Breve saggio sulla
storia del movimento amazigh in Marocco
Che cos’è il movimento
amazigh?
Meglio ancora, chi sono gli imazighen (plurale di amazigh)? Domande a
cui è necessario fornire una risposta chiara e immediata, visto il peso
e la visibilità che tale movimento ha assunto nella mobilitazione
seguita al “20 febbraio” in tutto il territorio marocchino.
Con il termine imazighen (amazigh in lingua berbera significa “uomo
libero”) si definiscono quelle popolazioni presenti nella regione
nordafricana (essenzialmente maghrebina) volgarmente conosciute con il
nome di “berberi”, prima dell’arrivo degli arabi in espansione dalla
regione del Golfo persico. Nonostante la conquista, l’assoggettamento,
i tentativi di “arabizzazione” e la conversione alla religione
islamica, le tribù berbere hanno conservato per secoli l’attaccamento
alle loro tradizioni, ai loro costumi, oltre che alla loro lingua, e un
forte radicamento nei territori di appartenenza. Territori che, dopo
l’indipendenza raggiunta dal Marocco e dall’Algeria (i due Stati
maghrebini in cui la componente amazigh è più consistente), sono stati
lasciati ai margini dello sviluppo sociale e industriale, mentre ogni
riferimento alla berberità veniva escluso dagli impianti identitari
(memoria storica collettiva, riconoscimento linguistico e culturale) in
costruzione nei due paesi.
Questa esclusione, sia geografica che identitaria, ha portato alla
genesi e poi al consolidamento dei movimenti berberi nei due paesi
(tralascio in questa sede l’analisi delle affinità e delle diversità
dei due casi), le cui rivendicazioni hanno assunto sempre più
consistenza e visibilità negli ultimi decenni (dagli anni ottanta nel
caso algerino e dagli anni novanta nel regno alawita). Di seguito un
rapido escursus sulla storia e le caratteristiche del Movimento amazigh
marocchino.
Bancarelle
e mazzetti di prezzemolo che passano di mano in mano, al costo di 20
dinari
(circa 10 euro) l'uno, tra clienti soddisfatti e venditori che
promuovono 'l'insolita
offerta'. Non ci troviamo nel suk di Tunisi. Non è una conseguenza
dell'inflazione né del rincaro dei prezzi.
La
scena si svolge nelle contrade di epoca coloniale della capitale -
precisamente
in avenue de la liberté, di fronte
alla sede del canale Al Hiwar Attounsi
- e l'ortaggio non è divenuto un bene di lusso ma un simbolo della
libertà di
espressione.
Succede
anche questo nella Tunisia della rivoluzione (minacciata).
"Sostenere
un'informazione libera, indipendente e impegnata al fianco del
cittadino è un
dovere di tutti i tunisini. Guardo questo canale dalla caduta del
vecchio
regime e non posso immaginare che stia per chiudere i battenti. Sarebbe
una
perdita enorme per il paese e per il suo consolidamento democratico e
pluralista", afferma uno dei primi acquirenti.