La più recente novità in campo di concetti politici nell'ultimo
ventennio ed a conclusione dello scorso secolo è stata l'invenzione
della morte delle ideologie. Antistene il cinico
rimproverava a Platone di vedere il cavallo e non la cavallinità.
A tutti coloro che hanno sostenuto la scomparsa delle idealità si
potrebbe chiedere come un'idea - quasi a volerla intendere in senso
platonico - possa morire: se così fosse non dovrebbe essere più
pensata, non far più parte del nostro patrimonio conoscitivo.
Per contro accade che scompaiano le esperienze storiche,
mentre gli ideali entrano a far parte del pensiero acquisito. Quando la
storia e la storiografia hanno bocciato delle esperienze, o perché le
loro idee erano inammissibili ed intollerabili o perché l'attuazione è
stata fallimentare e negativa, ciò non si è tradotto nella radicale
cancellazione dell'ideologico. Tant'è vero che se ne continua a parlare
non solo per fare archeologia storica ma anche con lo scopo pedagogico
di mettere in guardia l'umanità dal ripetere stessi errori.
Le tre grandi concezioni politiche del '900 sono sempre
rivisitabili dall'analisi nella storia e nel sistema concettuale per
trarre indicazioni tenendo i due piani divisi al fine appunto di
separare lo storico dall'ideale. Il fascismo, il comunismo, il
nazionalsocialismo - in gradi e con responsabilità diversi - hanno
connotato negativamente il secolo breve. Addentrarsi nelle dinamiche
storiche per guadagnare una visione nitida dei meccanismi non è né può
mai divenire procedura giustificatoria: capire il perché è stato
così non può né deve trasformarsi in giustificazione.
Le cause e le radici della nascita del nazismo stanno
negli esiti della Grande guerra: differenti sarebbero stati gli eventi
se la comunità internazionale avesse accompagnato ed assecondato un
processo di sviluppo democratico della Germania post-bellica, colpita
dalla crisi economica mondiale del '29 al punto tale di spianare la via
del potere ad una ideologia razzista irrazionale che si richiamava a
tradizioni interne neopagane ed al più ampio versante dell'antiebraismo
(il quale aveva molti secoli di esistenza e fatti ugualmente
ascrivibili ante litteram ai crimini contro l'umanità).
Non è da trascurare in tutta Europa l'effetto che
esercitò la paura del comunismo (prima e dopo la Rivoluzione d'ottobre
del '17). Il clima europeo d'inizio secolo, che portò alla prima guerra
mondiale, era in fermento: l'affermazione del capitalismo aveva
introdotto nuove e fortissime tensioni sociali che turbavano le
incipienti forme di moderna democrazia.
Nel panorama di questa instabilità era sorto pure il
fascismo a cui furono aperte le stanze del governo per superare il
pericolo rosso. Col tempo - prima del secondo conflitto mondiale e
durante - nacquero nel continente regimi e governi anticomunisti, che è
sbagliato definire fascisti anche se amici ed alleati dell'Italia
mussoliniana. Il fascismo fu un complesso fenomeno - trasformatosi poi
in dittatura - che aveva al suo interno varie matrici di pensiero: una
di fondo socialista (con venature di massimalismo), cui si sovrapposero
soprattutto quella nazionalista, e quindi quella monarchica, ed in tono
minore quella liberale. I non correttamente catalogati come fascismi
europei non avevano questo humus, erano più vicini al nazismo. Anche
parlare di nazifascismo come ideologia è inesatto: il fascismo assunse
dal nazismo particolari dottrine sino ad emanare per questioni di
allineamento politico le leggi razziali nel '38 promulgate da Vittorio
Emanuele III. Dopo la seconda guerra d'Etiopia Mussolini aveva
intrapreso la strada sbagliata dell'alleanza con la Germania
allontanandosi definitivamente dalle democrazie occidentali che avevano
mostrato nei suoi confronti parole di apprezzamento.
Nel bene e nel male il fascismo del primo dopoguerra
aveva prodotto una stabilità in Italia che, in assenza di una compiuta
democrazia, era preferibile ad una cruenta rivoluzione comunista. In
seguito subì un'inaccettabile involuzione razzista. La tragedia della
seconda guerra mondiale mostrò l'intensità degli errori umani e
politici dei capi fascisti filonazisti: il peso storico di ciò che
avvenne oscurò la parte di buono realizzata sotto il regime guidato da
Mussolini (la quale già da prima conviveva con degli aspetti negativi):
pur ricordando dei lati positivi non si può dimenticare la catastrofe
finale in cui il fascismo e la monarchia portarono il paese. Come il
comunismo il movimento fascista partiva in alcune situazioni da
corrette istanze di giustizia sociale (non per niente sono entrambi
nati dal socialismo) cui seppe dare delle risposte: per fare un esempio
la difesa della nazione dai risvolti della crisi del '29. La complicità
con il nazionalsocialismo nella persecuzione e nello sterminio degli
Ebrei (fatti salvi i casi d'eccezione) ha comportato una precisa
condanna della sua esperienza storica. La quale condanna colpisce, con
altre motivazioni e per altri eventi, parimenti il comunismo, la cui
teorizzazione da parte di Karl Marx era scaturita da sincere basi di
denuncia sociale: tuttavia in nessuna circostanza la violenza può
essere considerata strumento d'eccellenza o privilegiato per migliorare
la società. Il fascismo, il comunismo, il nazionalsocialismo hanno
provocato vittime. Ed anche se quelle a carico del fascismo sono meno
di quelle del nazismo (seimilioni di Ebrei) e del comunismo
(centomilioni di perseguitati) non si può minimamente credere di
mettere la questione su un inumano e parziale piano di contabilità.
Delle discusse tre ideologie se si può salvare qualcosa
è solo dalle dottrine economico-sociali del fascismo e del comunismo,
separandolo di netto dal violento contesto storico di provenienza per
attingerlo dal mondo delle idee. Un'operazione del genere fu quella da
cui nacque il giustizialismo peronista, che ebbe in Evita la
portabandiera dei descamisados (i bisognosi), e che rappresenta
un'ottima ed eclettica costruzione ideologica, la migliore del '900.
Questa ideologia non è stata condizionata dalla passata e travagliata
storia argentina: essa è sempre stata democratica e di giustizia
sociale, potremmo dire di sinistra nazionale non marxista (qualcuno
direbbe di destra sociale, ma in termini di filosofia politica classica
parlare di destra sociale è contraddittorio). In Argentina la
presidentessa in carica è peronista di sinistra come il suo
predecessore. In Italia non c'è un partito simile, malgrado tutto il Partido
justicialista poteva forse essere paragonato ad Alleanza
nazionale. Le idee non muoiono, chi dice questo sostiene una forma
di nichilismo e promuove il disinteresse. Nessuna persona civile
desidera scontri ideologici come quelli che hanno portato ad atti di
terrorismo, ma ognuno da responsabile vorrebbe unicamente pacifici
confronti su idee. Una politica senza ideologie che politica è?
L'ideologia è l'anima di un sistema. Alla storia ed alla storiografia
spetta il difficilissimo ufficio di mostrare nelle loro pagine e nelle
loro immagini il bene ed il male delle esperienze
passate, affinché quest'ultimo non abbia più a ripetersi e dell'altro
si faccia tesoro a vantaggio di un futuro migliore per l'umanità.