série de révisions fondamentales. En effet, quand nous nous sommes séparés de la Chabiba en 1981, la chose qui réunissait le plus notre groupe, c'est que nous étions des jeunes marocains unis avec un référentiel islamique. Tout était à restructurer, aussi bien les idées que l'organisation. Nous nous cherchions, nous étions un peu livrés à nous-mêmes, nous n'avions ni guide, ni lien avec l'extérieur. Ce petit groupe était tout au plus confronté à une réalité quotidienne faite d'un dialogue interne dur, un processus de restructuration difficile, une surveillance policière et des emprisonnements. A partir de 1986 et jusqu'en 1988, nous nous sommes justement posés cette question que vous posez: qui sommes-nous? Et nous avons décidé d'élaborer notre charte qui répond à la question et ses implications.

-Parlons des révisions...;

-Pour moi, elles ont commencé en 1982. Ensuite, par des discussions internes intenses, ces révisions ont été adoptées par l'ensemble de l'association. Au départ, il s'agissait de révisions pragmatiques, pratiques. Par exemple, lorsque je me suis retrouvé en prison, à Derb Moulay Cherif en 1982, j'ai commencé à me poser des questions sur le bien-fondé de notre démarche, car je voyais que nous commencions à payer un tribut asse lourd qui n'est pas compatible avec la situation réelle de notre mouvement dans notre pays."Nous ne sommes pas un groupe qui réunit LES musulmans mais un groupe DE musulmans"

-Donc, vous n'avez pas opéré les révisions par conviction mais par rapport de forces...

-On ne peut pas parler de rapport de forces. Nous n'existions même pas sur l'échiquier. Non, nous nous demandions si notre démarche était suffisamment fondée pour payer un prix aussi lourd. Ensuite, je me suis posé la question de l'objectif final de cette démarche. Dois-je aller en prison pour que l'Etat soit musulman? Or, me suis-je dit, l'Etat est déjà musulman. Le Maroc est un Etat musulman, c'est écrit dans la Constitution. Les révisions ont commencé par des idées toutes simples, des questions simples mais fondamentales. Lorsque j'ai dit que nous sommes déjà dans un État musulman, on m'a répondu que ce n'était pas un État qui applique intégralement l'Islam. J'ai eu alors l'idée de leur poser la question: est-ce que vous appliquez toutes les prescriptions de l'Islam? Ils ont répondu que non. J'ai dit que c'est la même chose aussi pour l'État. Autre question que j'ai posée: pourquoi agissions-nous dans la clandestinité? Nous ne pouvons pas travailler dans la légalité, a-t-on répondu, car il faut demander une reconnaissance à l'État. Or l'État était considéré à l'époque comme un taghout [1]. Donc on ne peut lui demander quoi que ce soit. J'ai dit que nous vivons dans un pays où il y a des lois et que pour exercer une telle activité, il faut demander une autorisation. Donc, il fallait demander une autorisation pour que notre activité devienne légale. J'ai également posé la question suivante: Sommes-nous des gens qui pratiquons la politique seulement et dont l'idéologie est l'Islam? ou bien sommes-nous des musulmans d'abord et qui se sont retrouvés face à plusieurs types d'activités possibles, économiques, sociales et politiques? C'est une question qui a été tranchée rapidement: nous ne sommes pas des politiciens dont l'idéologie est l'Islam; non, nous sommes des musulmans, et l'islam est le pilier, le fondement de notre vie. Et dans cet islam, la politique n'est pas le cœur, n'est pas le fondement. C'est une activité comme il y en a d'autres, telles que l'engagement social et l'éducation individuelle et collective.

En 1986, nous nous sommes réunis et j'ai été porté à la présidence du groupe après la fin du mandat de ssi Yatim. Je crois que j'ai été élu parce que mon discours était compris et adopté par les membres du groupe tant bien que mal. Pendant ce mandat, nous avons décidé d'élaborer une charte pour répondre à la fameuse question ;qui sommes-nous et de l'appliquer.

La première version, nous l'avons vendue à 1 DH l'unité. Dans nos objectifs, la politique ne venait qu'en 8ème position je crois. La politique, c'est de participer avec les autres citoyens à la gestion de la chose publique. Dans notre charte, en première position figurait l'objectif suivant: satisfaire le Créateur et aspirer à sa miséricorde ici et dans l'au-delà.

La politique était classée dans la même catégorie que l'action syndicale et l'action sociale. Notre charte précisait également que nous ne sommes pas un groupe qui réunit LES musulmans, mais un groupe DE musulmans.

"Gouverner n'est pas notre objectif premier"

-Vos spécificités de groupe islamiste marocain partent de là...

- Ce sont ces révisions et d'autres révisions similaires qui ont encadré les changements opérés. Nous sommes les citoyens de cet Etat. Nous ne pouvons pas ne pas le reconnaître, ni le traiter de taghout. C'est ce que je ne suis pas parvenu à expliquer aux autres mouvements islamistes dans le monde, car je n'ai pas le style académique pour rédiger de longs articles ou des essais et des théories. Ce sont ces différents points qui vont créer de très grandes différences entre nous et les mouvements islamiques dans le monde. Pour nous, en termes de politique, nous ne sommes qu'un ensemble de personnes, parmi tant d'autres. Nous ne sommes pas là pour imposer quoi que ce soit aux autres, mais pour servir, pour apporter aux autres, et pas autre chose. Tout le reste devient relatif. Gouverner n'est plus notre objectif premier. Nous ne sommes pas obligés de gouverner pour apporter notre contribution à notre pays. C'est pour cela que je répète aux électeurs: je suis venu par votre choix, si vous ne me voulez plus, si ne voulez plus de moi, je partirais.

-Donc, revenons à votre itinéraire et à votre identité

-Ce processus de révision a donc eu lieu en 1986. Après, il y a eu différentes ramifications, comme l'action sociale, la culture, la politique. C'est tout. Nous sommes des Marocains avec des Marocains. Lorsque nous avons voulu créer un parti politique, le gouvernement a refusé. Nous sommes allés voir Dr Abdelkrim Khatib allah yrhmou que Dieu l'ait dans sa sainte miséricorde, qui nous a ouvert les portes de son parti , MPCD, Mouvement Populaire Constitutionnel et Démocratique créé en 1967. Ce parti est devenu le PJD en 1998.

1992;Vous ne pouvez pas participer aux élections;

-On vous a plutôt demandé d'y aller, à ce parti; C'était un compromis.

-Jamais de la vie, Allah chahed, Dieu en est témoin. En 1990, nous avons pris la décision suivante: d'abord essayer de créer un parti, sinon aller dans un parti existant, sinon soutenir un parti existant. Dans cet ordre. Nous avons alors approché plusieurs partis pour les intégrer: l'Istiqlal, l'UNFP de Abdallah Ibrahim puis le Dr Khatib allah yrhmhoum. En 1992, après avoir intégré le parti du Dr Khatib, nous avions décidé de participer aux élections. L'information a été publiée dans la presse. Un jour, j'étais chez le Dr Khatib et le téléphone sonne: c'était Ahmed Bensouda, conseiller du Roi Hassan II. Si Bensouda demande au Dr Khatib mon numéro de téléphone. On finit par se parler au téléphone et il me demande de passer le voir chez lui le lendemain matin. Il m'a reçu avec chaleur et affection, gentillesse aussi, il a parlé culture, il m'a dit que Sa Majesté a du respect pour nous, sinon il n'aurait pas envoyé son conseiller, mais aurait choisi quelqu'un d'autre. Le message qu'il m'a transmis était: «Vous ne pouvez pas participer à ces élections, sinon la machine va se déclenche contre vous, Sa Majesté ne pourra pas l'arrêter»

Je lui ai répondu: j'aimerais revenir demain vous voir en compagnie d'un autre dirigeant.

Sa Majesté demande chnou bghitiou; Le lendemain, je suis revenu avec ssi Baha. C'était très sensible et je voulais sa présence. C'était notre premier contact avec le pouvoir à ce niveau de responsabilité. Le lendemain donc, nous voici chez lui. Il a répété ce qu'il avait dit la veille. Il n'a pas dit un mot de plus, ni parlé des étapes suivantes.

Il ajoute simplement: Sa Majesté demande chnou bghitiou, avez-vous besoin de quelque chose?

Nous avons alors réuni « majliss choura», notre conseil consultatif. La discussion a duré une journée entière, du matin jusqu'à la tombée de la nuit. Nous nous sommes dits: la politique n'est pas le fondement de notre existence en tant que groupe; elle est là parce que nous sommes des membres de cette société. Et donc, ce n'est pas la peine de détruire tout ce que nous avons déjà réalisé pour ça. Il y avait entre autres Othmani, Yatim, Baha, Lamine Boukhobza, nous étions une quarantaine. Nous avons donc décidé de nous retirer des élections de cette année.

-Et qu'avez-vous demandé au Roi Hassan II ?

-Une seule chose: qu'il donne ses ordres pour qu'on autorise notre association, cela faisait dix ans que nous avions déposé notre demande. L'association s'appelait Al jamaâa Al Islamiya, elle est devenue Al Islah Wattajdid en 1992, après elle est devenue le Mouvement Unicité et Réforme (MUR), Attawhid wal Islah en 1996 après l'unification de ses deux composantes. Nous avons alors écrit une belle lettre à Sa Majesté pour demander cela. Pour la petite histoire, nous n'avons obtenu l'autorisation qu'en 2013, lorsque je suis devenu chef du gouvernement.

Qui sommes-nous alors ?

Nous n'avons jamais cessé de rester les mêmes. Nous nous sommes dirigés vers une forme de spécialisation. Dans la vie politique, nous avons travaillé comme des politiques participant à la gestion des affaires publique.

"Le PJD est un parti politique marocain à référentiel islamique"

-Lorsque vous avez commencé l'action politique, votre évolution s'est peut-être accélérée. Au contact des réalités -Quand on est confrontés à la réalité, on se rend compte que les coefficients que l'on avait dans la tête changent dans la pratique. Après l'entrée au gouvernement, on est davantage confronté aux réalités et aux contraintes. Quand on voit le budget, les équilibres macro économiques, les déficits, l'absence de marge de manœuvre, on se doit d'agir. Jamais je n'aurais pensé que la compensation ou la retraite seraient mes priorités. La première année, il y avait 57 milliards de DH de compensation, le quart des recettes du budget. Pour conclure, voici la réponse simple à votre question: le PJD est un parti politique marocain à référentiel islamique.

"En 1976, je lis un livre de Sayyed Qutb. Le lendemain, je suis une autre personne".

-Est-ce que c'est la politique qui vous a mené vers l'islam ou est-ce que c'est l'Islam qui vous a mené à la politique?

-Je ne sais pas. Je suis né dans un milieu musulman. Avec peut-être davantage de religiosité que la moyenne, mon père était tijani J'ai été attiré très tôt dans la politique. Très jeune, ma nounou m'appelait zaim Bourguiba. Je suis allé d'abord vers l'Istiqlal puis rapidement vers la gauche, mais la gauche ne m'a pas satisfaite. C'est Mohamed Sassi qui m'a fait rentrer à l'USFP, nous étions amis depuis notre jeune âge. En 1975, j'étais devenu plus pratiquant en côtoyant une personne âgée et pieuse invitée chez nous. Dans une mosquée, je rencontre alors des membres de la Chabiba Islamiya mais je continue à vivre ma vie comme tout jeune de mon âge. En 1976, l'un d'entre eux me donne le livre de Sayyed Qutb,Maâlem fittariq; [souvent traduit par« Signes de piste». J'ai passé la nuit à le lire. Le matin, j'étais une autre personne. "La violence n'a jamais été une option collective dans notre groupe"

-Sayyed Qutb, c'est un nom associé aux Frères musulmans et à la violence.

Et la Chabiba a pratiqué la violence; -Ssi Abdelkrim Motii a quitté le Maroc en 1975, avant mon adhésion à la Chabiba. Jamais la violence n'a été approuvée chez nous. En 1976, nous mettions l'accent sur attarbia, l'éducation. En 1977, il y a eu crise dans la direction entre les dirigeants de l'intérieur et Ssi Abdelkrim Motii. Entre 1977 et 1981, nous avons passé notre temps non pas à parler de violence ou de non-violence, mais à régler les problèmes internes. Nous étions occupés par nous-mêmes. En 1981, nous nous sommes séparés de Ssi Abdelkrim Motii. Nous n'avons pas eu besoin de bannir la violence dans les révisions idéologiques, il n'y a jamais eu de divergences à ce propos, car la violence n'a jamais été une option collective à la Chabiba ni après la Chabiba.

"Le Maroc n'est pas concerné par l'objectif originel des frères musulmans de rétablir le califat"

- Il y a eu des divergences sur quels sujets? Cela nous ramène aux révisions idéologiques dont vous parliez

- Nous avons divergé sur la nature du régime monarchique, sur la clandestinité. La vérité, c'est que tout cela n'était pas très profond, il y avait des interrogations mais il n'y avait pas encore de véritable réflexion. Sur le régime monarchique et sur Imarat al mouminine, nous avons évolué progressivement. Nous nous sommes rendu compte que le Royaume du Maroc est un Etat musulman comme c'est écrit dans la constitution. Mais nous sommes allés encore plus loin. Nous nous sommes rendu compte que le Maroc n'est pas concerné par l'objectif des débuts des Frères musulmans en Orient, c'est-à-dire la restauration du califat ottoman aboli en 1923 par Ataturk. Car le califat ottoman, lorsqu'il existait, s'arrêtait en Algérie, aux frontières du Maroc. Le califat ottoman n'a jamais gouverné le Maroc. Hassan Al Banna [fondateur des Frères musulmans] rahimahou Allah, demandait en 1928 d'instaurer l'Etat islamique pour faire revivre le califat. Le Maroc ne pouvait être concerné. Au Maroc, le système politique que nous avons toujours eu et qui continue jusqu'à nos jours, est celui d'un Etat musulman, depuis les Idrissides, les Almoravides, les Almohades, les Mérinides, Wattassides, Saadiens et maintenant les Alaouites. Nous avons failli être concernés par le verset; Ils démolissaient leurs demeures de leurs propres mains, autant que des mains des croyants وقذف في قلوبهم الرعب يخربون بيوتهم بأيديهم وأيدي المؤمنينAl hamdoulillah, c'est grâce à Dieu. Chez nous, le chef de l'Etat a le titre Amir al mouminine. Au sein de la société et des institutions, il fallait donc militer pour ses idées et non pour changer l'Etat. En 1992, la majorité écrasante sont convaincus ou acceptent ce choix. Aujourd'hui, la question fait l'unanimité. La question de la légitimité religieuse n'est plus posée totalement et définitivement. La question aujourd'hui, est la suivante: comment les choses de l'Etat sont gérées et comment améliorer cette gestion. La suite de cette interview sera publiée samedi 29 novembre

Le taghout désigne un mélange de dictature et d'impiété, symbole du kufr, la mécréance. Le mot taghout fait partie du vocabulaire de l'islamisme radical takfiriste.


SECONDE PARTIE

Voici la seconde et dernière partie de l'interview de Abdelilah Benkirane, chef du gouvernement. Après avoir relaté l'historique du PJD, M. Benkirane évoque ici ses participations aux élections puis son accès aux responsabilités publiques ainsi que sa relation avec le Souverain.

par Naceureddine Elafrite

site web :Medias24.

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-Médias 24: Quels sont vos électeurs?

-Je ne les connais pas avec précision. Pour 2011, je peux citer les citoyens, plus ou moins aisés ainsi que les quartiers populaires moyens.

Il y a bien sûr ceux qui sont d’accord avec notre référentiel, ceux qui nous font confiance, ceux qui sanctionnent nos adversaires, et également, les électeurs qui en 2011, avaient peur pour l’avenir et voulaient la stabilité du pays.

Ça paraît difficile à croire, mais pour les élections de 1997, nous nous sommes autolimités“

-Revenons aux élections. En 1993, on vous a demandé de ne pas participer. Et en 1997?

-En 1997, ce fut notre première participation aux élections. Je ne peux pas dire combien de sièges nous avons remportés. Car on nous a enlevé des sièges. Disons que nous avons arraché 9 sièges.

Il n’y avait eu aucun contact au préalable avec les autorités de l’époque, aucune tentative de régulation ou de limitation.

Mais nous nous sommes néanmoins autolimités. Ça paraît difficile à croire. Il y avait le cas du FIS algérien qui nous avait alertés: après la victoire du FIS, le pays a sombré dans la guerre civile.

Nous nous sommes autolimités. Nous avons présenté 145 candidats, moins que la moitié des sièges. Nous avons obtenu 9 sièges. Mohamed Hafidh de l’USFP a refusé le siège qui lui avait été octroyé par l’administration suite à une fraude sur les pv. Idem pour Adib de la CDT qui a reconnu la fraude.

Aux élections de 2002, le Maroc est passé au scrutin de liste. Nous avons présenté 56 listes sur 92. Driss Jettou, ministre de l’Intérieur, avait discuté avec nous. Il voulait une limitation plus importante. Nous avons remporté 42 sièges. Nous étions troisième parti.

Aux élections communales de 2003, les représentants de l’Etat ont discuté avec nous à l’avance. On nous a demandé une autolimitation. Le contexte était très difficile, car il y avait eu les attentats du 16 mai. Certains d’entre nous ne voulaient pas participer aux élections et d’autres acceptaient l’autolimitation. On nous a demandé d’éviter les candidatures dans les grandes villes.

En 2007, aux législatives, nous avons obtenu 46 sièges, il n’y a eu ni discussions préalables ni autolimitation. Le déroulement des élections de 2007 et celles de 2011 n’a pas été mis en cause.

En 2011, nous avons donc obtenu 107 sièges, et nous sommes arrivés en tête.

Au début des années 90, j’ai commencé à être invité aux causeries religieuses“

- Avez-vous rencontré le Roi Hassan II ?

-Au début des années 90, j’ai commencé à être invité aux causeries religieuses, par le biais du ministre des Habous de l’époque, Abdelkébir Alaoui Mdaghri.

Le Roi Hassan II avait organisé en été, à Casablanca, un grand événement, une université d’été pour la mouvance islamique à laquelle étaient conviées de nombreuses personnalités, cela s’appelait l’université de la Sahwa [de l’éveil musulman]. J’y avais été invité.

A la fin, on nous annonce que Sa Majesté allait tous nous recevoir, au palais de Skhirat. Ce fut la première fois que si Baha et moi, nous avons acheté les selham, à 60 DH pièce au quartier commerçant des Habous à Casablanca.

Sa Majesté a fait un discours, nous avons bu du thé et nous sommes repartis. Je n’ai même pas eu l’occasion de le saluer. Après l’université d’été, j’ai été invité régulièrement aux causeries religieuses.

En 1999, je l’ai salué pour la seule et unique fois. C’était le 8 mai 1999, j’avais été nommé dans la commission spéciale d’éducation et de formation, la Cosef. Nous avons été reçus et je l’ai salué, je lui embrassé la main, allah yrhmou.

On m’a raconté qu’il a souri lorsqu’il a appris que j’étais venu sans cravate et que j’avais mis une cravate dans ma poche au cas où.

Nous avons répété aux Frères musulmans que nous n’avons pas besoin d‘eux au Maroc“

- Si on vous suit, vous n’aviez pas de relations avec le réseau international des Frères musulmans…

- Ils ont essayé, dans les années 80, d’entrer en contact avec nous dans ce sens mais sans succès. Ils ont essayé de créer leur propre filiale au Maroc, sans suite également.

Quand nous pouvions, nous les avons rencontrés, croisés dans différents événements, des colloques, rencontres internationales. Nous leur disions que nous n’avons pas besoin de leur conception, car elle ne marcherait pas chez nous, que le Maroc n’en avait pas besoin, que notre pays n’avait pas de problème de khilafa… Ceci est documenté, regardez par exemple les archives de l’université d’été, la Sahwa islamiya.

Parmi les constantes de notre mouvement, depuis le premier jour, c’est de n’avoir aucun lien, aucune inféodation à l’étranger. Ni réseau frériste, ni rien d’autre, ni organisations internationales, ONG… Nous nous sommes même refusé à nous plaindre auprès des organisations internationales lorsque la situation aurait pu l’exiger.

A ma connaissance, tous les musulmans sont pudiques“.

-Vous avez cependant des points communs avec les Frères d’Egypte. Par exemple, une certaine vision de la culture…

-Nous avons surtout plusieurs différences importantes: Nous sommes contre la confessionnalisation des différends. Nous situons notre action au Maroc et seulement au Maroc, nous n’avons pas eu et n’aurons jamais de dépendance avec l’étranger.

Vous évoquez la culture, et vous faites allusion à des questions liées à la pudeur par exemple. Vous soulevez une question générale, qui ne concerne pas les seuls Frères musulmans. Tous les musulmans à ma connaissance sont pudiques.

Sur le plan des convictions, nous-mêmes nous avons évolué. Nous avions au départ une position assez radicale, par exemple sur la musique, mais sans aller jusqu’à l’interdiction.

A propos, j’aime bien la musique et je connais de nombreux morceaux. Du Maroc et d’Orient, Abdelhalim, Ismahane, Farid, Fayrouz, Abdelwahab. Mais je suis un très mauvais chanteur.

Bien que nous ayions évolué, lorsque nous voyons qu’un-e artiste se dénude en chantant, nous critiquons cela.

Je rappelle que sur le plan religieux, la musique est une question qui n’est pas tranchée.

Aujourd’hui, nous exprimons notre avis lorsqu’il y a quelque chose qui dérange, par exemple dans un film un peu osé.

-Le problème, c’est l’origine de la norme, juridique ou sociale. Peut-elle être autonome, civile ou doit-elle être obligatoirement inspirée par la religion?

-Prenons l’exemple du vote. Il n’est pas prévu dans la religion, n’est-ce pas?.

Ou le sens interdit dans la circulation.

Quand il s’agit de la politique, je suis là pour gérer la chose publique selon la volonté des citoyens qui ont leurs préoccupations et leurs besoins. Je suis arrivé pour essayer de résoudre ces problèmes qu’ils ont eux, pas ceux que j’ai moi.

Liberté de conscience: “pour moi, c’est une question tranchée“

-Prenons un exemple: la liberté de conscience, qu’en pensez-vous? Il semble que le PJD s’est opposé à son inscription dans la Constitution…

-La liberté de conscience figure dans le Coran, dans Sourat Al-Kahf.

[Dis :" La Vérité vient de votre Seigneur. Que celui qui le veut, croie, et que celui qui le veut, mécroie ".]

وَقُلِ ٱلۡحَقُّ مِن رَّبِّكُمۡ‌ۖ فَمَن شَآءَ فَلۡيُؤۡمِن وَمَن شَآءَ فَلۡيَكۡفُرۡ‌ۚ

Et dans sourat Al-Baqara, [Pas de contrainte en religion]. لَآ إِكۡرَاهَ فِى ٱلدِّينِ‌ۖ

Pour moi, c’est une question tranchée.

Un musulman qui a changé d’optique, de croyance, de conviction, je n’ai pas à m’en mêler.

Par contre, pour ce qui concerne la société, la gestion de la chose publique et du champ religieux, je ne suis pas responsable. C’est Sa Majesté et les oulémas autour de lui.

Je n’ai ni le poids ni la compétence pour en juger.

Je signale qu’il n’y a jamais eu d’inquisition en Islam. Nous n’avons pas besoin d’inscrire la liberté de conscience. C’est déjà le cas dans la pratique, chacun est libre de ses convictions.

En second lieu, que signifie d’inscrire la liberté de conscience? Est-ce que cela signifie que l’on peut changer de conviction et faire du prosélytisme pour détourner les gens de leur religion? Il y a un aspect qui relève de l’ordre public.

Est-ce qu’on pourrait laisser les gens sortir nus dans la rue, dans la loi?

Notre société est déjà multiple et plurielle, nous ne pouvons ajouter davantage de pluralisme confessionnel.

Il y a unanimité au Maroc sur le malékisme. C’est très, très important.

Le politique n’est pas le philosophe qui récite aux gens les principes. C’est quelqu’un qui applique les principes dans la réalité quotidienne. Il confronte les principes aux réalités. C’est l’art du possible.

Le Maroc n’a pas été perméable à des modes comme la laïcité ou certains droits prétendus de la femme. Regardez sa stabilité. Il faut attendre l’évolution des mentalités, des sociétés, sinon on va provoquer le rejet. Et on installe des bombes à retardement.

Le grand mérite dans notre pays revient à l’institution monarchique, elle dispose d’une sorte de sens des responsabilités et d’une sorte de balance pour bien mesurer, bien peser les décisions.

Le jour où Sa Majesté est venu dire “Je ne peux ni autoriser ce que Dieu a interdit, ni interdire ce que Dieu a autorisé“, il savait ce qu’il disait. C’était au parlement en 2004.

-Et sur d’autres questions comme le commerce et la consommation de l’alcool?

-Est-ce que l’islam a rendu illicite ou illégale la consommation de l’alcool?

Il y a une différence entre l’illicite et l’illégal. Il l’a rendu illicite. Et il l’a fait d’une manière progressive, jusqu’à ce que la société soit convaincue, et ensuite il a rendu illicite sa production, sa commercialisation et sa consommation ou l’état d’ivresse en public.

L'Islam a donc rendu illicite l'alcool. Le rendre illégal relève des autorités de chaque pays.

Si un pays interdit l’alcool, est-ce qu’il ne risque pas d’aboutir à la situation comme celle qu’ont connue les Etats-Unis avec la prohibition de 1929? La politique, c’est d’aider son pays, réduire les problèmes, pas en créer d’autres. Et en toutes choses, il y a le principe et il y a l’opportunité.

Ceci ne doit pas nous empêcher de nous poser des questions et par exemple celle-ci: ce système judiciaire est-il bon pour réduire la délinquance et la criminalité, les prisons ne sont elles pas malheureusement une école de délinquance?

Amazighe et constitution: “Est ce que vous croyez qu’un dossier comme celui-là va être géré par Abdelilah Benkirane?“

-Des mouvements amazighs ont l’impression que vous êtes contre l’instauration de l’amazigh en tant que langue officielle…

-Comment pourrions-nous être contre un principe constitutionnel?

Et ce principe dont nous parlons, il est dans la Constitution par l’arbitrage de Sa Majesté.

Est-ce que vous croyez qu’un dossier comme celui-là étroitement lié à l’identité nationale va être géré par Abdelilah Benkirane? Il doit être géré par consensus, et par tout le monde, il faut consulter qui de droit. C’est un processus de consensus national.

J’ajoute que parmi les dirigeants du PJD, il y a une majorité amazigh.

Le 29 novembre 2011, nomination à Midelt

-Votre première rencontre avec le Roi Mohammed VI…

-Lors de ma nomination, le 29 novembre 2011.

Je l’avais salué deux fois avant.

Les élections avaient eu lieu le vendredi 25 novembre 2011. J’ai été contacté le dimanche 27 novembre par le Protocole royal. On m’a informé que je serai reçu le mardi 29 à Midelt.

J’ai donc été reçu le mardi, j’ai commencé par prêter serment, après nous avons eu un échange. Le tout a duré 8 minutes. Sa Majesté m’a dit: il ne faut pas être longs, on va croire que nous sommes en train de constituer le gouvernement.

Sa Majesté est quelqu’un d’une gentillesse extrême, ça m’a toujours impressionné.

-Est-ce qu’il y a eu des vétos sur le gouvernement?

-Je peux vous dire ceci: chaque personne qui a fait partie du gouvernement, c’est moi qui l’ai proposée. Ceci ne veut pas dire qu’il n’y a pas eu de discussion sur les personnes.

Deux personnes n’ont pas fait l’objet de discussions: M. Dahhak, secrétaire général du gouvernement et M. Loudiyi, chargé de l’administration de la Défense nationale. C’est moi qui les ai proposés, mais personne ne m’avait recommandé ces noms.

Ramid a été au début mis en cause. Une raison m’a été donnée. Alors, je suis allé le voir en compagnie de si Baha. Il m’a répondu: si ce qu’on vous a dit s’avère vrai, j’accepte. Je ne ferais pas partie du gouvernement et vous irez sans moi.

J’ai fait parvenir cette réponse à Sidna, par Madame Zoulikha Nasri qui était l’intermédiaire. Au bout d’une semaine, nous avons eu le feu vert. Au final, c’est l’un des ministres qui ont été les plus appréciés, jusqu’à maintenant.

-Comment se sont passées ces trois années?

La première année, 2012, a été difficile, c’était une année d’adaptation.

La deuxième année, 2013, était perturbée, à cause des désaccords avec le nouveau secrétaire général du parti de l’Istiqlal.

Depuis la reconstitution de la majorité avec le RNI, c’est plus calme, plus paisible.

La relation avec le Roi Mohammed VI

-Et votre relation avec le Roi?

-Dès le début, elle a été d’une qualité exceptionnelle.

Ses qualités comme être humain, comme homme d’Etat, comme un homme très profondément croyant, sa gentillesse et ses égards, tout cela a facilité ma mission et a renforcé mes précédentes convictions à son égard.

Il y a eu des malentendus, parfois provoqué par la presse, mais seulement pendant la première année.

-Vous ne gérez pas le pays à 100%...

-D’abord, relisez la constitution qui a été approuvée par un pourcentage proche de l’unanimité.

Ensuite, je suis un homme politique. Je dois mesurer l’étendue de ce que je peux remplir positivement comme mission, comme tâches.

De plus, mon caractère, mon éducation et notre système font que le Souverain tient une place centrale dans le pays.

Les choses sont claires. Tout est clair

-Quelle influence ont eu les printemps arabes au cours des ces trois années?

-Au cours de l’été 2013, nous avons senti que notre départ du gouvernement est possible. Il y avait eu les événements en Egypte et en Tunisie. Nous nous sommes dits: si cela doit se faire, cela se fera. Mais nous ne ferons rien pour le provoquer. Evitons le moindre faux-pas.

Je ne suis pas venu pour élargir les pouvoirs du chef du gouvernement“

-Si vos pouvoirs avaient été plus étendus, vous auriez multiplié les faux-pas. En quelque sorte, la Constitution et la Monarchie vous ont protégés…

-Je ne suis pas venu pour élargir les pouvoirs du chef du gouvernement. Je ne suis pas venu pour ça.

Je suis venu dans une période de crise, selon les critères de la démocratie, pour participer à améliorer la situation de mon pays, pas pour autre chose. C’est uniquement dans ce cadre que j’ai agi.

Le gouvernement est d’abord le gouvernement de Sa Majesté. Sa Majesté est le Chef de l’Etat. C’est lui qui donne les ordres, les ordres viennent de lui et peuvent venir de moi, mais c’est lui qui a la priorité.

Ce n’est pas une cohabitation, comme ont essayé de me faire dire des médias français.

Ceci ne m’empêche pas et Sa Majesté me l’impose, de donner mon avis, même lorsqu’il est différent du sien. Sa Majesté m’a instamment dit de le faire.

Rythme des réformes : “Une grande échelle n’a aucun intérêt si elle ne permet pas d’atteindre le toit“

-Vous avez beaucoup évolué au contact des réalités de gouvernement.

Il y a une grande différence entre ce qu’on voit de loin et ce que l’on voit de près, de ses propres yeux.

Par exemple, les équilibres macro-économiques et les réformes que nous avons lancées.

Lorsque si Nizar Baraka m’a informé du problème des retraites, j’ai eu devant moi un tableau sombre.

J’ai refusé le verbiage, j’ai attaqué la réforme, je l’ai programmée. On me demande de l’adoucir, mais une échelle même grande n’a aucun intérêt si elle ne permet pas d’atteindre le toit.

Pareil pour les équilibres macro-économiques.

Quelles que soient les conséquences sur le PJD et sur les prochaines échéances électorales, je poursuivrai les réformes.

Est-ce que le politique fait les élections pour régler les problèmes du pays ou bien est-ce qu’il fait la politique pour gagner les élections? L’éthique et la raison voudraient que ce soit le premier cas.

Regardez le cas des diplômés chômeurs. Aujourd’hui, les Marocains entrent dans la fonction publique par voie de concours, rien que ça c’est un acquis. Vous ne voyez plus les milliers de diplômés chômeurs dans la rue qui veulent intégrer la fonction publique sans concours.

-Dans le domaine économique, vous manquez de compétences. L’amélioration des équilibres macro-économiques a été réalisée grâce à vos alliés du RNI.

Si vous dites que le PJD n’a pas réussi mais que le gouvernement a réussi, je ne vois pas le problème.

J’ai été élu et Sa majesté m’a nommé, pour diriger un gouvernement qui réussit, pas un gouvernement où le PJD réussit. C’est clair.

Si vous affirmez que dans le domaine économique, les compétences du RNI sont plus fortes que les nôtres, ce que vous dites est raisonnable. Nous dirigeons des départements comme l’Equipement, l’Energie, le Budget, nous ne déméritons pas, mais vous avez raison de dire que le RNI a plus de compétences dans ce domaine et cela ne nous gène pas.

Ce n’est pas un gouvernement PJD, c’est le gouvernement de tous les Marocains. L’essentiel est le résultat final.

Pour lire la première partie de cette interview, cliquer ici.

Nous publierons par la suite notre analyse des propos de Abdelilah Benkirane.



ANALYSE. Quel islamiste est Abdelilah Benkirane? Et le PJD? Où les situer dans la galaxie islamiste internationale? Comment les situer dans le champ politique marocain? Quelle est leur relation au progrès et à la modernité?

Médias 24 vient de publier en deux parties (ici et ici) un entretien exclusif avec Abdelilah Benkirane, chef du PJD et du gouvernement. L’idée de cet entretien est née d’une discussion informelle où Benkirane (et donc le PJD) semblait se démarquer nettement de la galaxie des Frères musulmans. Par exemple dans sa conception de l’Etat ou dans sa relation à son pays et à son histoire.

L’objectif de cet entretien était de tenter une première réponse à la question: quel islamiste est Abdelilah Benkirane? Est-il réellement différent des Fréristes?

L’article ci-dessous tente d’apporter un début de réponse. Avec quatre réserves :

-l’entretien publié est le fruit de quatre heures de discussion avec Abdelilah Benkirane, trop peu pour approfondir la question ;

-nous nous efforçons d’être objectifs, mais notre propos n’est pas exempt, forcément, de subjectivité, car il s’inspire parfois de perceptions.

-l’évolution dans le temps est importante. Dans dix ou vingt ans, Abdelilah Benkirane et le PJD seront obligatoirement bien différents de ce qu’ils sont aujourd’hui. Notre conclusion est plutôt un instantané qu’une conclusion finale.

-notre approche est centrée sur Benkirane en supposant qu’il reflète une grande partie de l’évolution du couple PJD-MUR (Mouvement de l’Unicité et de la réforme, matrice idéologique du PJD).

Alors, que disent ces propos? Et que peut-on éventuellement lire à travers les lignes?

1. L’islamisme politique du PJD est réellement différent de celui des Frères musulmans. Il n’est ni salafiste ni frériste. Il est marocain. Il s’inscrit dans une catégorie à part, minoritaire: celle des nationalistes islamistes. Et, peut-on ajouter, pragmatiques1. Benkirane est un nationaliste islamiste, pragmatique, marocain.

Les différences entre le PJD de Benkirane et les Frères sont multiples. Contrairement aux partis islamistes arabes, le PJD ne paraît pas sectaire dans l’espace politique et social local. Il ne s’inscrit pas comme le font les Frères, dans une démarche communautariste.

Peut-être parce qu’il n’a pas eu besoin d’être sectaire, contrairement aux Frères musulmans en Tunisie et en Egypte. Peut-être parce qu’il considère que les Marocains, l’Etat marocain et le Maroc sont par définition musulmans.

Si l’on se base sur les prises de position des dirigeants du PJD, le Maroc semble passer dans leurs priorités, avant l’internationalisme islamiste. Ceci, même si des solidarités mécaniques ou affectives sont parfois visibles, par exemple avec l’Egypte.

Sur la violence, qui fut consubstantielle du frérisme, Benkirane dit qu’elle “n’a jamais été approuvée chez nous“. “Nous n’avons pas eu besoin de bannir la violence dans les révisions idéologiques, il n’y a jamais eu de divergences à ce propos, car la violence n’a jamais été une option collective à la Chabiba ni après la Chabiba“.

Il y a eu certes un épisode violent et tragique: l’assassinat du militant de gauche Omar Benjelloun en 1975 par la Chabiba islamiya. C’était avant l’adhésion de Abdelilah Benkirane à cette organisation. Autant que nous puissions en juger au regard des faits, la violence n’a effectivement pas été revendiquée en tant que mode d’action par la Jamaâ de Benkirane ni ensuite par le PJD.

La violence avait pourtant été, pendant plusieurs décennies après la naissance des Frères musulmans, l’un des modes d’action privilégié des Fréristes. En Orient, la violence des Frères a alimenté et inspiré nombre de mouvements agissant au nom de l’islam.

Au Maroc, le curseur de la violence à fondement islamiste s’est déplacé vers l’extrême, celui du jihadisme takfiriste. Les salafistes qui avaient pactisé avec la violence ou qui l’ont alimentée, comme Mohamed Fizazi ou Abou Hafs essaient maintenant de s’inscrire dans le champ politique pacifique.

C’est dire que la question de la violence au PJD est bien une question tranchée, voire qui ne s’est jamais posée.

Le PJD et Benkirane se distinguent également des Frères musulmans par un vocabulaire où l’on décèle une conception moins archaïque de l’Etat, un respect de cet Etat, un amour du pays, une connaissance de l’histoire du Maroc et une acceptation de l’Etat-nation.

Pour le PJD, le Maroc est une nation, pas une communauté religieuse.

La question du rétablissement du califat, objectif ultime des Fréristes, du Proche Orient jusqu’en Tunisie, ne se pose pas pour le PJD. Elle a été tranchée dès 1986 lorsque la Jamaâ de Benkirane, a considéré dans sa charte que le Maroc est un Etat musulman.

Enfin, derniers points de différence avec les Fréristes du Proche-Orient, la relation avec l’Occident est moins problématique et moins passionnée ici; il y a également une reconnaissance assez large de nombreuses lois “posées“ (qui sont l’œuvre de l’Homme). Abdelilah Benkirane distingue ce qui est licite (ou illicite) et ce qui est légal (ou interdit); ce qui est illicite et ce qui est interdit et cette distinction est une particularité de Benkirane et du PJD. C'est une reconnaissance du droit positif et de la norme humaine.

Le PJD conduit le gouvernement depuis trois ans maintenant. On peut établir une comparaison de son expérience avec celle d’Ennahdha en Tunisie qui avait conduit un attelage coalisé de trois partis, mais pas avec celle du Parti de la Liberté et de la Justice de Mohamed Morsi (Egypte) qui, lui, avait obtenu une majorité confortable à l’assemblée.

PJD et Ennahdha ne sont pas spécialement des partis connus pour leur compétence économique. En Tunisie, Ennahdha a lamentablement échoué sur le plan économique mais, pire, a encouragé la mentalité de rente. Le PJD par contre, a essayé de combattre cette mentalité. Par exemple, il n’est plus possible au Maroc d’accéder à la fonction publique sans concours.

Sur le plan culturel, par contre, tous les partis fréristes ou islamistes semblent avoir les mêmes réflexes, les mêmes référentiels. Les influences sont les mêmes, il existe une vraie proximité affective entre les uns et les autres, d’un pays à l’autre, l’influence de Sayyed Qutb est encore là, même si dans le cas marocain, elle est absolument diluée dans le pragmatisme et dans la vie moderne.

Dans la pratique, on ne sait pas quelle est la réponse réelle du PJD aux deux questions qui fondent l’islamisme: l’homme est-il supérieur à la femme? le musulman est-il supérieur au non-musulman? On trouvera plusieurs exemples pouvant aller dans un sens ou dans l’autre.

2. L’exception marocaine.

A l’occasion de ce que l’on a appelé les printemps arabes, l’expression “exception marocaine“ a été galvaudée. Mais il existe réellement une exception marocaine.

En premier lieu, citons une différence importante entre le Maroc et tout le monde arabe. Le Maroc a été le seul pays de la région à ne pas avoir été occupé par l’empire ottoman. Ce n’est pas banal.

Il faut remonter à l’année 1516 pour le comprendre. Cette année-là marque2 un tournant dans l’histoire des Arabes. C’est l’année de la bataille de Marj Dabiq, où les Ottomans taillent en pièces les mamelouks égyptiens. Elle représente une rupture et le début d’une période très particulière qui verra les Arabes et pour la première fois depuis la Révélation, perdre la maîtrise de leur destin.

La relation entre les Arabes et l’Occident, entre eux et la modernité, a été pour sa part compliquée par une succession d’événements historiques: la bataille de Marj Dabiq, le débarquement napoléonien en 1798, les colonisations, l’abolition du califat ottoman en 1923, la défaite de 1967 contre Israël. Le Maroc est le seul pays qui en sort indemne ou en tous cas, à peine atteint.

Jusqu’à la fin du 16e siècle, les différentes civilisations marchaient du même pas3. Elles ont dominé chacune à tour de rôle et, depuis le 7e siècle, cette domination était arabo-musulmane.

Entre la fin du 16e et le 17e, apparaissent de profondes transformations en Europe. L’évolution de cette région s’accélère et la notion de progrès fait son apparition. Nous y reviendrons plus loin.

Les Ottomans et les Espagnols se livrent à cette époque, une féroce concurrence en Méditerranée. Les Turcs domineront la totalité de la rive sud. Sauf le Maroc. Le pouvoir des Turcs s’arrêtera à la frontière algéro-marocaine.

L’Etat marocain par contre, s’est aussi construit contre le califat ottoman. Il a lui-même construit un empire.

Toutes les organisations fréristes, du Proche Orient jusqu’à l’Algérie, se sont créées contre l’Etat moderne. Sauf au Maroc.

A l’époque actuelle, seuls trois pays arabes ont une tradition d’Etat central qui remonte à plusieurs siècles: l’Egypte, la Tunisie et le Maroc. Des trois, seul le Maroc n’a pas été occupé par les Ottomans et d’ailleurs, le protectorat y a été une parenthèse assez courte.

L’autre point qui contribue à l’exception marocaine est la commanderie des croyants, Imarat Al-Mouminine. Le Roi est Chef de l’Etat et commandeur des croyants. L’institution de Imarat Al-Mouminine exerce un monopole sur le champ religieux, basé sur le malékisme. Ce monopole est indispensable à l’unité religieuse du Maroc mais également à sa stabilité. L’ouverture du champ religieux à la libre concurrence a provoqué des désastres partout ailleurs dans le monde arabo musulman.

Mieux encore, la réaffirmation éclatante de ce monopole par voie de Dahir en juillet dernier vient ériger un mur entre le politique et le religieux, séparation que les Etats arabes ne sont pas parvenus à instaurer.

Des chercheurs marocains et étrangers ont cru, dans les années 90 et la première décennie 2000, que l’irruption de l’islam politique avait créé des tribunes concurrentes et fragmenté le champ religieux, de sorte que Imarat Al-Mouminine allait être affaiblie. C’est le contraire qui s’est produit.

La majeure partie de cet islamisme marocain a été aspirée par le champ politique, reconnaissant de facto et de jure la prééminence de Imarat Al-Mouminine.

3. La relation à la Monarchie.

En privé comme dans des discussions en off, Benkirane cite souvent “Sa Majesté le Roi, Chef de l’Etat, Amir Al-Mouminine, dépositaire d’une légitimité de plusieurs siècles“.

Il s’insurge contre une question provocatrice posée par un média français, au sujet d’une “cohabitation“ marocaine, terme qu’il récuse avec force.

Il invoque l’histoire, la Constitution.

Et conclut que le PJD a conscience de ce qu’il est et de ce qu’il n’est pas. Il ne tient pas à élargir ses compétences de parti de gouvernement. Il rappelle que le Roi est le Chef de l’Etat et le chef de l’Exécutif.

Cette conception est selon Abdelilah Benkirane basée à la fois sur la légalité (les dispositions de la Constitution) et sur la légitimité de l’institution monarchique, sans oublier la commanderie des croyants. Dans le champ religieux aussi, la prééminence du Roi est totale.

En pratique, cette situation laisse au PJD une marge de manœuvre certes réelle mais réduite. Cette situation a probablement évité au parti de commettre les erreurs des “Frères“ tunisiens ou égyptiens. Elle a aussi protégé le Maroc en stabilisant ses principaux choix économiques et sociaux. La monarchie a protégé le PJD de lui-même et protégé le Maroc des erreurs possibles (probables) du PJD.

Dans le domaine économique, le PJD détient des portefeuilles a priori importants: l’énergie, les mines, l’eau, l’environnement, les transports, l’équipement et le budget (ministère délégué). Hormis le budget, ces ministres PJD n’ont fait preuve ni d’innovation, ni d’imagination, ni de brio.

L’autre portefeuille important est celui de la Justice où le ministre Ramid mène une réforme historique de la Justice.

De nombreux secteurs où il y a un enjeu de société échappent totalement au PJD, voire aux partis politiques. Citons l’Intérieur (et l’administration territoriale) ou l’Education nationale. Ou encore l’audiovisuel public.

Au final, cette marge de manœuvre réduite est acceptée et revendiquée par le PJD. De surcroît, elle protège le Maroc et protège le PJD lui-même. Ce dernier est banalisé. Le référentiel islamique? Mais le Maroc est déjà musulman. Le PJD évolue vers un positionnement de parti conservateur à ancrage identitaire et islamique.

En trois ans, le parti peut néanmoins se targuer d’un réformisme que l’on n’a pas connu depuis les années 80: réforme des retraites (qui va être lancée), réforme de la caisse de compensation (elle se poursuivra), instauration d’allocation aux familles démunies (enfants scolarisés, veuves démunies), systématisation des concours pour l’accès à la fonction publique…

4. La modernité, les sources du droit, l’Etat moderne ou les limites du pragmatisme.

La notion de progrès, tout comme la relation au droit positif et à la modernité ne sont pas claires.

En 1986, le groupe appelé Al Jamaâ dirigé par Abdelilah Benkirane et qui deviendra ultérieurement le PJD, a accepté l’Etat marocain parce qu’il est déjà islamique.

Mais qu’est-ce qu’un Etat islamique? L’Islam a-t-il défini ce qu’est la forme de l’Etat? Non, bien sûr. L’Etat qu’on appelle islamique est une œuvre humaine, mise en place après la mort du Prophète par les califes qui avaient adopté les modèles de l’époque, sassanide ou byzantin, à la société arabe de l’époque.

Autant que nous puissions en juger, comme les Frères musulmans, le PJD ne pousse pas son analyse jusque là.

Il en est de même pour la production de la norme, qu’elle soit sociale ou juridique. La norme dite islamique à laquelle les salafistes ou les Frères font référence, ou même le PJD, est-elle réellement islamique ou bien œuvre humaine?

Le PJD de Benkirane est réformateur sur le plan économique mais sur le plan culturel et social, il est profondément conservateur.

Par exemple, la réforme de la Moudawana, code du statut personnel, en 2004, a été acceptée dans un contexte où le risque éradicateur était présent. Elle avait été combattue au début puis votée à l’unanimité avant d’être revendiquée par le PJD comme une avancée.

Au final, le PJD évolue vers une pratique de plus en plus sécularisée de la politique, en tous les cas de plus en plus affranchie de son référentiel religieux. Il deviendra un parti conservateur comme on en voit en Europe, puisant ses racines dans le sentiment religieux national.

Malgré son évolution, il ne s’est pas approprié les notions de progrès et de modernité. La modernité ici signifie que l’Homme est capable de rationalité et de produire à la fois la morale et le droit, sans avoir obligatoirement besoin de les emballer dans une justification religieuse.

Elle consiste aussi à comprendre et accepter que tout acte passé, justifié religieusement, a été pris dans un contexte historique spécifique. Et que les décisions humaines, y compris celles organisant la vie de la cité, ne sont pas des décisions absolues mais des décisions relatives. Qu'une grande partie de la charia, est œuvre humaine.

(1). Pour Abdallah Tourabi, le talentueux directeur de Telquel, Abdelilah Benkirane est d’abord un pragmatique [conversation avec l’auteur].

(2). Selon le penseur britannique Eugene Rogan. Lire par exemple “Histoire des arabes - De 1500 à nos jours“

(3). L’historien américain Marshall Hodgson. Lire par exemple le prodigieux “L’Islam dans l’histoire mondiale“.

(4). Cette question a été tranchée par de nombreux chercheurs: Ali Abderrazik (L’Islam et les fondements du pouvoir), Abdou Filali Ansary (L’Islam est-il hostile à la laïcité?), Ali Mezghani (L’Etat inachevé) et Abdelmajid Charfi (marjaiyate al islam assiyassi, les référentiels de l’islam politique).


Cronologia storica del Marocco


789 Fondation de Fès par Idriss 1er, avènement des Idris-sides.

1062 Fondation de Marrakech par Youssef Ibn Tachfine, considéré comme le premier sultan almoravide. 1147 Abdelmoumen est désigné calife. Il fonde la dynastie almohade.

1212 Défaite des Almohades à Las Navas de Tolosa.

1269 Prise de Marrakech par les Mérinides. Fin de la dynastie almohade.

1465 Début de la dynastie wattasside.

1492 Chute du royaume de Grenade.

1554 Début de la dynastie saâdienne.

1578 Bataille des Trois Rois et début du règne d'Ahmed Al-Mansur Ad-Dahbi.

1666 Avènement de la dynastie alaouite.

1672-1727 Règne de Moulay Ismaïl

1844 Bataille d'Isly.

1845 Traité de Lalla Maghniya délimitant les frontières entre l'Algérie française et le Maroc. 1860 Siège de Tétouan par les Espagnols.

1905 Première crise franco-allemande au sujet du Maroc.

1908 Déposition de Moulay Abdelaziz au profit de Moulay Hafid.

1911 Deuxième crise franco-allemande au sujet du Maroc.

1912 Début du Protectorat. Lyautey est nommé résident général. Moulay Youssef est intronisé.

1921 Début de la guerre du Rif.

1926 Lyautey quitte le Maroc. Reddition de Mohammed Ben Abdelkrim El Khattabi dans le Rif.

1930 Proclamation du dahir berbère.

1944 Signature du Manifeste de l'indépendance de l'Istiqlal.

1947 Discours de Mohammed Ben Youssef à Tanger.

1951 Le sultan entame une grève du Sceau.

1953 Ben Youssef est déposé, envoyé en exil en Corse puis à Madagascar et remplacé par un de ses cousins, Mohammed Ben Arafa.

1955 Pourparlers pour l'indépendance à Aix-les-Bains. Retour triomphal du sultan Ben Youssef au Maroc. 1956 Le Maroc est officiellement indépendant.

1958-1960 Gouvernement de gauche dirigé par un socialiste.

1961 Hassan II succède à son père, Mohammed V, mort au cours d'une opération chirurgicale.

1962 Indépendance de l'Algérie. Première constitution marocaine, rédigée par Hassan II.

1963 Guerre des sables entre le Maroc et l'Algérie. Mort d'Abdelkrim El Khattabi.

1965 Émeutes de Casablanca. Hassan II décrète l'état d'exception. Il ne sera levé qu'en 1970. Ben Barka est enlevé à Paris et "disparaît ».

1969 Le Maroc récupère la région de Sidi Ifni, cédée par l'Espagne.

1970 Réforme constitutionnelle.

1971 Tentative de putsch de Skhirat.

1972 Deuxième tentative de putsch. Réforme constitutionnelle.

1975 « Marche verte ».

1979 Le Maroc récupère la région d'Oued Ed Dahab, cédée par l'Espagne.

1983 Le Maroc adopte le Plan d'ajustement structurel imposé par le FMI.

1992 Réforme constitutionnelle.

1993 Échec d'une première « alternance ». Constitution d'un gouvernement de technocrates.

1996 Réforme constitutionnelle.

1998 La gauche dirige le gouvernement après 40 ans d'opposition.

1999 Décès d'Hassan II. Mohammed VI lui succède.

2003 Attentats du 16 mai à Casablanca. Adoption d'un nouveau Code de la famille accordant plus de droits à la femme marocaine.

2011 «Printemps arabe » et première réforme constitutionnelle du règne de Mohammed VI. le PJD gagne les élections du 11 novembre 2011 et gouverne le pays à travers une coalition de quatre partis


Les sultans et les rois alaouites


Moulay Ali Cherif est le père spirituel de la dynastie alaouite. Son fils Sidi Mohammed est parfois considéré comme le premier sultan alaouite. C'est néanmoins son frère Moulay Rachid qui pérennise le pouvoir alaouite.

1666-1672 Règne de Moulay Rachid

1672-1727 Règne de Moulay Ismail.

1727-1757 Anarchie de 30 ans au cours de laquelle s'affrontent plusieurs prétendants au trône.

1757-1790 Règne de Sidi Mohammed Ben Abdellah (Mohammed III).

1790-1792 Règne de Moulay Yazid.

1792-1822 Règne de Moulay Souleïman.

1822-1859 Règne de Moulay Abderrahman.

1859-1873 Règne de Sidi Mohammed Ben Abderrahman (Mohammed IV).

1873-1894 Règne d'Hassan l

1894-1908 Règne de Moulay Abdelaziz.

1908-1912 Règne de Moulay Hafid.

1912-1927 Règne de Moulay Youssef (Protectorat).

1927-1953 Règne de Sidi Mohammed Ben Youssef, futur Mohammed V (Protectorat).

1953-1955 Règne de Moulay Mohammed Ben Arafa (Protectorat).

1955-1961 Règne de Mohammed V.

1961-1999 Règne d'Hassan II.

1999- Règne de Mohammed VI.


BIBLIOGRAFIA

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- Lugan Bernard - Histoire du Maroc, des origines à nos jours, Paris, éditions Ellipses, 2011.

- Lugan. Bernard, Histoire des Berbères, des origines à nos jours : Un combat identitaire plurimillénaire, Afrique Réelle, Paris‎ 2012.

- Lyautey Le Résident, Le Maroc n'est qu'une province de mon rêve , Guillaume Jobin, essai : la vie et l'œuvre de Lyautey revisitées. Magellan et Cie, Casa Express éditions. 2014

- Martinez-Gros Gabriel et Valensi Lucette - L’islam en dissidence, genèse d’un affrontement,, Paris, Le Seuil, « L’Univers historique », 2004

- Mernissi Fatima - La Peur-modernité : Conflit Islam démocratie, Edition Albin Michel,1992

- Kepel Gilles - Djihad, expansion et déclin de l'islamisme , Paris, Gallimard, 2001

- Roy Olivier - Généalogies de l'islamisme -L’islam mondialisé, 2° édition,Paris Hachette, collection Pluriel, 2001

- Roy Olivier -L’islam mondialisé- Paris, Le Seuil, la couleur des idées, 2002

- Saint-Prot Charles - Islam. L’avenir de la tradition entre révolution et occidentalisation, Paris, le Rocher, 2008.

- Sami Zubaida - Islam popolo e Stato, Jaca book. Maggio 2010

- Samir khalil Samir - Islam e Occidente le sfide della coabitazione, trad. Valeria Fucci Lindau s.r.l. 2011

- Saint-Prot Charles e Abdelaziz Othmane Al Twaijri - - L'Islam et l'effort d'adaptation au monde contemporain, l'impératif de l'ijtihâd - Paris, CNRS éditions, 2011

- Saint-Prot, A.Bouachik et M. Degoffe - La constitution marocaine de 2011, lectures croisées, Rabat .REMALD,2012

- Saint-Prot.C et Al Twaijri.A - L'Islam et l'effort d'adaptation au monde contemporain, l'impératif de l'ijtihâd, CNRS éditions, Paris 2011

- Sale Giovanni - Stati Islamici e Minorenze Cristiane, Editoriale Jaca Book Spa, Milano, 2008.

- Saint-Prot.C, Islam. L’avenir de la tradition entre révolution et occidentalisation, le Rocher, Paris 2008.

- Todd E. , Après la Démocratie, Paris, Gallimard , 2008

- Todd. E e Courbage.L, Le rendez-vous des civilisations,( trad.it, L'incontro delle civiltà, R. Ciccarelli, , Tropea, Milano 2009)

- Tozy. M - Monarchie et Islam politique au Maroc, M. Tozy, Paris, Presses ur.

- Tozy. M -Le Maroc possible, 50 ans de développement humain, Perspectives 2025, Comité Directewww.rdh50.ma, imprimé aux Éditions Maghrébines. 2006

- Tozy. M , H. Rachik, M. El Ayadi - L’Islam au quotidien : Enquête sur les valeurs et les pratiques religieuses au Maroc - Edition la croisée des chemins. Rabat, coll. « Religions et société »,‎ 2007

- Vermeren. Pierre - Maghreb : la démocratie impossible ? édition Fayard, 2004

- Vermeren. Pierre - Histoire du Maroc depuis l'indépendance - Collection Repères. la Découverte .3° édition.2010

- Le Maroc possible, 50 ans de développement humain, Perspectives 2025, Comité Directeur. www.rdh50.ma, imprimé aux Éditions Maghrébines 2006

Altre Fonti di ricerca che mi hanno aiutato a scrivere questa tesi

- Documenti dell'archivio del Partito della Giustizia e dello Sviluppo (PJD)

- Documenti dell'archivio della sede centrale del PJD, Rabat

- Giornali e reviste: Tel Quel , Zamane, Nichane, Jeune Afrique...

Tel Quel :

-Benchemsi.A,le roi cool, TelQuel, n° 380, 4 juillet 2009

-Benchemsi.A, le chef absolu, TelQuel, n° 381, 11 juillet 2009

-Benchemsi.A,le Businessman, TelQuel, n° 382, 18 juillet 2009

-Ghannam.F et Iraqi.F,10 ans de vie économique, une métamorphose marocaine, TelQuel, n° 382, 18 juillet 2009

Hamdaoui.H et Ziraoui.Y,Entre évolution et révolution, TelQuel,n°380

Zamane:

Filali .A, la commenderie des croyants, risques et opportunités, 29 novembre 2012

Jamai.k et Lakmahri.S, la commenderie des croyants,revue zamane 27 novembre 2012

Jeune Afrique

Tozy.M, le roi du Maroc gère le temps long, celui de la stratégie:

http://www.jeuneafrique.com/Article/JA2794p031.xml2/maroc-pjd-mohammed-vi-rni-maroc-mohamed-tozy-le-roi-du-maroc-g-re-le-temps-long-celui-de-la-strat-gie.html

Tozy. M, le PJD voulait être le parti du roi:

http://www.jeuneafrique.com/Articles/Dossier/ARTJAJA2654p064-065.xml0/pjd-lection-l-gislative-mohammed-vi-istiqlalmohamed-tozy-au-maroc-le-pjd-voulait-tre-le-parti-du-roi.html


Libri scritti in arabo

Traslitterazione e traduzione

محمد ضريف، الإسلام السياسي في المغرب، مقاربة وثائقية، منشورات المجل ة المغربية لعلم الإجتماع السياسي، الطبعة الثانية، 1992

M.Darif , Al islamu Assiyassi fi Al Maghreb, Mukaraba wataiqiya

L'Islamismo politico in Marocco,Approccio documentario

الجابري محمد عابد: الخطاب العربي المعاصر، دراسة تحليلية نقدية، المركز الثقافي العربي، بيروت 1982

Al Jabiri Mohamed Abid, Al khitab al arabi al mu'asir, dirassa tahliliya

Il discorso arabo contemporaneo, studio analitico

رشيد مقتدر، الإرهاب و العنف السياسي: من تفجيرات الدار البيضاء إلى قضية بلعيرج، منشورات مدارك 1، مطبعة النجاح الجديدة، 2008

Rachid Muktadir, alirhab wa al 'unf assiyassi: dagli attentati di Casablanca al caso Bel'irj

رشيد مقتدر، المشاركة السياسية عند الإسلاميين الإصلاحيين المغاربة، المستقبل العربي السنة 27، العدد 314، أبريل 2005

Rachid Muktadir, Al musciaraka assiyassiya 'inda Al Islamiyyina Al Islahiyyina, la partecipazione politica degli islamisti riformatori marocchini.

تحولات الإخوان المسلمين.. تفكك الآيديولوجيا ونهاية التنظيم

المؤلف: حسام تمام

الناشر: مكتبة مدبولي 2010

Hossam Tammam, Tahawulat Al Ikhwan Al Muslimin : Tafakuk al Id yulugiya wa nihayat attandim

I mutamenti dei fratellimusulmani..disintegrazione dell'ideologia e la fine dell'organizzazione

الحركات السلفية في المغرب 1971 – 2004

المؤلف: عبد الحكيم أبو اللوز

الناشر: مركز دراسات الوحدة العربية، 2009.


I movimenti salafista in Marocco 1917-2004

Abdel hakim Abu Aluz

Ed. Centro di Studi Al Wahda Al Arabiya 2009

الإسلام السياسى والمعركة القادمة

مصطفى محمود

Islam politico e la battaglia imminente

Mustafa Mahmud

http://mybook4u.com/ كتب-دينية /downland/711

الاسلام السياسى بين الاصوليين و العلمانيين

المؤلف ناشر المرجع: محمود اسماعيل

L'Islam politico tra fondamentalisti e laicisti

Autore Editore del Riferimento: Mahmoud Ismail

Sito: http://forums.nilepark.net/showthread.php?t=41750


اعتدال ام تطرف : تأملات نقدية فى تيارات الوسطية الاسلامية

مؤلف الكتاب خليل على حيدر

Moderazione o estremismo: Riflessioni critiche delle correnti islamiche moderate

Auttore Khalil Ali Haydar

http://forums.nilepark.net/showthread.php?t=27883

السلفيون و الربيع العربي:سؤال الدين و الديمقراطية في السياسة العربية

المؤلف : محمد ابو الرمان

مركز دراسات الوحدة العربية بيروت

www.caus.org.lb

Salafists and the Arab Spring

The Question of Religion and Democracy in the Arab Politics,

By Mohammed Abu Rumman /

Ed. Centro di Studi Al Wahda Al Arabiya, 2013

































































1 محمد البلغيثي: مقاربة للتعامل السياسي مع المرجعية الإسلامية عبر نمادج من التاريخ السياسي المغربي الحديث. كتاب غير منشور.ص322

2 عبد الإله سطي. الملكية و الإسلاميون في المغرب: مقاربة لأليات الإدماج و الإقصاء في النظا السياسي المغربي.دفاتروجهة نظر. العدد 25. ص.22ـ25


3- Art. 7 Cost. (testo ufficiale: www.justice.gov.ma)

4_ Gli « anni de piombo» fanno riferimento agli anni della repressione sotto il regno di Hassan II

5 _ Menschaert.D, quatre champs de batailles pour la démocratie,Opac éditions.Bruxelles 2013.p.

6_ Dinastia che governa il Marocco dal 1666

7_ http://fr.wikipedia.org/wiki/Conseil_consultatif_des_droits_de_l%27homme

8http://www.monde-diplomatique.fr/1998/11/LEVEAU/4140

9è il tentativo di passaggio della sociopolitica all'azione" politicienne" per i gruppi che sfruttano della religione, o piuttosto della loro concezione della religione, questa concezione si è sviluppata durante gli anni 1930 in Egitto, intorno al movimento dei fratelli musulmani. L'exception marocaine.sous la direction de Charles Saint-Prot et Frédéric Rouvillois. éditions Ellipses.France. mars 2013 p.61

10M.Tozy, monarchie et islam politique au Maroc, Presses de Sciences Po, Paris 1999 p.231

11Abdelkarim Motii se serait exilé dans un premier temps en Arabie Saoudite. Soupçonné d'avoir participé à la prise de la Grande Mosquée de la Mecque en 1979, il s'est exilé une seconde fois en Libye où il vit toujours

12 ا الإعلام والإسلام السياسي بالمغرب: دراسةعن صورة الإسلاميين المغاربة في الصحافة. مركز حرية الإعلام بالشرق الأوسط وشمال إفريقيا.مطبعة النجاح الجديدة الدار البيضاء. مجموعة من الباحثين ص.29 Gruppo di ricercatori ,Media e Islam politico in Marocco: studio sull' immagine degli islamisti marocchini nella stampa, Centro per la libertà della stampa nel Medio Oriente e Nord Africa.édition ennajah al jadida Casablanca p .29



13http://www.lareleve.ma/news4453.html : Le ralliement de Mohamed Bachiri, imam et enseignant universitaire- il était l'unique à cette époque d'un niveau d'instruction très élevé, décédé en 1992 - connu dans les milieux populaires de Casablanca, lui apportera le soutien des jeunes, chômeurs, ouvriers ou étudiants. Il aidera Abdessalam Yassine à construire et à développer Al Adl Wal Ihsane.



14Dalla Valle.S, tesi di dottorato,università Cà Foscari,anno 2006/2007, p.182, sito: http://dspace.unive.it/bitstream/handle/10579/954/tesionline.pdf?sequence=2

15Vermeren.P, histoire du maroc depuis l'indépendance,3° édition,Collection Repères,France 2010,p.98

16le roi a proclamé l'état d'exception, suspendre le Parlement et s'octroyer tous les pouvoirs législatifs et exécutifs. http://perspective.usherbrooke.ca/bilan/servlet/BMEve?codeEve=910

17http://www.fes.org.ma/common/pdf/publications_pdf/cahiersB_3/cahierbleu3Flash.pdf. M. El Ayadi – Professeur à la Faculté des Lettres de Casablanca décrit ainsi comment, à l’issue de l’Indépendance, la monarchie marocaine a su revitaliser la tradition théocratique pour consolider son pouvoir et conquérir une place centrale dans le fonctionnement du système politique marocain. La religion fut donc clairement, peut-être paradoxalement, mobilisée comme une incontournable source de légitimité dans la construction de l’État moderne. Ce choix continue de peser de façon déterminante sur les évolutions du régime marocain et sur les réponses possibles aux défis de la transition démocratique

18P. Vermeren,op.cit., p.36-42

19Charles Saint-Prot et Frédéric Rouvillois, L'exception marocaine, édition ellipses Bruxelles 2013.p.63

20la plupart des auteurs s’accordent sur le fait que le Makhzen était une autorité de superposition invoquant la raison divine pour imposer à des communautés territoriales et religieuses autonomes des relations d’allégeance. Utilisant son armée et sa bureaucratie, le Makhzen a travaillé suivant un long processus historique à convertir l’allégeance en obéissance. http://books.openedition.org/iremam/2431

21Ma durante il regno di Mohammed VI, la costruzione di una società democratica moderna è diventato l'obiettivo a cui mirano i vari programmi delle riforme كمال عبد اللطيف.مجتمع المواطنة و دولة المؤسسات. منشورات كلية الآداب و العلوم الإنسانية بالرباط2012.ص.39

22M. Zeghal, les islamistes marocains: le défi de la monarchie, la Découverte, Paris 2005,p.16.18


23 Ivi,p.13

24 Ivi ,p.207


25C. Aubin, Le commandeur des croyants, la monarchie marocaine et son élite..Paris 1975 p.83-102( trad.fr the commander of faihtful:the moroccan elite Weidenfeld & Nicolson,London1970).

26le Makhzen était une autorité de superposition invoquant la raison divine pour imposer à des communautés territoriales et religieuses autonomes des relations d’allégeance. Utilisant son armée et sa bureaucratie, le Makhzen a travaillé suivant un long processus historique à convertir l’allégeance en obéissance. Il prélevait l’impôt et exerçait une fonction d’arbitrage, notamment en matière foncière, où il apparaissait comme un régulateur de la propriété. Il empêchait notamment l’accumulation de richesses qui auraient pu servir à contester cette puissance et imposait le principe de la « Raquaba » (droit éminent du souverain). (Lazarev, 1978).

27 المغرب. مطبعة النجاح الجديدة. الدار البيضاء. ص. 24 عبد الإله سطي . الملكية و المعارضة الإسلامية في

28http://www.jeuneafrique.com/Article/JA2729p052.xml0/ «»Depuis, le pouvoir tend à développer un véritable souverainisme religieux, frappé du sceau d'une expression devenue célèbre : la sécurité spirituelle (amn rouhi).

29Art.7 della costituzione del Regno del Marocco 2011 ma anche quelle (1962,1970, 1974, 1992,1996 ) contengono questo articolo

30Art.7 della costituzione marocaine del 2011

31C.Saint-Prot et F. Rouvillois. op.cit., p.87

32http://fr.wikipedia.org/wiki/Koutla

33discorso reale 3 Marzo 1993

34Rémy Leveau. la monarchie, acteur central du système politique. http://www.monde-diplomatique.fr/1998/11/LEVEAU/4140

35M. Tozy «Ce sont les lois organiques qui vont préciser les attributions et le mode de fonctionnement des principales institutions : Conseil des ministres, Parlement, Conseil supérieur de la magistrature, mais aussi toutes les institutions consacrées à la régulation et à la nouvelle gouvernance (Haute Autorité de communication audiovisuelle, Conseil national des droits de l’homme, Conseil de la concurrence, etc.». http://www.jeuneafrique.com/Articles/Dossier/ARTJAJA2654p064-065.xml0/pjd-lection-l-gislative-mohammed-vi-istiqlalmohamed-tozy-au-maroc-le-pjd-voulait-tre-le-parti-du-roi.html

36M. Rachdi. «L’histoire des partis politiques marocains est intimement liée à celle du mouvement national (Santucci,2001a :19), d’avant l’indépendance de 1956.Cependant, quatre partis viennent d’être créés et divulguent la lutte pour l’indépendance comme le premier objectif» https://fr.scribd.com/doc/12300960/Histoire-de-La-Politique-Marocaine-Postcoloniale-RACHIDI-MOHAMED

37fonti: Zeghal. M, les islamistes marocains le défi à la monarchie, la Découverte, Avril 2005,p.198Dalla Valle.S,elezioni e dinamiche di democratizzazione in Marocco. il ruolo del partito della giustizia e Marocco, tesi di dottorato, università Cà Foscari 2006/2007, intervista da Abdelilah Benkirane


38la Gioventù Islamista

39 Zeghal.M,Op.cit.,p.215

40B.Talidi, memoria del movimemto islamista marocchino (scritto in arabo),19 interviste a tutti quanti i membri fondatori del movimento islamistaذاكرة الحركة الإسلامية بالمغرب.الطبعة الثانية.مطبعة طوب بريس الرباط .أبريل2014 .في جزئين

41El Azizi A., “Profil. Abdelkrim Motii. Le dernier des exilés”, Telquel, n. 264 mars 2007 http://www.telquel-online.com/264/maroc5_264.shtml

42S.Bencheikh, le dilemme du roi ou la monarchie marocaine à l'épreuve, Casa Express Éditions, Rabat-Paris 2013,p.35

43بلال التليدي، ذاكرة الحركة الإسلامية بالمغرب ،الجزء الأول، الطبعة الثانية.مطبعة طوب بريس. الرباط 2014 ،ص.72.73

44Dalla Valle.S,op.cit.,p.100

45عبد الإله سطي، الملكية و الإسلاميون في المغرب،دفاتر وجهة نظر عدد25،ص.133.134

46Dalla Valle,S.Op.cit., p.102

47intervista da Abdelilah Benkirane

48intervista da Abdelilah Benkirane

49https://www.youtube.com/watch?v=XYrgOQrO5Ho

50عبد الإله سطي، مرجع سابق. ص.11 Abdelulah.S, Op.cit.,p.11

51B.Talidi,op,cit.,p.72

52intervista a Abdelilah Benkirane

53intervista da Abdelilah Benkirane, risposta di Benkirane alla seconda domanda : " parlons des révisions"

54Dalla Valle.S, Op.cit., 104...

55Abdelilah,S.op.cit.,163-169

56Dalla Valle.S, Op.Cit., 113

57appendice, i risultati delle elezioni legislative del 1997

58الإعلام و الإسلام السياسي بالمغرب:دراسة عن صورة الإسلاميين المغاربة في الصحافة .ص.

59http://www.guide-az.com/maroc/journaux-marocains-classement-par-ojd-maroc/

60الإعلام و الإسلام السياسي بالمغرب:دراسة عن صورة الإسلاميين المغاربة في الصحافة. Op. cit.,96.109

61الإنتحاريين، عدد خاص 2007 ص.16 صناعة "المساءمجلة"


62سعد الدين العثماني، حزب العدالة والتنمية و أحداث 16 ماي الإرهابية دروس و خلاصات" سلسلة العدالة و التنمية، وثائق رقم 5، ص.3

63www.pjd.com: الوثيقة المرجعية لحزب العدالة و التنمية

64الوثيقة المرجعية لحزب العدالة و التنمية،www.pjd.com

65مشروع الورقة المذهبية،حزب العدالة و التنمية، ص.5، الموقع الإلكتروني للحزب www.pjd.com

66Ivi.p.5

67Al Ahdath Al Maghribia, 2 juin 2012

68L'Economiste, 21 juin 2012

69Al Ahdath Al Maghribia, 2 juin 2012

70Al Massae, 10 juillet 2012

71Al massae , 10 juillet 2012

72Attajdid, 7 août 2012

73Le Matin, 2 août 2012

74L'Economiste, 16 août 2012

75Attajdid, 16 août 2012

76Akhbar Al Youm, 30 août 2012

77Al Massae, 30 août 2012

78Le Matin, 31 août 2012

79L'Economiste, 29 août 2012

80L'Economiste, 3 septembre 2012

81La vie éco, 7 septembre 2012

82Attajdid, 2 novembre 2012

83Attajdid, 2 novembre 2012

84La vie éco, 16 novembre 2012

85Assabah, 2 novembre 2012

86Assabah, 2 novembre 2012

87Assabah, 13 novembre 2012

88L'Economiste, 2 novembre 2012

89L'Economiste, 2 novembre 2012

90L'Economiste, 2 novembre 2012

91Al Massae, 3 novembre 2012

92La vie éco, 9 novembre 2012

93Al Ahdath Al Maghribia, 7 novembre 2012

94Al Massae, 5 novembre 2012

95Al Ahdath Al Maghribia 13 novembre 2012

96Assabah, 12 novembre 2012

97Akhbar Al Youm, 10 novembre 2012

98La vie éco, 16 novembre 2012

99Al Massae, 21 novembre 2012

100Al Akhbar, 23 novembre 2012

101Al Ahdath Al Maghribia, 15 novembre 2012

102Al Ahdath Al Maghribia, 24 novembre 2012

103 Ahdath Al Maghribia, 5 décembre 2012

104Assabah, 9 novembre 2012

105Al Massae, 9 novembre 2012

106Al Massae, 10 novembre 2012

107L'Economiste, 12 novembre2012

108Al Ahdath Al Maghribia, 15 novembre 2012

109L'Economiste, 13 novembre 2012

110La vie éco, 25 novembre 2012

111L'Economiste, 13 novembre 2012

112L'Economiste, 7 novembre 2012

113L'Economiste, 12 novembre2012

114Akhbar AI Youm, 7 novembre2012

115Confédération Générale des Employeurs Marocains

116Union Général des travailleurs au Maroc (Syndicat affilié au Parti de l'Istiqlal)

117Al Massae, 16 novembre2012

118Al Massae, 16 novembre 2012

119L'Economiste, 12 novembre 2012

120AI Ahdtah Al Maghribia, 7 novembre 2012

121L'Economiste, 15 novembre 2012

122Akhbar Al Youm, 16 novembre2012

123La vie éco, 9 novembre 2012

124L'Economiste, 12 novembre2012

125L'Economiste, 14 novembre 2012

126Al Massae, 14 novembre 2012

127La vie éco, 9 novembre 2012

128La vie éco, 30 novembre 2012

129- Al Massae, 27 mars 2012

130- Hespress, 23 mars

131- Hespress, 23 mars

132- Hespress, 23 mars

133- Al Ahdath Al Maghribia, 26 mars 2012

134- Hespress, 23 mars- Hespress, 23 mars

135- Hespress, 23 mars

136- Assabah, 26 mars 2012

137- Assabah, 26 mars 2012

138- Attajdid, 26 mars 2012

139- Al Massae, 27 mars 2012

140- Al Massae, 4 février 2012

141- Assabah, 26 mars 2012

142- Al Massae, 4 juillet 2012

143- Assabah, 17 juillet 2012

144- Assabah, 19 juillet 2012

145- Al Massae, 20 juillet 2012

146- Al Ittihad Al Ichtiraki, 23 juillet 2012

147- Al Massae, 23 juillet 2012

148- Akhbar Al Youm, 23 juillet 2012

149- Attajdid, 26 juillet 2012

150- Assabah, 23 juillet 2012

151- Akhbar Al Youm, 26 Lugli 2012

152- Attajdid, 25 Luglio 2012

153- Al Massae, 25 Luglio 2012

154- Al Ahdath Al Maghribia, 25 juillet 2012

155- Al Massae, 30 juillet 2012

156- mentionnées dans le Programme électorale du PJD pour les législatives 25/11/20-1

157- slogan de la campagne du PJD lors des législatives

158- http://www.lemonde.fr/economie/article/2011/12/12/les-islamistes-jouent-leur-credibilite-sur-l-enjeu-economique_1617293_3234.html


159- http://www.entreprendre.ma/PJD-Un-programme-economique-sans-complexe_a851.html

160- http://carnegieendowment.org/

161- Plan d'Ajustement Structurel terme dérivé de l'anglais structural adjustment) est un programme de réformes économiques que le Fonds monétaire international(FMI) ou la Banque mondiale ontmis en place dans les années 80 pour permettre au Maroc touché par de grandes difficultés économiques de sortir de leur crise économique.




162- http://www.yabiladi.com/articles/details/11171/maroc-caisse-compensation-profite-riches.html

163- http://www.bladi.net/impots-maroc-eleves.html

164- http://www.yabiladi.com/articles/details/30286/pouvoir-d-achat-maroc-augmentation-pates.html

165- Le programme électoral du PJD

166- M.Tozy. http://www.jeuneafrique.com/Article/JA2794p031.xml2/maroc-pjd-mohammed-vi-rnimohamed-tozy-le-roi-du-maroc-g-re-le-temps-long-celui-de-la-strat-gie.html

167 http://www.jeuneafrique.com/Article/ARTJAWEB20140708163708/politique-maroc-pjd-abdelilah-benkiranemaroc-benkirane-attendu-devant-le-parlement-pour-d-fendre-le-bilan-du-pjd-mi-mandat.html

168- http://www.jeuneafrique.com/Article/JA2754p040.xml0/maroc-pjd-mohammed-vi-istiqlalmaroc-benkirane-ii-le-retour-des-technocrates.html

















169_ Tozy.Mohammed. intervista da Jeune Afrique: http://www.jeuneafrique.com/Article/JA2794p031.xml2/maroc-pjd-mohammed-vi-rnimohamed-tozy-le-roi-du-maroc-g-re-le-temps-long-celui-de-la-strat-gie.html



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