Perché
un'offesa a
Maometto può
scatenare lo scontro di civiltà
Ogni offesa
al
Profeta scatena violente
reazioni nel mondo islamico. Per i musulmani Muhammad non è solo
un Profeta. dell'individuo. Egli, appunto, è il
suo Inviato, come
recita la sahada, la professione di fede che segna l'entrata nella
comunità ed è
pronunciata nella preghiera e in ogni momento della vita dei musulmani,
così
come è riportata in
ogni sede, dalle bandiere agli atti ufficiali dei paesi islamici.
Muhammad è
l'uomo
che ha dato origine
al Mito di fondazione dell'Islam, la città ideale in cui non c'era
alcuna
separazione tra
religione e legge, tra dimensione spirituale e potere politico. Da qui
l'aura che
il Profeta ha sempre
avuto agli occhi dei fedeli.. Offenderlo, così come umanizzarlo
descrivendone eventuali
difetti, è ritenuta colpa gravissima, che rende lecita, soprattutto per
i
fautori del "gergo
dell'autenticità" salafiti radicali, ogni reazione verso chi si
è reso colpevole
della macchia.
Si tratti di
letteratura, cinema,
vignette. Certo, le reazioni salafite in Egitto e Libia al film.
L'innocenza dei
musulmani hanno anche
ragioni politiche. Il fatto che un
cristiano copto lo
abbia divulgato in Rete, che l'autore sia di origine ebraica così come
i suoi
finanziatori, che nelle
stesse ora Zawahiri annunciasse la morte per mano americana del
numero due di Al-Qaeda,
Al Libi, ha fomentato la protesta, sfociata a Bengasi nella tragica
morte
dell'ambasciatore
americano Stevens.
Il filmato
non solo
offende il Profeta
ma lo mostra in "immagine", sfregio inaudito per i fedeli a oltranza.
Nella
tradizione religiosa si
racconta che proprio Muhammad disse "Gli angeli non entrano in una casa
in cui vi siano
immagini o figure".
E gli angeli
sono
importanti
nell'islam: stanno accanto al trono di Allah, sono suoi messaggeri
presso i profeti,
portano il castigo.
Una dimensione iconoclasta, quella islamica verso le immagini che, per
analogia, una delle
fonti della legge, si è estesa poi anche a cinema e tv.
Il furore
talebano
contro i televisori
veniva anche da questa rigida interpretazione della tradizione. Si può
condividere o meno
questa lettura della figura profetica o la concezione delle immagini,
degli
islamici.
Resta il
fatto che
laddove la libertà
di pensiero, parola, immagine è talmente forte che nessuno può impedire
ai
fanatici, spesso
provocatoriamente consapevoli dei danni che possono creare, di
dileggiare la
religione, quella
libertà si trasforma in benzina per gli incendiari di ogni
latitudine.
Con tutte le
conseguenze che ne
derivano. I tragici eventi libici ed egiziani ripropongono l'annoso
tema del
rapporto tra libertà
di pensiero e religione. Laddove vige il buon senso, più che apposite
norme,
questa relazione si
autoregola senza troppi conflitti.
Quando, nel
tempo
della Rete, scendono
in campo i fondamentalismi di ogni risma e i fautori degli scontri di
civiltà, il prezzo da
pagare è elevatissimo.
di Renzo
Guolo - Fonte:
http://www.repubblica.it
_________________________________________________
Renzo Guolo è professore associato
di Sociologia dei processi culturali presso l'Università
di Padova. Principali ambiti di ricerca: la sociologia dell'islam; i
fondamentalismi contemporanei; integrazione e conflitto nelle società
multiculturali; i rapporti tra religione e politica; la
globalizzazione nella sua dimensione culturale; le società dell'area
mediterranea e mediorientale.