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IL VANGELO DELLA DOMENICA - 01/10
a cura di Don G. Silvestri
 

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IL VANGELO DELLA DOMENICA – 1 OTTOBRE


XXVI DOMENICA PER ANNUM - MATTEO 21,28-32

 

 

In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: «Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli. Si rivolse al primo e disse: "Figlio, oggi va' a lavorare nella vigna". Ed egli rispose: "Non ne ho voglia". Ma poi si pentì e vi andò. Si rivolse al secondo e disse lo stesso. Ed egli rispose: "Sì, signore". Ma non vi andò. Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?». Risposero: «Il primo». E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. Giovanni infatti venne a voi sulla via della giustizia, e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, avete visto queste cose, ma poi non vi siete nemmeno pentiti così da credergli».

 


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Il vangelo di questa domenica ripropone il contrasto insanabile tra Gesù e le autorità religiose ebraiche. Il contrasto è totale perché totale è l’equivoco sul modo di concepire Dio e, perciò, il modo di vivere il rapporto religioso con Lui. Il modo proposto dalle autorità religiose vede Dio come un esattore di doveri e di pratiche religiose, pronto a premiare gli obbedienti e a punire i disobbedienti, ad accogliere i meritevoli e ad allontanare o a punire i peccatori.

 
 

Per Gesù, invece, una religiosità fondata sullo zelo esteriore e sulle scrupolose osservanze delle leggi e delle tradizioni, è un ostacolo insormontabile alla comprensione dell’agire libero e misericordioso di Dio, che invece guarda al cuore, alla giustizia, alla misericordia, alla fiducia e alla gioia del credere e dell’amare. Sono due concezioni opposte e inconciliabili. Per Gesù le autorità religiose invece di avvicinare l’uomo a Dio, lo allontanano da Lui. Inducono in grave errore gli umili che cercano Dio e scoraggiano i poveri, i fragili, i deboli. Giudicano ipocritamente e con rigore i peccatori, i pubblicani, le prostitute. Li espellono dai luoghi di culto, li perseguitano, li lapidano, li discriminano, li giudicano e li condannano. 

 

 

Gesù è all’opposto di questa mentalità. Si scontra con l’arroganza di un potere religioso che ha la presunzione di determinare arbitrariamente il rapporto con Dio. Gesù viene a svelare il vero Dio, la misericordia del Padre suo. La parabola di oggi, scandalosa come tante altre, è diretta a fa risaltare che Dio non ama la finzione e non si lascia rappresentare da autorità che esercitano solo un potere arbitrario sulla gente e governano solo per interesse e calcolo; autorità che fingono di essere religiose ma nella realtà non lo sono affatto.

 

 

Dice la parabola: “Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli. Si rivolse al primo e disse: ‘Figlio, oggi va' a lavorare nella vigna’. Ed egli rispose: ‘Non ne ho voglia’. Ma poi si pentì e vi andò”.  È un figlio ribelle, non obbedisce, tuttavia comprende l’errore e si corregge. Questo figlio nella parabola rappresenta i lontani e i peccatori. Per loro la porta di Dio è sempre aperta. Quante volte Gesù, nel vangelo, ha tessuto l’elogio dei pagani (la regina di Saba; la gente di Ninive, il centurione romano, la donna cananea, la vedova di Sarepta di Sidone… ) e quante volte ha apprezzato e ammirato grandemente la fede e l’umiltà dei lontani, la bontà dei peccatori, la generosità pubblicani (Zaccheo, Matteo, la donna peccatrice (Lc 7,44-47), l’adultera, il buon ladrone, la vedova che fa l’offerta al tempio); quante parabole poi sulla misericordia di Dio!

 

 

Tutto il vangelo insomma è un messaggio dal quale risalta che Dio non fa preferenze di persone, che gradito a Dio è chi fa la volontà del Padre suo pur senza saperlo, chi lo adora in spirito e verità, chi ha il cuore contrito e sincero, chi pur essendo peccatore ed errante torna umilmente al Signore. Perciò il ‘primo figlio’ è quello che ha fatto la volontà del padre; pur avendo in prima battuta risposto di no, egli se n’è pentito e viene perdonato. Il ‘secondo figlio’,  invece, a prima vista ubbidiente, in realtà disubbidisce, mente e inganna il padre: “Ed egli rispose: ‘Sì, signore’. Ma non vi andò”. 

 

 

È una parabola chiaramente rivolta proprio ai capi dei sacerdoti e agli anziati del popolo, alle autorità religiose supreme. Queste autorità sono paragonate al secondo figlio, il quale non solo è disubbidiente per avere fatto di testa sua, ma è anche ipocrita per avere ingannato il padre. Queste autorità, in certo modo, rappresentano lo stesso popolo ebreo; un popolo che ha stretto alleanza con Dio, che ha risposto di sì al Signore, che mille volte ha protestato e giurato la sua fedeltà e la sua obbedienza a Dio, ma poi ha mostrato di essere testardo, disobbediente, permaloso e infedele.

 

 

La risposta esatta che i capi dei sacerdoti e gli anziani danno alla domanda di Gesù alla fine è paradossale. Rispondono in modo esatto e, tuttavia, non comprendono la parabola; non comprendono che Gesù sta proprio parlando di loro e li sta condannando per la loro falsa coscienza. Nella loro coscienza c’era infatti un grande peccato: era venuto Giovanni sulla via della giustizia. I pubblicani e le prostitute gli avevano creduto, loro invece non gli avevano creduto né si erano pentiti dei loro peccati. Perciò, non si rendono conto di essere loro stessi il bersaglio della parabola del Signore. Le parole di Gesù sono infatti severissime: “In verità io vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti (vi sostituiscono) nel regno di Dio”. Terribile rimprovero per chi vive nella ipocrisia religiosa, nella presunzione di essere giusti e per chi strumentalizza la religione per interesse e per fini di potere. Non c’è posto per essi nel Regno di Dio. 

 

 

Attualizzare il vangelo nell’oggi mette sinceramente in imbarazzo. Eppure la parola di Gesù non è anzitutto per il passato ma per il presente. Ahimè! Non è finito il potere religioso, non è finita l’ipocrisia, la falsa coscienza, la freddezza delle istituzioni; non sono finiti gli interessi, i calcoli, le mistificazioni, l’autoinganno, lo sfruttamento della religione e del vangelo. C’è di che essere imbarazzati perciò nel leggere oggi il Vangelo. Certo, generalizzare non si può e non si deve; anche perché nessuno può tirarsi fuori da colpe, complicità, omissioni, ipocrisie…  Tuttavia, proclamare l’insegnamento della parabola di Gesù è un imperativo! E non attualizzarlo sarebbe colpa molto più grave di quella dei capi sacerdoti e degli anziani del tempo di Gesù. La Parola di Gesù è spada a doppio taglio per tutti. Chirurgia salvifica. Beati quelli che non hanno paura a farsi tagliare in due dalla spada del Signore.

 
 
 
     
 
Edizione RodAlia - 30/09/2023
 
     
 
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