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IL VANGELO DELLA DOMENICA, 03/04
a cura di Don G. Silvestri
 

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VANGELO DELLA DOMENICA 3 APRILE


V  DOMENICA DI QUARESIMA (ANNO C) – GIOVANNI 8-1.11

 

In quel tempo, Gesù si avviò verso il monte degli Ulivi. Ma al mattino si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui. Ed egli sedette e si mise a insegnare loro. Allora gli scribi e i farisei gli condussero una donna sorpresa in adulterio, la posero in mezzo e gli dissero: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?». Dicevano questo per metterlo alla prova e per avere motivo di accusarlo. Ma Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra. Tuttavia, poiché insistevano nell’interrogarlo, si alzò e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei». E, chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani. Lo lasciarono solo, e la donna era là in mezzo. Allora Gesù si alzò e le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». Ed ella rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù disse: «Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più». Parola del Signore.

 
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L’episodio della donna adultera, riportato dal vangelo di Giovanni, è emblematico della tenerezza di questo Padre che ha tanto amato il mondo fino a donarci il suo stesso Figlio, volto concreto, visibile, storico della Sua misericordia e della Sua divina benevolenza. Per venire incontro alla nostra umanità deturpata e sollevarci dalla nostra umiliazione, Cristo non ha esitato a far sua la nostra stessa deformità; ad addossarsi tutto il nostro male e a patire nella sua carne la nostra umiliazione.



 
Il vangelo riferisce di una giovane donna colta in flagrante adulterio, condotta a forza davanti a Gesù, mentre Egli stava insegnando nel tempio e, secondo la legge di Mosè, destinata a morte sicura per lapidazione. A condurla davanti al Signore, manco a dirlo, sono scribi e farisei. Scrupolosi osservanti della legge di Mosè e zelanti segugi di quanti compivano infrazioni alla legge mosaica, non trovano occasione migliore per mettere alla prova l’opinione di Gesù.



 

Il caso – essi pensano - è ineccepibile e la risposta di Gesù non potrà in alcun modo essere ambigua: o dichiararsi favorevole alla condanna della donna per lapidazione e alienarsi così la stima della gente che lo seguiva e lo acclamava come profeta; oppure mettersi contro la legge mosaica e rischiare Lui stesso di venire accusato come ribelle e processato per apologia di reato. Un tranello perfetto, insomma. Nessuna via di uscita e nessuno scampo per la donna, e neppure per Gesù.



 

Non è la prima volta che Gesù viene messo alla prova da scribi e farisei. Egli conosce la loro cecità spirituale e la malizia del loro cuore. Privi di intelligenza e di discernimento, hanno idolatrato l’insegnamento mosaico, pur manipolandolo a loro piacimento; lo avevano infatti trasformato in bieco strumento di potere, di controllo e di oppressione della gente, fino al punto da allontanarsi totalmente dal cuore della vera legge di Dio. Quel Dio, appunto, che non vuole la morte del peccatore, ma piuttosto che si converta e viva; e quella legge che Gesù proclama fatta per l’uomo e non viceversa.



Ogni volta vengono messi a tacere. La loro colpa e la loro testardaggine non hanno attenuanti. Rifiutano di aprirsi a una visione diversa, più fedele e creativa nel rapporto tra Dio e l’uomo; persistono ciecamente nel proposito di subordinare la volontà salvifica di Dio a una rigida visione legalistica e a un’osservanza scrupolosa di una tradizione più umana che divina.



Semplice e stupefacente il modo con cui il Signore si sottrae ancora a quello che – per scribi e farisei – era un dilemma senza via d’uscita, una trappola perfetta. Meraviglia! Sono completamente interdetti al semplice gesto compiuto da Gesù. Ignorandoli del tutto, infatti, Egli si china a scrivere col dito per terra. Hanno di che pensare e immaginare scribi e farisei. Incalzato poi nella richiesta di un parere, Gesù si alza e dice: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei». Incredibile! Rimangono di sasso, messi con le spalle al muro e davanti alla propria coscienza. Si squarcia d’incanto il velo di ipocrisia intorno. Poche parole – quelle di Gesù - che strappano da sicura morte una donna; adultera e peccatrice, si, ma pur sempre creatura di Dio. La maligna trappola non ha proprio funzionato. Gesù vi si sottrae del tutto.



Nessuno, a partire dai più anziani, osa prendere la pietra destinata a massacrare la donna, nella fossa preparata per lei. Pentiti? Avranno provato un residuo di rimorso davanti all’assurdità di una legge disumana e crudele? Non credo! Forse solo indispettiti e furiosi! Mentre Gesù torna a scrivere per terra, uno a uno voltano le spalle, in ritirata strategica più che pentiti, a cominciare dai più anziani. Rimane Gesù, solo, con la donna, impaurita più mai, seppure divinamente risollevata. «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». «Nessuno, Signore». «Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più». Sublime epilogo. Sublime tenerezza del Signore per una ragazza restituita alla vita.



Nell’episodio di questa donna adultera, ci è dato oggi accogliere qualcosa di inaudito. È il Vangelo! Si!
Torna la vita dove c’era morte sicura, torna la gioia dove tanta era stata l’umiliazione e la vergogna. La parola creativa di Cristo riporta la creatura umana alla sua bellezza originaria, alla sua gioiosa e rinnovata libertà. Torna a rifiorire la speranza dove ogni via d’uscita era sbarrata.



Vangelo scandaloso! La pericope, sicuramente lucana - anch’essa risuscitata, dopo essere stata sepolta per qualche tempo nei secoli passati! - ha trovato posto, infatti, dopo varie traversie redazionali, nel vangelo di Giovanni. Per secoli, l’episodio dell’adultera venne ritenuto scandaloso e indecente da comunità cristiane che volentieri la espungevano dal Vangelo. Lo scandalo, perennemente alimentato dallo zelo farisaico e dal potere maschilista ipocrita, latente e imperante sempre nella storia della chiesa, esprime invece in modo unico la novità sublime del Vangelo del Signore: annunzio di vita e non di morte, liberazione dalla schiavitù della legge, condanna dell’ipocrisia farisaica di ogni tempo.



La tenerezza del Signore verso una ragazza condotta a morte per lapidazione esprime al meglio, più di ogni altro parola al mondo, l’indicibile gratuità del dono della salvezza: dono che risana il cuore umano e lo restituisce alla sua originaria integrità; divino attestato di amore gratuito e inaudito anche verso disperati e i perduti; sublime dichiarazione di rinnovata fiducia nell’uomo e nella sua libertà.



Grazia e tenerezza - stupefacenti e scandalose qualità dell’amore di Dio fatto carne! - sono ancora del tutto ignote alla ruvida legge del castigo e della condanna, e a ogni visione religiosa improntata alla severità e all’intransigenza farisaica.

 

     
 
Edizione RodAlia - 03/04/2022
 
     
 
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