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Ambito di Ricerca:Aspetti sociali, in genere
   
La sfida del turismo dopo
la Rivoluzione dei gelsomini
 
Revolution without Revolution


La sfida del turismo dopo la “Rivoluzione dei gelsomini”

di Stefanella Campana - by Babelmed


Il 2011, l’anno della “Rivoluzione dei gelsomini” è stato un anno nero per l’economia tunisina in generale, ma ancor più per il turismo, settore chiave da decenni per il paese, con lo Stato come attore principale nelle iniziative e negli investimenti. Eppure le molte analisi sull’evoluzione della Primavera araba hanno sottovalutato il forte impatto che la crisi del settore sta determinando non solo sullo sviluppo della Tunisia ma anche sui suoi riflessi politici e sociali. “Rivolution without Revolutions? The challenges of tourism sector in Tunisia”, la pubblicazione curata da Rosita di Peri, docente all’Università di Torino, Dipartimento di Cultura, Politica e Società e Raffaella Giordana, project manager nel turismo all’Istituto Paralleli, colma questo vuoto attraverso i contributi di esperti, tra cui il tunisino Ammar Aloui, co-fondatore di Simfec, società tunisina di consulenza nel settore, che risponde a molti pressanti interrogativi: in che misura il turismo ha stimolato uno sviluppo coerente e armonioso del paese? La governance di questo settore che in modo diretto o indiretto dà lavoro a 432 mila persone, ha consentito oppure no di massimizzare le potenzialità della Tunisia? Quali le sfide del futuro per lo sviluppo del settore e quindi del Paese attraverso il coinvolgimento attivo delle comunità locali?

Dopo oltre due anni dalla rivoluzione che ha destituito il dittatore Ben Ali, la Tunisia vive ancora una situazione di grave insicurezza e poca chiarezza politica, aggravata dai recenti assassini di personaggi politici di spicco dell’opposizione come Chokri Belaid e Mohammed al Brahimi (il governo accusa per entrambi i delitti Boubakr Hakin, trentenne nato in Francia, trafficante di armi e noto per le sue simpatie e legami jihadisti). Gli estremismi hanno portato lontano milioni di turisti e provocato gravi perdite di lavoro e di reddito. Dal 2009 al 2011 il numero dei turisti che ogni anno soggiornavano in Tunisia sono scesi da 6,9 milioni a 4,7 mentre contemporaneamente gli altri paesi mediterranei concorrenziali registravano un aumento di presenze. Il saggio ha un filo conduttore che lega le varie analisi: indagare se il turismo ha favorito lo sviluppo democratico nella Tunisia pre e post Ben Ali che aveva introdotto incentivi per gli investimenti stranieri, zone free-tax nel Paese, privatizzazione di interi settori dell’economia, perseguendo nello stesso tempo la secolarizzazione del Paese e la repressione dell’Islam.

Se è indubbio che il turismo ha giocato un ruolo importante nello sviluppo del paese nondimeno ha generato anche delle contropartite negative. Secondo Ammar Akloui: la divisione tra tunisini in due classi, la borghesia affarista e il resto della popolazione, la dipendenza finanziaria dal capitale internazionale e l’inflazione provocata dalla domanda. A questo, aggiunge, i costi dell’ambiente, con la mutilazione della zona costiera, tra l’altro attraverso l’espropriazione a prezzi irrisori di terreni “per causa di utilità pubblica” che non è andata a profitto della collettività ma di una minoranza di promotori privati, con conseguente abbandono dell’attività agricola. Senza contare che per la comunità nazionale il costo dell’inquinamento provocato dal turismo, con una media annuale di 150 mila tonnellate di rifiuti, è molto alto.

Ammar Akloui analizza anche l’impatto sui giovani e sulla cultura locale non sempre positivo, come la svalorizzazione dei propri valori culturali e il diffondersi di patologie sociali (prostituzione, alcolismo, delinquenza giovanile, disintegrazione della famiglia), che hanno finito col dare fiato alle correnti tradizionaliste del Paese. Ma è indubbio che il turismo è anche una fonte di scambi positivi tra culture, nazionalità, religioni, coscienze e ideologie se avviene su un piano di rispetto reciproco.

Il turismo ha favorito una Tunisia a due velocità dove gli investimenti e le infrastrutture si sono concentrati soprattutto nel Nord-Est provocando un grande gap con le restanti regioni, con un rallentamento dello sviluppo che è andato aggravandosi tanto da provocare le proteste del 2011. Tuttavia i dati della seconda metà del 2012 forniti dalla Banca centrale tunisina forniscono anche alcuni indicatori positivi per l’agricoltura e il turismo nonché per le rimesse degli immigrati con una crescita del paese del 3,3%. Ma restano quelli negativi della bilancia dei pagamenti, della liquidità del mercato, del livello dei prezzi al consumo e della crescente disoccupazione tra i diplomati e laureati.

Nemici dello sviluppo del turismo, leva importante per l’economia della Tunisia, sono l’insicurezza e la violenza, il terrorismo e il fanatismo che hanno preso piede nel Paese. Resta ora da vedere se l’apertura di questi giorni del governo formato a maggioranza dal partito islamista Ennahda nei confronti dei partiti dell’opposizione per un governo di salute nazionale possa ridare stabilità e sviluppo alla Tunisia. Anche i turisti che amano questo Paese che si affaccia sul Mediterraneo, ricco di storia, bellezze naturali e cultura, lo sperano. E soprattutto i tanti tunisini che dal turismo traggono una fonte di reddito. Un turismo che si vuole compatibile con la cultura, l’ambiente e le persone che ci vivono.

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Edizione RodAlia - 10/11/2013
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